comunicato stampa del comitato no oil lucania

Per qualche centesimo in meno

 

Per qualche centesimo in meno sul prezzo del litro di benzina, la Basilicata perde ora anche quel piatto di pasta e lenticchie con cui finora è stata accecata la sua popolazione perché non vedesse quanto accadeva intorno alle estrazioni petrolifere.

 

 

L’approvazione in senato di quella che la maggioranza di governo regionale chiama espropriazione – e tale in effetti risulta – sul controllo delle estrazioni petrolifere nella nostra regione getta un’ombra ancor più fosca su una materia che in ben altra luce avrebbe dovuto essere tenuta da quando nel 1998 fu firmato quello sciagurato accordo con l’ENI che di fatto ha consegnato la nostra terra nelle mani di una multinazionale i cui scrupoli nei confronti della popolazione lucana e della Val d’Agri in particolare sono visibili a cominciare dall’inesistenza di un piano di emergenza esterna per un sito potenzialmente pericoloso come il centro olii di Viggiano, transitando per la leggerezza con cui vengono sottaciute le situazioni di rischio per la salute umana, devastati boschi secolari per posare oleodotti, inquinate fonti d’acqua e certo non finendo nelle attività di lobbying che a più livelli questo comitato ha spesso denunciato inquinare la stessa politica lucana.

 

Il centrodestra nazionale mettendo il suggello della decretazione governativa su un accordo con le compagnie che scavalca ogni logica costituzionale che la riforma del Titolo V della Costituzione assegnava in via concorrente alle regioni in tema di energia ed ambiente, ha semplicemente saldato l’anticipo versato illo tempore dalle stesse compagnie alle finanze boccheggianti e populiste della gestione Tremonti attraverso la Robin Hood Tax, il tutto con l’avvallo del centrodestra locale, Viceconte e Taddei in prima fila, che ha roboato per uno sconto inutile per l’economia lucana, dannoso per l’ambiente, diseducativo per un più consapevole uso dei mezzi privati che in questa regione come altrove pure andrebbe incoraggiato e non certo dissuaso attraverso sconti indiscriminati e che di fatto rappresentano la ciotola di riso al posto del piatto di lenticchie, in nulla cambiando la dieta che ai lucani tocca ingurgitare quando si parla di petrolio.

 

Ma il problema delle estrazioni petrolifere rimane nella sua drammaticità un problema ambientale e sanitario su cui ancora si attende che si alzi il sipario di dati – e ce da scommettere che ora forse verranno fuori! – un problema economico che incide profondamente sulle vocazioni dei territori interessati pregiudicando di fatto ogni possibilità oltre le estrazioni stesse, un problema di pervasività nei tessuti politico-imprenditoriali locali acquisita del sistema delle multinazionali che si estende oltre i giacimenti di petrolio per finire all’acqua, ai boschi, alle creste montuose, ai litorali, ad ogni metro quadro di una regione che ha visto in pochi anni le decantate risorse che stringeva ancora in sé complice sottosviluppo e bassa antropizzazione tramutarsi in conclamate maledizioni.

 

Fa bene il centrosinistra lucano ad indignarsi per lo “scippo” consumato da questo centrodestra e ad intraprendere ogni via legale e politica per impedire un furto ripagato con uno sconto misero, ma farebbe anche bene ad interrogarsi seriamente, per non pianger solo lacrime di coccodrillo, su quante volte ha rabbonito la popolazione lucana con quei “tuttoapposto” che hanno finito per diventare stanche litanie liturgiche di un distacco dalla realtà – definiamolo tale! – che ha forse definitivamente pregiudicato ogni residua speranza dei lucani che la politica possa essere ancora lo strumento per l’affermazione del diritto dei tanti sul privilegio dei pochi.

 

Appellarsi da parte del centrosinistra solo ora ai lucani è tardivo, ipocrita ed altrettanto demagogico degli scellerati decreti con cui il governo nazionale sta tentando di cancellare ogni autonomia del Parlamento in virtù di un supposto consenso sondaggistico che si pretende possa sostituirsi all’espressione stessa della volontà popolare che da mandato a governare e non certo a spadroneggiare.

 

Appellarsi ora ai lucani senza aver mai riconosciuto che le critiche che in primis da questo comitato sono sempre state mosse al governo regionale sulla gestione globale dell’affare petrolio avessero fondamento, è del tutto fuori luogo, quando non un solo esponente del centrosinistra (tranne qualche lodevole caso isolato) ha anche solo dato un’occhiata – figuriamoci firmare! – al testo di quella nostra petizione sulle estrazioni petrolifere in regione, ormai quasi in viaggio per Bruxelles, che pure sul binario della ragionevolezza tentava di riportare un treno deragliato che in questa regione si chiama petrolio.

 Miko Somma, portavoce del Comitato No Oil Lucania