Comunicato stampa di Comunità Lucana

questa nota stampa non è stato inviata al sito istituzionale di basilicatanet, visto quanto già da noi espresso circa l’opera di confusione che puntualmente viene messa in atto o per imperizia (e ci può stare visti i criteri) o per cosciente manipolazione bulgara (cosa molto più probabile) delle affermazioni dei comunicati, il cui senso non andrebbe distorto, ma semmai solo adeguato alle esigenze di spazio concessogli in ciò che dovrebbe essere una sorta di rassegna dei comunicati inviati

tale attività riprenderà solo a seguito delle scuse ufficiali del sito basilicatanet

 

L’Eni si fa privata…si vada al voto in autunno

 

E’ della scorsa domenica, da fonte Sole 24ore, la notizia dello stravolgimento in capo alla struttura di comando azionario di ENI operata da una massiccia ed inconsueta partecipazione dei fondi di investimento proprietari di quote consistenti di azioni ad un’assemblea ordinaria e tale da ribaltare quella finora consueta “mano pubblica” sulla multinazionale rappresentata dalla golden share del 30,1% del capitale detenuta dal Tesoro e dalla Cassa Depositi e Prestiti.

Riportando, per maggiore chiarezza, un passo dell’articolo “La partecipazione massiccia dei fondi (in larga maggioranza esteri) all’assemblea dell’Eni ha tolto allo Stato la maggioranza dei voti in assemblea…”, articolo nel quale la consolidata analisi mercantile del giornale economico evince una nuova prassi di controllo e governo privatistico ed internazionale dei mercati sulle Partecipate Pubbliche in un paese dove, a nostro avviso, a cuor sin troppo leggero e con la miopia da classe dirigente di seconda scelta si sono immesse sul mercato quote importanti di aziende strategiche, considerazioni nascono spontanee su quanto ciò rappresenti per la nostra regione, colonia ENI.

Di fatto oggi la golden share a garanzia dell’interesse pubblico preminente che a molti pareva una rassicurazione sulla “presenza benevola”, seppur non dimostrabile che con categorie dogmatiche, dello Stato nella gestione delle delicate attività estrattive di ENI sul nostro territorio, non esiste più, scontando una sua minoranza di fronte ad altri interessi, ma, più volte in passato il sottoscritto ha avvertito sia dell’assurdità palese di considerare la presenza dello Stato in ENI rassicurante, vista l’interfaccia strategico tra temi energetici, che pur sarebbero pubblici, e lobbies, che sono invece private e che agiscono sui livelli decisionali dello stato in materia, sia che il mercato nelle sue dinamiche intrinseche poteva stravolgere quell’assetto in ogni istante, potendo inoltre replicare in altri settori a forte valenza pubblica, acqua in testa.

Ma cosa comporta per noi lucani, vivendo il petrolio sulla pelle, la tendenza al controllo societario (e quindi delle scelte di fondo gestionali) a strutturarsi in maggioranze non più facenti capo al solo “tranquillizzante” attore pubblico ed in nome della cui presenza qualcuno pur si è reso in qualche modo correo del dramma lucano del “tutt’apposto”, ma a quote in mano ad investitori privati esteri, i cui interessi non possono che essere massimizzazione dei profitti e minimizzazione delle spese?

Il taglio di spese considerate “improduttive”, quali monitoraggio e tutela ambientale, e la pervicace volontà di influire, ancor più di quanto ENI non abbia fatto finora, sull’aumento di quote estrattive nella nostra regione, chiudendosi così un cerchio, in qualche modo malamente fatto intendere a riformista, di modifica coatta della legislazione in materia, sentita ostruttiva di iter autorizzativi e di processi produttivi, un cerchio – ed il cerchio serve ad accerchiare – introdotto dal memorandum, disegnato da alcuni decreti dal governo tecnico, illustrato da alcune dichiarazioni estive dell’allora ministro allo sviluppo economico, concretizzato nella Strategia Energetica Nazionale e ribadito da passaggi di recenti “lavori saggi” e che si sintetizzano in aumenti a 450.000 barili/giorno d’estratto, nel più generale quadro di uno “scippo” delle potestà regionali ex art.117 della Costituzione.

Certo si obietterà che regole di monitoraggio e tutela, ancorché fissate da leggi ordinarie, ci sono e regolate anche dall’accordo di programma ENI-Regione del ’98 (ed interessante a tal proposito sarebbe controllare la struttura del capitale ENI di quegli anni per una verifica dinamica di quanto la clausola di “interesse nazionale” posta allora sulle estrazioni viva ancora in proiezione odierna) ma l’esperienza ha dimostrato trattarsi quell’accordo di un elastico estensibile verso la tendenza delle compagnie ad agire nella nostra terra come chi costruì la ferrovia nel west, ed in quanto alle leggi purtroppo il caso ILVA insegna.

Così, in caso di volontà non favorevole a spendere in attività considerate dall’azionariato come “a perdere”, in un clima generale e soprattutto locale dove la crisi spinge ad abbassare la guardia in favore di forme anomale di occupazione e “sviluppo” fondate sugli idrocarburi e sull’energia di cui si è cianciato spesso, nella coincidenza tra questa volontà e i nuovi disposti normativi, non ultimo l’accorpamento tra regioni che supponiamo non tardare troppo ad essere approvati, è grave – ed ogni complottista vi vedrebbe una precisa trama – che la regione si trovi in una situazione di grave stallo istituzionale che, se protratta alla primavera 2014 in nome di assurdi election day e di paure inconfessate, non giova alla “resistenza” che pure con forza andrebbe opposta a progetti che non è più azzardato definire come di distruzione d’una terra in nome di supposti interessi nazionali.

Occorre che questa regione, dopo avere faticosamente riconquistato il coraggio di riconvocare un Consiglio Regionale dopo la tempesta dei rimborsi, si dia modi e tempi certi e rapidi, nelle more di legge, per ritornare alle urne in autunno e darsi un nuovo governo in grado di arginare ciò che già si annuncia come il disastro di una terra sacrificabile perché piccola, marginale, poco coesa e povera, pur se facile è immaginare in una fase tanto convulsa quale il voto anticipato l’apparizione di qualche “nuovista” salvatore della patria, mandatario diretto di qualcuno molto più interessato a ciò che la regione nasconde sotto la propria crosta che a quanto palesa sopra.

Miko Somma, segretario regionale di Comunità Lucana