un saluto a francesco ed un po’ di storia…

premetto che sono, come chi leggendomi da tanto ben conosce, un non credente

ci siamo dunque risvegliati con un nuovo pontefice, francesco, al secolo il cardinale jorge mario bergoglio, argentino di chiare origini italiane, che ha preso il posto del teologo tedesco ratzinger, benedetto XVI, dimissionario, dopo aver assistito nella serata di ieri al rito che dalla fumata bianca sino all’apparire al balcone di un cardinale che recita ritualmente la formula “annuntio vobis gaudium magnum…habemus papam”, sospende ogni altra considerazione…

 "Voi sapete che il dovere del conclave era di dare un vescovo a Roma sembra che i miei fratelli cardinali sono andati a prenderlo fin alla fine del mondo."<br /><br /><br /><br />
FRANCESCO I

un rito che alcuna modernità renderà meno solenne o suggestivo, anzi semmai amplificandosi la sua solennità in una mondovisione che fa villaggio globale e che, dai credenti cattolici e di ogni altra confessione, ai laici, ai non credenti vede tutti coinvolti dall’apparire di quella nuvola bianca dal comignolo in una domanda “chi sarà il nuovo papa?”…

 

e si tratta di una domanda di non poco conto, poiché se la curiosità umana del credente viene presto sostituita dalla fede nell’imperscrutabilità dogmatica del volere di dio che si fa persona nella scelta guidata nei cardinali dallo spirito santo, ponendosi la speranza e la preghiera a cardine dell’obbedienza e dell’ascolto di chiunque esso sia, la curiosità del laico su un avvenimento da cui comunque discenderanno conseguenze per il mondo intero, seppur nella variegata gamma di letture che dallo svelarsi della persona intravedranno scelte conservative o progressive, è la curiosità di chi comunque attende delle indicazioni valide rispetto ad un futuro quanto mai incerto…

 

così all’apparire di quell’uomo vestito di bianco che da pochi minuti avevamo appreso nella formula di rito che lo svelava “reverendissimus ac eccellentissimus…”, volersi chiamare francesco, nome evocativo più che di pauperismi evocati od invocati anche con una certa ingenuità, di nuove direzioni di marcia che la chiesa cattolica intende intraprendere a partire proprio da un messaggio di maggiore vicinanza al popolo ed alle sue richieste e che è implicito nel messaggio francescano di cui si investe nel nome il nuovo pontefice, chiunque avrà notato la semplicità disarmante di quel saluto ai fedeli accorsi in una marea umana in piazza s. pietro, “fratelli e sorelle, buonasera”, un messaggio chiaro che sembra fare dell’uomo e del suo approccio alla vita l’essenza stessa di ciò che sarà il suo regno…

 

l’uomo quindi e la sua esperienza di vicinanza al popolo, un popolo che certo è quello universale della chiesa, essendo da ieri il vescovo di ogni cattolico, ma che è anche il popolo che finora ha custodito come gregge nella sua missione pastorale, il popolo argentino ed i suoi drammi ancora irrisolti con la storia e forse con il presente, il dramma di una terra dove la giustizia vera contro i responsabili di un vero e proprio genocidio generazionale non è ancora compiuta del tutto, mancando oltre ai colpevoli principali una condanna di un sistema sociale che favorì quanto accadde…

 

non stupisce allora che già pochi minuti dopo la sua apparizione al mondo, quella piazza che nel bene e nel male la rete è diventata, si fosse riempita di commenti, notizie, link e fotografie che lo riguardavano, purtroppo alcune del tutto fuorvianti, quali quelle nelle quali erroneamente egli viene identificato come il prelato che amabilmente è al fianco di jorge videla, il generale a capo della mattanza argentina consumatasi sul finire degli anni ’70 dello scorso secolo, o quello che somministra la comunione, trattandosi invece rispettivamente del vescovo pio laghi e del cardinale samorè…

 

un falso od un errore “facilone” e clamoroso e del tutto evidente anche a fronte della considerazione che l’allora 42enne bergoglio proprio non poteva essere il soggetto ritratto in quelle foto, eppure nonostante ciò sprecandosi commenti sulla sua vicinanza a quel regime crudele che annegò nel sangue di decine di migliaia di desaparecidos e nelle torture disumane una richiesta di cambiamento sociale che genericamente e di comodo fu definita “comunista”, e così data a bere ad un popolo del tutto frastornato, intimorito, reso cieco e spesso complice nelle sue classi borghesi che continuavano a sorseggiare caffè nei patii delle loro case mentre tutto intorno la gente spariva ed un dramma epocale si consumava, mentre il mondo intero sembrava non accorgersi di nulla e le nazionali di calcio nel 78 allegramente si affrontavano su campi che sino a qualche giorno prima erano centri di raccolta dei prigionieri, spesso luoghi di sepoltura, dopo essere passate per spogliatoi che erano state camere di tortura…

