analisi critica di un presidente nella formulazione di un saluto doveroso…

e dunque siamo arrivati ad un momento che era ineludibile, le dimissioni di napolitano, dopo che questi aveva accettato, nelle difficili condizioni che tutti ricordiamo, un secondo, inedito alla prassi, mandato presidenziale, dopo il pericoloso stallo istituzionale seguito ai confusi risultati elettorali delle elezioni del 2013, stallo che rischiava nella concomitanza di non riuscire a formare un governo e dover eleggere il nuovo presidente senza che alcuna maggioranza si fosse formata per la sua elezione, rischiava di impantanare il paese…

così dare un giudizio su napolitano ed il suo settennato con una coda quasi biennale non è cosa semplice, seppure il mio rimane un giudizio negativo per i motivi che spiegherò tra breve, dovendo necessariamente mettere in conto quel “sacrificio” che in ogni caso ed al di là delle intenzioni palesi o meno che l’uomo poteva avere, è stato richiesto ad  ottantasettenne per l’incapacità della politica di trovare una quadra che consentisse il cruciale passaggio dell’elezione del garante istituzionale, colui cioè che nelle sue funzioni è l’unico a poter conferire l’incarico di guidare l’esecutivo del paese e poter sciogliere le camere, due poteri questi che sono centrali in tutta la filiera democratica e come tali spesso sono stati sottovalutati da forze politiche troppo attente alla percentuale elettorale e molto poco al funzionamento complessivo di quella complessa macchina che è lo stato e tutte le sue istituzioni…

ed il giudizio ovviamente, nel ringraziare certamente e convintamente napolitano di quel sacrificio che umanamente non può passare inosservato o inosservabile, non può però non tener conto di alcuni antecedenti che costituiscono una sorta di chiamata in correità verso un percorso politico e democratico che, a mio personale avviso, sta facendo derapare il paese verso inedite forme di semi-autoritarismo troppo spesso confuse per il generico decisionismo che sembra oggi muovere il presidente del consiglio a riforme che nei fatti restringono i numeri della politica senza che a ciò corrisponda alcun reale beneficio, alterano i rapporti sussidiari e di leale collaborazione tra istituzioni centrali e locali prefigurando modelli di governance poco chiara, impongono visioni che non sono mai state suffragate da numeri democratici espressi…

antecedenti che, ben oltre non aver opposto nulla di concludente al famoso porcellum ed ai guasti terribili all’espressione della rappresentanza democratica che da questo sono partiti, il distacco reale di quest’ultima dalla volontà popolare per consegnarsi alle scelte di direttorii e segreterie, si da creare un’avulsione totale tra parlamento e popolo ed alimentare sfiducia ed antipolitica che ancora oggi paghiamo – perché dopo quella espettorazione di vermi della mente che hanno creato il successo per fortuna oggi in vistoso ed evidente calo di grillo, il raccoglitore di viscere doloranti, ci troviamo ai numeri democraticamente confusi, quando non del tutto assenti, di renzi e ad altre, forse ancor più pericolose forme di devianza viscerale – napolitano li ha palesati in vere e proprie intenzioni politiche alla fine del 2011, quando di fronte alla crisi da sonnolenza criminale di un berluskoni più dedito alle olgettine che alla necessità di interventi atti a frenare uno spread sull’indebitamento che si faceva terrore del baratro imminente, piuttosto che convocare subito nuove elezioni per chiarire il quadro di un cambiamento ormai resosi necessario o limitarsi a quel governo pro-tempore dell’economia che a chiunque sembrava la vera urgenza, lascia il paese nelle mani di un presunto tecnico, mario monti, fino alla scadenza naturale della legislatura, addirittura nominandolo senatore a vita…

e questo è un passaggio cruciale per la mia formazione di un giudizio così negativo su napolitano ed il suo mandato che fino a quel momento non si era distinto per particolare verve, tranne qualche scintilla con il cavaliere ed il suo modo proprietario ed arruffone di intendere la politica, ma soprattutto la gestione del paese (insomma di berluskoni e delle sue liasons oggettive con quanto già alla p2 ed al piano di rinascita democratica proprio non mi pare il caso adesso di doverne scrivere, magari riscrivendo), passaggio che comincia a chiarire, a chi magari giù non l’avesse chiara per continuità di lettura della persona già a partire da quando era l’esponente maggiore della corrente del migliorismo, una visione delle cose della politica che si palesa in quell’incarico a mario monti ed alla sua visione di una finanza internazionale tanto proprietaria dei destini degli stati nazionali, del nostro in modo particolare anche grazie al suo impegno già a partire dalla fine degli anni ’80 ad esternalizzare il debito, fino allora quasi del tutto interno, del paese verso gli investitori internazionali, da doverla sussumere e concretizzare in un percorso di quasi sudditanza ai voleri di quegli stessi investitori, consegnando di fatto nelle loro mani quali riforme fare, dove e come tagliare il pletorico asse di spesa pubblica, quali le vittime che da quei tagli originavano, quali i beneficiari di un continuismo che pur nella crisi vedeva alcuni continuare ad arricchirsi enormemente, la maggior parte invece calare le proprie aspettative economiche fino a ridursi a quella cannella del gas presupposto di un sistema neo-darwniniano dove il debole soccombe per legge naturale, perché la crudeltà della selezione è da sempre uno dei cavalli di battaglia dell’ultraliberismo che mario monti non mette in discussione, non limita, non rintuzza, preparando semmai il campo a ciò che questo ultraliberismo finanziario pensi si debba decostruire in un paese magari un po’ sprecone e tangentaro, ma ancora civilmente in grado di non voler vedere soccombere i più deboli, a cominciare dalla riforma fornero, che ridisegna un sistema retributivo, ormai certo divenuto assurdo nei suoi effetti, in un sistema contributivo che prepara alle nuove povertà e ad un allungamento inedito del periodo lavorativo fino ad età impensabili per un paese civile…

