Young Zulu Kid- Giuseppe Di Melfi

pubblico con il permesso dell’autore la versione integrale dell’articolo di leonardo pisani su young zulu kid, un pugile di origini lucane che la storia della nostra regione ha dimenticato, semmai lo avesse mai ricordato…continua così il ciclo di articoli di leonardo sulla grande boxe declinata alla lucana…

Young Zulu Kid- Giuseppe Di Melfi

  

  

dalla natia Anzi a star mondiale del pugilato (VERSIONE INTEGRALE)

 

 

Strana categoria quella dei pesi mosca, nonostante i grandi campioni che ha avuto, è sempre bistrattata forse perchè questi piccoli boxer non suscitano nell’immaginario sportivo le emozioni dei colossi come i massimi; Tyson lo ricordano tutti, anche l’americano d’Abruzzo Rocky Marciano è ricordato per la sua potenza o il mitico Carnera, gigantesco un tempo simbolo dell’Italia che conquistava il mondo dall’alto dei suoi 205 cm che ancora nel nostro tempo gli dedicano una fiction.

 

 

Strana categoria anche perchè i mosca naturali agli inizi del pugilato moderno erano pochi, la maggior parte furono atleti ancora giovani in attesa di irrobustirsi per passare alle categorie superiori. Infatti, la categoria arrivarono ai giochi olimpici – tranne la parentesi solo statunitense del 1904- nelle olimpiadi di Anversa nel 1920 quando vinse l’oro l’italo-americano Frankie Gennaro.

 

 

Prima del boom con l’arrivo di messicani, coreani, tailandesi i mosca erano pochi rispetto alle categorie superiori anche perchè si guadagnava poco e allora il denaro rifluiva sopratutto dalla scommesse. Un titolo bistrattato nelle grandi arene americane ma riconosciuto in Europa dove se ne appropriò uno dei più grandi boxer della storia Jimmy Wilde, il gallese dal pugno devastante che vince ben 100 incontri per ko sui 130 vinti.

 

 

Allora negli Usa si accorsero di quel “minuscolo titolo” e si decise di ufficializzarlo con un incontro tra il bomber suddito di sua Maestà Britannica e il  migliore peso  mosca americana del momento Young Zulu Kid. Ma in quel primo titolo ufficiale disputato nel Holborn Stadium di Londra c’è tanta lucania, in quel piccolo campione che pur sconfitto all’11 round mise in difficoltà Wilde.

 

 

Un soprannome pittoresco tanto che nel periodo della bella epoque del pugilato traeva in inganno, lo stesso giornale The Day nell’edizione del 21 aprile 1917 precisava “Young Zulu Kid is not colored boy” .

 

 

Era l’America che non ancora voleva campioni del mondo di colore e per il sopranome esotico del pugile di Brooklyn poteva essere scambiato per un “nero”. Il quotidiano americano avverte che è bianco, anzi precisa che è nato in Italia “near Naples” vicino Napoli ed è forte molto forte anche se aveva perso il mondiale dei mosca contro Jim Wilde ma aveva pareggiato e sconfitto il fortissimo Paul Moore ed un eroico pari con campionissimo Pete Herman ( Peter Gullotta) uno dei più forti pesi gallo di tutti tempi.

 

 

The Dayle elogia il piccolo pugile ma tra le righe fa capire che non è un americano puro, è arrivato in Usa a tre anni da una località incerta dell’Italia vicino alle pendici del Vesuvio su un piroscafo nel periodo della grande emigrazione.

 

 

Young Zulu Kid era lucano e si chiamava Giuseppe Di Melfi, nato ad Anzi il 22 aprile 1897 in Via Lilio al n.15 da Domenico e Rosa Valentino. Poi tutta la famiglia Di Melfi ( Domenico, Rosa, Giuseppe e la piccola Rosa di 3 anni) emigrò negli Usa, nel 1904 con la nave Nord America salpata da Napoli.

 

 

Le tracce si trovano ancora ad Ellis Island: Il passenger record del futuro campione è il numero 0020 del 17 marzo 1904 è riporta due errori, il nome trascritto Guiseppe e il paese d’origine AUZI, la u al posto della enne: nella bella grafia italiana dell’epoca si usavano anche le n e le m rovesciate.

 

 

Young  Zulu Kid fu un campione, autentico cui mancò solo un titolo ma rispettato ed ammirato da tutti. Ricordato da molti storici della boxe come un picchiatore e combattente indomito, Charley Rose addirittura lo pone al n. 10 dei pesi mosca più forti di tutti i tempi. In Italia salvo qualche raro caso si è completamente dimenticati di lui eppure ha combattuto più di 132 incontri ufficiali contro i migliori pesi mosca e gallo dell’epoca; in un periodo che il filosofo Alexis Philonenko nella sua Storia della Boxe definisce la “Belle  Epoque”, quando esistevano due circuiti del pugilato quello ufficiale con i quantoni e quello della boxe popolare, che si combatteva in prati, magazzini senza categorie di peso, senza guantoni e si usvano anche prese di lotta e calci.

 

 

Un esempio pur se romanzato nel film L’Eroe della Strada (1975) dove Charles Bronson fa combatte nella boxe popolare. A vedere il record sportivo di Giuseppe di Melfi si incrociano i più gradi mosca, gallo e pesi piuma dell’epoca: Wilde due volte con un non decision, poi Jackie Sharkey, Johnny “Young” Solzberg, Joe “Young” Tuber and Red Watson, autentici assi del ring. . Perde e pareggia con il favoloso Pete “Kid” Herman, blocca sul pari “Memphis” Pal Moore, Eddie Coulon, Frankie Mason e “Dandy” Dick Griffin.

 

 

Nel 1916 batte il campione mondiale dei gallo Monte Attel, secondo alcuni giornali dell’epica disputa nello stesso anno il 14 marzo anche il mondiale gallo con un No Contest (senza decisione) contro il detentore Johnny “Kewpie” Ertle.

 

 

Il piccolo anzese fu un boxer indomito, minuscolo anche per la sua categoria- appena 150 cm- affrontò tutti i migliori riuscendo ad essere per oltre 12 anni tra i primi dieci della classifica mondiale in un periodo dove molti incontri erano decisi tramite i “newspaper decision” ovvero i verdetti della stampa specialistica che presente a bordo ring stabilivano il verdetto.

 

 

Il giornalista e storico della Boxe Tracy Callis, un estimatore dell’ercolino lucano nel delinearne la carriera oltre a far risaltare che ha battuto i migliori del suo periodo sottolinea che ha combattuto troppo anche quando doveva appendere i guantoni al chiodo. Ma appunto era la bella epoque, quando le borse erano basse per le piccole categorie e ci doveva combattere spesso, anche in sfide private o clandestine senza stare a guardare contro chi e quale fosse il peso.

 

 

A Giuseppe Di Melfi come a tanti emigrati dell’epoca, oltre alle difficoltà di imparare lingua ed usanze diverse, vi era la lotta della sopravvivenza, il piccolo gigante di Anzi, a Brooklyn divenne una stella seguitissimo dalla stampa perchè aveva uno stile aggressivo e spettacolare da essere soprannominato the Fighting Newsboy, di certo non temeva nessuno e affronto chiunque: un vero re senza corona e un pugile di livello mondiale che fa onore allo sport italiano ed alla sua Basilicata.

 

leonardo pisani