alcune riflessioni sparse

come comitato no oil potenza nell’incontro del patto di mutuo soccorso di riace del 24 e 25 abbiamo posto l’attenzione sulla situazione di una colonizzazione massiva del territorio regionale lucano che parte dalla problematica petrolio e produzione energetica in generale, certo peculiare alla nostra regione ed in quanto tale abbastanza sconosciuta nel testo del paese, ma totalmente in linea con una idea impositiva da parte dei poteri forti, ed in subordine degli apparati governativi nazionali e locali, di scelte e di programmazioni che riguardano i territori assolutamente non condivise e partecipate dalle popolazioni degli stessi…quanto accade a napoli e dintorni non è che la punta di un iceberg e lo è in tutti gli aspetti che emergono da questa dolorosa vicenda dei rifiuti, da una certa gestione politica dell’emergenza continua a fini clientelari e di “comparizie” trasversali al sistema criminale ad un approdo di quella stessa emergenza nella straodinarietà di decreti e di repressioni che da oggi rischiano di divenire ordinaria prassi antidemocratica e sanciscono di fatto una nuova fase della politica in questo paese che ci introduce direttamente in quella sorta di democrazia dalla mano “pesante” predicata qualche anno fa dal “piano di rinascita nazionale” di piduista memoria e pidielliana attuazione con tanto di avallo del resto del parlamento

certo non sarà solo con gli slogan e le attività resistenziali che verremo fuori da una grave situazione che da napoli alla val di susa, da vicenza ai rigassificatori, dalle centrali a carbone a quelle a turbogas, dal ponte sullo stretto al petrolio lucano, mostra in tutta la sua evidenza quanto il grumo mafioso-politico-affaristico abbia di fatto superato ogni fase di progettazione degli attentati ai territori ed alle loro vocazioni, alla salute delle popolazioni ed alle economie locali per passare all’attuazione generalizzata di un progetto di gestione del reale che non solo non coinvolge affatto i rapporti democratici, e che pure molte convenzioni internazionali recepite nell’ordinamento italiano riconoscono alle stesse popolazioni locali, anzi addirittura prescindendo da ogni elementare concetto di democrazia partecipata per approdare ad un nuovo modello di gestione “forte” dello stato, modello che postula l’esistenza stessa del diritto di cittadinanza come mero diritto al consumo acritico e non certo come fonte di altri diritti oggettivi dell’individuo e della comunità, a cui proprio quelle scelte attentano alla base

in altri termini, se lo sfruttamento massiccio delle risorse o la destinazione dei territori a pattumiere di quello stesso sistema produttivo che necessita proprio di quel tipo di sfruttamento per completarsi in un circolo vizioso, postula una nuova figura passiva di cittadino, un cittadino labile nel riconoscimento dei propri diritti, egoista nell’affermazione totalizzante dell’io sulla comunità, terrorizzato ed ansioso nella richiesta di un sistema di tutele securitarie assolutamente esteriori e spesso privo di fondamentui reali, un cittadino proiettato forzosamente in un oggi che non ammette alcuna memoria dell’ieri ed alcuna previsione sul domani, il sistema stesso ci indica un mezzo per combatterlo

infatti, proprio alla luce di questa aggressività del sistema, le lotte sui territori che i comitati di cittadini in tutto il paese conducono per una istanza primaria di tutela dell’ambiente, del sè e della comunità, assumono un carattere molto più ampio, fuoriuscendo da ogni accusa interessata di localismo – accusa a cui spesso ricorrono interpreti ed epigoni di un partito trasversale del fare dall’aspetto troppo antropofago per essere credibile –  per assurgere, saldandosi tutte le richieste di difesa che provengono dai territori in un’unica grande richiesta di democrazia diretta che dal locale volge al globale, al ruolo di un nuovo percorso e di un nuovo programma di “umanizzazione” della società, un progetto che sublima in sè quei concetti ormai ampiamente condivisi di entropia all’ambiente ed ai suoi ritmi delle attività umane e dei rapporti politici, sociali, economici e culturali che necessariamente ne deriveranno

anche per questo ognuna delle voci che abbiamo ascoltato a riace ed ognuna delle voci che giornalmente ascoltiamo nell’ordinaria cronaca del macello dei diritti individuali e collettivi che ha nome ed aspetto ora di un pozzo di petrolio, ora di una discarica, ora di una centrale a carbone o di pilone assurdo di cemento, hanno il timbro ed il colore della nostra voce e ci aiutano a riconoscere dei fratelli e delle sorelle in ognuna di quelle istanze che il sistema vorrebbe parcellizzate, lontane le une dalle altre e quindi deboli, e che invece il riconoscimento comune di un progetto di voler costruire un altro modo di essere e fare società rende ogni giorno più vicine e più forti in un’unica grande richiesta…un altro mondo è possibile, un altro mondo è necessario e noi tutti vogliamo cominciare a costruirlo…da ora!!!

miko

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