forse la pubblico un po’ in anticipo, ma meglio anticipare che dimenticare e non pubblicare…farò pochi interventi sul referendum (il mio pensiero in merito lo conoscete) ed uno di questi sarà sabato 2 aprile a savoia di lucania (che adoro chiamare con il suo vero nome, ovvero salvia)…
Archivio mensile:Marzo 2016
dopo i cinesi, tutto?…
La geografia degli ebrei italiani
In Italia gli ebrei iscritti alle Comunità sono 35 mila. Rispetto ai circa 60 milioni di italiani rappresentano lo 0,6 per mille della popolazione. Esiste però quella che nelle statistiche si definisce “popolazione ebraica allargata” che sarebbe di almeno 45 mila persone. Nella penisola esistono ufficialmente ventuno Comunità: Ancona, Bologna, Casale Monferrato, Ferrara, Firenze, Genova, Livorno, Mantova, Merano, Milano, Modena, Napoli, Padova, Parma, Pisa, Roma, Torino, Trieste, Venezia, Vercelli, Verona. A ciascuna di queste fa capo una circoscrizione territoriale che comprende anche piccole Comunità o semplici nuclei che, per la loro esiguità, non possono costituire una Comunità organizzata a sé stante. Le dimensioni delle Comunità sono molto diverse. Due da sole, Roma (15 mila persone) e Milano (7 mila), raccolgono quasi il 70 per cento di tutti gli ebrei italiani. Accanto ad esse vi sono Comunità di media grandezza, con 1000-500 iscritti, come Torino, Firenze, Livorno, Trieste, Venezia e Genova, e altre piccole che comprendono da qualche centinaio a poche decine di iscritti, come Ancona, Bologna, Napoli, Padova, Verona, Mantova, Ferrara, Modena, Pisa, Parma, Merano, Vercelli, Casale Monferrato. Tutte, grandi o piccole che siano, hanno una vita interna organizzata e regolata dallo Statuto dell’ebraismo italiano. Tutte fanno capo all’Ucei (Unione delle Comunità ebraiche italiane), con sede a Roma, che le rappresenta a livello politico interno e internazionale.
…qualcuno potrebbe spiegarmi come mai si sceglie una data che tenga conto di una festa confessionale che in quanto tale è evento che non deve essere tenuto di conto, si tratti di una festa cattolica, musulmana od ebrea?…
per non far perdere 45.000 voti che difficilmente andrebbero persi, conoscendo l’attitudine degli ebrei italiani a partecipare, né più né meno degli altri italiani, agli eventi elettorali?…
e poi, dopo anni ed anni spesi per circoscrivere il voto ad una sola giornata, come accade in tutti i paesi civili, ora estendiamo, con tutti i costi aggiuntivi, anche il periodo di voto, perché il ponte del 2 giugno potrebbe avere effetti di allontanamento dal voto?…
e come mai tanta solerzia per favorire il voto degli italiani, quando invece per il referendum del 17 si invita da parte del governo all’astensione, pur trattandosi di un evento democratico di pari valore rispetto alle elezioni amministrative?…
dopo i cinesi, tutto?…
ritorniamo…
bene, con l’uscita senza polemiche da possibile abbiamo fatto ciò che evidentemente andava fatto, e questo dopo aver esperito due deludentissime esperienze, la prima nel pd di basilicata, dove per la verità non mi aspettavo affatto alcuna positività, essendoci entrato pro-tempore per “inquinare” lo stolido filo-petrolismo del pd lucano con qualche sano dubbio (e a giudicare da quanti oggi mostrano almeno delle “riserve” sulla gestione dell’affare, direi che in parte ci sono riuscito), la seconda appunto in possibile, dove la delusione è stata davvero cocente per i motivi che ho reso palesi in due articoli indirizzati direttamente, seppur rimasti senza risposta, come pure ci aspettavamo, al segretario civati (http://www.comitatonooilpotenza.com/?p=12598 e http://www.comitatonooilpotenza.com/?p=12605) e sulla quale non vorrei tornare ora…
esperienza quest’ultima che però mi ha insegnato personalmente qualcosa di definitivo politicamente ed umanamente, qualcosa che a suo tempo avevo già individuato rispetto alla nostra regione ed alla sua “rilevanza” per il resto del paese, ma che oggi mi appare in tutta la sua lampante verità, confermandomi che il sentiero intrapreso e percorso per anni con COMUNITA’ LUCANA era giusto, ovvero la necessità di andare oltre le parti politiche nazionali, in cui la nostra regione ha esattamente il peso della sua demografia, ovvero meno dell’1% della popolazione, e naturalmente superare ed invitare a superare le rispettive appartenenze per il bene di questa terra, per strapparla al regime di colonia nel quale è tenuta anche per via di quelle appartenenze che vincolano localmente a percorsi partitici stabiliti in sede nazionale, quindi lontano da questa terra e dalle sue esigenze…era giusto, ripeto e forse erano i solo tempi a non essere maturi perché fosse appieno compreso e valutato dai lucani come una vera e propria uscita di sicurezza dal pantano in cui la regione vegeta da troppi decenni per le colpe di chi baratta il proprio destino politico in sede nazionale e regionale con il destino di una terra che merita di più di ciò che politicamente esprime…
ed ovviamente in questo ritornare sui miei passi, devo chiedere scusa prima di tutto a me stesso per non aver onorato l’impegno e la fatica spesa in quel progetto fino al settembre 2013 con altro ulteriore impegno, cosa che forse oggi ci avrebbe consentito di essere ancora più avanti come movimento politico, ma subito dopo, per dare il giusto rilievo alle cose, a tutti coloro ci hanno e mi hanno sostenuto fino a quel momento…
