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La politica e l’anti-politica

 

 

 

 

Premettendo che le parole udite dal presidente del Consiglio Regionale Vincenzo Folino sulla “decina di personaggi che agitano l’anti-politica” nella nostra regione non toccano affatto il sottoscritto che del ruolo della politica è convinto assertore, l’occasione è però buona per qualche riflessione.

 

 

Il presidente saprà di certo che la politica, lungi dal poter essere rigidamente costretta nell’ambito dei partiti più o meno tradizionali – in questo paese cambiando questi troppo spesso pelle diviene difficile persino identificarli – affonda le sue radici causali nella necessità che idee o visioni del mondo siano  rappresentate da istanze politiche dirette, siano esse partiti o movimenti di opinione.

 

La Costituzione Italiana nell’affermare che ogni cittadino è libero di associarsi in partiti per concorrere alla determinazione della politica nazionale, traccia uno strumento, il partito politico, per partecipare alla vita istituzionale mediante una rappresentanza organizzata, ma non chiude il cerchio di un’attiva ed “altra” partecipazione dei cittadini alla politica alla sola rappresentanza eletta nelle istituzioni, anzi affermando la più ampia e libera possibilità di associazione tra essi, legittima tutte le opinioni – così anche quando non rappresentate da partiti – ad esprimere non solo assenso o dissenso attraverso il voto, l’elemento cui si vorrebbe ridotta la partecipazione, ma “persino” ad esprimere le proprie idee di quale sia il paese che si vorrebbe, anche attraverso la negazione o contestazione di quello che si ha.

 

La politica è quindi comportamento sociale che discende dal più ampio concetto di cittadinanza e che si esprime nelle forme e nei modi che più aggradano nel rispetto delle norme, e non atto che nasce e finisce nell’espressione del voto, una distinzione importante e di cui pare si voglia far perdere il senso nella demonizzazione delle espressioni altrui di dissenso.

 

Non si comprende allora quale possa essere la distinzione tra politica ed anti-politica se non quella capziosa forzatura dialettica che, utilizzando ad indice l’antinomia, ne sovverte ipocritamente il senso fino a far apparire come anti-politico, quindi anti-sociale, ogni comportamento che non abbia termine di esistenza nei recinti comportamentali dei partiti, così da trasformare l’anti-politica in un totem di cui esorcizzare gli influssi negativi, un totem che serve più alla “rappresentazione” del generico pericolo populista con cui si stigmatizza qualsiasi opposizione sociale che ad una serena riflessione sul vero  problema, la sfiducia nel sistema dei partiti, che essendo per loro intrinseca natura organizzazioni di uomini, diviene la sfiducia in quelle classi dirigenti espressione di quei partiti.

 

Il presidente Folino individua dei Masaniello che agitano le piazze lucane di un malpancismo plebeo e lo fa con una bulla presidentialis dal sapore di scomunica, non scendendo però sul piano politico, come ci si aspetterebbe, ma su un piano mistico che pone a dogma l’auto-assolvimento delle classi dirigenti nel mentre esplicita accuse rivolta ad altri di sovvertire una fiducia posta anch’essa a dogma, così servendo sul piatto dei media la dinamica antropologica che affligge la politica della necessità di un nemico per affermare la propria esistenza.

 

I partiti nel sentire del cittadino sono macchine elettorali al servizio di personalismi narcisisti o logiche di potere, apparati chiusi alla rincorsa di ipotetici centri di cui appare difficile tracciare confini politici e in cui tutto si confonde nella pervicacia del mantenimento di un ruolo e non mai nell’idealità, luogo di cura di interessi particolari, di cordate, di clan, di familismi, non certo – come pur dovrebbero essere – quei luoghi di confronto aperto dove armonizzare in un percorso comune i bisogni della società, le possibilità concrete di poter rispondere a quegli impulsi e la capacità di intrecciare l’immanente con una visione del futuro posta a traguardo dell’azione dell’oggi.

 

L’anti-politica è solo il sintomo di una malattia che nasce dal disagio diffuso per una politica dal fiato corto proprio rispetto a tutti e tre questi fattori – e certo occorrerebbero riflessioni di più ampia portata che – ma è rispetto alla capacità di tra-guardare un futuro in idee e progetti validi per l’intera società che si palesa quell’evidenza di classi dirigenti incapaci di organizzare dei tempi politico-amministrativi che vadano oltre il reincarico che sfocia in un innegabile malcontento viscerale, la cui gestione è pura sensibilità politica a trasformare da generico antipartitismo in proposta politica organizzata come pure il nostro movimento non ha mai negato di voler costruire.

 

Piuttosto che lanciare anatemi e scomuniche, presidente, farebbe bene certa politica di cui anche lei fa parte a mettersi in seria discussione a cominciare dall’eticità della gestione del sottogoverno in cui si annidano privilegi come le consulenze in comuni amici a mo’ di stipendio per funzionari di partito.

 

Ferma restando la potestà esclusiva della magistratura ad emettere verdetti, se pur qualcuno volesse condannarvi per le corruttele da più parti sospettate, sappia che è non solo per quello, ma anche per quello che noi vi condanneremo, politicamente s’intende.

 

E mi consenta, i consigli regionali a Matera erano parte del programma di questo movimento per il nostro sfortunato tentativo di partecipare alle elezioni regionali 2010, ma non si sprechi a ringraziare, noi ne siamo comunque contenti, anzi La invitiamo, se servisse, a prenderne possesso per intero.

 

Miko Somma, coordinatore regionale di Comunità Lucana-Movimento NO Oil