napolitano non interviene così sull’emergenza debito venutasi a creare, ma pone le basi strutturali perché una visione di quali siano le riforme “necessarie” cominci ad imporsi, anche a costo di minare le basi sociali del paese, in questo forse anche agevolato dai tentennamenti di un tremebondo bersani che, agevolato dai sondaggi naturalmente positivi dopo il disastro berluskoni, invece che chiedere nuove elezioni, ottenerle e così vincerle, accetta supinamente non solo la presidenza del consiglio affidata a monti, ma addirittura la partecipazione diretta del pd ad un governo che nel mentre “massacrava” il paese, consentiva la crescita di un umore popolare negativo che poi sfoga in breve tempo nell’esplosione del movimento 5 stelle e delle sue baggianate masanielle che crescono nella più profonda ignoranza rabbiosa di un popolo che non si sente più rappresentato…

napolitano forza quindi su uno dei suoi cavalli di battaglia, le larghe intese, e le impone sulla scorta di un presunto tecnicismo che pure qualcuno si spertica di attribuire a mario monti ed al suo governo e così farlo apparire “necessario” al paese per superare i contrasti tra le forze politiche che proprio da allora cominciano sempre più ad apparire, nell’immaginario popolare, come inutili nelle loro forme tanto da cominciare a rendersi evidente un’altra necessità, quella di un uomo forte che superi “l’indecisione e l’incapacità”  delle strutture democratiche rappresentate dai partiti per addivenire ad una “supposta” cura del paese che non necessita di essere discussa e decisa nella sua sede naturale, le urne…

e mentre pur mario monti mette in sicurezza il debito, strozzando però l’economia in manovre ragionieristiche e bilanciste che non consentono espansione o anche solo una equa distribuzione dei carichi fiscali (vorrei ricordare la contrarietà totale di monti ad ogni forma di tasse patrimoniali, misura certo più psicologica che fattuale, ma pur sempre importante nell’immaginario collettivo a far apparire i sacrifici come sacrifici di tutti, con la facile scusa che “i soldi li trovi nella massa”), il governo occupa il suo spazio di vita ben oltre la necessità di porre freno al disastro degli interessi crescenti, direttamente nella costruzione di un ordine di priorità che – guarda caso – cominciano proprio da quella riforma delle pensioni, genericamente chiesta dal mercato, che nessun partito mai avrebbe avuto coraggio e forse intenzione di voler realizzare, intuendone certo il carattere impopolare, ma prefigurandone anche il carattere di “macelleria sociale” che si è finora finto di ignorare…

monti ed il suo governo, napolitano li sceglie, li impone e li piazza a palazzo chigi e nei ministeri perché facciano quella riforma che per il suo post-migliorismo e la sua storia culturale è fine, mentre le larghe intese sono mezzo…

ed arriviamo allora alle elezioni che napolitano fissa o fa fissare (in realtà lo fa il ministro dell’interno cancellieri, di cui tutti ricorderete qualche disavventura etica che chiarisce il carattere altamente morale che a volte gli stessi tecnici assumono) in un periodo inedito per il paese, febbraio, quando appare evidente che politica in piazza non se ne farà, confinandola in teatri e studi televisivi, a tutto vantaggio dello “strumento” grillo (ne ho parlato altre volte e forse troppo presto perché la gente avesse chiaro il carattere strumentale di un movimento che anziché frenare le tendenze alle larghe intese, le rafforza nel suo acritico ed irrazionali rifiuto ad ogni dialogo, ma qui ci allontaneremmo troppo adesso) che nel frattempo cresce a dismisura, pompato in maniera evidente dagli stessa media che, non comprendendo che il suo non voler parlare alle televisioni ed ai giornali è il mezzo migliore perché ne parlino, favoriscono nell’immaginario collettivo la crescita numerica di un fenomeno che a rigor di logica a chiunque sarebbe apparso come un fenomeno da baraccone, se non fosse cresciuta nel frattempo tanto la sfiducia verso le stesse larghe intese, proprio volute testardamente da napolitano che di fatto le trasforma da governo tecnico in un vero e proprio governo politico, ed il suo schema riassunto populisticamente in quel pd=pdl…

