paura per la brexit?…vedremo…

24/06/2016

non comprendo la rabbia dei britannici verso una istituzione che ha dato loro molto più di quanto loro abbiano dato, ma rispetto il loro voto…è la democrazia ed il regno unito ha dimostrato di esserlo…ora vedremo cosa accadrà perchè finora sono state ventilate ipotesi mortali senza alcun fondamento scientifico, vista la mancanza di precedenti, e perchè la borsa non è l’economia

miko somma

ma andiamo a qualche dato riportato dal sito ansa…

Il Regno Unito spaccato in due dal referendum – ll ‘Leave’ vince in Galles conquistando 854.572 voti contro le 772.347 preferenze date al ‘remain’. In Scozia, nel referendum sulla Brexit, ha vinto il ‘Remain’ con 1.661.191 voti contro i 1.018.322 andati al ‘Leave’ a fronte di un’affluenza del 67,2%Glasgow, la grande città portuale scozzese, vota al 66,6% per Remain, contro il 33,4% di LeaveEdimburgo, vota a favore della permanenza nell’Unione Europea con una percentuale del 74,4% contro il 25,6% di Leave.  In Irlanda del Nord, nel referendum sulla Brexit, ha vinto il ‘Remain’ con 440.437 voti contro i 349.442 andati al ‘Leave’ a fronte di un’affluenza del 62,9%.

Contraria alla Ue la maggioritaria Inghilterra (esclusa quasi tutta Londra) con quasi il 60% di voti pro-Brexit. A Manchester fronte filo-Ue con un 60% di suffragi per Remain. Nella città industriale di Sunderland, sulla costa del nord-est dell’Inghilterra, Leave ha vinto con 82.394 voti (61,3%) contro i 51.930 voti (38,7%) per Remain. A Newcastle, città nel nord-est dell’Inghilterra, il ‘Remain’ ha vinto, ma di misura: 50,7% contro il 49,3% dei voti per il ‘Leave’, con uno scarto di appena 2.000 voti in una città in cui hanno votato in 129 mila. Gibilterra ha scelto il Remain con una percentuale del 95,9% e un 4,1% per il Leave. L’affluenza alle urne nel territorio a sud della Spagna è dell’84%. Leave ha vinto anche a Swindon , nella contea del Wiltshire, nel ricco sud-ovest dell’Inghilterra, con una percentuale del 55% contro il 45% di Remain. Oxford non tradisce l’Europa: la celebre città universitaria inglese porta in dote il 70,3% dei suoi voti al fronte di Remain nel referendum britannico sull’Ue contro il 29,7 di Leave. Anche Cambridge, dopo Oxford, vota in favore del fronte filo-Ue di Remain con oltre il 74% dei suffragi. La città di Liverpool, nel nord-ovest dell’Inghilterra che diede i natali ai Beatles, ha votato per il Remain, che ha vinto col 58% dei voti contro il 42% dei Leave.

Il voto a Londra – Il ‘Remain’ a Londra è al 69% mentre il ‘Leave’ si ferma al 31%. E la scelta di restare in Europa, ad esempio, prevale nell’aristocratico quartiere di Hammersmith & Fulham, dove il ‘Remain’ trionfa al 70% mentre il ‘Leave’ si ferma al 30% mentre in due quartieri popolari dell’East End di Londra, Barking e Dagenham, compresi in una stessa circoscrizione, hanno segnato la vittoria al Leave con una proporzione del 62% contro il 38%. A Watford, sobborgo nel nord-est di Londra, il Leave ha vinto per soli 252 voti rispetto ai 23.167 del Remain mentre a Islington, nel collegio blindato del leader del Labour, Jeremy Corbyn, Remain si attesta attorno al 66% dei voti. l voto nel municipio della City of London è per il 75% per il Remain contro il 25% per il Leave. Remain ha vinto con il 78% contro il 22% a Hackney, popoloso quartiere nell’East End

