Com. stampa Comunità Lucana-Movimento No Oil verso il partito della Comunità Lucana

 questo comunicato non è stato inviato al sito istituzionale di basilicatanet, visto quanto già da noi espresso circa l’opera di confusione che puntualmente viene messa in atto o per imperizia (e ci può stare visti i criteri) o per cosciente manipolazione bulgara (cosa molto più probabile) delle affermazioni dei comunicati, il cui senso non andrebbe distorto, ma semmai solo adeguato alle esigenze di spazio concessogli in ciò che dovrebbe essere una sorta di rassegna dei comunicati inviati

tale attività riprenderà solo a seguito delle scuse ufficiali del sito basilicatanet

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La delocalizzazione dell’istanza.

  

I nostri dubbi iniziali sull’opportunità di partecipare alla manifestazione “mo basta”, poi stemperati nella necessità ravvisata di mantenere un atteggiamento responsabile sulla vertenza e così partecipare pur se in maniera critica sulle modalità di convocazione e sulle parole d’ordine, si sono rivelate purtroppo fondate nell’amara constatazione che da quella piazza sia venuto fuori solo un moto di pancia che non sembra preludere ad altro che ad un imbarbarimento vertenziale sino alla scomparsa del tema stesso.

  

Nella più ferma convinzione che chiunque abbia diritto di appropriarsi di una questione e portarvi il suo specifico, non possiamo però non notare che il livello dialettico degli interventi susseguitisi ha palesato in maniera chiara non solo una incerta impreparazione e bassa conoscenza della tematica complessa che le estrazioni nella nostra regione comportano nella necessità di incrociare considerazioni di natura ben più complessa dell’ammontare delle royalties percepite – pur essendo un problema serio di cui si veve però discutere nel recinto legislativo nazionale e nella realtà operativa – ma l’approccio distorsivo ed imbarbarente, indugiante più ad applauso facile e comunicazione da suburra, che alla chiarezza di una piattaforma di rivendicazione vera e propria.

  

Ma non è certo in discussione il livello dialettico degli interventi, quanto proprio quella piattaforma che a tratti sembrava raggiungere il parossismo di voler considerare la piazza e chi la rappresentava come elemento compositivo di ipotetici, irreali, ridicoli “tavoli di concertazione” con le compagnie, in forme di improbabile rappresentanza delle istanze dei cittadini bizzarra in sostituzione di istituzioni contestabili nella monocrazia finora imposta sul tema.

  

In poche parole ed in un taglio antropologico, un calderone ribollente di dolenze, dove è il sentimento che tenta di assumere valore non misurabile di rappresentanza e non la ragione organizzata in forme democratiche, a tentare di riassumere le criticità evidenti in una istanza il cui valore appare confuso.

  

Percorsi pericolosi, a Potenza, come ovunque, che nascendo dalla dissoluzione dell’istituzione come il  luogo della rappresentanza politica dei bisogni collettivi, in quel ruolo di terzietà “tecnica” assunto dalle forme di governo nella mediazione tra interessi pubblici ed interessi privati, pongono problematiche di natura ben più ampia sulla tenuta stessa di un sistema incapace di dare risposte alle domande dei cittadini, lasciando spazio a quell’anti-politica più viscerale e passibile di etero-direzioni di natura varia.

  

A chi giova quindi, nel caso specifico, creare basi di rivendicazione confuse al punto da apparire molto facilmente smontabili da una qualsiasi controparte? A chi giova individuare interlocutori che assumono le fattezze dei Masaniello nell’incertezza della rappresentatività, della ragione dell’istanza e persino di un minimo ruolo di organizzazione sociale della stessa oltre i circuiti influenzabili dei social network? A chi giova, infine, tentare di disarticolare quelle forme di conoscenza della materia che faticosamente si è tentato di costruire in questi anni nell’interlocuzione con i lucani, sui giornali come nei luoghi stessi, per riprecipitare elementi critici ormai acquisiti in un pentolone dove questi si riconfondono?

  

La presenza stessa tra gli organizzatori ed i convenuti – presenze ovviamente del tutto legittime – alla manifestazione di bizzarri movimenti meridionali indipendentisti provenienti da fuori regione con il loro carico revanchista neo-borbonico duo-siciliano, confusi da alcune testate per ambientalisti, è sintomo che la tematica petrolio lucano rischia di diventare uno straccio buono per ogni bisogna. Ed è anche di questo che occorre ragionare, di quanto cioè la banalizzazione dell’istanza petrolio e delle altre citate e richiamate nella manifestazione, si rendano preda di fanatismi interessati, divergendo dalle richieste che sono certo l’aumento delle royalties, ma anche i controlli sanitari-ambientali, la programmazione e rispetto delle vocazioni del territori, nell’interruzione della pericolosa tendenza alla petrolizzazione ed infrastrutturazione energetica di quasi tutta la regione.

  

Sabato è andato in scena un copione già visto, la delocalizzazione dell’istanza dal fatto concreto in sé, a significante buono per ogni utilizzo, ed esattamente come per la questione palestinese, la questione petrolio lucano, come Fenice o Itrec, rischia di diventare materiale utile a tendenze in atto nella società meridionale che non lasciano preludere a nulla di buono per la stessa.

  Miko Somma, coordinatore regionale di Comunità Lucana-Movimento No Oil