Comunicato stampa

 

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Il piccolo imperatore del regno delle due provincie.

 

Stupito dell’assoluta intempestività nell’argomentare i suoi propositi, ma affatto sorpreso dallo stesso argomentare, apprendo della volontà del presidente Pittella di non considerare peregrina l’ipotesi di un accorpamento in macro-regioni “caldeggiata da Caldoro” – mi si voglia scusare la cacofonia – che ridurrebbe, nelle more della già disastrosa riforma del titolo V (che all’improvviso pare esser diventato fonte di ogni male d’Italia), la nostra regione a mera provincia.

 

Prima infatti di “aprire” ogni considerazione a sistemi territoriali supposti più efficienti nella gestione dei grandi processi di infrastrutturazione ed utilizzo dei fondi europei, al presidente Pittella non dovrebbe sfuggire la demografia che recita chiaramente che sugli oltre 18 milioni di abitanti della macro-regione sud, il peso della Basilicata è quel suo misero 3% che tale rimarrebbe anche nella rappresentanza di istanze specifiche del nostro territorio in un parlamentino del sud. Un rapporto che ci costringerebbe a prendere ancor più atto che nonostante il nostro contributo alla bolletta energetica del paese, saremo la provincia di una provincia, quella del Sud di una visione neo-tardosettecentesca che pare emergere da quelle tre macro-regioni disegnate sull’impronta del regno delle Due Sicilie, dello Stato della Chiesa e di un aggregato cisalpino che tanto caro fu a Napoleone.

 

Ma non è certo solo sulla demografia che dovrebbe reggersi l’intellettiva, prima che intellettuale, presa di posizione contraria a questi progetti che ci saremmo aspettati da un presidente pure eletto dal voto dei suoi cittadini e non certo nominato a tecnico del suicidio assistito d’una regione, ed in primis per la semplice considerazione che il programma con cui è stato eletto neppure teneva in conto simili eppure annunciati argomenti, preferendo inneggiare a rivoluzioni-becchime per poveri di spirito e revanchisti, e neppure lasciando intuire quel piglio proto-monarchico ed assolutista con cui ha iniziato il mandato.

 

Ed immediatamente dopo quella sua auto-considerazione d’essere diventato il piccolo imperatore che governa sudditi, ci sono delle questioni molto pratiche sulle questioni del titolo V e delle macro-regioni che dovrebbero sconsigliare al presidente firme ed improvvide dichiarazioni in tal senso, a partire dalla situazione idrocarburi, punto sul quale si gioca quasi per intero la questione della riforma, e su cui non annoierò con ulteriori considerazioni, avendole già doviziosamente espresse in più occasioni, ma che anche sui rifiuti e sulla loro gestione raggiungono punte elevate di preoccupazione, dovendosi così in rapporto al mutare dei nuovi confini amministrativi della riforma considerare limiti alla movimentazione degli stessi (ex dlgs 152/2006) che li blocca entro i confini regionali.

 

In soldoni ciò significherebbe che all’avanzare di una delle cicliche crisi dei rifiuti campani, spostarli in territori regionali non riguarderebbe più la sola Campania, ma l’interezza della nuova macro-regione e – guarda caso – il nostro territorio è poco antropizzato da risultare problematico in termini di massa critica dell’opinione pubblica rispetto a simili eventualità. E potrei continuare sulla gestione delle acque che diluirebbe la potestà lucana sul 35% delle risorse idriche del sud in un contesto più ampio e più distante dalle problematiche dei luoghi di produzione, ed altro ancora, sino a prefigurarsi nel processo di ri-centralizzazione già in nuce nella riforma del titolo V, un ulteriore processo di centralizzazione secondaria (macro-regionale) che spegnerebbe del tutto ogni forma di autodeterminazione locale. Un processo troppo rischioso per la nostra piccola regione che rischia così di essere fagocitata sia da Roma che da Napoli.     

 

Presidente Pittella, ci dica allora se sta giocando a quel vecchio gioco sulla cui scacchiera, prima ancora che sulla legge elettorale, si incontrano Renzi e l’ex cavaliere per interposte filiere di interessi ed equilibri incrociati o se fa accademia di intenzioni vuoto a perdere (un po’ come l’ormai trimestrale nostro governo regionale), perché anche sol considerare fattiva quella proposta precipita la regione in prospettive fosche in cui non è in gioco l’ethnos di un popolo, quanto la sua thanatos legata a ciò che lo stesso territorio ospita (idrocarburi, acqua e vuoto antropico), che innegabilmente fanno gola a tanti.

 

E con sincerità mi sia consentito suggerire che mentre aumentano dubbi ed incertezze su chi sia il suo vero datore di lavoro istituzionale, se la Regione Basilicata, piccola, controversa, povera, cialtrona persino nella sua corruzione e nei suoi rapporti clientelari, ed i suoi cittadini, che pur l’hanno sostenuta nella sua corsa alla presidenza ottenuta con la suggestione e delle bizzarre primarie, prima che con il voto amministrativo, o qualche idea di Europa ed Italia che non è assolutamente nel dibattito dei suoi stessi concittadini, ma nella testa di arroganti “disegnatori di confini, scenari e istruzioni per l’uso”, che decidono a tavolino le destinazioni di interi territori ed i sistemi economici e sociali che le conterranno.

 

Faccia il presidente, dunque, non il piccolo imperatore del regno delle due province, e prima ancora di esprimere giudizi e volontà urbi et orbi, consulti ed ascolti invece il Consiglio Regionale nel merito di proposte, idee e percorsi per delineare un atteggiamento condiviso verso queste tendenze omicide per il regionalismo e la nostra terra, niente affatto risolutive dei problemi di un paese.

 

Miko Somma