ovviamente a questi ultimi le motivazioni di quelle scelte saranno anche state chiare a partire dal febbraio 2013, quando dopo le elezioni politiche il nostro numero di voti al senato, dove avevamo presentato una nostra lista, era stato basso, troppo basso per consentire alle mie e nostre energie deluse di quel momento di credere ancora nel progetto (seppure ci era chiaro quale fosse stato l’effetto schiacciamento dell’apparire dei 5 stelle e del voto ingenuo che si riversa su costoro e sulle loro demenzialità demagogiche, schiacciamento che forse ci aveva sottratto tanti voti che a lume di naso sarebbero stati per la nostra proposta che era e rimane improntata alla concretezza), ma soprattutto dopo le primarie del centrosinistra e per quella, purtroppo da tantissimi incompresa, mia candidatura alle regionali del settembre 2013 a cui non sono seguiti numeri adeguati…
così sulla scorta del quadro nazionale e locale, ritenni, dopo una discussione con gli altri componenti di COMUNITA’ LUCANA, che limitare i danni per questa terra con un mio “sacrificio” (perché intellettualmente è stato davvero un sacrificio avere a che fare con alcuni piddini) forse sarebbe servito quanto meno a far ragionare qualcuno…
ma appunto è andata come è andata, nel pd nazionale vince renzi ed il suo napoleonismo neo-peronista e ideal-post-piduista, nel pd regionale e quindi alla presidenza della regione vince pittella ed il suo renzismo opportunista e becero che predica tanto e realizza poco e male, tanto male che neppure l’ex presidente de filippo ha mai fatto tanto male (e non lo rimpiangiamo affatto), tanto poco che neppure la sua propaganda affidata a miserrimi “esperti di comunicazione” di provincia riesce a negare l’evidenza di un “vuoto spinto progettuale e fattuale” che alberga ormai in via verrastro…
la regione è bloccata da oltre due anni e mezzo, cioè mezza legislatura, per motivazioni progettuali (il progetto pittelliano se pure c’è o c’è mai stato, non parte affatto, se non per quell’effetto di occupazione di poltrone e cariche che dall’inizio della consiliatura ne segna il tempo in guisa di pagamento di “cambiali politiche” sottoscritte proprio per le primarie), e per motivazioni politiche (la trincea tra speranziani e pittelliani, ovvero tra due capibastone per nulla interessati al futuro della regione ed i loro tanti gabellotti e campieri interessati solo al mantenimento di una oscura quota di consenso locale per tirare a campare con i loro affaracci discutibili e spesso disgustosi, quando non illegittimi od illegali…ed ovviamente l’invito alla magistratura ad indagare sull’amministrazione di ogni comune od ente lucano è sempre valido, perché se la politica non la si fa con la giustizia, il rispristino della legalità invece si)…
ed allora l’urgenza prima è ridare progetto a questa regione, un vero progetto che sia realistico ed ambizioso, ovvero “alto”, capace di guardare il locale ed il globale contemporaneamente, un progetto che punti a sottrarre la regione a quelle logiche di globalizzazione che sono alla fine il “motivo” della nostra colonizzazione e che in soldoni si chiamano petrolio, acqua da privatizzare, rifiuti urbani e tossici locali ed extraregionali da gestire, territorio da “usare” come piantumatoio per la chimica cosiddetta verde e via discorrendo i temi che da sempre questo blog e COMINITA’ LUCANA trattano…
ed il progetto esiste, il nostro programma che a breve rilanceremo non solo per aggiornarlo, ma per renderlo sempre più partecipato a chi non ha a cuore il solo PIL, ma quel cambio di paradigma produttivo che non può rimanere solo uno slogan, ma deve divenire concretezza culturale, amministrativa e politica e che qui, in questa nostra piccola regione dai piccoli numeri e dal gran vuoto antropico ha le carte in regola per farsi “esempio” per il paese e per l’europa, ovvero diventare una serie concertata di scelte svincolate dalla teologia della globalizzazione e dal cosiddetto libero mercato (che libero poi non lo è affatto perché intriso di posizioni dominanti che ne falsano persino le basi più elementari) e che vadano nel senso del benessere collettivo e non del reddito di qualche fascia sociale (i dati sulla distribuzione della ricchezza li conoscete tutti), della reale protezione e valorizzazione ambientale e non delle parole “green” scandite gattopardescamente a coprire il solito abuso delle risorse naturali (perché è un ambiente sano, protetto e manutenuto ed a cui non si chiede più di quanto non possa dare che ci dona e donerà vita e prosperità), della giustizia sociale che vuole che le opportunità non siano di chi se le prende con protervia, ma di chi le merita (e tutti hanno il diritto di meritarsele, alla faccia del classismo che proprio il liberismo ha reintrodotto in un mondo che cominciava a liberarsene), della cultura del territorio e dell’identità cosciente di se, ma rispettosa degli altri e desiderosa di “meticciarsi” con l’altro per crescere ed evolversi, non della sub-cultura del territorio da “prendere ed usare” e dell’identitarismo pauroso che esclude ed allontana…
