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Confesercenti: segnali negativi per piccoli negozi

09/02/2011 11:19

BAS “Sono sempre i piccoli esercizi commerciali in grande sofferenza. L’indicazione che viene dall’indagine congiunturale del Centro studi di Unioncamere relativa al quarto trimestre 2010 conferma il grido d’allarme lanciato nei mesi scorsi dalla Confesercenti della provincia di Potenza”.
E’ il commento del presidente provinciale di Confesercenti di Potenza Prospero Cassino, il quale evvidenzia che tra i settori merceologici la contrazione interessa tanto il commercio al dettaglio di prodotti alimentari (-2,9%) che quello di prodotti non alimentari (-2,5%). Iper e supermercati, invece, segnano una crescita delle vendite pari al +0,7%. Per gli altri servizi, si chiude con un piccolissimo incremento (+0,1%) il bilancio dell’ultimo trimestre dello scorso anno delle imprese del settore, espressione di una modesta riduzione dei risultati di quelle che hanno meno di 49 dipendenti (-0,1%) e di un aumento contenuto di quelle maggiori (+0,3%). Ed è sempre il Mezzogiorno a manifestare ancora nuove difficolta’ (-1,1%).
“La nostra preoccupazione – aggiunge Cassino – cresce con l’ipotesi di introduzione dell’IMU che assorbirà l’ICI e l’IRPEF e si abbatterà come una “mannaia” sui titolari di negozi commerciali, botteghe e laboratori artigianali e che secondo il decreto in discussione alla Bicamerale sul federalismo fiscale sarà pari al 7,6 per mille. Per avere un dato, l’Ufficio Studi Cgia di Mestre ha calcolato che negozianti e bottegai pagheranno 41,6 milioni di euro in più l’anno. Come non bastassero le 694 le scadenze fiscali con cui i contribuenti italiani dovranno fare i conti nel nuovo anno e che la burocrazia fiscale costa alle piccole e medie imprese italiane 2,7 miliardi l’anno (fra i 1.900 e i 2.300 euro, in media). La Confesercenti non si stancherà di accendere i riflettori sul processo di desertificazione che ha assunto una continuità ed addirittura un’accelerazione allarmanti, portando gli esercizi commerciali alimentari al dettaglio in Basilicata ad una riduzione drastica (tra il 20 e il 30 per cento in dieci anni), accentuando la tendenza negativa nazionale. In almeno una cinquantina di piccoli comuni già da qualche anno sopravvivono negozi che somigliano ai primi “empori” degli anni cinquanta, quando in un unico esercizio si vendeva di tutto e quindi non solo prodotti alimentari.
“Siamo di fronte ad un’emergenza – afferma Cassino – che rischia di avere risvolti disastrosi a livello locale, sia in termini economici, sia sociali. Oltre agli inevitabili effetti sui livelli occupazionali, sulla produttività e sulla competitività, la desertificazione commerciale porterà con se anche problemi importanti a carico soprattutto delle fasce sociali più svantaggiate. I piccoli negozi che spesso caratterizzano i centri storici stanno perdendo la loro battaglia contro i giganti della grande distribuzione organizzata. Gli ipermercati ed i centri commerciali – continua – hanno invaso le periferie e l’interland dei comuni garantendo ai consumatori un’offerta a condizioni di concorrenza spesso scorretta e sempre insostenibile da parte dei piccoli esercizi che sono così costretti ad arrendersi sempre più spesso. Occorre dunque intervenire subito cominciando da un’aliquota iva generalizzata al 4%, dall’estensione del regime fiscale semplificato previsto per gli artigiani anche ai commercianti al di sotto dei 30 mila euro di reddito. Chiediamo inoltre una premialità fiscale, a valere sulla tassazione locale, l’abbattimento della tassa sui rifiuti e dell’Ici, per le imprese di vicinato che forniscono servizi primari nei centri urbani ed un bonus fiscale per le imprese commerciali che si insediano in aree rurali o che operano all’interno di contesti territoriali di filiera”.

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dati terrificanti pur nell’ovvietà di una tendenza in atto da tanti anni…se è vero infatti che è strutturale ormai il dato di “soccombenza” dei piccoli esercizi rispetto alla grande distribuzione, la cosa è ancor più allarmante in un periodo di crisi, dove alla riduzione dei consumi avrebbe dovuto far seguito una “riscoperta” del negozio al dettaglio…invece continua la flessione originata anche da un afflusso ormai inarrestabile di merci discount…l’analisi è convincente, ma non altrettanto la proposta…la riduzione dell’iva al 4% non avrebbe nessun risultato immediato, trattandosi di una partita di giro che necessiterebbe di una riduzione globale dell’aliquota con meccanismi di recupero per l’utenza finale per sortire qualche effetto…la semplificazione del sistema fiscale potrebbe avere buone conseguenze sulla gestione di piccoli esercizi, ma non è risolutiva del problema principale, il flusso di denari che oggi affluisce copiosamente nel sistema della grande distribuzione…se infatti non si interviene direttamente su questo settore limitandone la diffusione, qualsiasi altro discorso rischia di apparire fuorviante rispetto al problema principale, quello di un modello distributivo che va tarato non su un modello stereotipato di consumo, ma su “questo” modello territoriale…il concetto che da sempre individuiamo nelle economie cicliche territoriali che ci sembrano l’unica risposta alla “colonizzazione” in atto da parte dei grandi marchi della distribuzione…in quanto poi alle tariffe sui rifiuti…beh, alcune risposte le abbiamo indicate nel nostro piano dei rifiuti