arriviamo quindi a quel febbraio in cui l’espressione popolare del porcellum consegna un paese diviso essenzialmente in tre tronconi, il pd di bersani che solo grazie all’alleanza con sel vince le elezioni (sel si defilerà poi dalla maggioranza), il 5 stelle che numericamente supera, anche se di poco, lo stesso pd, la pdl ormai ridotta nei numeri, e tutti ricordiamo l’assurda intenzione del 5 stelle di non voler addivenire ad alcun accordo con bersani per un governo che escludesse l’allora pdl e così impedisse il ritorno di uno schema di larghe intese, tanto da costringere bersani alle dimissioni, riconsegnando la palla proprio a napolitano ed al suo schema che rinasce così nel governo letta, ma questa volta sostenuto da due commissioni di “saggi” volute proprio da napolitano (ritroverete gli articoli che scrissi all’epoca, risalendo proprio a quelle date…insomma sapete quanto sono rapido a volte nell’analisi delle cose) che “impongono” la sua agenda delle riforme che oggi ritrovate nelle riforme di renzi…

il resto è storia recente e ben conoscete il mio giudizio su queste riforme imposte al momento della sua rielezione e che, pur essendo necessario riscrivere l’assetto dello stato e rimetterlo in grado di funzionare in tempi che son cambiati rispetto all’assetto datogli dalla costituente, non vanno nella direzione auspicabile di una maggiore democrazia e di migliori meccanismi decisionali, nella necessità comunque di dover decidere, quanto nella contrazione della stessa democrazia per addivenire a decisioni che non sono nel dibattito, quanto nelle imposizioni di settori lobbistici e datoriali che – guarda caso – entrano di fatto nelle strutture politiche, potendole influenzare sia nei percorsi di maturazione delle decisioni, sia ancor più direttamente nel finanziamento della stessa politica, in una rivoluzione copernicana che sa troppo di america per essere qualcosa che vive nella tradizione democratica europea continentale…

talmente americane che, potendo a buon ragione ed alla fine affermare che renzi e le sue deprecabili riforme del senato, della legge elettorale, del titolo V della costituzione, dell’abolizione delle province e dei progetti di macroregioni, renzi ed i suoi provvedimenti economici che sprecano risorse altrimenti utili per elettoralismi e false speranze di ripresa (leggi 80 euro), renzi autoritario del decreto sblocca-italia, della legge di stabilità e della delega fiscale che, abbia voluto o meno favorire berluskoni nel suo rientro agli uffici pubblici, è depenalizzazione delle provviste in nero delle grandi aziende, renzi è figlio diretto di napolitano e delle sue scelte politiche discutibili…

scelte politiche e solo scelte politiche, quindi alcuna accusa di complottismo che pur agita altre sponde ed altre viscere che non quelle del sottoscritto, scelte politiche quindi che in quanto tali, mi fanno dire oggi, nel giorno delle sue dimissioni, “grazie presidente napolitano del lavoro importante che come ogni presidente della repubblica, ogni giorno del suo mandato, ha portato a termine, nelle sue irrinunciabili e codificate funzioni di garanzia, grazie del sostegno all’intera democrazia che comunque la sua decisione di assumere quel secondo mandato in quel preciso frangente storico ha assicurato ad un paese sull’orlo di un pericoloso stallo istituzionale e politico, grazie anche della sua presenza nell’immaginario collettivo come punto di ancoraggio della speranza di potercela ancora fare a venire fuori dal periodo peggiore che il nostro paese abbia mai trascorso, grazie infine di aver dato prova di umana resistenza al logorio che il tempo esercita, ma mi sia permesso dire serenamente che lei non è stato il presidente che avrei voluto per il mio paese…ciò che mi divide da lei e dal suo operato non è il rispetto che manca per la sua figura istituzionale ed umana, ma la più ferma convinzione che politicamente il paese avrebbe avuto bisogno d’altro e purtroppo lei non poteva o voleva esserlo…si chiama politica e funziona anche con i presidenti della repubblica…le auguro di cuore serenità ed ancora lunga vita come uomo, marito, padre, nonno ed anche come senatore a vita, ma mi sia consentito, presidente, stare fuori dal coro degli osanna e delle bestemmie da suburra e legittimamente dissentire con la strada che lei ha indicato”…

miko somma  

 p.s. come al solito, scrivo in fretta, con sentimento e ragione, ma senza controllare…abbiate così pazienza degli eventuali errori ortografici…