il nostro progetto è appunto ritornare a quel programma, che è l’ordito di tante piccole azioni nella trama di un progetto più ampio, e ripartire da quel punto per affermare, a partire dalla nostra basilicata o lucania (e sarebbe anche il caso di riaprire questa questione in modo intelligente e non revanchista) una rete di pensiero locale che diventi globale e che consenta di “frammentare” l’uno del pensiero unico neo-liberista e globalizzante in tanti decimi e centesimi che sommati, integrati, armonizzati ridiventino un uno ancor più grande e produttivo di valori sociali, economici e democratici per tutti, facendoci ritrovare nei contesti più ampi così una idea di sinistra a-ideologica, moderna, popolare ed inclusiva che è quella rete dei tanti progetti locali e regionali a cui speriamo di dare linfa proprio a partire dal nostro progetto, fare sinistra “qui ed ora” senza neppure nominarla, ma appunto facendola e rendendola appetita da chiunque e con qualunque cultura ambisca a giustizia economica e sociale…
questa sarà COMUNITA’ LUCANA 2.0 (ma si, dai, lasciatemi celiare con questi giochetti), un laboratorio locale aperto a tutti ed alle migliori pratiche per riuscire a fare sintesi e da quella sintesi partire poi all’assalto della regione, per governarla, fornendo il nostro contributo alla rinascita di una sinistra italiana ed europea che o è in grado di elaborare progetto alternativo per superare globalizzazione, turbocapitalismo, monetarismo, finanziarizzazione dell’economia e delle esistenze o a poco o nulla serve…e qui noi di COMUNITA’ LUCANA vogliamo farlo e lo faremo!!!
miko somma
4 passi 4…
4 passi 4 in centro e quasi per gioco, con l’ausilio di un vecchio cellulare che non fa miracoli di certo, viene fuori un pezzo di potenza che tutti vediamo, ma che nessuno forse apprezza nella sua bellezza…ovviamente le foto sono molte di più e magari con calma…
potenza, porta s. giovanni…una delle torri
potenza, chiesa di s. michele…campanile
potenza, chiesa di s. francesco…campanile
potenza, porta s. luca…particolare
gli auguri di pasqua e pasquetta…
27/03/2016
che la festa sia lieve a chi preferisce il calcolo al sentimento…per tutti gli altri, BUONA PASQUA di una serena rinascita in voi stessi/e…
28/03/2016
confesso di non aver mal giudicato in passato “the passion” di mel gibson e molto credo abbia contato il mio preconcetto verso il suo austral-filodestrismo che in un film storico religioso avrebbe potuto derapare verso il cristianismo (anche se poi come attore l’ho trovato adorabile in what women think), così ieri ne ho approfittato, violando anche il mio semi-precetto di non guardare mai (o quasi mai) i canali mediaset e me lo sono concesso dopo cena (eh si, in genere dopo un pranzo luculliano faccio anche una cena, magari frugale)…
molto pasoliniano nel taglio basso delle inquadrature (ovviamente un artifizio di ripresa per “tagliare” le superfetazioni moderne del profilo materano), molto concentrate sui visi e sulle loro espressioni che quando riguardano il popolo mostrano quasi sempre fisiognomiche che già furono di bosch e molto incentrato sulla figura della madre, a cui esteticamente sono dedicate alcune sequenze michelangiolesche e forse (ma forse) qualche richiamo a “la madre” di pudovkin, del 1926, tratto da gor’kij….
decisamente un film interessante, in cui non c’era alcuna epica ricostruttiva a sfondo identitario, ma la crudezza umana della tortura e della sofferenza di cui, fuori dalla teologia, è intriso qualsiasi testo religioso…una lezione anche per me a non riportare mai preconcetti politici nel giudizio artistico (per quanto il cinema solo sporadicamente sia arte)…buona pasquetta a tutte/i…
attenzione…
attenzione!!!…per un lungo blocco sulla casella di posta elettronica, alla fine risolto, tutte le mail inviate alla posta del blog sono scomparse…preghiamo pertanto chi in questi mesi ci abbia scritto, senza aver conseguentemente avuto risposte, di volerci scrivere ancora…grazie!!!
Comunicato stampa…fuori da Possibile per cercare il possibile
Fuori da Possibile per cercare il possibile
Il comitato di Possibile Carlo Levi di Potenza comunica l’uscita dal partito fondato da Pippo Civati.
Dopo un breve periodo in cui, passato l’entusiasmo iniziale sollevato dagli Stati Generali, abbiamo più volte provato a sollecitare sia una visione statutaria meno monolitica, che riteniamo troppo aderente a un’idea di “leader&giglio magico” di cui la politica italiana ci rende quotidianamente triste visione, sia un percorso più partecipe di specifiche esigenze territoriali che riteniamo invece mortificate dall’ostilità verso strutture organizzative locali stabili e da certa sufficiente noncuranza verso la nostra regione, forse troppo piccola per suscitare interessi numerici costruttivi di realtà partitiche, da parte di strutture organizzative sorde a qualsiasi idea di dialogo e critica, quasi costoro agissero “cum grano salis” che manca altrove ed agli altri (e francamente crediamo che per esperienza e costrutto nel nostro caso così non sia affatto).