 

come è potuto accadere che, pur nell’ovvietà di voler capire chi fosse in fondo bergoglio e quale potesse essere stato il suo ruolo in quel periodo, tanti siano incappati in simile errore, quando non in una vera e propria “disinformaztjia” in cui si confondono post-ideologismi e visioni di comodo, amplificate da quella nefasta tendenza a rilanciare sempre la notizia che appare più consona dal titolo ad una visione precostituita del mondo, senza verificarne la fonte o anche solo la verosimiglianza alla realtà, aiutati da quella facilità di accesso attraverso la rete ad informazioni certo non filtrate, ma di cui neppure si può sostenere l’assoluta cristallinità in un processo di preoccupante personalizzazione della verità decisamente in atto?

ma ben oltre una tendenza antropologica che tende a far costruire realtà a misura delle proprie idee e non realtà in qualche modo riscontrabili oggettivamente, tendenza che è pericolosamente degli utenti, ma anche dei tanti giornalisti o presunti opinionisti che troppo facilmente usano la rete come mezzo di inchiesta, con ciò dimenticando che è dovere deontologico del giornalista verificare le fonti dopo essere andati a ricercarle, c’è un discorso storico che si apre e dal quale non possiamo prescindere, cosa e quali cioè siano stati le cause di quella repressione infame e gli atteggiamenti di complicità ad uno stile di regime che fu in quegli anni, nelle peculiarità storiche, geo-economiche e sociali, dell’intera america latina, e la cui analisi non può non riguardare anche la chiesa di quegli anni e le sue tendenze proprio in quelle terre…

parliamo allora di quella teologia della liberazione che in gradi diversi interessò tutto il continente latino-americano in un afflato di reazione civile che furono proprio i gesuiti a costruire e legare strettamente alla religiosità intrinseca di quei popoli prima contro il latifondismo ereditato direttamente dalla colonizzazione spagnola e portoghese e mai efficacemente estirpato dalle rivoluzione bolivariane (definiamo così per comodo le rivoluzioni nazionaliste dell’800 che affrancarono definitivamente le colonie dalle potenze coloniali) e poi ai regimi dittatoriali che dal cile del golpe del ‘73 contro allende si erano estesi a tutti i paesi dell’area in risposta a quelle domande di cambiamento sociale, per comodità definite “comunismo” dalle elités militari appoggiate dagli USA e dalle multinazionali dei minerali, del petrolio, persino della frutta, dalla mafia americana interessata al traffico di cocaina e dagli apparati di sicurezza in una strategia di guerra fredda che si costruiva nell’area sulla presenza di una cuba castrista costretta dall’embargo a rivolgersi all’URSS, pur essendone di fatto lontana ideologicamente…

quanto ci fosse di “comunista” in quegli afflati che in cile si erano costruiti intorno alla vittoria elettorale di allende ed al suo programma di progresso sociale o nelle tensioni argentine che vedevano i partiti e gruppi comunisti come facenti parte di una più generale voglia di cambiamento, era materia che agli interessi delle classi dominanti sudamericane dell’epoca ed ai loro sponsor nord-americani interessava solo come scusa per “intruppare” l’opinione pubblica moderata e piccolo borghese intorno ad un concetto di pericolo sovversivo che andava frenato ed estirpato, nel mentre si richiudevano tutti gli spazi di richiesta sociale affinché lo status quo economico e sociale ed i suoi privilegi storicizzati non fossero messo a rischio da quella più generale richiesta di equità che fu precipua della teologia della liberazione e che solo in parte coincideva con analoghe, ma più strutturali richieste che provenivano dalle sinistre politiche, trattandosi nel caso della teologia della liberazione di un movimento cattolico che si ispirava ad una sorta di socialismo comunitarista e non certo ideologizzato a canoni di altro genere con i quali la condivisione di alcuni temi non era certo condivisione di obiettivi finali… 

e infatti da notare come la breve storia della teologia della liberazione nasce proprio da un afflato che ritrova un pezzo della sua storia, quella che all’indomani della scoperta delle americhe aveva visto proprio i gesuiti nelle missioni a fianco degli indios evangelizzati lottare contro i soprusi dei conquistadores, afflato persosi per strada e ritrovato solo intorno al 1968 quando, in seguito al concilio vaticano, II inizia una riflessione teologica del consiglio episcopale latinoamericano sui valori dell’emancipazione politica e sociale contenuta proprio nel messaggio cristiano, ed i cui principali protagonisti furono i sacerdoti Gustavo Gutiérrez (peruviano), Hélder Câmara e Leonardo Boff (brasiliani), contro i quali la santa sede adottò provvedimenti disciplinari…

