Lucio Dalla in salsa Eni

 
 
   

dal sito del comune di potenza l’articolo sull’odierno concerto con Lucio Dalla organizzato dal FAI ( Fondo Ambiente Italiano) , andrebbe tutto benissimo se, come si legge, il tutto non fosse organizzato grazie alla sponsorizzazione dell’ ENI,  la principale multinazionale devastarice della nostra regione per quel che riguarda il petrolio, ciò rientra in quel tipo di suadente e velato meccanismo con cui questi signori cercano di “comprare” il consenso delle popolazioni locali ai loro affari più o meno sporchi. Per quel che riguarda il FAI, probabilmente qualche positiva opera di salvaguardia dei beni ambientali e monumentali in giro per l’italia la compirà   pure, ma ciò non giustifica il foraggiarsi da chi devasta e assalta non solo l’ambiente ma anche la salute e financo l’economia di intere popolazioni. E’ grave comunque che su questa operazione ci sia il patrocinio dell’ assessorato alla cultura del comune di Potenza di cui, lo ricordiamo, è titolare lo stesso sindaco Santarsiero da cui siamo in attesa ancora di una posizione chiara in merito alla questione del pozzo di Monte Grosso. 

 

04/11/2008 Ore 21:00
Potenza, Teatro F. Stabile
FAI – FONDO PER L’AMBIENTE ITALIANO
Lucio Dalla in concerto

Apertura del botteghino da giovedì 9 ottobre
Costo del biglietto

– da 15 a 90 Euro per aderenti FAI
– da 20 a 100 Euro per non aderenti.
Grande appuntamento a Potenza con Lucio Dalla, che si esibisce in uno spettacolo straordinario a favore del FAI – Fondo per l’Ambiente Italiano.
Martedì 4 novembre alle 21.00
l’artista salirà sul palco di uno dei teatri storici d’Italia, il Teatro Francesco Stabile di Potenza per sostenere la Fondazione nella sua attività di salvaguardia del patrimonio artistico e ambientale italiano. Il ricavato dello spettacolo verrà infatti utilizzato per sostenere la gestione dei beni posti sotto la tutela del FAI.
Uno spettacolo imperdibile, che arriva dopo sperimentazioni anche in altri campi della musica come un lungo tour di jazz, regie teatrali e operistiche, oltre ai concerti sinfonici per il FAI con la Royal Philharmonic Orchestra e che presenta le canzoni del suo ultimo album “Il contrario di me” e il meglio del suo repertorio che ha fatto un pezzo della storia della musica leggera italiana.Brani recenti quindi come “Due dita sotto il cielo”, Malinconia d’ottobre”, “Come il vento” ma anche i grandi classici che comprendono canzoni d’amore, politiche, sociali come “La sera dei miracoli”, “Attenti al lupo”, “Anna e Marco”, “Com’è profondo il mare”,“Caruso”.
Artista raffinato e innovativo Lucio Dalla dal vivo, grazie alla sua profonda anima di musicista, rende le sue canzoni ancor più emozionanti e imprevedibili: sarà quindi uno spettacolo dove sarà possibile cogliere, ancora di più, la musicalità nascosta e la carica espressiva, delle canzoni di uno dei più grandi artisti della scena italiana.
Lucio Dalla sarà accompagnato da Ricky Portera e Bruno Mariani alla chitarra, Roberto Costa al basso, Maurizio Dei Lazzaretti alla batteria, Gionata Colaprisca alle percussioni, Fabio Coppini alle tastiere, Iskra Menarini, vocalist, Marco Alemanno voce recitante.

Lo spettacolo è reso possibile grazie al sostegno di ENI.
Con il patrocinio e il sostegno di Comune di Potenza-Città di Cultura.
Si ringrazia per la collaborazione SERATE MUSICALI – Milano.

