Comunicato stampa di comunità lucana-mov. no oil

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Quando l’assenza diventa assenso, un presidente diventa un monarca.

  

Ciò che più di tutto dispiace nella vicenda dello strano “assenso” alla concessione per re-iniezione di gas nel sottosuolo della Val Basento, oltre alle motivazioni di carattere ambientale più volte dal nostro movimento sollevate rispetto a questo progetto e che ci pare inutile ricordare ancora, è la ormai sempre più netta convinzione di vivere in un regime.

 

 

Se infatti un regime si contraddistingue per la capacità dei propri media di piegare ogni realtà alle necessità di presentarsi come “salvifica ultima e sola possibilità”, tale distinzione ci appare del tutto calzante ad una regione dove l’assenza a 4 incontri al Ministero dello Sviluppo Economico tenuti su quella concessione nell’iter di approvazione ed a cui il presidente doveva partecipare in qualità di massima espressione amministrativa della regione, diviene l’assenso spacciato come tattica per ottenere “migliori condizioni” che nei fatti, nelle leggi e negli accordi non riusciamo ad intravedere, risultando così o un miserrimo tentativo di spacciar lana per seta o una coatta azione di by-pass di quelle tante criticità e ben pochi benefici che il progetto comporta per questa regione.

 

 

Il presidente, il suo rodato apparato informativo e l’inutile orpello di un assessore all’ambiente del tutto incompetente (ma ben diretto da chi invece costui avrebbe dovuto dirigere, il responsabile del dipartimento ambiente e già assessore per un giorno) infatti non solo millantano di un’esclusività delle decisioni in materia energetica dello Stato che avrebbe ridotto la regione alla concessione del mero assenso, dimenticando forse che la riforma del Titolo V della Costituzione attribuisce potestà concorrente alla legislazione regionale in tema di energia ed ambiente (nonostante la legge 99/09, che, intervenuta in materia, pur limitando quella devolution non inficia il principio di sussidiarietà), ma dimenticano pure che la logica prima ancora che la legge implica che lì dove esista la capacità giuridica di esprimere un assenso, esista anche possibilità legittima di esprimere un dissenso.

 

 

Dissenso che infatti non è stato espresso, dovendosi giudicare cosi l’assenso o una ammissione di incapacità rispetto alla conduzione dell’iter o la coatta volontà di raccontare menzogne imbellettate di “stringenti” monitoraggi ambientali di cui non conosciamo i dettagli, ma di cui ad esperienza fatta immaginiamo il contenuto (soprattutto perché la loro lettura passa attraverso ARPAB e l’incapacità di questa sia al trattamento sistematico dei dati stessi, sia alla sostanziale comunicazione pubblica dei dati secondo convenzioni internazionali recepite in leggi dello stato), di una allerta archeologica da attivarsi presso la sovrintendenza spacciata come una innovazione, quando si tratta di normale prassi operativa, di compensazioni ambientali (se preferite ma impropriamente dette royalties) del tutto ridicole perché liquidate ope legis e non per munificenza o bravura dei contraenti e soprattutto quando messe a confronto con esperienze meno impattanti ed invasive e con ben altre normazioni (non vorremmo così ricordare che è sempre la legge a trasferire alle regioni meridionali quote parte di compensazioni altrove incassate dallo stato), di quantità di posti di lavoro del tutto risibili e di un ulteriore “sacrificio” che la regione compie nell’interesse nazionale.

 

 

Ed è qui il punto ancor più dolente poiché se già l’interesse nazionale collide con la concessione di stoccaggio ad un colosso russo del gas in odore di liason che in Italia sembrano portar dritti a noti mentori ed in patria immaginiamo dove, e ciò nonostante le precise indicazioni europee che vanno nel settore energetico a preferire asset aziendali comunitari, ma se ne accetta il peso ingombrante e già ampiamente sopportato in Val d’Agri, come mai si continua a concedere invece che puntare i piedi e richiedere che a quel peso corrisponda non un’elemosina in forma di promesse mai siglate, ma la sostanza di un accordo che riconosca alla regione il suo ruolo?

 

 

Al presidente vorremmo così ricordare che avendo egli già firmato l’accordo sia per Tempa Rossa che il memorandum per l’aumento delle estrazioni petrolifere, con l’assenso ultimo riduce la nostra regione già damigiana petrolifera ad infrastruttura energetica tout court, completando l’architettura di una destinazione ad hub del territorio a cui nessuno ha dato democraticamente assenso.

 

 

E tutto ciò nelle pieghe di una strategia lunga che passa attraverso le “preghiere” di riduzione della zona di bonifica in Val Basento (sito di interesse nazionale) di cui solo due anni fa si fece interprete presso il Ministero dell’Ambiente l’allora assessore all’ambiente Santochirico, in coincidenza stretta con i siti oggi interessati dal progetto Geogastock, bonifica che ora appare sempre più lontana e limitata perché altri interessi sono subentrati nella sodalità di sindaci ed aziende interessate al gran movimento terra degli adeguamenti dei 14 pozzi (con nuove trivellazioni da operare per l’aumento dei calibri), della posa delle infrastrutture di raccordo al gasdotto, della costruzione delle centrali e della allocazione delle eccedenze delle stesse terre di scavo in discariche speciali.

 

 

E se sono care a certe trasversalità politico-affaristiche queste attività che creano lo sviluppo che si è sinora nutrito del nostrano “tutt’apposto”, come meravigliarsi che l’assenza diventi assenso e che un presidente diventi un monarca assoluto ed ipocrita, in grado di decidere per tutti ben oltre il suo mandato?

 

Miko Somma, coordinatore regionale di Comunità Lucana