il documento…

Contro l’art. 38 dello Sblocca Italia.

Con l’approvazione definitiva dell’art. 38 del decreto 133/2014, meglio conosciuto come Sblocca Italia, stante la caratterizzazione che ci sembra l’articolo tagli su misura per la nostra regione e le risorse di idrocarburi che essa ospita nel suo sottosuolo, la comunità lucana viene di fatto espropriata del diritto al controllo democratico delle risorse presenti sul proprio territorio e sicuramente espropriata del diritto a decidere della sua programmazione e utilizzo a fronte della strategicità che viene posta sulla materia degli idrocarburi in Italia con il dettato del decreto.

La centralizzazione di talune materie, dopo che per anni si è perseguito decentramento e federalismo, è lo strumento che alcuni gruppi di interesse nazionale si apprestano ad adottare come nuovo modello di relazioni con i territori, attraverso la marginalizzazione democratica di aree non funzionali a quelle logiche dominanti, eppure aree sfruttabili come giacimenti ora di petrolio, ora di acqua, ora di braccia da portare lì dove servono al nuovo/vecchio capitalismo globalizzato italiano nella più classica forma di neo-colonialismo.

E purtroppo da noi la Storia si ripete: l’art. 38 dello Sblocca Italia ripropone la già nota alleanza tra ceti sociali egemoni meridionali e settentrionali che s’accordano per la salvaguardia delle proprie rendite di posizione, così che il prezzo che i ceti sociali lucani e meridionali pagano oggi per lo sviluppo e la ripresa del nord del paese è la svendita del territorio e delle risorse (non poche) presenti su di esso.

Le ragioni che oggi ci spingono a chiedere con forza alla Regione Basilicata ed al suo Presidente della Giunta di impugnare l’art. 38 innanzi alla Corte Costituzionale sono di diverso ordine.

La prima, come già esposto, attiene al controllo democratico delle risorse sul territorio. Controllo democratico significa che lo sfruttamento delle risorse presenti sul territorio non può essere operato contro la volontà dei cittadini e che esso deve comunque tradursi in un beneficio in termini di crescita, occupazione e sviluppo per l’intera comunità regionale. In questi anni gli effetti sulla crescita e sullo sviluppo sociale ed economico sono stati pressoché assenti per le comunità locali, ma in qualche modo evidenti per alcuni ceti politico-sociali ed economici che hanno beneficiato a diverso titolo delle risorse finanziarie rivenienti dai diritti petroliferi.

La seconda ragione è la totale assenza di idee di utilizzo delle risorse che sia funzionale allo sviluppo dei territori interessati secondo le logiche stabilite dai propri abitanti. L’idea che continua a guidare le azioni politiche è la stessa da anni, utilizzare le risorse ed il territorio per alimentare alcune filiere locali e così garantirsi il controllo dell’elettorato in funzione del posizionamento romano dei ceti dominanti.

La terza ragione, certamente non meno importante, è data da troppi dubbi e perplessità che abbiamo sugli impatti ambientali e sanitari. Le indicazioni fornite dai canali ufficiali tendono ormai da molti anni a rassicurare l’opinione pubblica rispetto ad allarmi sempre più frequenti, ma sono troppe le fonti che sostengono non esserci studi e ricerche affidabili, terze e tali da sgomberare il campo da ogni dubbio. Noi ci limitiamo ad osservare che nelle aree dello sfruttamento degli idrocarburi gli effetti sull’ambiente e sulla salute dei cittadini sono devastanti, come ammettono ufficiosamente persino alcuni sindaci.

La quarta ragione è che è prevedibile che, una volta passata la legge, assisteremo ad un proliferare di ricerche e così di successive estrazioni in un territorio che sappiamo essere già molto appetibile agli interessi delle compagnie, che ne ricavano forti utili, ed allo Stato, che ne ricava tassazione, per la banale ragione che qui è accertato che gli idrocarburi siano già presenti e facilmente raggiungibili, sia per questioni tecniche, sia per l’altrettanto notoria e interessata bassa resistenza politica.

In conclusione la comunità lucana non ha visto finora e non vedrà alcun tipo di beneficio tangibile dallo sfruttamento dei giacimenti di idrocarburi a fronte, invece, di alti costi ambientali, sanitari, democratici.

Per queste ragioni i cittadini firmatari del presente documento chiedono con una petizione che il Presidente della Giunta Regionale impugni innanzi alla Corte Costituzionale l’art. 38 del decreto  133/2014, altrimenti noto come Sblocca Italia, che tutti le istanze giacenti presso i competenti uffici della Regione Basilicata vengano bocciate, che sia indetto, previo accoglimento nell’ordinamento regionale di apposita legge, referendum consultivo tra i cittadini lucani sull’aumento delle estrazioni oltre quanto già stabilito dalle intese in essere.

Seguono firme….