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Il Petrolio della Val d’Agri su Ecomondo

16/10/2008 – Mensile di ambiente, energia, risorse a cura del WWF Italia

Grande spazio al tema del petrolio in Val d’agri sul numero di Ecomondo l’inserto curato dal WWF Italia all’interno del settimanale del non profit Vita, dedicato alle aree protette italiane con l’emblematico titolo “Se questo è un parco”.
I temi trattati che riguardano direttamente la Basilicata sono:
Un’intervista al Dott. Pino Enrico Laveglia che denuncia le possibili conseguenze per la salute derivanti dagli insediamenti petroliferi in Val d’Agri e che ha presentato un esposto alla Procura della Repubblica contro l’Eni, ipotizzando i reati di disastro ambientale e attentato alla salute pubblica.
Il lancio dell’operazione trasparenza con la quale il WWF chiede all’Eni di fugare i dubbi che aleggiano sulla modalità di gestione delle attività e che riguardano svariati aspetti: la quantità di greggio estratto, le modalità e i risultati dei monitoraggi ambientali, il destino dei fanghi di lavorazione, le attività presenti e future previste all’interno del parco nazionale della Val d’Agri.
Ampi estratti dall’istruttoria sull’attività Eni in Val d’Agri, istruttoria che si conclude con la convinzione che parco e petrolio non possono convivere in quanto il parco e le valenze ambientali sono una risorsa per oggi e per il domani: il petrolio è destinato, nel breve-medio termine, a essere sostituito da altre fonti energetiche (dossier a cura di Luigi Agresti del Programma Mediterraneo WWF Italia).
Il resoconto di un’indagine svolta nelle scuole della Val d’Agri dove si evince il grado di percezione degli alunni sui temi spinosi della convivenza tra Parco della Val d’Agri ed estrazioni petrolifere, e le possibili implicazioni tra la presenza delle attività estrattive e l’aumento dell’inquinamento e delle malattie (indagine a cura di Remo Bartolomei del WWF Basilicata).
Il WWF lancia un nuovo appello al governo regionale affinché non conceda ulteriori autorizzazioni a nuove attività di ricerca e coltivazione di idrocarburi, di cui apprendiamo quotidianamente dalle fonti di stampa, per evitare che la Basilicata diventi un immenso campo petrolifero mortificando ogni altra speranza di sviluppo e preannuncia per l’immediato futuro nuove iniziative per rilanciare la campagna NO-OIL.

Scarica il numero di Ecomondo
Ascolta l’intervista al Dott. Pino Enrico Laveglia

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Manifestiamo!!! – un appello alla Basilicata sana

(Comunicato stampa del comitato no oil Lucania)

