Comunicato stampa

a partire da questo comunicato viene ripristinato con riserva (visti i precedenti) l’invio dei comunicati verso il portale basilicatanet

La necessità di un fronte comune

Dopo anni passati ad avvertire dalle pagine dei giornali che cortesemente mi hanno sempre ospitato,  nonostante la lunghezza dei miei interventi, dal mio blog che registra ogni giorno numeri sempre più crescenti di visitatori, o durante innumerevoli interventi pubblici, sui rischi di una “petrolizzazione” della nostra regione legati a più che evidenti manovre dei comparti lobbystici trasversali a tutti i partiti, non può non far piacere che finalmente l’opinione pubblica lucana cominci ad esser avvertita dei rischi che la nostra terra corre di fronte al principale dei “bocconi” che essa può fornire, gli idrocarburi.

Tralasciando le deliranti opinioni interessate di tal Chicco Testa che volta per volta diviene nuclearista o fautore della privatizzazione delle gestioni idriche, a seconda delle sue personale convenienze o dei bisogni che si “inquini” il dibattito pubblico con interventi mirati a creare divisioni nell’opinione pubblica (oggi ritroviamo il soggetto in questione nel board di amministrazione di una vecchia conoscenza della ricerca di idrocarburi nella nostra regione, quella Medoil gas che già fu protagonista del tentativo di riperforare il pozzo di Monte Grosso e qualcuno pur ricorderà il risultato del mio personale impegno contro quell’intrapresa tanto controversa anche in termini autorizzativi), la domanda che si pone è se sia maturata in questi anni la coscienza nei lucani che sugli idrocarburi ci sono troppi punti in sospeso o poco chiari per continuare ad assentire o a far finta che nulla accada o che, peggio, tutto vada bene.

E se per caso tale coscienza sia maturata, per ragionamento o piccolo leghismo brigantista-identitario poco importa, il punto dirimente è oggi come possa fare una piccola regione come la nostra, con i suoi piccoli numeri e la sua conseguente bassa rappresentatività, a impedire quella manovra accerchiante che da tempo si stringe intorno alla terra di Lucania ed ai suoi abitanti sulla risorsa degli idrocarburi.

Non ripeterò ora quanto ripetuto più volte in merito a come tale minaccia si concretizzi tra i progetti di riforma del titolo V della Costituzione (segnatamente all’art 117 ed alle materie di potestà concorrente tra Stato e regioni, tra cui la produzione, il trasporto e la distribuzione nazionale dell’energia), progetti spesso demagogicamente camuffati come necessità di un velocizzazione dei processi decisionali, ma che non nascondono il progetto di riportare in quota statale materie che, a torto o a ragione sono state delegate sin dal 2001, tra cui appunto proprio gli iter autorizzativi di permessi di ricerca e coltivazione di idrocarburi la cui approvazione/diniego, seppur nei limiti della legislazione, è competenza regionale.

Ritornerò ad una mia proposta della scorsa estate, frettolosamente forse giudicata la provocazione di un prossimo candidato, l’indizione di un referendum consultivo che ci dia il polso di ciò che pensano i lucani di una materia che non può esser più delegata alla sola rappresentanza politica.

E quando dico che non può esser più delegata alla rappresentanza politica, non intendo delegittimare le parti che finora in materia, anche trasversalmente rispetto alle maggioranze, hanno fatto esercizio di una potestà di indirizzo non sempre accorta o lungimirante, e neppure i singoli a ciò delegati per ruolo istituzionale, quanto cercare di fare comprendere quanto sia più una volontà popolare, espressa con il sapore netto di un quesito semplice, che i residui spazi di manovra legislativi che il percorso di riforma costituzionale lascia alla regione (o le relazioni ministeriali-politiche che qualcuno crede abbiano poteri taumaturgico-risolutivo o di tampone in attesa di tempi migliori), a costituire quel “fatto politico” di cui si abbisogna per tentare con quel “fatto” o di bloccare l’iter stesso di riforma sulla materia idrocarburi e mettere di fronte lo Stato alla volontà espressa da centinaia di migliaia di lucani, quindi italiani, con un voto popolare, volontà che non può essere prevaricata perché si desidera far cassa sulla risorsa.

Istituito un referendum consultivo la cui fattispecie legislativa è già presente in alcuni statuti regionali, la domanda da porre ai lucani potrebbe essere “fatte salve estrazioni a data attuale contrattualizzate, siete favorevoli ad ulteriori ricerche o coltivazioni di idrocarburi sul territorio regionale?”

Chiaro che simili iniziative postulano un fronte comune che deve andare oltre ogni recinto partitico o di corrente all’interno dei partiti, per ritrovare un’identità comune su un problema – altro che risorsa! – di cui non si può continuare a sorvolare con la leggerezza con cui finora si è ammansita una popolazione preoccupata, ma la cui informazione in merito è flebile e contradditoria e troppo spesso affidata o agli allarmismi di maniera od ai “tuttappostismi” di scuderia in cui finora è annegato ogni dibattito sereno.

Dibattito che posto allora intorno ad un quesito semplice forse chiarirebbe all’opinione pubblica chi è a favore della continuazione di quelle ricerche ed estrazioni che la riforma del titolo V, in combinato con la Strategia Energetica Nazionale, consentirebbero senza altro freno in tutta le regione, nella logica che a una ricerca di idrocarburi con esito positivo segue sempre una richiesta di concessione alla estrazione e coltivazione, e chi invece è contrario perché creda che la regione abbia finora dato troppo e ricevuto poco.

E la questione non è solo di quelle royalties così maledettamente tanto basse ed ancor peggio gestite finora, quanto di quale sia il futuro per questa terra oltre i rottamatori ed i rottamandi.

Miko Somma, Partito Democratico.