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Il talamo e le aspettative

 

La firma del memorandum di intesa sulle estrazioni petrolifere celebrato tra il presidente De Filippo  e lo Stato nelle persone dei sottosegretari Saglia e Viceconte è per molti versi una circonvenzione di incapace, un matrimonio coatto contrattato da lungo tempo che vede la Basilicata avviata ad un triste altare in cui il suo ruolo non sarà quello del coniuge consenziente, ma quello della concubina a cui non è stata mai lasciata scelta sulla qualità dello sposo.

 

 

Ciò che appare paradossale è che la grande menzogna su cui si è celebrata la funzione stia in un precedente accordo tra Stato, compagnie e regione quasi del tutto disatteso nei suoi impegni sin dalla sua sigla e che a distanza di 13 anni viene oggi imbellettato di alcuni simulacri (fondazione Mattei, osservatorio ambientale, monitoraggio e via discorrendo) che sono tali oggi, non essendosi mai materializzati per tutto il periodo precedente, in altri termini facendo passare un nuovo accordo e nuovi impegni sulle estrazioni in Basilicata senza aver mai preteso il dovuto per quello vecchio, che tuttavia andava onorato in tutte le sue parti prima di acconsentire al nuovo.

 

Dalla sua nascita questo movimento ha sempre posto il tema delle estrazioni di idrocarburi e del loro trattamento al centro di richieste di democrazia reale che pur avrebbero dovuto seguire ogni discussione sul tema – dal diritto alle informazioni alla condivisione con la popolazione – dovendo però concluderne, anche alla luce di quanto oggi viene siglato, che l’argomento petrolio non passa per le strade della formazione del consenso, come naturalmente dovrebbe essere in ogni paese civile, ma semmai questo viene formato sulla bisogna del primo senza alcuna altra considerazione.

 

In altre parole è sulle necessità di un sistema complesso in cui si incrociano indistintamente sia un fabbisogno statale di energia per il paese e di accise sui derivati a riempire le casse pubbliche, sia le strategie di gruppi privati ai profitti al fabbisogno stesso fortemente interlacciati, che si è in questi anni si è costruito “il motivo” per cui il matrimonio viene celebrato, il talamo ed i “piaceri” – quelli di compagnie & co. – e non il coniuge e le sue aspettative d’amore – i lucani, sempre più popolo bue.

 

Ed in nome di quel talamo si sono raccontate bugie sui monitoraggi, che tali sono nell’evidenza del loro non esserci di fatto mai stati, tante le incongruenze rilevate, sulle quantità dell’estratto, che era e continua a rimanere materia in cui il controllato si controlla da sé, sull’epidemiologia legata a quel processo industriale che ovunque è materia altamente sorvegliata vista la sua pericolosità e da noi sembra esser diventato una barzelletta balsamica in cui sono negati dati di aumento di patologie, così come cause e concause possibili, sulla scorta o di una media nazionale a cui si fa riferimento solo nei valori assoluti e non nelle curve di aumento di incidenza, o di assunti general-generici su pretesi cambiamenti degli stili di vita che andrebbero verificati sia nello stretto arco temporale in cui invece le patologie sono aumentate e soprattutto alla luce di quei cambiamenti invece realmente accaduti nelle zone oggetto di indagini epidemiologiche mai effettuate e non finisce certo qui.

 

Se infatti ai dati ambientali e sanitari per lo meno dubbi e sui quali si è allora preferito propendere per quelle interpretazioni dogmatiche sintetizzate nell’acritica esclusione del petrolio e trattamento dello stesso da ogni possibile fonte di danni, dovessimo aggiungere poi quei dati sulle royalties e le compensazioni (esigue per legge dello stato, percepite in ritardo –e dovremmo forse tutti ricordare la clausola sospensiva e l’affaire BEI – e poi spese malamente in progetti dal respiro clientelare sul territorio), sullo sconto benzina attivato su un fondo regolarmente costituito con un aumento del 3% delle royalties e mai devoluto con scuse risibili almeno quanto il Governo ed il Ministero che le detiene, sullo sviluppo di settori di indotto o di occupazione mai visto neppur ad essere fortemente creduloni, il quadro che ne emergerebbe avrebbe frenato qualsiasi Giunta, Consiglio, uomo politico ad apporre firme a nuovi accordi sulla scorta della mancata e palese inadempienza ai vecchi.

Ma evidentemente non è così e chi governa oggi questa regione, così come chi sta all’opposizione localmente ed al governo a Palazzo Chigi, si è stretto in sodalità con interessi vari, declamati nelle formule dell’interesse nazionale, dello sviluppo, delle soluzione di crisi internazionali, e mai, mai in quell’interesse regionale a cui pur tutto dovrebbe far riferimento, pur nello stretto margine operativo di leggi che fanno del petrolio materia non federalista, ma tanto fortemente centralizzata da potersi leggere con facilità quanta lobbying venga esercitata perché la Basilicata diventi campo petrolifero, contenitore energetico e non altro con il contentino di infrastrutture ed industrialismi di cui sarà il tempo a dimostrare la realizzazione a dispetto di una realtà che invece mostra altro.  A queste giunte ed a questi presidenti sarà il tempo storia a presentare il conto.

Noi nel frattempo gli presentiamo la nostra irrevocabile dichiarazione di ostilità.

Miko Somma, coordinatore regionale di Comunità Lucana-Movimento No Oil