Appare ormai evidente che, nonostante tutte le blandizie rassicuranti messe ogni giorno in campo dalla politica ufficiale di Via Anzio e dal suo circo di sottogoverno e falsa opposizione, in Basilicata esiste un problema che travalica ormai la mancanza di una gestione attenta del territorio regionale e delle sue reali vocazioni, delle sue risorse e della salute dei cittadini – mancanza ben riassunta in quel pensiero pragmatico e “leggero”, fatto di governance e mai di reale governo, che così spesso questo comitato ha attaccato, stigmatizzando ogni visione di questa terra come mero contenitore di risorse da sfruttare, ma mai come patrimonio da preservare da ogni rapida mercificazione che tutto e subito consuma in nome di un PIL dai contorni incerti – un problema che, ben oltre l’etica residua o residuale della politica, riguarda il rispetto dell’intelligenza dei cittadini.
Se infatti, a fronte delle continue rassicurazioni che ogni giorno abbondantemente riceviamo dalla politica in forma di rabbrividenti “ghe pensi mì” o di sconsolanti “non si può far nulla”, “non abbiamo competenza” trasmessi a iosa a mezzo stampa o via etere, e di fatto scopriamo poi ogni giorno di continui permessi petroliferi che minacciano di attivarsi, di inceneritori camuffati da centrali a bio-masse, di discariche tossiche di rifiuti tossici, di eco-mostri vacanzieri, dell’acqua che si privatizza e poi scompare e di quella che si privatizza e riappare in spot televisivi come elisir di giovinezza, del nucleare innocuo, dell’eolico selvaggio e poi sappiamo che qualcosa si poteva e si può fare per impedire questo saccheggio sistematico, come si sente il cittadino?
E se poi scopriamo ogni giorno una Basilicata che soffoca di povertà e di emigrazione, di fabbriche in crisi e di classi scolastiche e di maestri soppressi, di agricoltura boccheggiante per l’arsura e per i troppi costi, di una criminalità che a volte spara, a volte indossa il doppiopetto, di comitati d’affari e di logge massoniche, e poi sappiamo ancora di quei piccoli privilegi diffusi e silenti in cui è facile cogliere le grandi ed arroganti consorterie, di un clientelismo ormai quasi alla luce del sole in cui è facile cogliere un sistema ormai auto-referenziale di potere, come si sente il cittadino?
Il cittadino, non mai quello “qualunque” che postula nella sua indistinzione un’indifferenza egoistica di cui questo intero paese paga già oggi le conseguenze, non mai quello che razzola nella pastoia di un sistema di micro-clientele diffuse che credevamo ricordo e scopriamo realtà, non mai quello che finge di non vedere o preferisce tacere, ma il “cittadino”, oggetto e soggetto di diritti e di doveri, a fronte di ciò che accade in questa regione e che pare disvelare sembianze di multiforme moloch di ignoranza e presunzione, di privilegio di casta e potentato politico, di diritto confuso con il favore e di allontanamento dalla democrazia come partecipazione, di pensiero unico e interessi privati, di menzogne e doppie verità, la cui evidente macroscopicità è il vero handicap che grava sulla nostra regione, il “cittadino” ed i cittadini ebbene si sentono derisi, offesi, umiliati, privati persino di forme elementari di rispetto della propria intelligenza.
Ed i cittadini offesi dalla tracotanza del sistema che suppone il gregge belante invece che il popolo cosciente e dalla palese disinformazione che suppone la sempiterna ignoranza invece che la presa collettiva d’atto che questa regione è dei suoi cittadini che soli ne scelgono il futuro ed il presente, faranno ciò che la democrazia per il momento loro consente…manifestiamo!!!
Manifestiamo per la democrazia reale e per il diritto a vivere in un ambiente sano e mantenuto tale, per la legalità del sistema politico ed economico e per il diritto a vivere dignitosamente nel rispetto della realtà oggettiva di questa terra, per la giustizia sociale e per il diritto a partecipare alle scelte, per la difesa dei beni comuni e per il diritto a dire di no alle multinazionali ed alle mafie, alla politica degli affari ed agli affari della politica, agli sprechi e alle follie del fare ad ogni costo, al malaffare ed al clientelismo, alle botteghe ed alle logge che sporcano la nostra regione, manifestiamo per una Basilicata democratica, equa, solidale, una Basilicata che costruisce il futuro a partire da se stessa e da ciò che la natura le ha dato e con cui abbiamo il diritto ed il dovere di convivere con serenità.
Questo è un appello ad indire una manifestazione pubblica a difesa della regione dall’invadenza delle multinazionali e della cattiva politica da tenersi in data da concordare con la partecipazione di chiunque ami la propria terra e creda che la democrazia non si fa nelle segreterie dei partiti lontani ormai dalla realtà quotidiana, nei salotti buoni dell’economia cattiva o nelle aule di tribunale, ma si costruisce a partire dalla volontà dei cittadini di voltare pagina e provare a credere che un altro mondo è possibile perché un altro mondo è necessario.
Miko Somma, portavoce del comitato no oil Lucania

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basilicata sotto attacco: marmo platano e metapontino

In questi giorni si accavallano notizie su nuove richieste di estrazioni petrolifere, su aperture di centrali a biomasse e termovalizzatori discariche e quant’altro, senza parlare di quello che succede con l’acqua, con l’agricoltura e con la crisi sociale con aziende che chiudono e decine di famiglie che non arrivano a fine mese. Lanceremo a breve una proposta a tutti quelli che intendono lottare contro questo massacro al territorio e ad i suoi cittadini. Seguirà a tale proposito un comunicato stampa del portavoce del nostro comitato, di seguito in due articoli di OLA e di altre associaziazioni la situzione delle richieste estrattive nel marmo- platano e nel metapontino.

