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Basta con le ipocrisie

 

La prima considerazione alla notizia dell’istituzione del “tavolo” paritetico sul petrolio lucano presso la conferenza Stato-Regioni è che finora sulla questione idrocarburi non c’è dunque stata parità tra i soggetti interessati, ma siamo all’ironia, perché di interessante c’è che “solo” dopo 13 anni dalla firma dell’accordo si giunge a forme di concertazione delle quali sarebbe stato importante impostare molto prima le basi, vista l’importanza in termini di energia equivalente fornita al sistema paese (oltre il 5%) che i giacimenti di idrocarburi lucani rappresentano senza che nulla o quasi rimanga in loco.

 

 

Un comitato paritetico il cui compito par essere quello di avviare soluzioni industriali, occupazionali ed infrastrutturali che dovrebbero compensare il differenziale tra la ricchezza prodotta dal petrolio e dal gas lucano per le casse statali (accise sugli idrocarburi versate dalle compagnie) e la miseria di royalties al 7 + 3% (rivalso su uno sconto carburanti che nessuno ha ancora visto) che le compagnie versano alla regione con “bizzarro” sistema auto-referenziale di conteggio dell’estratto, soluzioni che dovrebbero sostanziare quanto pubblicizzato nell’ultima campagna elettorale e di cui dubitiamo.

  

In sostanza si chiederebbe che delle attività industriali dirette od indirette di compagnie che operano nel settore energetico vengano allocate in territorio lucano, più segnatamente in una valle da ridurre a mero contenitore, per la creazione di un hub energetico che stravolgerebbe ogni programmazione originaria, che in conseguenza vengano avviati percorsi occupazionali, che si postino cifre su non meglio precisate infrastrutture a carico di bilanci statali magri e che vanno in altre direzioni, insomma un calderone delle buone intenzioni.

  

Noi, abbiamo sempre sostenuto aumenti secchi delle royalties almeno al 25%, interamente a carico delle compagnie, ponendo tetti alle quantità di estratto attraverso concertazioni ed indisponibilità alla destinazione di ulteriori porzioni del territorio regionale allo sfruttamento ed alla ricerca di idrocarburi, e soprattutto sottoponendo ogni attività a chiari ed inequivoci monitoraggi terzi dell’inquinamento relativo, ma evidentemente le strade scelte dal presidente e dalla sua giunta sono altre.

  

Strade che portano alla pretesa che i progetti relativi alla valle dell’energia (PIEAR) siano finanziati dalle compagnie, quando invece intuiamo che sono le stesse compagnie, attraverso la Confindustria di Basilicata ad aver influenzato tutto il percorso (un lancio basilicatanet del dicembre ‘07 conteneva precise dichiarazioni congiunte del presidente della regione e dell’allora presidente degli industriali, oggi assessore alla sanità, circa la creazione dell’hub) anche attraverso il ruolo in Conferenza delle Regioni che il presidente De Filippo esercita, strade che lasciano intravedere con la chiarezza di un incubo che la regione intera verrà “ceduta” alle mire produttiviste di un sistema energetico onnivoro e senza troppi scrupoli (vogliamo dimenticare la Basilicata bella donna che non si sa vendere?).

  

L’occupazione che da quelle strade intraprese pur dovrebbe derivare e ovviamente un’occupazione per poche unità ben specializzate che solo ora si pensa di dover formare dopo che il trascorrere degli anni ha di fatto tracciato un gap difficile a recuperarsi, ed anche su quello intravediamo la strada che porta alla finalizzazione a carico pubblico di risorse formative verso il settore energetico.

  

Non capiamo poi quali infrastrutture potrebbero essere “stimolate” dallo strumento paritetico senza precise linee o deleghe comunicative con il CIPE, anche se intuiamo che l’infrastruttura di riferimento rimane quella Lauria-Candela, oberata di vincoli insuperabili nel tratto della Saurina, ed altre strutture viarie il cui peso di sostenibilità andrebbe meglio tarato.

  

Registriamo però che Confindustria sbarca in Val d’Agri nell’indotto petrolifero, Geogastock approda in Val Basento con lo stoccaggio propedeutico al gasdotto del Mar Nero, altre compagnie cominciano a reclamare porzioni di territorio da trivellare che l’UNMIG si affretta a concedere e gli uffici regionali a ratificare, e non è finita qui se nel computo inseriamo gli interessi sull’incenerimento dei rifiuti e la gestione del ciclo, le acque, le foreste “produttive” e le bio-masse agro-industriali in finanziamento PSR, l’eolico tra moratoria e domande attuali e via discorrendo l’elenco dei disastri prossimi venturi che qualcuno chiama sviluppo, mentre non commenta i dati di 6 nuovi casi di tumore al giorno in una regione che conta meno di 590.000 abitanti.

Basta allora con le ipocrisie!

 

Miko Somma, coordinatore regionale di Comunità Lucana –Movimento NO Oil