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tutto questo, mentre in nottata qualche giornalistucolo nostrano (bruno vespa, i soliti del sole 24 ore che campeggiavano un po’ in tutte le trasmissioni ed il penoso scendiletto renziano maurizio mannoni, che “inquina” da anni linea notte del tg3) già esultava per una vittoria annunciata da sondaggi senza riferimento realistico e senza conferme di exit polls o proiezioni di dati reali (è la tradizione britannica di attendere la fine degli scrutini)…le cose a quanto pare sono andate diversamente, molto diversamente, ed alla fine vince forse a sorpresa, ma “anche no”, la brexit e vince nonostante l’imponente apparato  mediatico sceso in campo per convincere al remain (che semplicità quelle schede così chiare, ma è evidente che si tratta, nel caso anglosassone, di una cultura molto differente dalla nostra e che francamente non vorrei imitare), con l’utilizzo di mezzi al limite del terrorismo…perché il dato finora certo è che nessuno, e dico nessuno, è in grado, passata la comprensibile tempesta iniziale dei mercati finanziari (che molto in anticipo già festeggiavano sulla scorta dei sondaggi di cui sopra, dopo l’indecenza dell’entusiasmo cinico per la morte della deputata jo cox che ha fatto impennare i mercati), di prevedere cosa accadrà nel medio periodo, ovvero quali saranno i contraccolpi (se ve ne saranno) di questa uscita del regno unito dalla u.e….

come dicevo nel post, infatti, escludendo la nevrosi dei mercati che sono cosa ben diversa dalle economie reali (come ho spesso detto quando sentite di miliardi bruciati, state ben certi che si tratta di stupidaggini, perché il denaro “bruciato” prima di tutto è fittizio, plusvalenze eventuali che qualcuno non incasserà, poi alla fin fine non è mica vostro), non vi sono precedenti di alcun genere che possano far pensare a determinate conseguenze (debiti sovrani, tenore economico generale, disoccupazione e via discorrendo), di cui pure si è straparlato in queste settimane (del tutto chiaro che faceva parte dell’impianto pseudo-terroristico con cui si è tentato di indurre i britannici ad un voto per restare) come ineluttabili…

e pur avendo io sperato in una vittoria del remain per motivazioni politiche chiare, visto l’effetto domino che questa vittoria potrebbe avere sui tanti anti-europeismi viscerali che però da qualche parte trovano spunti per quel visceralismo (evidente che questa europa non funziona come dovrebbe e non è percepita affatto, euro o non euro, come al servizio dei popoli, quanto di un certo liberismo e di tanti egoismi parcellizzati che forse è proprio la mediocrità dei tempi, degli assetti politici e dei leader a fomentare), mi sembra chiaro che il regno unito non smetterà di essere un paese che produce e consuma e che così necessiterà di relazioni di scambio con il resto del mondo, ma soprattutto e per evidente contiguità proprio con l’europa che ha abbandonato, quindi si tratterà di comprendere quali saranno e come si modificheranno queste relazioni, non di cantar messe da requiem per una economia reale che si nutre anche di quell’espresso italiano che i londinesi hanno imparato a consumare e che si può invece star certi continueranno a consumare, nonostante le nevrosi mercatali di chi crede che l’economia siano le borse (le azioni non si mangiano) o che lo strumento di misura della vitalità di interscambio di un paese sia una cedola o un dividendo…

così in attesa di comprendere cosa accadrà davvero (lo strumento di regolazione dell’uscita sarà innescato da un articolo dei trattati che consentirà una uscita programmata, concertata e soprattutto controllata), il dato che balza all’occhio, ben oltre i catastrofismi idiotizzanti di chi ormai vive di continuismo psicotico nel sistema liberista, è la composizione del voto…guardate questa foto, certo parziale nell’individuazione delle zone a favore, ma che qualche indicazione fornisce…

e balza subito agli occhi che le regioni che hanno più beneficiato di aiuti europei, la scozia e l’irlanda del nord (regioni da obiettivo 1), dove però in quest’ultima risulta evidente una certa “etnicizzazione” del voto con le contee a maggioranza protestante che votano per uscire ed i cattolici che votano invece per il remain, così come le zone urbane votano per il remain, ma le province e le campagne per l’uscita, con l’evidenza di un voto pesantemente condizionato forse più che dalla percezione dei benefici europei, da una certa tendenza culturale isolana ed isolazionista che forse una suddivisione anagrafica del voto,riassunta in questa altra immagine, spiega meglio…i giovani, certo più vicini per motivi anagrafici e di opportunità (pensate agli erasmus o a certa mobilità turistica e lavorativa) alla condivisione di una cultura europea più omogenea con i loro omologhi di altri paesi, votano per il remain, gli adulti, meno coinvolti anche per via di una “resistenza” storica all’ingresso nella u.e. votano per l’uscita…ed altri dati indicano che le fasce economiche e sociali più deboli, sia in città che in provincia, votano per l’uscita, mentre le classi medie per restare…