il decreto bankitalia…ecco cosa dice davvero

vediamo di spiegare cosa comporta questo contestato decreto che pare essere stato il vulnus della bagarre parlamentare di questi giorni e di cui i tanti che ne parlano, spesso non lo hanno neppure letto…

il decreto riordina l’assetto dell’azionariato della banca d’italia, che nonostante quanto si creda è un ente di diritto pubblico ed il primo passo per la trasformazione è stata proprio la rivalutazione del capitale rimasto ancora fermo alla cifra di 300 milioni di lire, versata nel 1936 quando fu costituito l’istituto (valore che convertito nel 2001 assomma a 156.000 euro, una cifra evidentemente ridicola rispetto a quello versato da analoghi istituti europei che hanno adeguato il capitale nel corso degli anni)… 

il decreto propone la rivalutazione dei 156 mila euro di capitale a circa 7,5 miliardi, una cifra definita sulla stima interna che alcuni funzionari di banca d’italia hanno elaborato con la collaborazione di franco gallo, giurista e trentaseiesimo presidente della corte costituzionale, già ministro delle finanze nel governo ciampi, andrea sironi, professore ordinario di economia degli intermediari finanziari e rettore presso l’università bocconi  e lucas papademos, economista, primo ministro greco dal novembre 2011 al maggio 2012…ecco forse alcuni nomi si sarebbe potuto evitarli tra questi saggi, particolarmente papademos, ottimo economista, ma forse “esposto” per via della sua presidenza della grecia durante il “massacro” della trojka 

la rivalutazione è minima rispetto al patrimonio complessivo ed è relativa alla parte di capitale legata al cosiddetto signoraggio, cioè battere moneta e farla circolare, attività originaria dell’ex istituto di emissione che in questi anni è stata molto esagerata nei suoi effetti per motivi spesso strumentali, mentre le attività istituzionali di politica monetaria, erano e sono fuori dal capitale rivalutato considerato dal decreto…

al momento della costituzione il capitale bankitalia, era suddiviso in 300 mila quote nominative da 1000 lire ciascuna (convertite ovviamente in 0,56 euro) ed era stato distribuito presso enti finanziari pubblici (assicurazioni, enti previdenziali, banche e casse di risparmio) divenute poi aziende private dopo la trasformazione delle banche pubbliche prima in società per azioni e poi privatizzate nei primi anni ‘90, aziende che quasi sempre si sono fuse tra loro per motivazioni di migliore resistenza sui mercati finanziari e del credito (ed ecco perché alcune tra esse, intesa sanpaolo e unicredit, dopo aver inglobato per acquisizione o fusione molti istituti hanno quote così rilevanti del capitale bankitalia, risultando di fatto questo privato)…

così nel tentativo di impedire partecipazioni dominanti nello stesso capitale il decreto prevede un tetto del 3% al possesso consentendo che sia la stessa banca centrale ad acquisire la quota eccedente, e dopo un possesso temporaneo di 3 anni, rimetterli sul mercato in maniera controllata e con una sorta di potere di veto dello stesso istituto…

i partecipanti avranno comunque diritto ad un dividendo per le loro quote da 25 euro ciascuna, discutibile nella sostanza e forse anche nel merito, ma misurato sull’andamento del valore dello stesso titolo, e questi non avranno alcuna voce sull’attività istituzionale della banca…

ma allora se c’è qualcuno che guadagna da questa operazione, chi guadagna?

risolvere il problema delle quote e del capitale farà comodo alla banca nel nuovo assetto, ma anche lo stato avrà benefici in termini di imposte sulle plusvalenze che le banche azioniste dovranno versare proprio in base alle quote possedute e rivalutate…

certo queste banche beneficeranno della rivalutazione che rafforzerà i rispettivi patrimoni e allargheranno la base attiva, sostanzialmente i prestiti all’economia, legata appunto all’ammontare del capitale, parametro questo al quale ogni istituto è tenuto sia nel capitale sociale, che nel fondo rischi, che nelle riserve legali, ma non potranno farlo a valere sul bilancio 2013…

quindi è certo una scusa stupida quella che molti politici dabbenisti usano per difendere un decreto comunque controverso, quella cioè che serva per superare meglio gli stress-test della bce prima dell’avvio dell’unione bancaria, ma operando logicamente sul bilancio 2014 da tali test è esclusa la materia di cui trattasi al decreto…

e certo, nonostante tutte le riserve sulle banche italiane e l’operato delle stesse nella gestione della crisi, che certo la loro chiusura nella erogazione di prestiti al sistema economico non ha aiutato, e nonostante a molti appaia un regalo alle banche, al paese serve comunque avere banche solide per acquisire maggior forza contrattuale proprio in vista dell’unione bancaria…

personalmente avrei però tenuti separati i due decreti per non ingenerare confusioni e semplicemente avrei detto chiaramente che si tratta in una certa misura di un “favore” alle banche, ma che tale favore ha un suo peso immediato nella gestione di questa crisi economica sanguinosa per il paese…

in altri termini, in parlamento siate meno cialtroni, maggioranza ed opposizioni!!!