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Ripopolamento faunistico del Materano21/03/2011 09:11

BAS   Le politiche venatorie della provincia di Matera si attuano anche attraverso la realizzazione dei ripopolamenti faunistici che contribuiscono, in qualche misura, alla salvaguardia del patrimonio faunistico in generale. Con questo obiettivo il Comitato tecnico faunistico provinciale ha approvato il piano di immissioni della lepre specie “Lepus europaeus”. Cento, in totale, sono le lepri adulte immesse nel Materano; cinquanta in alcuni dei comuni ricadenti nell’Ambito territoriale di caccia A (Grassano, Grottole, Irsina, Matera, Miglionico e Pomarico) e 50 in quelli ricadenti nell’Ambito territoriale di caccia B (Garaguso, Ferrandina, Montalbano, S. Mauro forte, Salandra e Stigliano).
“Prima di procedere con le immissioni abbiamo dovuto attendere che le condizioni metereologiche migliorassero e consentissero di procedere con il ripopolamento. Un’azione, pianificata – ha sottolineato il vice presidente Giovanni Bonelli – in base alla carta delle vocazionalità faunistiche, che vede la lepre una tra le specie stanziali più importanti in relazione alle caratteristiche della realtà territoriale provinciale. È importante ribadire che queste 100 immissioni sono state programmate al fine di garantire una distribuzione il più possibile omogenea del selvatico sul territorio, soprattutto ai fini del successo riproduttivo della specie.”
L’importanza della lepre è stata oggetto, inoltre, di una iniziativa formativa promossa dall’Associazione Enalcaccia circolo di Miglionico, in collaborazione con il comune stesso, presso l’istituto comprensivo “Don Donato Gallucci”. “Educare i ragazzi al pieno rispetto degli aspetti di tutela dei selvatici e della natura – ha evidenziato Bonelli – insegnando che l’azione del cacciatore è anche orientata a salvaguardare la specie e il territorio in cui vive.”
“Le competenze assegnate alla Provincia in materia di tutela della fauna selvatica e programmazione dell’attività venatoria richiedono impegno e professionalità – ha dichiarato il presidente Stella – sia in termini quantitativi che qualitativi. Nell’ambito della gestione faunistica, infatti, si inseriscono tutte le attività che si prefiggono il raggiungimento di importanti equilibri nelle popolazioni animali al fine di garantire la conservazione delle specie che rivestono un interesse naturalistico e, allo stesso tempo, garantiscono il mantenimento e lo sviluppo di attività antropiche quali l’agricoltura, la pesca, il turismo ambientale e la fruizione degli ambienti naturali. Tutti settori che rivestono prioritaria importanza per una economia che non attraversa certo un momento semplice, ma che, anche grazie a queste “attenzioni faunistiche”, può trarre beneficio.”

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lepri che a stagione della caccia terminata non esisteranno più, tranne magari qualche fortunatissimo esemplare che sarà riuscito a sfuggire alle doppiette…è la logica di questi ripopolamenti che non funziona affatto, ben al di là quindi dei tono “ambientalistici” che il tenore del comunicato (e di tutti quelli che in genere provengono dai doppiettisti) sembra voler ribadire…i ripopolamenti hanno un senso se non sono legati alla stagione venatoria, ma alla rinaturalizzazione di una popolazione faunistica libera da “vincoli” del genere…è infatti da sottolineare che solo esemplari lasciati liberi di adattarsi al territorio e procreare possono “ri-colonizzare” lo stesso nel corso degli anni, portando ad una stanzialità che non necessita di interventi di ripopolamento, ad un aumento della specie legato alle possibilità dell’habitat di ospitarne gli esemplari in numero adatto…quindi logica suggerirebbe di procedere a ripopolamenti sulla base della necessità di ospitare per motivi legati alla conservazione della bio-diversità (ed è in questa bio-diversità che può trovare spazio un’attività venatoria che al sottoscritto non piace affatto, ma che è un “diritto” assicurato dalle leggi vigenti) con una regolamentazione della caccia stessa che superi la logica del ambiti territoriali di caccia (atc) auto-gestiti dalle stesse associazioni e porti alla limitazione delle attività in rapporto alle capacità del territorio di poter ospitare un numero congruo a questi parametri di cacciatori…paerticolare attenzione poi andrebbe posto alle specie reintrodotte alla luce di alcuni “errori” gravussimi commessi in passato proprio dalle associazioni, esempio, l’introduzione per motivi venatori di cinghiali dei balcani, molto più grossi e resistenti del locali, che di fatto non avendo nemici naturali si sono riprodotti in un numero ben superiore alle capacità del territorio di poterli ospitare con i danni che poi tutti abbiamo imparato a conoscere