Com. stampa Comunità Lucana-Mov. No Oil verso il partito della Comunità Lucana

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Basilicata 2012, i nuovi mostri?

  

L’analisi degli ultimi dati Svimez mostra una regione al tracollo demografico, prima che economico, e stupisce che ancora una volta si utilizzi l’annuncio mirabolante dei non-contenuti di Basilicata 2012 per tentare di utilizzare la speranza come categoria progettuale con cui affrontare la crisi attuale nella crisi storica di una terra la cui classe dirigente sembra ormai vivere di pura auto-referenzialità supportata in ciò da un apparato bulgaro che trasforma l’informazione istituzionale in elegia, i dati in elastici da tirare e rilasciare a convenienza.

 

 

Auto-referenzialità che pare sempre più rinchiudersi nell’identità indiscutibile (in quanto non oggetto di discussione nei termini del confronto con la realtà), ineludibile e quasi ammantata del dogma del porre di fronte a dati fallimentari, frutto di sequenza storiche più che di contesto, non la riflessione su errori e devianze che li hanno originati, ma una sorta di natura semidivina della composizione dei poteri di cui aver cieca fede nell’esercizio dell’ennesima liturgia che blandisce a catechesi i lucani.

  

Se infatti il partito regione ed i suoi manutengoli giudicano che la regione possa ancora tenersi a bada con gli annunci di milioni di euro che sono sempre gli stessi da anni e con conferenze programmatiche che paiono gospel, con tavoli di verifica che si allargano di maggioranza ancor prima di aver verificato alcunché e con attribuzioni di colpe sempre all’altro da sé, con la pastoia di convenzioni, concorsi ad hoc e ad personam nella promessa del favore fatto-reso a miracolistica causalità e con massicce dosi di paternalismo a condimento della classica pasta e lenticchie, forse sono quelle ragioni tattiche della continuità dei poteri a determinarlo, forse anche strategia, non certo buon governo.

  

Buon governo che pur vorrebbe come da porsi una domanda, quale indirizzo economico contenuto in quale indirizzo sociale dare ad una regione dove se tra i nuovi emigrati ed i pendolari i giovani laureati sono il 30%, il problema non più solo economico, ma drammaticamente sociale?

  

Crede forse il presidente De Filippo e la variopinta giunta regionale che la risposta all’abbandono della regione sia la sola mancanza di impianti industriali o non sia quella grave consapevolezza che se non si appartiene alla famiglia “ammanicata” non v’è speranza alcuna di trovare spazio, fosse anche nella creazione di auto-impresa innovativa? O crede forse che la risposta sia nell’agitare milioni di euro che i più sanno finire nei soliti circuiti e nelle solite filiere? Od ancora crede che la Basilicata possa essere economicamente ciò che non è socialmente?

  

Se il dramma non stesse assumendo proporzioni inedite persino in una regione che ben conosce cosa sia l’emigrazione, scatterebbe un grande moto di ilarità sarcastica collettiva all’ennesimo annuncio del “miracolo” prossimo venturo, ed invece è il fatalismo rassegnato che coltiva disillusione e necessità di partire per affermare meriti qui negati dal sistema delle clientele che fino a prova contraria è mafia.

  

E se un sistema democratico vive di inclusione e leggi, un sistema mafioso vive di esclusione e regole ferree, determinando chi parte e chi resta, chi lavora e chi aspetta, sulla base dell’appartenenza e non dell’essere, fino ad auto-ingessarsi completamente nell’immobilismo sociale in cui termina l’economia, poiché termina la dinamicità sociale ed il senso di intrapresa.

  

Così quando si parla di programmi fondati sul denaro pubblico, la prima domanda da porsi dovrebbe  essere “a chi serve?” e, nel caso ciò riguardasse i lucani, attivarsi per decostruire tutte le filiere che ne metabolizzano per la gran parte gli effetti, preoccupandosi di render democratici gli accessi alle risorse ed e al previsto stimolo economico.

  

E ciò ancor prima di mettere a disposizione risorse in utilizzi che, a dar retta al plaudente comunicato di qualche giorno fa di Confindustria Basilicata sul sincrono tra il passo della politica e dell’impresa – dell’impresa Confindustria – sull’affare Geogastock, se sono favorire l’occupazione locale attraverso la concessione di benefici alle aziende, pure dovrebbero chiedersi a quali tipologie di aziende e attività si concedono. Abbiamo troppi mostri industriali in Basilicata “regalatici” in cambio dell’occupazione.

 Miko Somma, coordinatore regionale di Comunità Lucana-Movimento No Oil