Comunicato stampa di Comunità Lucana-Mov.to No Oil verso il partito della Comunità Lucana

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Il gioco dell’oca

  

Leggiamo dal sito istituzionale dell’avvenuta audizione in commissione consiliare di inchiesta sui fatti di Fenice del direttore dell’ARPAB, Raffaele Vita, e leggiamo altresì della mancata presentazione della documentazione già richiesta e da consegnarsi già entro il 7 novembre e che nonostante fosse dovere dell’agenzia consegnare, non è stata ancora consegnata ala commissione, riservandosi il direttore la presentazione della stessa in una non meglio specificata data.

 

 

Non che nella commissione presieduta da Pagliuca risiedano eccessive speranze di accertamento di una verità che a rigor di logica non dovrebbe essere poi tanto diversa da quanto invece appare a tutti i cittadini, ma che quanto accaduto sia da ritenersi quantomeno “strano” in sede di rapporti istituzionali è considerazione persino superflua.

  

Come possa cioè il direttore di un’agenzia regionale sottrarsi all’obbligo di presentazione di documenti  richiestigli da oltre due mesi da una commissione istituita dall’organo di rappresentanza della volontà popolare, “riservandosi” di produrla in altro momento, non si è in grado di stabilirlo, ma appare uno dei tanti preoccupanti segnali della melassa che sta avvolgendo l’affaire Fenice e che se altrove – in uno dei tanti altrove con cui l’idea di democrazia nostrana dovrebbe confrontarsi –  avrebbe avuto più serie e gravide conseguenze, da noi si sta trasformando in un trastullo tranquillo da gioco dell’oca.

  

Dei fatti contestati ed originanti non già dagli arresti dei funzionari, ma dall’evidenza di inquinamento e di mancate comunicazioni al riguardo che hanno dato causa all’indagine di cui i due provvedimenti di custodia cautelare sono misure preventive volte alle ben note fattispecie per le quali essi intervengono nella disciplina della legge, il direttore ARPAB è sicuramente estraneo, non essendo egli indagato, ma per obbligo di ufficio e di mandato egli è tenuto ad assicurare la totale limpidezza non solo dell’operato della attuale gestione, ma anche degli effetti che dalla passata traslano alla presente, quali appunto gli obblighi di presentazione di ogni documentazione richiestagli per far luce su fatti e omissioni eventuali operate dalla precedente.

  

Cosa non avvenuta per non meglio spiegate motivazioni, ma che apre inquietanti risvolti in merito alla natura della sua presenza in una agenzia tanto delicata quale l’ARPA per sua intrinseca natura è. Se il direttore di ARPAB, cioè, non è in grado di assolvere ai suoi compiti, tra i quali, oltre a buona gestione dei monitoraggi (indicando con chiarezza se esistono carenze e quali queste siano) ed in genere delle attività istituzionali demandate all’agenzia, vi sono anche i resoconti documentali richiestigli, che se ne assumano le conseguenze politiche ed amministrative di un suo allontanamento immediato.

  

In altri termini, essendo il suo incarico lautamente ricompensato da inquadramento (riteniamo la cifra di euro 100.000 annui presumibile), in mancanza di corretta tenuta dello stesso, come da principi del pubblico impiego, che si manifesterebbero nell’inottemperanza di un obbligo di rendiconto delle attività istituzionali dell’agenzia, meglio sarebbe che più che la prassi delle dimissioni di cui sembra diventato inutile chiederne presentazione formale, si procedesse alla mozione di sfiducia verso lo stesso.

  

Avevamo chiesto in un incontro di quasi un anno fa al direttore Vita quel gesto di discontinuità rispetto alla passata gestione che riteniamo non sia mai avvenuta con chiarezza, discontinuità che avrebbe di fatto segnato un’importante inversione di tendenza nelle attività contestate dell’agenzia (si era anche in presenza di un funzionario poi soggetto ad indagini e misure cautelari) a riguardo proprio di qualità e quantità delle attività di monitoraggio. E naturalmente tra gli atti concreti c’è l’evidenza alla ragione di avvertire per tempo e dare spiegazione della impossibilità di fornire documentazione richiesta non già da associazioni ambientaliste o cittadini (in ogni caso da esperirsi), ma bensì da un organo ufficiale e nella totale pienezza del mandato di accertamento dei fatti ricevuto dal consiglio regionale.

   

Chiediamo così che il direttore Vita, ove non provveda a dimissioni, venga esautorato dall’incarico.

  Miko Somma, coordinatore regionale di Comunità Lucana-Movimento No Oil