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La doccia scozzese

 

La doccia scozzese, come è noto, è l’alternarsi rapido di getti d’acqua calda e fredda che gioverebbe al corpo ripristinando una buona circolazione sanguigna, ma nulla di nuovo, già i romani adottavano per la sua cura l’immersione nel calidarium (una piscina contenente acqua calda) e frigidarium (va da sé – conteneva acqua fredda), addomesticandone il passaggio traumatico attraverso il tepidarium.

 

In Basilicata, in omaggio forse alle nostre abitudini montanare poco inclini agli agi, abbiamo scelto la doccia scozzese come la pratica sanitaria per le nostre aspettative sull’occupazione, mantenute così in buona salute (le aspettative) dall’alternarsi dal tubo (catodico) di molte docce calde – il gruppo x è interessato allo stabilimento y in crisi – ed altrettante docce fredde – il gruppo x è sparito.

 

Così sulla Ferrosud di Matera, esattamente come sulla gran parte dei plessi industriali in crisi, calerà il getto freddo di un concordato preventivo che, se da libera il sito dalla proprietà attuale consentendo in fieri l’arrivo di qualcun altro dalle miglior perizie e miglior fortune, ne canta però il de profundis in mancanza di offerte imprenditoriali serie come la realtà ci ha insegnato accadere quasi sempre.

 

Nonostante così le parole dell’assessore Restaino di contatti in corso con gruppi imprenditoriali per la salvezza del plesso – par di assistere all’opera di chi intiepidisce l’acqua con un cerino – intanto alla Ferrosud non c’è alcuna novità ed un altro plesso storico dell’industria lucana corre verso la chiusura.

 

Ci permettiamo allora di proporre una soluzione che se non è la “soluzione”, almeno pone in essere nuovi elementi per la sopravvivenza dell’impianto ed il mantenimento di alcuni posti di lavoro la cui scomparsa aggraverebbe il già grave bilancio occupazionale regionale.

 

Proviamo a volare alto, ma nella logica dell’impianto – costruzione di materiale ferroviario rotabile – e delle sue necessità immediate – trovare commesse in tempi rapidi per scongiurare la chiusura – ma contemporaneamente dando un’occhiata alla situazione del trasporto pendolare in Basilicata, per la sua maggior parte affidato alla gomma attraverso vari vettori privati e per il quale la regione posta dei sostanziosi contributi in favore delle ditte affidatarie, relegandosi i trasporti su rotaia alle uniche tratte regionali, Foggia-Potenza e Salerno-Potenza-Metaponto, servizio scadente e poco attento agli orari dei pendolari, poco affidabile con le coincidenze ai collegamenti nazionali ed in buona parte svolto da autobus sostitutivi (un discorso a parte meriterebbero poi le ferrovie Appulo-lucane).

 

Il milionario contratto di servizio triennale che lega la Regione Basilicata a Trenitalia è punto dolente di una trattativa impossibile, avendo di fatto il vettore più volte dimostrato disinteresse sia al trasporto dei pendolari che al trasporto in genere nella nostra regione, ma se del contratto immaginassimo lo stralcio della parte relativa ai treni locali, potendo coprire con i suoi costi il nolo delle rotaie di Rete Ferroviaria Italiana (RFT), provvedere in proprio alla circolazione di treni pendolari con materiale di proprietà della regione, potrebbe divenire una prospettiva non solo di meglio tarare i trasporti locali ai bisogni reali, ma di utilizzare i fondi pubblici eventualmente destinati a rendere appetibile la Ferrosud a privati per una salvifica commessa per costruire le carrozze proprio allo stabilimento materano.

 

Traslare i fondi di “aiuto” all’imprenditoria eventuale interessata a rilevare lo stabilimento verso delle  commesse che aprono prospettive reali ben oltre la salvezza temporanea del plesso, verso gestioni dirette dei trasporti che, a volere immaginare oltre al trasporto passeggeri, un trasporto merci locale a bassa velocità basato su interporti, potrebbero divenire il punto di inizio di nuove fasi nel sistema dei trasporti pubblici in questa regione, a cominciare dalle linee esistenti e largamente sotto-utilizzate.

Una piccola rivoluzione di “metropolitana regionale” facile da mettere in cantiere in tempi rapidi e con pochi denari per poche carrozze, un gestore affidatario consortile, ma soprattutto buona volontà della politica a voler affrontare una crisi locale con una soluzione di sistema.

In altri termini, serve un pensiero organico, forte e che guardi al futuro più sostenibile per la regione, dimenticando il mendicio attendista ed inconsistente che pare insito nell’attendere beckettianamente che lo Stato ci inserisca in qualche grande progetto infrastrutturale e recuperando quella centralità di programmazione nelle scelte strategiche per il territorio che ci pare carente nella attuale fase.

 

E se a volere davvero volare alto, utilizzassimo i 180 milioni da anni inutilmente postati sulla Saurina e tutti i fondi da finanziamenti europei in conto investimenti ad oggi e per il domani rinvenibili per la strategica realizzazione d’una doppia dorsale ferroviaria a bassa velocità Potenza-Val d’Agri-Policoro e Potenza-Laurenzana-Corleto, e di una trasversale Lauria-Sant’Arcangelo-Pisticci-Matera, i benefici intuibili riguarderebbero non più solo qualche azienda in crisi, ma l’intera economia regionale in piani infrastrutturali che al trasporto veloce di attraversamento scelgono quello più lento di penetrazione.

 

Solo con idee coraggiose ed in grado di immaginare il futuro di una Lucania “differente” da un mondo massificato, crediamo possa terminare l’eterna stagione delle speranze a fondo perduto e di una terra in vendita al miglior offerente. Noi di Comunità Lucana siamo a disposizione con le nostre idee.

Miko Somma, coordinatore regionale di Comunità Lucana-Movimento No Oil