Ma, senza polemiche verso il partito che oggi abbandoniamo e verso tutti i suoi iscritti che rispettiamo nella loro scelta di permanere, ciò che ci ha profondamente deluso è che sia maturata nel partito, con certo grado di assurda presunzione, una idea auto-manifesta ed autocertificata che la ricostruzione di una sinistra concreta e valoriale, percorso complesso dopo due decenni di destrutturazione genetica del concetto stesso di sinistra operata proprio da un centrosinistra che esisteva soltanto in chiave di anti-berlusconismo, debba e possa passare identitariamente solo da se stessi e non invece dal sereno dialogo alla pari con tutti coloro che sentono di condividere una certa visione del mondo che necessita di essere oggi rielaborata per ritornare ad essere alternativa praticabile per i cittadini, dialogo che non si fa solo al centro, ma forse e soprattutto nei territori e nelle esperienze locali di costruzione politica.
Coscienti così che una certa idea di sinistra, la si debba rendere pratica sostenibile e comprensibile da cittadini ormai più adusi a sentirsi raccontare che “non c’è più destra, non c’è più sinistra” (come dire che tutti sono uguali) che partecipi dei processi di identificazione in una parte politica e nei linguaggi della stessa, che non una certa idea di sinistra non va ricondotta a gattopardesche sommatorie di ceto politico presunto “novista”, ma va ricostruita a partire dalle relazioni nelle differenze, che è nei territori di un paese a forte vocazione territoriale come l’Italia che deve e può praticarsi quella sinistra in forma di progetti di governo degli stessi territori e dei relativi processi economici e sociali, abbiamo deciso di lasciare Possibile per ritrovare le ragioni che negli anni passati ci avevano portati a spingere verso una idea di Basilicata che crediamo ancora valida e che crediamo di poter ancora rappresentare con COMUNITA’ LUCANA e la sua esperienza accumulata in forma di competenze e progetti e programmi per la nostra regione.
E con COMUNITA’ LUCANA non vogliamo soltanto ritrovare il percorso verso un progetto di governo della regione che non si fa partito, ma laboratorio politico e luogo di una costruzione programmatica di ampio e trasversale respiro aperto a chiunque abbia più a cuore la propria terra ed il suo futuro che la casacca di una identità di appartenenza, vogliamo dare una indicazione chiara alla sinistra che verrà, ripartire dai territori per raccontare della necessità di un superamento del globale che fa colonia e così esclusione, precarizzazione psichica e materiale, sfruttamento massiccio delle risorse, massificazione delle identità e desertificazione del sociale, attraverso una rete di progetti di ricostruzione delle identità socio-economiche locali che, messa in rete, può divenire la pratica del superamento definitivo di certa economia che ormai fa crescita senza progresso e benessere sociale.
In questo senso come COMUNITA’ LUCANA sappiamo che ritroveremo chi oggi lasciamo in una casa comune, perché a pieno titolo concorreremo con il nostro piccolo ad indicare una strada a una sinistra meno recitata e più concreta per ribaltare un paradigma che è nei territori che mostra la sua faccia
COMUNITA’ LUCANA.
e vediamo…
24/03/2016
e vediamo se stavolta riusciamo a far comprendere ai lucani che occorre una visione a-globalizzata di questa terra che si proietta da qui a 20/30 anni nella magnificazione concreta di ciò che esiste e non la continuazione di un assurdo gioco di casacche ed identità prese in prestito per interessi privati o per incapacità a sognare e lavorare perchè il sogno diventi realtà…
le elezioni regionali arrivano e per i numeri demografici di questa regione tutto si gioca non sul partito a cui aderisci, ma su quale programma si mette in campo qui ed ora, per evitare di divenire ancora più una colonia nelle mani di vassalli, valvassini e valvassori…
miko somma
si esce…
23/03/2016
bene, si esce con qualche rimpianto, ma senza rabbia, da possibile e si rifonda COMUNITA’ LUCANA…dettagli domani
miko somma
la follia tecno-feudale del liberismo…parte IV…
terminiamo la parte cosiddetta storica, sebbene molto altro ancora sarebbe da aggiungere per inquadrare l’evoluzione del monetarismo e del liberalismo in quello che oggi tutti definiamo turbocapitalismo o se volete globalizzazione (e comunque qui e lì ci ritorneremo), per non “allungarci” troppo e per poterci concentrare sull’oggi, ovvero su quell’impoverimento generale che rimane la costante evolutiva proprio di quel turbocapitalismo e di quella globalizzazione…
…il monetarismo in auge fino a quel momento entra presto in crisi ed a seguito del “lunedì nero del 1987“, inizia un acceso dibattito nel quale se i monetaristi sostenevano che il crollo della borsa era stato una compensazione tra le politiche monetarie di USA ed europa, i suoi detrattori trovarono forti ragioni per il suo superamento quando il giappone entrò in una pesante spirale deflazionistica e quando il sistema bancario statunitense collassò, tanto che lo stesso governatore della federal reserve, paul volcker, fu sostituito da alan greenspan, anche lui un monetarista, la cui gestione della politica monetaria nella recessione nel 1991 però fu molto criticata per essere stata troppo restrittiva, ma nonostante il successivo cambio di guardia politico tra repubblicani e democratici, bill clinton, succeduto a george w. bush nominò nuovamente greenspan…