è da rimarcare che il contesto era appunto quello delle prime dittature sudamericane, contesto contro il quale proprio nel consiglio episcopale latinoamericano si prese posizione in favore delle lotte delle popolazioni diseredate, invocando una chiesa popolare e socialmente attiva di cui le comunità ecclesiali di base furono i nuclei organizzativi di pratiche dirette di partecipazione ai problemi sociali ed alle lotte, tanto che in nicaragua numerosi cattolici, sacerdoti e laici, presero parte alla lotta armata contro la dittatura di somoza ed in seguito alla sua caduta diversi sacerdoti, entrarono a far parte del governo sandinista…

ma le gerarchie della santa sede erano tanto nettamente in ostilità con il movimento teologico di liberazione che nulla o quasi fu ufficialmente detto in seguito all’assassinio dell’arcivescovo salvadoregno oscar romero, che aveva preso nettamente le difese dei campesinos e denunciato il regime per l’opera degli squadroni della morte, durante la celebrazione di una messa nel 1980, tanto che lo stesso giovanni paolo, che già nel 1979 durante un viaggio in sudamerica II aveva dichiarato che la «concezione di Cristo come politico, rivoluzionario, come il sovversivo di Nazaret, non si compagina con la catechesi della Chiesa.», allontanò dalla chiesa molti elementi, di fatto condannando la teologia della liberazione e rimarcando in alcuni studi condotti dalla congregazione per la dottrina della fede, presieduta da ratzinger, che la teologia della liberazione nella sua accettazione di alcuni postulati impropriamente definiti marxisti, era incompatibile con la dottrina sociale della chiesa, ma queste furono conseguenze postume di un processo di emarginazione cominciato già prima e sobillato da settori estremamente conservativi della chiesa, come l’opus dei…

ma tornando al periodo contestato di quella fine degli anni 70, se era vero che alcuni settori della curia argentina erano molto vicini al potere dei generali golpisti, tanto da poterli senz’altro definire complici di quel massacro, quanto meno nell’atteggiamento di colpevole silenzio che tennero, molti esponenti allora minori delle gerarchie gesuitiche, intervennero silenziosamente, come da stile dei gesuiti, nell’attiva protezione di molte comunità di base ed esponenti delle stesse dagli eccessi sanguinari di un regime fortemente intriso di radicalismi fanatici anticomunisti che non si fatica a riconoscere come diretta conseguenza di quella sia pur passata dottrina hoover che negli stati uniti portava ad indentificare come collusi ai gruppi comunisti chiunque praticasse o richiedesse le sia pur minime pratiche di giustizia sociale e libertà di espressione… 

ed è in questo contesto che forse possono leggersi alcune reticenze dell’attuale pontefice in una denuncia netta di quanto accadde, nel particolare della scomparsa di due sacerdoti a lui vicini e per i quali ancora oggi alcuni lo si accusa in argentina di non essere intervenuto presso le gerarchie militari in loro soccorso, come ricordato in alcuni articoli apparsi nel 2005 e 2006 sul manifesto e sull’unità, ma in un contesto di terrore generalizzato dai quali i sacerdoti stessi non erano appunto salvaguardati… 

un contesto di terrore non troppo dissimile, seppur molto differente, da quello polacco in cui karol wojtila non manifestò certo ai tempi del suo cardinalato e prima ancora come arcivescovo di cracovia quella forza di denuncia che solo in seguito alla sua elezione al soglio pontificio scagliò principalmente verso i regimi dell’est europeo, un contesto quindi quello argentino dell’epoca che di fatto per l’attuale pontefice potrebbe essere l’unica pecca visibile in una carriera in cui ha invece dominato una reale vicinanza alle problematiche comuni della popolazione argentina ed all’intervento diretto presso le situazioni sociali più a rischio… 

certo forse un conservatore su alcuni temi, quelli dei matrimoni tra gay e il sacerdozio alle donne od ancora il matrimonio per i sacerdoti, ma credo che oggettivamente ed in ogni caso saranno temi sui quali francesco dovrà confrontarsi, esattamente come dovrà confrontarsi con altri temi di importanza vitale, quali quello di quale ruolo avrà la chiesa in una denuncia finora ancora troppo velata del capitalismo finanziario che di fatto sta oggi alle società mondiali, come le dittature militari stavano ai popoli sudamericani, una denuncia che, si può star certi, dovrà passare anche attraverso una riforma globale e decisa delle strutture finanziarie stesse del vaticano e di alcuni poteri della curia romana…

si legga allora come un saluto ed un augurio di buon lavoro, questo articolo, ad un papa la cui opera potrebbe essere fondamentale per il futuro di un mondo che ha necessità di cambiamenti per poter continuare a sperare…

miko somma

 

n.b. sapete che scrivo tutto di getto, vogliate così perdonarmi eventuali errori di battitura 

Un pensiero su “un saluto a francesco ed un po’ di storia…

  1. Tutto giusto… anch’io sono incappato nello “scivolone” di pubblicare frettolosamente quella foto ieri, in tarda serata, sul mio blog. E, nonostante la rettifica fatta stamattina, comunque mi rendo conto di aver commesso una leggerezza. Ma anche l’aver letto “qualcosa” di Horacio Verbitsky che non è proprio lusinghiero per il neo pontefice, può avermi indotto nell’errore. Ho sospeso il giudizio sul nuovo papa, comunque… ma conosco per esperienza personale i gesuiti, e non mi hanno mai stimolato fiducia; ma vedremo il nuovo Papa cosa farà. Ah, siccome dell’ordine dei Gesuiti faceva parte anche San FRANCESCO Saverio (che ne fu anche Condottiero, o Generale… quello che viene anche chiamato Papa Nero), sarei perlomeno dubbioso sulla scelta del nome. Così, tanto per puntualizzare ulteriormente la storia.

I commenti sono chiusi.