Comunicato stampa di Comunità Lucana

questa nota stampa non è stato inviata al sito istituzionale di basilicatanet, visto quanto già da noi espresso circa l’opera di confusione che puntualmente viene messa in atto o per imperizia (e ci può stare visti i criteri) o per cosciente manipolazione bulgara (cosa molto più probabile) delle affermazioni dei comunicati, il cui senso non andrebbe distorto, ma semmai solo adeguato alle esigenze di spazio concessogli in ciò che dovrebbe essere una sorta di rassegna dei comunicati inviati

tale attività riprenderà solo a seguito delle scuse ufficiali del sito basilicatanet

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Il Don Uva ed i manlevanti di via Anzio.

 

Mallevare (o manlevare), in sostanza “levare il male”, come alcuni dalla più spiccata cultura giuridica conosceranno, significa farsi garante per l’altra parte, tenerla indenne dalle responsabilità e richieste di quanto, a qualsiasi titolo, dovuto a terzi e non onorato con il pagamento, e nella riunione del 13 u.s. del Consiglio Regionale è andata in scena una teatralizzazione di questa figura giuridica applicata alla grave situazione del Don Uva di Potenza.

 

Senza voler ricostruire l’intera vicenda nella sua lunghezza, per la notorietà che essa ha acquisito, per la necessità di trovare una soluzione a questa penoso stallo in cui i 450 lavoratori della filiale potentina dell’istituto foggiano sono incappati, in sintesi diremo che con legge regionale la Regione Basilicata, mandante di un affidamento alla struttura sanitaria de quo e visto il silente comportamento aziendale, nelle more di una procedura fallimentare presso il tribunale di Foggia, e costretta dalle più che giuste dimostranze dei lavoratori stessi ad assumere una decisione già rinviata da tempo, pone in essere un provvedimento legislativo in modo alquanto bizzarro ed in odor conclamato di illegittimità formale sia alle leggi ordinarie che alla carta costituzionale, come ricordato da alcuni consiglieri di minoranza.

 

L’assessore e vari consiglieri di maggioranza in risposta presentano come un rischio sempre presente quello di una bocciatura della corte e tale comunque da doversi procedere, vista una palese urgenza verso i lavoratori, ad una sua approvazione senza quelle migliorie sulla stesura del testo stesso tali da metterlo più al sicuro dal rischio di bocciatura, quasi non fosse un obbligo del Consiglio Regionale di dover provvedere alla migliore e più corretta formulazione dei propri atti legislativi, in una qualità della produzione formale e sostanziale dei propri atti che non è materia secondaria in un assise legislativa.

 

Nello specifico della proposta formulata ed approvata senza alcun ausilio tecnico-legislativo in forma di parere dell’ufficio legale della Regione – che pur anche a questo dovrebbe servire – letto in aula o comunque reso noto ai consiglieri prima del voto stesso, si da sostanza alla strana bizzarria di un ente pubblico affidante un servizio, il servizio di lungodegenza, hospice, etc, affidato e svolto presso il Don Uva di Potenza nella sua struttura fisica, ad una società privata che non onora più i suoi obblighi verso i dipendenti, ente pubblico che in seguito alla violazione di un accordo privato tra terzi, l’azienda ed i suoi dipendenti, manleva, assume cioè su se stessa obblighi che sarebbero dell’azienda, rivalendosi sul pretium della prestazione contenuta nell’affidamento stesso.

 

Con ciò però l’ente pubblico, nel configurare una “fatto” legislativo “ad personam”, travestendolo di un manto di universalità facile a smascherarsi, non solo contraddice alcuni principi del diritto, quello che la legge regola sempre in astratto le fattispecie concrete e quello che la legge non è mai retroattiva nei suoi effetti tranne casi di eccezionalità, ma viola in primis il codice civile che dona valore giuridico alla mallevadoria solo in presenza di accordi formali tra le parti, in secundis la ragione stessa che in simili casi vorrebbe distaccate la necessità di trovare una soluzione più che dovuta dalla tecnica con cui la soluzione stessa viene trovata e resa efficace.

 

Trovata però una soluzione che consente alla regione, sulla base di alcune prassi e circolari legate ai lavori pubblici, quindi al contratto di appalto e fornitura tutte ancora da verificarsi nell’applicabilità alla figura della somministrazione, di surrogare senza titolo l’azienda nel pagamento degli stipendi, se si risolve nell’immediato il problema dei lavoratori, ci si espone, oltre il succitato rischio di bocciatura da parte della Consulta su un ricorso ovvio e dovuto del Consiglio dei Ministri, al rischio di una procedura civile da parte dell’azienda in base all’impossibilità per la regione di decurtare dal prezzo del contratto, il valore degli arretrati degli stipendi maturati sulla base di un rapporto terzo al contratto da cui origina il prezzo stesso della prestazione.

 

Ed in un caso del genere, una condanna del tribunale civile obbligherebbe la regione alla restituzione delle somme all’azienda, ed alla necessità per la regione di provvedere al recupero delle somme già versate ai lavoratori, pena l’avvio di una procedura di danno erariale per un pagamento non sorto per una obbligazione contratta.

 

Ovviamente il sottoscritto apprezza che si tenti comunque una soluzione per i lavoratori del Don Uva, anche coscienti del rischio tecnico legato a simile procedura, ma non può astenersi dal criticare forma e sostanza di un provvedimento di cui già i proponenti intuiscono la fine e che potrebbe portare ad un ulteriore sofferenza per i lavoratori già esasperati e sin qui anche troppo civili nella richiesta di una soluzione che, in base a quanto approvato, rischia di essere solo uno spot elettorale per i prossimi appuntamenti, siano essi le elezioni nazionali che le regionali e naturalmente le prossime elezioni comunali a Potenza.

 

Potremmo sbagliare, sia chiaro, ma riteniamo che la migliore, forse unica soluzione, sarebbe stata la rescissione dall’affidamento sulla base della violazione degli obblighi derivanti dall’applicazione dei Contratti Collettivi Nazionali e dal possibile nocumento alla correttezza del servizio erogato dalla esistenza di gravi contrasti lavorativi attivi, rescissione che attivando l’immediata messa in fallimento dell’azienda, avrebbe consentito ai lavoratori, i cui stipendi sono credito privilegiato nella procedura, o la messa a disposizione del pretium erogato all’azienda dalla Regione Basilicata con l’autorizzazione del curatore fallimentare, o, consentendo il prosieguo della procedura fallimentare l’affidamento della struttura potentina al servizio sanitario regionale lucano, sia la continuazione del rapporto lavorativo e della prestazione sanitaria sino a nuova gara, sia il soddisfacimento delle somme arretrate dovute ai dipendenti sulla base di un “fitto” che la regione sarebbe tenuta a versare al curatore per l’esercizio della prestazione.

 

Ma i manlevanti di via Anzio hanno deciso altrimenti, meglio uno spot elettorale che una soluzione.

 Miko Somma, segretario regionale di Comunità Lucana