Comunicato stampa di Comunità Lucana – Movimento No Oil

I veri costi della politica

  

Quando si parla di riduzione dei costi della politica l’argomento prende sempre una via che conduce da un verso al populismo di chi dovrebbe praticare su se stesso e le proprie prebende tagli più o meno sensibili, ed ovviamente utilizza l’argomento stesso come elemento di propaganda, dall’altro alla visceralità di un sentire popolare che individua il “politico” come causa di un male.

 

Dibattere sulla riduzione degli stipendi dei politici e sul costo della politica è però cosa doverosa in un momento congiunturale che impone sacrifici ai cittadini, sacrifici che dovrebbero essere “spalmati” in modo equo, ma il tema impone una chiarezza che pare non esistere affatto.

 

Se infatti sono giuste prerogative costituzionali, memori del fascismo e delle sue abolizioni del ruolo di Parlamento e parlamentare, a permettere al Parlamento stesso di definire il proprio fabbisogno, fu in seguito stabilito che erano sulla base dello stipendio del parlamentare da stabilirsi una serie di correlazioni percentuali a questo per individuare non solo gli stipendi dei rappresentanti democratici locali, ma di tutta una serie di alti funzionari dello Stato, dai generali ai diplomatici e via discorrendo.

 

Un esempio certo di costo della politica a cui aggiungere una serie di categorie, dagli enti inutili alle spese di trasferta e rappresentanza, che amplia la platea dei soggetti e delle tipologie interessate alle riduzioni dei costi, ma nessuno pare voler puntualizzare un aspetto importante nella considerazione delle voci che concorrono a rendere la politica italiana tanto onerosa – e ciò ovviamente al netto di considerazioni sulla sua efficacia e funzionalità, formale e sostanziale.

 

Nel nostro paese, quindi Basilicata compresa, fonte enorme di spesa è rappresentata dai maggiori costi degli appalti pubblici e delle forniture al settore pubblico allargato agli enti territoriali e non, rispetto alle medie europee, e di tale situazione imbarazzante cogliamo a titolo di esempio la Salerno – Reggio Calabria, così come l’Alta Velocità, ma è purtroppo qualunque opera pubblica a veder costi viziati per percentuali imbarazzanti sia di maggiori oneri iniziali, sia di maggiori oneri intervenenti in corso d’opera con le pratiche note delle varianti.

 

Di tali maggiorazioni, almeno per ciò che attiene le infrastrutture potremmo anche individuare nella particolare conformazione territoriale la causa di qualche punto percentuale che lievita sulla base delle comparazioni in sede europea, ma è verità nota a tutti che tali maggiorazioni di costi sono viziati sia dal fenomeno delle tangenti che vorremmo considerare patologia al sistema e non triste fisiologia, evento delittuoso la cui sanzione è nella Legge e nella sua applicazione, sia dal fenomeno di quelle continue richieste “particolari” di variazioni o modifiche dell’opera stessa, per soddisfare le “richieste del territorio”, come spesso vengono chiamate quelle esche clientelari localmente assai diffuse sia per la gestione elettorale supposta legata alla fruizione di quella stessa variazione, spesso del tutto inutile quando non dannosa, sia per altre “gestioni” legate all’esecuzione di stralci da parte di ditte locali, entrambe spesso concause che costano alla collettività enormi maggiorazioni degli importi finanziati dalla fiscalità generale. Cifre da far impallidire qualsiasi manovra finanziaria.

 

Ma nonostante gli effetti di tali concause sulle finanze pubbliche italiane, regionali, comunali, ben pochi denunciano le lievitazioni dei costi delle opere pubbliche, delle loro gestioni e delle forniture come il vero costo della politica, preferendo piuttosto agitare la demagogia della riduzione degli stipendi di parlamentari, consiglieri, manager e grand commis di stato o di enti locali, in un teatrino delle apparenze che non tocca mai il vero vulnus della politica italiana, la commistione cioè tra interesse pubblico ed interessi privati, in una deviazione di prevalenza degli stessi verso il privato.

Prevalenza che sfocia naturalmente nel malaffare quotidiano ordito cronicamente tra rappresentanza politica, malti funzionari e grandi affari, come avvenimenti recenti stanno a dimostrare.

 

Si potrebbe parlare allora di una moralità assente nella politica o di carenza di senso delle istituzioni tra i grandi funzionari e magari invocare una deontologia che è il mondo dei grandi affari a rigettare ab origine, come utopia o limitazione di una libertà di autoregolamentazione del mercato che non è davvero lecito poter affermare esista viste le cose, ma sfoceremmo probabilmente nel demagogico.

 

Sia chiaro però – e mi rivolgo a quanti animano il dibattito sui costi locali della politica che saremo costretti finalmente ad analizzare visti i minori trasferimenti dallo stato che ci aspettano –  che fino a quando la politica utilizzerà la logica populista di risparmiare sulla più apparente spesa corrente, senza toccare invece quella spesa per investimenti che troppo genericamente viene tollerata nei suoi vertiginosi costi, nulla di definitivo potrà essere scritto alla voce “minor costo della politica”.

 

La si smetta di invocare il “ritorno” di ogni euro investito dal pubblico nell’economia totale, poiché un euro di maggiorazione del costo di un appalto o di una fornitura o di una consulenza inutile, è un euro rubato da un sistema onnivoro ed autoriproduttivo. E chiunque muove perché ciò accada è un ladro!

 Miko Somma, coordinatore di Comunità Lucana – Movimento No Oil