Comunicato stampa di Comunità Lucana

questa nota stampa non è stato inviata al sito istituzionale di basilicatanet, visto quanto già da noi espresso circa l’opera di confusione che puntualmente viene messa in atto o per imperizia (e ci può stare visti i criteri) o per cosciente manipolazione bulgara (cosa molto più probabile) delle affermazioni dei comunicati, il cui senso non andrebbe distorto, ma semmai solo adeguato alle esigenze di spazio concessogli in ciò che dovrebbe essere una sorta di rassegna dei comunicati inviati

tale attività riprenderà solo a seguito delle scuse ufficiali del sito basilicatanet

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L’agorà come un fastidio.

 

Ogni operazione architettonico-urbanistica riscrive sempre pezzi della storia di una città, intervenendo sulla sua percezione non solo da parte delle generazioni più giovani – quelle che non hanno mai visto un “prima” – ma persino delle generazioni che hanno visto, alterando in qualche modo il rapporto tra il luogo, la memoria dello stesso e la fruizione percettiva dell’opera nel contesto generale della città, ed è questo forse il motivo per cui ogni operazione urbanistica deve calarsi nella realtà sociale, a pena di apparire un solipsismo o peggio violenza contro il passato su cui fonda il presente di una comunità.

 

Personalmente non mi piace la nuova veste architettonico-urbanistica che ha assunto, dopo i discussi e recenti rifacimenti, piazza M. Pagano a Potenza, piazza che vorrei ricordare è luogo simbolo della e delle memorie collettive/personali non solo dei potentini, ma in qualche modo d’ogni lucano che nella città capoluogo si riconosca, per via dei lampioni-traversine ferroviarie che ne occludono visivamente l’accesso, appesantendo il buon intervento di pavimentazione e livellamento della piazza di manufatti certo molto più adatti alla linearità di corsi e viali, che alla squadratura di una piazza in cui si annulla ogni prospettiva lineare nella volumetria e nello stile degli edifici che la cingono.

 

Ma essendo il giudizio del tutto personale – non è di estetica che si parla, e forse neppure della piazza in quanto tale – e preferendo lasciare al giudizio fruitivo della popolazione nei prossimi mesi quelle valutazioni di merito che trascendono il personale per divenire giudizio di una comunità, ciò che sorge come domanda è quale sia il disegno urbanistico di una città come Potenza nelle intenzioni della sua amministrazione, avendo per sua intrinseca natura ogni destinazione rilievo diretto sulle funzioni della stessa, sulla sua fruizione sociale e così sulla sua economia?

 

Avendo in più occasioni il sindaco Santarsiero sottolineato come ogni opera avviata in passato e dalla sua amministrazione portata a termine, sia stata fatta propria, in continuità amministrativa, nel disegno urbanistico della città del sindaco devono quindi mettersi accanto al rifacimento della piazza interventi discutibili quali la famosa “nave” del Serpentone, il cenotafio di p.zza delle regioni – mi sia consentito di definirlo tale, pur non essendo un monumento funebre, ma avendone fattezze – gli ingombranti ed inutili interventi sulle cento scale, l’assurda riqualificazione invisibile del parco Montreale, gli attentati alla salute pubblica di lastricati in marmo levigato sotto il tempietto di san Gerardo (fortunatamente poi martellato dopo diverse cadute di passanti), solo per citarne alcuni e non dover andare ad interventi di edificazione privata autorizzati in veri e propri “non luoghi” che trasformano una città di 60.000 abitanti in una immensa periferia, non luogo per eccellenza nel quale pare completarsi l’opera di cancellazione della memoria collettiva della città, purtroppo il solo collante apparente di operazioni che, se altrove avrebbero fatto scandalo, da noi muovono invece eserciti mercenari pronti alla difesa di una malintesa modernità che è di fatto solo metro cubo, difesa del metro cubo, preparazione degli altri metri cubi che verranno e che si alimenta di quella cultura feroce che appella di conservatorismo chiunque dissenta.

 

E questa dunque la linea urbanistica delle giunte Santarsiero, il metro cubo ammantato di mercimonio culturale a rivestire tendenze che già Rosi nel suo “Le mani sulla città” mirabilmente dipinse? Anche in quel film, anche in quell’epoca il “progresso” era il cardine su cui poggiava la più bieca speculazione, il progresso comodamente ed ipocritamente trasformato oggi in “eleganza”.

 

Ma c’è urbanistica, quindi programmazione, in una lunga serie di interventi autorizzati a costo pubblico (l’origine dei tanti fuori bilancio) e di interventi realizzati in proprio, di cui poi non si riesce neppure a garantire l’ordinaria manutenzione (il vistoso deperimento di manufatti appena realizzati per ignavia amministrativa od inadeguatezza dei materiali in fornitura) o non solo approssimazione famelica? E se pur progetto potrebbe scorgersi, quale beneficio una città e la sua popolazione potrebbero ricavare da una sistematica opera di disfacimento della memoria storica che diviene identità, se non appunto una perdita dell’identità collettiva nel quale ogni luogo è fungibile ad altro luogo, quindi diviene non-luogo, fino a perdersi del tutto il senso del radicamento collettivo e personale in uno spazio, in un tempo ed in una civica e psichica relazione tra questi, il luogo e la storia appunto, e l’essere umano, il cittadino?

 

Un’amministrazione che non si occupi di questa relazione non è un’amministrazione, ma un consiglio di amministrazione, cosa che crediamo, per amore della politica come cemento della società, debba e possa estirparsi definitivamente dal palazzo di città.

 

Nel frattempo, chiediamo al Sindaco Santarsiero la rimozione dei discutibili e discussi pali-traversine di piazza M. Pagano e la loro sostituzione con più idonee strutture che restituiscano l’idea della piazza come luogo di unione e non, come purtroppo oggi appare, in una separatezza visiva tra gli edifici e le loro funzioni, la strada Pretoria e la sua socialità e l’innaturale palcoscenico-parterre in cui il “luogo” della piazza è stato coattivamente trasformato da chi forse intende l’agorà come un fastidio dal quale liberarsi.

 Miko Somma, segretario regionale di Comunità Lucana