il vincolo di mandato ovvero l’art. 67 della costituzione

«Nelle costituzioni liberali non c’è vincolo di mandato. Nella nostra questo è previsto dall’articolo 67, legato all’idea che la democrazia, come diceva Hans Kelsen, è un regime mediatorio, cioè un regime in cui le ragioni plurime si devono incontrare fra di loro e trovare punti mediani. La libertà dei rappresentanti, senza vincolo di mandato, esprime questa esigenza che in parlamento – il luogo dove ci si parla – sia possibile perseguire il raggiungimento di quel punto mediano e che l’aula non sia il terreno di battaglia di eserciti schierati per ottenere o tutto o niente. I rappresentanti devono disporre di quel margine di adattabilità alle circostanze rimesso alla loro responsabilità. Ecco, in sintesi direi questo: libertà del mandato, uguale responsabilità; vincolo di mandato, uguale irresponsabilità, ignoranza totale delle qualità personali dei rappresentanti, mortificazione delle personalità».

Gustavo Zagrebelsky

 

non casualmente così si esprime proprio un grande costituzionalista come zagrebelsky, ex presidente emerito della corte costituzionale ( in foto nella toga), intervistato per la stampa.it da cesare martinetti in occasione dell’apertura della terza edizione di “biennale democrazia”, seminario-occasione di studi e dibattiti sulla democrazia, animata proprio da gustavo zagrebelsky e pietro marcenaro, a proposito dell’art 67 della costituzione, che così recita testualmente…

Art. 67.

Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato.

quindi rappresenta l’intero popolo italiano e non solo chi lo ha eletto come parte politica, sebbene troppo spesso si tenda a “rinchiudere” il ruolo dell’eletto nella parte politica con egli è stato eletto, con ciò intendendosi che gli interessi da tutelare devono essere quelli del popolo italiano tutto (nazione) e non solo di quella parte di riferimento che astrattamente si definisce in un partito e nei suoi elettori (e qui dovremmo fare una disamina coerente su quanto i partiti possano, vogliano e nei fatti rappresentino ancora interessi di classi e gruppi sociali, ma ovviamente finiremmo troppo lontano)…

e proprio per questa sua natura di rappresentante del popolo italiano, l’eletto esercita la rappresentanza attraverso le sue funzioni precipue senza un vincolo di mandato che lo leghi ad uno specifico comportamento di parte (o partito) o ad un codice etico prefissato che indichi in fieri quali saranno i suoi atti rispetto all’esercizio concreto delle sue funzioni di rappresentante…

attenzione, non stiamo parlando di lana caprina, facendone materia giuridica astratta, ma parliamo di qualcosa di molto concreto che ha ricadute dirette sulla stessa democrazia…la libertà dell’eletto di fare anche in contrasto alla parte politica in cui egli è stato eletto, quando egli ravvisi la necessità di operare diversamente e liberamente anche in contrasto con la parte in cui pure egli è stato eletto…

questo articolo della costituzione italiana fu concepito per garantire la più ampia libertà di espressione ai membri del parlamento italiano, dopo un periodo, quello fascista, in cui il parlamento era stato ridotto al ruolo di “confermatore” di scelte prese altrove, nelle stanze del duce e della sua ristretta cerchia, e fu concepito nell’assenza di ogni altra forma di tutela della libertà di giudizio dell’eletto che non fosse proprio il prevedere espressamente che non esistesse alcun  vincolo all’esercizio del mandato che non fosse il senso di responsabilità personale dello stesso eletto che ritrovava così una sua  dignità di operare liberamente e secondo coscienza, prima negata dalla coercizione di un vincolo stretto di osservanza…

quindi la statuizione è che l’eletto non deve nelle sue funzioni concrete far riferimento altro che alla propria libera coscienza, e non a decisioni imposte dai partiti (segreterie e gruppi dirigenti) o gruppi lobbystici che determinino le scelte dei partiti in determinate materie oggetto del loro interesse, ma anche a quelle “furie popolari” che, pur trovando ragione per l’espressione stessa della protesta, quasi mai indicano percorsi ragionevoli, finendo per invocare  forche (reali o immaginifiche) o  soluzioni demagogicamente “urlate”…

il rappresentante dovrebbe quindi decidere il suo comportamento sul difficile equilibrio esistente tra la sua coscienza e quindi libertà di giudizio (che per la costituzione sono i caposaldi primari su cui fonda lo stesso articolo 67) ed il mandato popolare ricevuto (che è dante causa della stessa elezione di quel rappresentante)…tutto starebbe quindi a mantenere proprio quell’equilibrio fondato sul senso della responsabilità che farebbe da perno tra l’interesse di parte e gli interessi generali..

ora chiaramente qualsiasi discorso sulla libertà degli eletti non può non passare sia attraverso la considerazione che è stato proprio il porcellum, il sistema elettorale che ci è stato imposto nel 2005 e che di fatto, bloccando le liste alle decisioni delle segreterie dei partiti, svincolandole dalla scelta del popolo verso un candidato, ha legato sempre più l’eletto alla parte che gli permetteva l’elezione, condizionandone le scelte, sia attraverso la considerazione che “umanamente” il livello medio di dignità degli eletti è calato vistosamente, sino a permettere un vero e proprio abuso di quell’assenza di vincolo di mandato che è stato indegnamente rappresentato da alcuni vistosi “cambi di casacca” che hanno fatto gridare allo scandalo…

ma gridare allo scandalo non dovrebbe portare a mettere in discussione il principio, come pure si concretizza oggi in alcune discussioni che vorrebbero i parlamentari ridotti al ruolo di meri “portavoce” e la democrazia parlamentare (indiretta o rappresentativa) superata da un concetto di democrazia diretta che lascia molti dubbi sui reali intenti di chi la propone (grillo) e dei luoghi nei quali essa dovrebbe esistere (la rete)…

in un articolo precedente (http://www.comitatonooilpotenza.com/?p=6704) abbiamo discusso delle forme democratiche, seppur in un più ampio discorso che riguardava il sistema elettorale ed una nostra proposta in merito, citando come principali forme la democrazia parlamentare (indiretta o rappresentativa) e la democrazia diretta (l’agorà), la prima comune a tutti i paesi democratici, pur nella differenza di forme locali, la seconda appartenente o ad epoche storiche differenti (grecia classica) o a contesti storici particolari (la comune di parigi, la rivoluzione sovietica) o a realtà troppo piccole per essere portate a confronto con le grandi democrazie liberali (alcuni esempi in svizzera e in alcune comunità tribali), assistendo in questi particolari contesti storici ad alcune forme di dipendenza totale dell’eletto rispetto al corpo elettorale (il cosiddetto mandato imperativo)… 

ricordiamo che il mandato imperativo in diritto costituzionale è una figura giuridica secondo la quale chi viene eletto in un organo di rappresentanza (es. il parlamento) è direttamente responsabile nei confronti dei suoi elettori ed ha il dovere di conformarsi alla loro volontà, fino a poter essere revocato in caso i suoi comportamenti siano collidenti con la volontà espressa dal popolo appunto in un mandato, un recinto nel quale l’agire dell’eletto è delimitato, e ricordiamo anche che il Consiglio d’Europa lo ritiene un requisito inaccettabile per uno stato democratico…