greenspan, pur di orientamento monetarista, riteneva però che una applicazione troppo dottrinaria della teoria non mettesse in condizione le banche centrali di fare fronte a nuove situazioni di crisi e la prova di questa nuova risposta flessibile da parte della FED fu la crisi finanziaria asiatica del 1997-98, alla quale la FED stessa fece fronte inondando il mondo di dollari, tanto che molti dedussero che mentre l’inflazione si insinuava negli Stati Uniti, richiedendo la restrizione del credito, si doveva contemporaneamente immettere liquidità come risposta alla fuga di capitali in asia e nel 2000 greenspan eseguì una rapida successione di manovre restrittive per riparare agli interventi del 1997-98 ed ancora manovre di alleggerimento del credito aspettandosi una recessione nel 2000-2001 ed effettivamente dandogli poi origine proprio in conseguenza delle manovre finanziarie messe in atto…
questo negli stati uniti, mentre in europa la BCE segue invece un monetarismo più ortodosso, sostenuto dai vincoli del trattato di maastricht che, tra le altre, fissa obiettivi inflattivi, di spesa e di bilancio in relazione alla difesa dell’euro e dei debiti pubblici dei rispettivi paesi membri, in una tendenza che probabilmente è nata anche come risposta all’eccesso di facilitazioni di credito degli anni ’80 e ’90 per sostenere la riunificazione della germania, facilitazioni in seguito accusate di essere state la causa della debolezza delle monete europee alla fine degli anni ’90, prima dell’introduzione dell’euro…
queste vicissitudini, prova di eventi che molti economisti hanno interpretato come inspiegabili in termini strettamente monetaristici (la separazione della crescita dell’offerta di moneta dall’inflazione negli anni ’90 e l’incapacità a stimolare l’economia nel periodo 2001-2003), hanno portato ad una tale forte messa in dubbio della forma classica del monetarismo, tanto che lo stesso greenspan, spiega l’accaduto e l’inefficacia delle sue manovre finanziarie come forme incontrollabili di “esuberanza irrazionale” nel settore degli investimenti privati…
accademicamente bernanke, professore a princeton ed anche lui presidente della FED, ha sostenuto che il monetarismo potrebbe rispondere a una condizione di tasso zero di interesse con una espansione diretta dell’offerta di moneta, ovvero stampando moneta per rilanciare un certo tasso di inflazione, ma a questa teoria paul krugman, ha facilmente obiettato che tutto ciò avrebbe un mero effetto svalutativo sulle monete, come dimostrato dai bassi tassi d’interesse del 2001-2004 che produssero svalutazione su molte monete…
i monetaristi della scuola di friedman credevano tra i ’70 e gli ’80 che la crescita dell’offerta di moneta dovesse essere basata su di una certa formula riguardante la crescita economica, ovvero applicando una politica monetaria basata su di un obiettivo in termini di “quantità di moneta”, in contrasto con la politica monetaria della “economia dell’offerta” (supply side economics) e dalla scuola austriaca, che si basa invece sull’obiettivo di un “valore della moneta“, ma solo nel 2003 milton friedman ha finalmente ammesso che non è facile predire la domanda di moneta, una delle principali obiezioni al monetarismo, provando che, pur se la teoria monetarista resta un importante settore di studio dell’economia del mercato, essa non è più una base realistica per la messa in atto di politiche economiche…
occorre però a questo punto delineare meglio cosa sia il neoliberismo, ovvero un insieme di concezioni politiche ed economiche non ben definite, ma ideologicamente indirizzate ad una esaltazione del libero mercato ed a una riduzione del peso dello stato nella vita pubblica, identificando comunque indirizzi di pensiero che negli ultimi tempi hanno assunto sempre più spesso un significato dispregiativo nell’opinione corrente, senza tuttavia essere ancora state messe in discussione dalle politiche di governo o senza che si siano elaborate strategie di cambiamento definibili come globali e come tali capaci di cambiare direzione…
a coniare il termine neoliberismo fu il sociologo ed economista tedesco alexander rüstow, che pure cercò di teorizzare una nuova forma di liberismo leggermente distaccata da quello classico, più attenta al sociale e non completamente contraria ad un controllo dell’evoluzione dei mercati da parte dello stato, in un convegno nel 1938 a parigi in cui si puntava a definire una nuova visione di liberalismo economico, liberalismo a cui in quel periodo si imputava la depressione del 1929, che potesse proporsi come terza via tra il laissez faire più assoluto in economia, come predicato da alcuni, e la pianificazione economica collettivista che sulla scorta di ciò che accadeva in URSS, molti cominciavano a credere fosse necessaria anche in occidente…
