Com. stampa Comunità Lucana-Movimento No Oil verso il partito della Comunità Lucana

a partire dal questo comunicato, non ne sarà inviata più copia al sito istituzionale di basilicatanet, vista l’opera di confusione che puntualmente viene messa in atto o per imperizia (e ci può stare visti i criteri) o per cosciente manipolazione bulgara (cosa molto più probabile) delle affermazioni dei comunicati, il cui senso non andrebbe distorto, ma semmai solo adeguato alle esigenze di spazio concessogli in ciò che dovrebbe essere una sorta di rassegna dei comunicati inviati

tale attività riprenderà solo a seguito delle scuse ufficiali del sito basilicatanet

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C’è da chiedersi come chiudere Fenice

  

Nella giornata di lunedì 23, siamo stati auditi presso la commissione consiliare di inchiesta su Fenice, ricalcandosi il quadro dei soggetti convocati presso la VIII commissione della Camera dei Deputati.

 

 

Nel ringraziare il presidente Pagliuca per l’ampia introduzione che ha chiarito i limiti della commissione e la specificità del suo ruolo nell’accertamento di ciò che non ha funzionato nelle relazioni istituzionali ed operative sull’inceneritore – chiamiamolo con il suo nome per rispetto della normativa europea che tali definisce questi impianti – il tutto volto all’acquisizione di dati utili a scongiurare in futuro il ripetersi di simili, sgradite esperienze, ci preme sottolineare la scarsità di consiglieri presenti all’audizione, fatti salvi il presidente ed il vice-presidente Benedetto, i consiglieri Singetta e Straziuso, ed in fase iniziale i consiglieri Navazio e Mollica che correttamente hanno salutato i presenti, ribadendo i motivi della loro non partecipazione ai lavori della commissione.

  

Ciò premesso a sottolineare scarso interesse dei consiglieri regionali da noi percepito, e che speriamo non stia a sottendere una non meglio espressa volontà dei partiti di riferimento di far calare un sudario sulla vicenda Fenice, nel corso di un intervento articolato abbiamo espresso come punto propositivo la necessità di procedere a profonde revisioni della catena di affidamento di ARPAB, sottolineando come sia diventato necessario che l’agenzia venga distaccata completamente dalla politica e come diventi il centro focale di un quadro di nuove relazioni la fiducia che i cittadini “debbono poter riporre” in essa al fine di non completare quei distacchi tra società e politica che l’affaire Fenice ha palesato.

  

A tal fine ci siamo riservati di inviare al presidente una precisa lista di suggerimenti che a suo tempo già inviammo al neo-direttore di ARPAB, senza riceverne alcuna risposta, nella più generale consegna di documentazioni che alcuni degli auditi hanno consegnato in quel puro stile di partecipazione che si auspica – e lo abbiamo palesato con chiarezza – diventi metodo di dialogo nella creazione di strutture permanenti di consultazione tra istituzione ed associazioni.

  

Siamo convinti che, nelle more di quel celere accertamento giudiziale sulla vicenda che auspichiamo senza furori giustizialisti, e nella considerazione che siano ormai d’obbligo quelle urgenti e necessarie considerazioni sui modelli di sviluppo e sulle realtà meritocratiche degli enti di controllo e di tutela che, vogliamo ricordare, non si pongono ad elemento terzo tra attività imprenditoriali e tutela di cittadini ed ambiente, ma sono strumento di questi nell’affermazione di alcune priorità di interesse generale, ci sia ormai lo spazio per una sostanziale riduzione delle “zone grigie” poste o createsi tra impresa e ruolo della politica e della burocrazia rispetto ai processi di sviluppo stessi.

  

E, nello specifico, se quella zona grigia ha agito rispetto ad una intrapresa inutile all’economia lucana, superabile, sia per quanto attiene il trattamento dei rifiuti solidi urbani, sia nel trattamento di masse di rifiuti speciali che la nostra regione non produce sebbene siano “elastici” dettati di legge a permetterne la circolazione e l’arrivo a Melfi, il problema da porsi per il futuro è quanto queste zone siano frutto del generale “cialtronismo”, quanto invece proprio quest’ultimo sia stato coltivato nelle filiere del consenso e di un generale atteggiamento che pone in antinomia occupazione e conservazione del territorio.

  

Atteggiamento che ci è parso di cogliere nelle parole di un consigliere (per sua dichiarazione mandato dal suo partito) che sembravano porre una sorta di “chi ha avut’, avut’,…” sul passato a contrappeso di un futuro più attento al territorio ed alla salute, una sorta di sottinteso do ut des nella ripetizione che la mancanza di dati sulle patologie tumorali, pur incrociata con la sostanziale assenza di registro tumori, nulla dimostri in merito alla relazione tra l’inquinamento e possibili danni alla salute umana. Una nuova versione del tutt’apposto o – fortuna che ci sono le registrazioni – abbiamo capito male?

  

E’ dunque ora di finirla con l’ipocrisia che lavora per seppellire nelle procedure i rapporti tra la politica, la burocrazia affiliata e l’inquinamento procurato da Fenice in nome di un discutibile sviluppo che pare indifendibile proprio a partire dai numeri che genera. Qui c’è da chiedersi come chiudere Fenice e non  ripetere più errori, doli o colpe del passato.

  

Miko Somma, coordinatore regionale di Comunità Lucana-Movimento No Oil