i prigionieri della striscia…nè con hamas, nè con israele, ma con loro…

il gioco al massacro pare dover ripartire quindi e riparte dopo la rottura di una tregua unilaterale, stabilita dal gabinetto di guerra israeliano, che prolungava la tregua bilaterale di altre 24 ore dopo la scadenza del primo termine e del secondo che scadeva appunto alle 24 di ieri…

e riparte perché hamas non accetta il prolungamento della stessa tregua non negoziata e spara razzi e colpi di mortaio su israele che immediatamente riprende le operazioni…ed a vederla così sembra proprio che siano i brutti, sporchi e cattivi di hamas a volere che il buon esercito di sion riprenda il suo massacro quotidiano, ma forse la cosa, come tutte le cose del medio-oriente, è più complessa di quanto appaia…

forse, avendo stabilito e dando per certo che hamas sia un’organizzazione di giocatori di scacchi sulla pelle del loro stesso popolo (cosa della quale sono più che sicuro), ragionando militarmente (e purtroppo sono loro, i contendenti, che ci abituato a simile pensare) il prolungamento della tregua da parte di Israele era però alquanto “peloso”, poiché se in nulla diminuiva la pressione di israele stesso nella striscia di gaza che continuava le sue operazioni, la tregua consolidava il suo esercito nelle posizioni raggiunte pur senza sparare nel mucchio e metteva hamas in pericoloso stallo difensivo – per usare una immagine sportiva è come se un pugile dopo aver atterrato il suo rivale se ne rimanga ad incombere minaccioso di riprendere a picchiarlo su questo, piuttosto che essere allontanato dall’arbitro che così concede una chance di ripresa al pugile caduto…militarmente quindi il prolungamento della tregua danneggiava hamas e consentiva ad Israele di “far riposare” una opinione pubblica interna meravigliata dall’alto ed inedito numero di perdite tra i suoi militari (tanto per ricordare nell’operazione piombo fuso le perdite di militari israeliani si sono fermate a 10 caduti), bloccando comunque hamas in ogni movimento riorganizzativo che sarebbe stato stigmatizzato subito come offensivo, dando origine a risposte israeliane…

ma è l’effetto politico il punto che Israele intendeva raggiungere, da un lato “concendendo” una tregua non negoziata, quindi che non comportava un riconoscimento politico ulteriore di hamas come controparte e non dava origine a quelle condizioni di trattativa con la stessa hamas che pure gli sforzi di kerry, segretario di stato usa, postulavano, dall’altro sapendo che se hamas non avrebbe potuto fare altro che romperla (apparendo all’opinione pubblica internazionale e soprattutto interna quasi una resa accettarla, ciò implicando inoltre una sorta di sconfitta dei pochi alleati esterni che hamas può ancora contare nello mutevole scacchiere medio-orientale), dall’altro apparendo ora Israele “costretto” a rispondere alla violazione della stessa tregua (e che in realtà non era una violazione, non essendoci stato alcun accordo) e così uscendo dall’immagine di ferocia con cui giocoforza l’immagine dello stato ebraico si era vestita, pur nei tanti più o meno ipocriti distinguo su un diritto all’esistenza ed alla sicurezza che “giustificano” una reazione tremenda pur in assenza di una minaccia concreta tale da poter essere davvero distruttiva in un panorama attuale in cui Israele non è mai stato meno minacciato nella sua storia…

e vorrei a tal proposito ricordare che per diversi motivi mentre sia siria, che libano, che giordania ed egitto sono stati completamente disinnescati come entità statali “nemiche” dell’esistenza dello stato di Israele (cosa che però non deve far dimenticare l’esistenza di frange oltranziste che farneticano ancora della distruzione di israele stessa), l’iran non ha alcun interesse strategico oggi a ficcarsi in un vicolo cieco sostenendo hamas, proprio mentre si allenta la tensione internazionale sul suo potenziale nucleare…

rimane però oltre la strategia e la tattica militare e geo-politica, oltre le considerazioni strettamente di immagine in cui pure occorre si veda un conflitto che scorre comunque sotto gli occhi del mondo, il problema di un popolo, quello di gaza, a cui la giornata di ieri era servita per respirare ed a cui tocca ancora riprendere però l’apnea terribile di una sopravvivenza impossibile sia nel contesto immediato dei bombardamenti e dell’impossibilità di trovare alcun rifugio sicuro in un luogo che risulta avere una delle massime densità abitative del mondo, sia nel contesto consolidato di un embargo e di un blocco dei valichi di frontiera che dura da 8 anni, tranne che per le poche e sempre molto trattate spedizioni umanitarie gestite da u.e. ed onu, che renderebbe la vita impossibile a chiunque, se pur vita può chiamarsi quella di un qualsiasi “prigioniero della striscia”…chiedetevi allora se i tunnel servivano solo per le “spedizioni” di hamas o se non servissero anche e soprattutto per quel contrabbando che arricchiva anche molti frontalieri israeliani ed egiziani, ma che di fatto era uno dei pochi e molto costosi canali di rifornimento di viveri e medicinali…

e così se la ragione spinge a vedere più in profondità di ciò che accade, ponendosi domande e tentando di darsi risposte che non siano nella sola emozione, l’emozione stessa però non può essere confinata oltre lo schema razionale, ingabbiata e resa sterile dalla speculazione intellettiva…e quell’emozione, quella si sapere che riprendono morte e terrore per gli abitanti di gaza, chiunque le procuri, non può che non riempire il cuore di mestizia per le sofferenze degli ultimi tra gli ultimi, sofferenze che spero ardentemente possano presto cessare sia nell’immediato di un cessate il fuoco, sia in quel contesto di accordo internazionalmente garantito e nel quale tutte le controparti si riconoscano in quanto tali e possano dare origine all’unica via possibile per la pace, quella del riconoscimento reciproco e duraturo di due popoli in due stati che pure al fatah, la fazione-partito che fu prima di arafat ed oggi di abu mazen, si era impegnata ad accettare ed aveva accettato sin dagli accordi di oslo e dalla stratta di mano tra rabin ed arafat…

e nel mentre il contesto di una opinione pubblica si legge anche dalle foto e quella che pubblico è una foto emblematica, il tatuaggio di un militare che riporta i confini di uno stato di israele dove non esiste neppure la west bank, oltre gaza,

 un pensiero questo sempre più radicato in una opinione pubblica israeliana che alcuni sondaggi danno quasi per intero favorevole all’azione militare su gaza ed al suo prolungamento fino alle più estreme conseguenze (e che un po’ sono proprio quelle di quei confini dopo la guerra del ’67), voglio continuare a gridare il mio amore per il popolo palestinese che soffre dal 1948 e di cui questa di gaza è un’altra pagina dolorosa di un libro che spero venga chiuso al più presto per ricominciare a scriverne un altro, quello della pacifica e serena convivenza tra due culture meravigliose, eppure oggi schiacciate da estremismi guerrafondai che pongono il conflitto perenne ad affare irrinunciabile, dal cui incontro fattivo ed includente non potranno che nascere spinte meravigliose per la crescita civile, economica e culturale del medio-oriente tutto…

e così IO STO con i prigionieri della striscia e con la speranza, né con hamas, né con Israele!!!

miko somma

 n.b. e per chi avesse voglia di approfondire il casus belli, la morte dei tre ragazzi israeliani barbaramente trucidati, vi consiglio al link questo interessante articolo del manifesto che apre prospettive davvero inedite su questo massacro e su chi lo ha ordinato e per quali motivazioni…

http://ilmanifesto.info/attacco-preordinato