comunicato stampa di comunità lucana-movimento no oil

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L’insostenibile pesantezza della governance locale

 

E’ con viva soddisfazione che apprendo della definitiva cancellazione delle Comunità Locali (L.R. n. 11/08) dall’assetto istituzionale del territorio lucano operata in Finanziaria 2011.

 

Debbo però constatarne la scomparsa per soli motivi di bilancio, non già perché in sede di riflessione istituzionale più ampia sull’assetto del territorio si sia convenuto l’assoluta inutilità di fotocopie delle nosferatu Comunità Montane che rimangono agonicamente in un commissariamento che speriamo non superi i sei mesi troppo abbondantemente concessi alla loro scomparsa, non comprendendosi il perché di tali lungaggini a fronte di ben due anni di comoda sopravvivenza delle relative poltrone di commissario liquidatore fin qui accumulatisi.

 

Ora è da intendersi che se le strutture territoriali intermedie (Comunità Montane) immaginate dalla L. 1102/71 avessero avuto valenza di raccordo di prossimità tra cittadino ed istituzione e non di mero centro di spesa perlopiù clientelare, ben diverso sarebbe stato il loro destino, ma nella nostra regione si pensò di sostituirle con delle fotocopie istituzionali (Comunità Locali) del tutto simili nel modello di governance locale che rimaneva sostanzialmente invariato, poltronifici per trombati assorti al ruolo di capobastone o postazioni per arrembanti affaristi della politica, al netto di ogni retorica “nuovista” con cui pure si apparecchiò lo stessa tavola.

 

Ma oltre il destino più o meno assicurato ai lavoratori delle Comunità Montane e non avendo alcuna significativa importanza umana quello dei presidenti e dei relativi consigli, la discussione che pur dovrebbe aprirsi con serenità scevra da “postazionismi”, è su quale debba essere il modello di un governo comune delle realtà locali più svantaggiate della nostra terra, dovendosi finalmente mettere da parte quell’insostenibile pesantezza della governance locale con cui abbiamo spesso dovuto far conto e giocoforza concentrarsi sul maggior dialogo tra sindaci ed enti regionali.

 

Dialogo che ovviamente non deve o può concentrarsi solo sulle appartenenze a cordate politiche più o meno rappresentate nel governo regionale, quindi in grado di assicurare ascolto alle istanze locali, ma necessita di strutture dialoganti e di concertazione istituzionale che la sola esistenza dell’ANCI non pare riuscire ad assicurare.

 

La regione pensa così di introdurre le cosiddette “aree programma” che letteralmente “dovranno assicurare, attraverso la costituzione di apposite conferenze di sindaci, la rappresentanza dei territori nella gestione delle politiche regionali” e francamente non risulta agevole comprenderne la differenza sostanziale proprio rispetto a quanto le Comunità Locali avrebbero rappresentato nelle intenzioni del legislatore regionale che ne aveva statuito l’esistenza ben prima di averne regolato le funzioni, e neppure rispetto alle conferenze di servizi che attualmente regolano molti aspetti del rapporto tra enti regionali e comuni.

 

Il rischio è così quello di far rientrare dalla finestra ciò che si è buttato fuori dalla porta, poiché non si capisce quali siano, al netto di regolamenti specifici, le modalità di partecipazione e rappresentanza dei comuni nelle aree di programma che, in mancanza di norme che ne statuiscano partecipazione e rappresentanza, rischiano o di essere un puro proclama di bassa retorica o di fotocopiare le modalità delle vecchie comunità, in questo caso con una legittimazione tutta da verificare per strutture non previste dalle leggi vigenti dello stato.

 

Altro invece sarebbe l’inserimento di queste aree in un più ampio disegno di architettura istituzionale che preveda, come questo movimento sostiene, la creazione ponderata di una consulta regionale dei sindaci a carattere obbligatorio a cui delegare competenze specifiche di programmazione territoriale.

 Miko Somma, coordinatore regionale di Comunità Lucana – Movimento No Oil