nel 1947 friedrich von hayek fondò la mont pelerin society con l’intento di ridiscutere il liberalismo classico, quindi il neoliberismo, gruppo a cui aderì milton friedman e che in breve si pose come baluardo dell’ideologia liberale e punto di incontro dei sostenitori del libero mercato, sebbene vi furono forti attriti con ludwig von mises, uno strenuo difensore del liberalismo classico, e la scuola austriaca che alle sue tesi faceva riferimento, ma per vedere i primi effetti pratici in termini di politiche economiche delle teorie propugnate si dovettero attendere i primi anni ’60 perché in america latina iniziasse un certo interesse per le politiche di libero mercato, ispirate principalmente dall’ordoliberalismo tedesco (wirtschaftswunder) che localmente era chiamato neoliberalismo, politiche che solo dopo il colpo di stato di augusto pinochet in cile, iniziarono a trovar posto nell’economia politica di uno stato, non casualmente uno stato dittatoriale…
pinochet entrò in contatto con diversi economisti della scuola di chicago, i cosiddetti chicago boys, tra cui il suo fondatore friedman e josé piñera, che gli suggerirono una serie di riforme di stampo liberale ispirate ai princìpi espressi in “capitalismo e libertà”, cioè deregolamentazione (deregulation), conservatorismo fiscale, privatizzazioni del patrimonio statale e tagli alla spesa sociale, con l’effetto di consegnare il paese alle multinazionali e generare un grande malcontento nella popolazione, specialmente nelle classi sociali a più basso reddito a cui furono tagliati molti servizi assistenziali e che subirono riduzioni medie dei salari dell’8% con una inflazione che toccò il 375% nel 1974, erodendo massicciamente il potere d’acquisto e così impoverendo una grande fetta della popolazione, e con la disoccupazione salita in pochi anni dal 3% al 20% ed al 30% nel 1982, in un clima generale di terrore in cui erano diffuse torture e sparizioni operate dalla polizia, che venne sintetizzato dalla frase “la gente era in prigione perché i prezzi potessero essere liberi” che da allora legò la visione del liberalismo più esasperato ad una visione autoritaria della politica…
ma oltre al cile, il paese in cui le politiche liberiste trovarono maggiore concretizzazione, anche per le dimensioni notevolmente maggiori della sua economia, fu il regno unito dove nel 79 diviene primo ministro margareth thatcher, una fervente filo-monetarista, che incrementa subito il tasso d’interesse per ridurre l’inflazione e aumenta l’imposta sui consumi, preferendo così la forma della tassazione indiretta a quella diretta, ma finendo per far raddoppiare la disoccupazione in poco più di un anno, avendo l’aumento colpito principalmente l’industria manifatturiera, tradizionalmente ad alto tasso occupazionale, e se nel 1982 l’inflazione ritornò a livelli accettabili, con tassi d’interesse bassi e buona crescita economica, la stessa industria manifatturiera ridusse i propri utili di un terzo in 4 anni e, nello stesso periodo, la disoccupazione aumentò di ben quattro volte…
la premier britannica si impegnò a ridurre l’intervento statale, soprattutto tramite un gran numero di privatizzazioni e tra le aziende privatizzate spiccano la British Airways, la British Gas, la British Telecommunication e la British Steel, la più importante industria produttrice di acciaio, e nel 1986 varò il big bang act, che deregolamentava il london stock exchange, la borsa di londra, abolendo le spese di commissione fissa e la figura dell’intermediario nelle operazioni borsistiche, con la conseguenza di diminuire i controlli e rendere più facile l’attività degli speculatori, aumentandone certo le attività, ma creando le basi per tutta la futura speculazione finanziaria…
ma ovviamente il maggiore contributo materiale al liberismo fu la reaganomics, ovvero l’insieme di scelte di politica economica adottate dagli stati uniti durante la presidenza di ronald reagan, dal 1981 al 1989, politica economica che cominciava dal taglio delle tasse che lo stesso reagan annuncia in televisione nel luglio 1981 e che prosegue con la riduzione della crescita del debito pubblico, la riduzione delle tasse sul lavoro e sui redditi di capitale, la riduzione della regolamentazione dell’attività economica, il controllo dell’offerta monetaria e la conseguente riduzione dell’inflazione, in una vicinanza estrema alla filosofia economica proprio di margaret thatcher…
ma il successo di reagan è dovuto in gran parte alla scelta di tagliare l’imposizione fiscale, invertendo la tendenza decennale di far crescere l’imposizione fiscale ed il ruolo dello stato nell’economia, limitando la capacità impositiva dello stato secondo le tesi dell’economista laffer che vedeva in una riduzione dell’imposizione fiscale un beneficio sia sulla crescita economica che sull’imposizione fiscale stessa, perché un’eccessiva imposizione fiscale spingeva i lavoratori a rinunciare a lavorare di più…
ma certo la storia del liberismo non termina qui, innestandosi sulle politiche finanziarie pubbliche, la speculazione finanziaria di cui tratteremo in seguito…
(continua…)
miko somma
una tragedia…
ansa – Sono almeno sette, in Catalogna, le vittime italiane per l’incidente di bus che riportava a casa un gruppo di studenti Erasmus che era stato ad un festival di fuochi d’artificio a Valencia. E’ accaduto su una delle principali autostrade nel nord est della regione, che collega la Spagna alla Francia. Il bilancio è di 13 morti.
