Com. stampa di Comunità Lucana-No Oil verso il partito della Comunità Lucana

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Il tramonto

  

All’abbassarsi del sole capita che a volte i nani guardino la propria ombra allungata dalla luce radente  di un tramonto e si sentano giganti, giudicando così se stessi non per la loro reale altezza, ma per la proiezione di questa sul terreno. Citazione questa che se qualche attento osservatore potrà facilmente collocare in nobili discorsi sulla politica e sull’etica della stessa, serve solo ad incipit di un discorso che tocca da vicino la nostra terra, il suo sistema di poteri e la realtà di questi tempi difficili.

 

 

Stiamo assistendo già da qualche giorno a bizzarre manovre di palazzo che, anche nelle pieghe dei media, sembrano preludere al “rimpasto” di giunta dato da molti come sottinteso ad un allargamento di maggioranza a sostegno della giunta regionale in quota semi-terzopolista con l’aggiunta alla variegata composizione della stessa dell’intergruppo costituito dai Consiglieri Mollica (MPA), Navazio (Io amo la Lucania) e Falotico (non ricordo più la sigla che rappresenta), intergruppo che esprimerebbe per il momento un assessore in fieri (pare lo stesso Mollica all’ambiente o all’agricoltura).

  

Considerazione forse banale sarebbe chiedersi come mai si senta tale necessità in presenza di quella netta maggioranza uscita dalle urne alle passate consultazioni regionali, se non in relazione a guerre di bande o fronde interne al partito di maggioranza relativa indispettite dalla gestione monocratica del governo regionale che il presidente della giunta impone, bypassando spesso il consiglio regionale, e dell’invadenza di udc ed idv che pretendono quelle nomine di sotto-governo che corrisponderebbero a minori quote di relative nomine proprio per le affamate correnti interne del pd e per i loro alleati.

  

Non volendo esser dietrologici, se confermate le voci che corrono tra via Verrastro e qualche pizzeria, rinforzate da sibillini comunicati stampa, la supposta nuova maggioranza a sostegno della giunta non corrisponderebbe più al sostegno elettorale espresso alle scorse consultazioni (quindi alla volontà del popolo), aprendo così la strada a esperimenti surrettizi di governo che prescindono da quella scelta ed aprono a Roma, come qui, domande sui limiti etici della rappresentanza nell’esercizio del potere.

  

Il presidente De Filippo ci ha già mostrato nella scorsa consiliatura come sia possibile in quella allegria semidivina che par divertire solo lui e la sua corte di “sviluppisti idrocarbur-confindustriali”, comporre e ricomporre giunte a proprio personale diletto per la continuazione del proprio potere, in una sistemica revisione continua sia della volontà popolare, sia delle logiche che dovrebbero legarla ai programmi e alla coalizione di forze che li esprimono.

  

In altri termini, se la maggioranza è salda, il bisogno di allargare la coalizione a cosa è dovuto se non a quei giri di valzer dove la partitura scritta è la consacrazione del modello consortile, ma il movimento orchestrale è l’auto-incoronazione a “imperatore democratico” del presidente?

  

E ciò che viene a determinarsi in conseguenza non è tanto la solita rimessa in gioco di equilibri fondati sull’acquisizione di postazioni di e da cui gestire consenso nel gioco della politica locale in continuità e sintesi con il sistema consortile, ma la definitiva vittoria di un modello post-feudale sposato alla logica del governo personale ineludibile ed indiscutibile di un uomo forte o presunto tale. Appare strumentale a ciò persino quel ricorrere a proclami patriottardi di stringersi a coorte per affrontare i temi scottanti di una crisi che nelle marginalità economico-geografiche meridionali morde più che altrove, mentre forse il senso del richiamo sarebbe parso meno ipocrita se formulato con un “stringiamoci a corte”, la corte dell’imperatore appunto.

  

Ed è a tale corte che si stringono ora pezzi di un dissenso che appare sempre meno legato a differenti presunte proposizioni programmatiche con cui si chiedono voti per la propria parte e sempre più alla relazione corta che consente ingresso e godimento degli agi di corte, nell’inversione di quella stessa relazione corta con cui si “stringe” il consenso popolare alla relazione di comodo con la politica locale.

  

Così se che Luigi XIV soleva dire “lo stato sono io”, da noi s’udirebbero ben più rustiche declinazioni al vernacolo, mentre qualcuno rimira la propria ombra allungarsi al tramonto di una regione in svendita.

  

Miko Somma, coordinatore regionale di Comunità Lucana-Movimento No Oil