comunicato stampa di comunità lucana-movimento no oil

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La polvere sotto il tappeto

 

La querelle amministrativa a cui sembra si riduca o si voglia ridurre la questione discarica di Satriano di Lucania ed il suo “bizzarro” iter amministrativo pongono serie di inquietanti dilemmi sulle altrettanto inquietanti pratiche di una gestione complessiva del territorio regionale dissennata, spesso spacciata per una politica di sviluppo, e che questo movimento denuncia ormai da anni come il modus operandi di una classe dirigente del tutto incapace di comprenderne invece le reali potenzialità.

 

 

Si è finora sempre parlato di sviluppo e lavoro in accoppiata a concessioni di utilizzo del territorio ad intraprese varie, giustificandone in tal modo il sacrificio, ma è proprio a volere ripercorrere le tappe di questo “sviluppo”, il cui valore assoluto è sotto gli occhi di tutti con i suoi risultati, che si pone già un primo punto di domanda – può il territorio essere concesso con leggerezza, se i risultati in termini di sviluppo e lavoro sono visibilmente tanto scadenti? – domanda che declinata nello specifico significa – può mai una discarica portare lavoro e sviluppo a territori che hanno ben altre vocazioni?

 

 

La risposta ci pare scontata nella cubitalità di un secco no, a meno di non voler pensare che problemi quali quelli occupazionali possano trovare soluzione in ciò che allontana di fatto ogni altra possibilità di utilizzo del territorio stesso (il turismo potrà mai avvicinarsi a comunità che ospitano discariche?) e allora non saranno pochi posti di lavoro di cui già si vocifera in paese e che immaginiamo già all’asta, a dare risposte di sistema, quanto piuttosto ad originare altre domande.

 

 

A chi serve tirar l’elastico di norme già molto elastiche per concedere territorio ad attività estranee ad indirizzi programmatici che pur la Regione Basilicata si è data? Perché, a meno di non considerare la discarica un esempio di sviluppo sostenibile, tali attività sono altro rispetto alla sostenibilità alquanto abusata in questa regione, prefigurandosi proprio sull’equivoco della sostenibilità stravolgimenti degli indirizzi programmatici fuori dalla sede legislativa competente, il Consiglio Regionale.

 

 

Considerazione non è peregrina se, come appare da dichiarazioni di assessori comunali di Satriano udite nell’incontro pubblico del 3 u.s., il comune avrebbe espresso volontà di inserire l’area di Pietra Congolo, oggetto della disputa, nel Parco Nazionale della Val d’Agri con la perimetrazione dell’area, ma per inspiegabili motivi – così è stato dichiarato – tale perimetrazione si sarebbe persa lungo la strada tra comune e conferenza unificata del 6 luglio 2007, fino a risultare come non mai avvenuta, cosa che ha portato il TAR a prendere atto di rinunzia nei fatti a tale inserimento e ad emettere atto di accoglimento del ricorso della ditta proponente contro l’inserimento dell’area all’interno del Parco.

 

 

Qualcosa non quadra affatto ed allora o il comune minimizza gli effetti di una ignavia amministrativa e politica assai colpevole, peraltro accentuata dalla non costituzione di parte nel giudizio in oggetto a scusa di un intervento atteso dalla provincia di Potenza e mai avvenuto o qualcuno ha cancellato tale perimetrazione con una ipotesi di un reato penale molto grave a cui su mia sollecitazione di denunzia alcuni amministratori hanno opposto la cieca fiducia nelle istituzioni regionali.

 

Anche un ex sindaco di Satriano ha espresso tali notevoli e pesanti giudizi su alcuni interessi che a suo parere avrebbero condotto a tale situazione, da lasciar intendere che il gioco finale sia di arrivare ad un’approvazione della discarica nelle more di un’attività giudicante e non nelle potestà di un diritto e di un dovere alla programmazione da parte degli enti competenti. Occorre dunque chiarezza.

 

Il sig. Tolla farà quindi anche legittimamente il suo lavoro, come dichiara, e lo fa in base ad elasticità delle norme ambientali che permettono che traffico e stoccaggio di rifiuti siano commerci quasi simili agli altri, ma se la programmazione del territorio, quindi anche assentire o dissentire rispetto ad una richiesta di autorizzazione, è un dovere delle amministrazioni che sovrintende rispetto ad ogni altro diritto, siamo allora di fronte o ad un’abdicazione dalla potestà a programmare degli organi regionali di competenza o alla semplice incompetenza, preferendosi pilateschi giudizi amministrativi a forti ed inequivoche soluzioni da parte della politica.

 

Si dimostra allora ancora una volta o l’incapacità delle classi dirigenti a comprendere la realtà o una mera malafede ipocrita di chi sa quel che fa o piuttosto, come questo movimento crede, la miscela di entrambi i componenti nella composizione di un brodetto di coltura per interessi imprenditoriali che in questa terra significano petrolio, energia, acqua, rifiuti.

 

Tanto basta agitare la consolazione di qualche posto di lavoro nella giostra quotidiana di sagre, fiere  ed eno-gastronomia che “appecorisce” i lucani e nessuno noterà che anche stavolta dell’altra polvere è stata spazzata sotto il tappeto.

 

Miko Somma, coordinatore regionale di comunità lucana-movimento no oil