La Farnesina invita le famiglie dei connazionali a contattare l’Unità di Crisi al numero 06.36225.
che dolore…le mie condoglianze alle famiglie…
psico-fascismo…
c’è una deriva antropologica in atto che lega l’uno all’altro episodi apparentemente distanti tra loro, come tenere nel fango migliaia di rifugiati da zone di guerra, erigendo muri, o urinare su una sfortunata, dimostrando la peggiore cattiveria del mentecatto mediocre, umiliare chi “non è degno”, una forma di psico-fascismo che ormai pervade la società…
la posizione del pd…
questa pare essere la posizione del pd sul referendum del 17 aprile…
chiesimo…
la mia amica stefania colombo nota una perla di questo fine uomo di cultura…
la follia tecno-feudale del liberismo…parte III…
…ma cambi fissi, mobilità dei capitali e politiche economiche nazionali indipendenti costituiscono una triade incoerente perché sebbene ciascun elemento sia auspicabile, in pratica se non si vuole rinunciare allo strumento della politica monetaria, si deve necessariamente passare ad un sistema di cambi flessibili, ma se si vuole mantenere un sistema di cambi fissi e continuare a realizzare obiettivi keynesiani, bisogna introdurre un terzo strumento indipendente, ad esempio:
a) un sistema di crediti d’imposta legato alla realizzazione di programmi di investimento da parte delle imprese per aumentare il volume di investimenti spontaneo e stimolare la crescita;
b) una tassa sulla detenzione di attività finanziarie estere (tipo la tobin tax), che riduce la sostituibilità tra attività finanziarie interne ed estere, restituendo efficacia alla politica monetaria…
così verso la fine degli anni ’60 ai tradizionali obiettivi di stabilità keynesiani, se ne aggiunge un altro, mantenere sotto controllo il tasso di inflazione, ma perseguire questo obiettivo era molto complesso perché evidente la difficoltà di conciliare il raggiungimento contestuale degli altri obiettivi, in particolare proprio quello della piena occupazione che garantiva l’aumentare di quel rateo di appartenenza dei lavoratori alle classi medie che era sostanzialmente lo stimolo ai consumi che fino ad allora aveva consentito l’espansione economica…
ed in una visione molto dominata dalla teoria, si poneva ora anzitutto un problema teorico, l’inflazione che comincia a mostrarsi in modi sempre più evidenti, e visto che l’analisi di keynes non conteneva una teoria specifica dell’inflazione, ma la considerava piuttosto un apparato analitico di determinazione del livello dei prezzi, in base al quale questi dipendevano dal livello dei salari monetari e dal valore della produzione di equilibrio, per qualche tempo le autorità di politica economica non sembrarono in grado di limitarne gli effetti…
ma sostanzialmente si cominciava a riconoscere che l’inflazione era o da domanda, causata da incrementi dell’offerta di moneta, della spesa pubblica, del consumo autonomo, degli investimenti, o delle esportazioni nette, e generava un aumento del livello dei prezzi che si accompagna ad una variazione positiva del reddito, o da costi, ovvero ad aumenti dei prezzi delle materie prime importate ed in genere ciò legava la crescita dei prezzi ad una caduta del livello del reddito, condizione questa dell’inflazione da costi molto difficile a risolversi e che portò sin dalla seconda metà degli anni ’60 al fenomeno della “stagflazione” ovvero di una situazione in cui, a fronte di un tasso di inflazione che cresceva, il reddito risultava stagnante…
i neokeynesiani, di fronte al fenomeno dell’inflazione, adottarono un nuovo apparato di riferimento, non più statico, ma dinamico, grazie ad alban phillips, che in un articolo del 1958 su Economica, evidenziava in riferimento al regno unito nel periodo 1861 al 1957, l’esistenza di una relazione di lungo periodo tra il tasso di variazione dei salari monetari ed il tasso di disoccupazione, e ciò porto nel volgere di pochi anni alla ricerca di relazioni più accurate che svelassero il perché del fenomeno e fornissero nuovi strumenti analitici in grado di creare un menu di scelte per le autorità di politica economico che sostanzialmente si fondavano sulla differente sensibilità del benessere sociale, producendo diverse combinazioni di intervento, con autorità più avverse all’inflazione che avrebbero scelto una combinazione di equilibrio caratterizzata da minore inflazione e maggiore disoccupazione, e viceversa nel caso contrario…
e tuttavia più che controllare l’inflazione, l’obiettivo più ambizioso delle autorità americane, e non solo, fu di puntare invece ad un tasso di disoccupazione minore di quello compatibile con l’inflazione nulla, pari al 5,5% (in particolare, si puntava al livello del 4%, nel programma iniziale della new economics), ma verso la fine degli anni ’60, le teorie neokeynesiana entrarono in crisi proprio per l’incapacità di spiegare il fenomeno della stagflazione che nel frattempo era assurta al ruolo di protagonista delle dinamica economica…
così, proprio mentre nixon si sbilanciava a dichiarare “siamo tutti keynesiani ora”, l’incapacità dei keynesiani di fornire una convincente spiegazione della stagflazione, e di fornire ricette di politica economica atte ad affrontarla, determinava la fine della supremazia intellettuale della new economics, collegata alla cosiddetta rivoluzione keynesiana, avviando una controreazione, di natura monetarista, legata al nome del leader di tale scuola di pensiero, milton friedman dell’università di chicago…
premio nobel e fautore di importanti contributi alla teoria monetaria e alla teoria del consumo, friedman scaldò con le sue teorie tutti i fautori del libero mercato e fu l’eminenza grigia dietro al drammatico cambiamento nelle politiche economiche verificatosi a partire dal 1980 in concomitanza con l’arrivo alla casa bianca di ronald reagan e a downing street di margareth thatcher…
