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Il risveglio dal “sogno lucano allo sviluppo”

 

Da un consiglio regionale ci si aspetta che sia anche una sede di ampio dibattito in grado di riportare nel proprio interno quelle differenze di idee e sensibilità che attraversano la società e non soltanto gli schieramenti politici di appartenenza, in una sorta di ideale mappa della società civile dove i confini e le catene montuose non sono disposte nel capriccio della parte, ma nell’oggettività delle cose.

 

 

Così non ci si poteva aspettare dal consiglio regionale del 03 u.s. che commentasse in alcun modo il perdurare stabilito dal Tribunale della Libertà dello stato di arresto domiciliare per il direttore ARPAB ed un alto funzionario della stessa agenzia, cosa questa che se apre domande che se vanno oltre il provvedimento cautelare temporaneo per arrestarsi certo alla presunzione di innocenza, non attiene  nel merito alla politica ed al suo dibattito, ma l’analisi di fondo di alcune scelte discutibili poteva dare origine ad una ben più produttiva e serena analisi del passato atta ad impedire il perdurare, o peggio la reiterazione, di quanto finora si è nell’evidenza sbagliato. Di questo purtroppo non s’è vista, tranne qualche iniziativa personale, traccia alcuna ad indicare quantomeno la comprensione reale di quanto accaduto nella gestione di un passo fondamentale dei processi industriali, il sistema dei controlli.

  

E quanto è accaduto, uno stato di accusa che riguarda la situazione di Fenice e la prospettazione del reato di disastro ambientale in un concorso alquanto preoccupante tra controllori e controllati, non è argomento sul quale si possa passare un colpo di spugna che cancelli il passato per concentrarci sul solo futuro, dimenticando che la qualità del secondo nasce sempre da quella del primo.

  

Il lungo dibattere pareva più incentrato su una già prossima campagna elettorale nazionale e – dicitur – anche regionale, che su letture più attente di un evitabile disastro ambientale, quello lucano, che pur altre risposte avrebbe preteso che non gli scongiuri che a tratti ridicolmente si è ascoltato.

  

Il punto è che se su Fenice qualcosa è stato “deviato”, è probabile che ciò sia accaduto anche altrove in una sequenza di allarmi che, tacciati spesso di allarmismi, non hanno finora avuto risposte, oltre a quelle bizzarrie di dati non corrispondenti alla realtà oggettiva, percebile ed osservata di cui fin troppo spesso si è parlato, ed è a partire da questo punto che si sarebbe dovuti partire nella critica e serena discussione sulla qualità tecnica degli enti di controllo, dei parametri adottati, delle persone scelte e degli accordi sottoscritti, non certo somministrandosi l’auto-assoluzione per un passato commesso da altri e condito spesso di banalità retoriche buongoverniste, malpanciste o di mera opposizione o di generici appelli alla responsabilità di un pater familias in realtà patrigno, persino all’uso disinvolto di mantra contro l’anti-politica allarmista che risveglia da un certo “sogno lucano allo sviluppo”.

  

Nella desolazione di una destra che si ammanta di strumentale demagogia anti-sinistra, scoprendo a tratti un’inedita vocazione ambientalista che certo già ai confini regionali cambia decisamente il suo senso, negli avvitamenti su se stessa delle forze di maggioranza e nelle contorsioni dal “fare” di una giunta che pare avviata alla convivenza triste tra realtà e volontà che non è solo di palazzo Chigi, ciò che si è ascoltato, tranne i lodevoli interventi di Mazzeo e di Mollica, non è forse ciò che andava detto a lume di ragione, cioè che in Basilicata sul sistema di sviluppo industriale, di cui gli enti di controllo e monitoraggio sono parte strutturale, si è completamente sbagliata mira, se non peggio.

  

Non è in alcun modo ammissibile un “chi ha avut’, avut’, avut’..” od altrui responsabilità a discarico di proprie, confondendosi così storia e legislazione, nonché la continuità delle filiere politiche regionali, a giustificare omissioni e facilonerie con cui finora si è condotta una gestione disinvolta di incresciose situazioni ambientali, nel gran circo del tutt’apposto che da favola obnubilante ritorna così in forma di auspicio per il futuro.

  

Altrettanto inammissibile risulta di conseguenza la promessa prossima ventura di agire con maggiore avvedutezza, strumenti più adeguati e modalità più stringenti di cui la replica dell’attuale assessore si è fatta carico, nel tentativo assai deludente di risvegliare un’aula in larga parte emigrata in corridoio a fumare e chiacchierare, celiando amabilmente.

  

Miko Somma, coordinatore regionale di Comunità Lucana-Movimento No Oil