friedman, in gioventù keynesiano (ma già negli anni sessanta milton friedman ed anna schwartz pubblicarono un lavoro, “monetary history of the united states 1867-1960”, dove sostenevano che “l’inflazione è sempre e dovunque un fenomeno monetario”), è di fatto considerato il padre del monetarismo, ovvero di una teoria macroeconomica che è centrata sugli effetti dell’offerta di denaro governata dalle banche centrali, e che ha sostanzialmente come obiettivo il controllo dell’offerta di denaro, considerando l’inflazione solo come conseguenza di un’offerta di denaro superiore alla domanda, ciò accompagnato da uno zelo nel promuovere il potere regolatore dei mercati, che ha finito per distinguere con una nettezza quasi crudele ed antinomica tra il mercato e lo stato, presentando questo ed i governi in generale come nemici del mercato, teoria questa del liberismo economico che non sempre coincide in pieno con la teoria monetarista, tanto che non tutti gli economisti neoliberali sono monetaristi, e non tutti i monetaristi sono neoliberali…
il monetarismo è un insieme di vedute sulle relazioni tra politica monetaria e reddito nazionale, che pone particolare attenzione agli effetti macroeconomici del governo dell’offerta di moneta da parte delle banche centrali, tanto che friedman ritiene che “l’inflazione è sempre e comunque un fenomeno monetario” e pertanto controllabile dalle banche centrali, che devono mantenere l’offerta di moneta al suo valore di equilibrio, determinato sulla base della crescita della produttività e dalla domanda, attribuendo in via esclusiva l’inflazione all’eccessiva immissione di denaro nel mercato proprio da parte delle banche centrali, e così la spirale deflazionistica alla causa contraria, ovvero un’insufficiente offerta di moneta (money supply) da parte della banca centrale durante le crisi di liquidità…
friedman proponeva una regola monetaria fissa, il k-percent rule di Friedman, secondo cui l’offerta di moneta doveva essere calcolata sulla base di fattori finanziari e macroeconomici conosciuti, avendo come obiettivo uno specifico livello di inflazione, senza alcuna libertà di azione per le banche centrali, e con gli imprenditori e attori del mercato finanziario che avrebbero potuto così conoscere in anticipo tutte le decisioni di politica monetaria per impostare la loro azione sul mercato…
il monetarismo è così una visione sulle relazioni tra politica monetaria e reddito nazionale che pone al centro delle politiche economiche gli effetti macroeconomici dell’offerta di moneta da parte delle banche centrali, considerando l’inflazione un mero fenomeno monetario che può essere tenuto sotto controllo attraverso una offerta di moneta al suo valore di equilibrio, determinato sulla base della crescita della produttività e dalla domanda…così l’inflazione è dovuta all’eccesso di immissione di denaro nel mercato da parte delle banche centrali ed al contrario la spirale deflazionistica è un’insufficiente offerta di moneta (money supply) da parte della banca centrale durante le crisi di liquidità…
così, secondo friedman, in caso di un eccesso di offerta, nessuno avrebbe tenuto l’eccesso di moneta inutilizzato e per mantenere costante il proprio bilancio di liquidità, l’avrebbe comunque impiegato facendo così aumentare la domanda aggregata, mentre in caso di offerta calante, per mantenere costante il loro bilancio di liquidità, gli attori avrebbero ridotto i consumi…
l’influenza del monetarismo aumentò quando le teorie economiche neokeynesiane non riuscirono a spiegare i fenomeni della crescita della disoccupazione e della inflazione come risposta al collasso del sistema di accordi di bretton woods, nel 1972 e nella crisi petrolifera del 1973, mentre negli USA una notevole disillusione verso la “economia della domanda” keynesiana spingeva carter, democratico, alla nomina di un monetarista, paul volcker, al governo della FED, che fece della lotta all’inflazione il suo principale obiettivo, restringendo drasticamente l’offerta di moneta, cosi provocando una delle più gravi recessioni del dopoguerra, ma raggiungendo la desiderata stabilità dei prezzi…
i monetaristi dicono che il motivo principale di un’eccessiva facilitazione del credito da parte della banca centrale è quello di finanziare il deficit del bilancio pubblico, così la riduzione della spesa pubblica è lo strumento principale per contenere una eccessiva crescita monetaria e quindi il fenomeno inflattivo…con il fallimento negli anni ’70 delle politiche di bilancio “dal lato della domanda” nel ridurre l’inflazione e produrre crescita, si spiana la strada ad un cambiamento nella politica economica con le banche centrali al centro della lotta all’inflazione e l’adozione di trattamenti shock di austerità, così come raccomandato dal fondo monetario internazionale (la gran bretagna verso la fine degli anni ’70 e i primi anni ’80, con l’ascesa politica di thatcher, ha in effetti abbattuto le spese pubbliche, mentre negli USA durante il primo mandato di reagan queste sono aumentate del 4,22% all’anno per via dell’aumento di spesa militare in funzione di pressione sul bilancio dell’URSS, e quindi molto di più del 2,55% all’anno del periodo di Carter)…
negli anni seguenti la disoccupazione in entrambi i paesi rimase ostinatamente alta mentre le banche centrali alzavano i tassi di interesse per restringere il credito, ma le politiche di entrambe le banche centrali in compenso abbassarono drasticamente il tasso di inflazione, portandolo negli stati uniti dal 14% nel 1950 a circa il 3% nel 1983, permettendo la ri-liberalizzazione del credito e la riduzione nei tassi di interesse, fattori che aprirono la strada al successivo boom dell’inflazione degli anni ottanta…
miko somma
(continua…)