La OLA (Organizzazione Lucana Ambientalista) – Coordinamento apartitico territoriale di Associazioni, Comitati, Movimenti e Cittadini – chiede ai sindaci del Marmo Platano (Bella, Baragiano, Muro Lucano, San Fele e Balvano), interessati dalla procedura attivata dalla compagnia petrolifera Italmin Petroli che – prima di esprimere il loro parere a Roma nella Conferenza dei Servizi convocata per domani 17 Ottobre presso il Ministero dello Sviluppo Economico (la data ufficiale era fissata per il 22 Ottobre) – ascoltino i cittadini, convocando consigli comunali aperti ove le comunità possano comprendere ed esprimersi democraticamente su tutti gli aspetti della delicata questione.La OLA giudica grave ed inaccettabile la procedura seguita dal Ministero per lo Sviluppo Economico, preoccupato di ripetere quanto è avvenuto nell’area del Melandro, dove i Consigli Comunali hanno espresso democraticamente il loro parere negativo sul procedimento di screening su attività petrolifere attivato dalla Regione Basilicata. Il cambio nella strategia del consenso e del marketing delle compagnie petrolifere – secondo la OLA – è motivato dalla forte determinazione con cui intendono trasformare l’intero territorio regionale (aree protette incluse) mera servitù petrolifera, mortificando i valori della partecipazione e della democrazia. Non è accettabile ricattare i sindaci del Marmo-Platano con la promessa di includerli nella Legge Regionale sulle Royalties, escludendo a priori le comunità dal diritto di comprendere per esprimere un parere consapevole e motivato.

Gli amministratori pubblici della regione la finiscano – una volta per tutte – con le ambiguità, con i tatticismi, con le politiche del ricatto e comincino a praticare la democrazia partecipativa, dichiarando in maniera esplicita “quale progetto hanno per la nostra regione, specie in relazione ad un tema così delicato e quali siano i provvedimenti concreti che hanno adottato o che intendano adottare” per evitare di trasformare la Basilicata in “deserto spopolato”.

Dall’incontro di martedì 14 ottobre presso l’Associazione operatori turistici “Leucippo” di Metaponto (MT) sulla questione delle trivellazioni petrolifere già autorizzate su terraferma nel territorio di Bernalda-Metaponto e Comuni limitrofi, e in riferimento inoltre all’autorizzazione ministeriale in via di approvazione delle trivellazioni in mare riguardanti l’immediata e prospiciente costa jonica lucana, è emersa la volontà dei singoli e delle Associazioni presenti (la già citata Associazione Leucippo, l’Associazione No-scorie Trisaia, il Comitato “Cittadini Attivi” di Bernalda e Metaponto, l’UCAIB) di chiedere al Sindaco di Bernalda-Metaponto la convocazione urgente di un Consiglio Comunale straordinario all’aperto perché si dia conto di questi fatti alla popolazione.
Ha presenziato all’incontro il neo-assessore all’Ambiente della giunta comunale di Bernalda dr. Arcangelo D’Alessandro, che ha garantito ai presenti di portare al Sindaco questa richiesta, dichiarando che neppure lui aveva conoscenza di così grave problema. Si ricorda agli Amministratori che, per legge, è loro dovere informare e consultare la popolazione, soprattutto su problemi di pubblico interesse.
Il territorio jonico è a grave rischio di sfruttamento esterno e di degrado definitivo del nostro ambiente, del suo ecosistema e della già precaria sopravvivenza sanitaria ed economica. Si segnala infine che il territorio metapontino è a forte vocazione agricola e turistica, in virtù dell’enorme patrimonio archeologico ivi presente. Con simili scelte si vuole velocemente portare a compimento una grave e irrimediabile opera di annientamento di questi luoghi e delle loro popolazioni?

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la Veolia ? Ecco alcune informazioni




tratto dal sito della rivista Antimafia 2000 un’articolo in cui Alex Zanotelli speiga cos’è la Veolia che, lo ricordiamo ha che fare anche col presunto “termovalorizzatore” di Potenza:

Alex Zanotelli si dice costernato “nel vedere Napoli cadere nelle mani della più grande multinazionale dell’acqua per gestire i propri rifiuti”
16 dicembre 2007


Napoli.
Su Repubblica di quest’oggi Alex Zanotelli si dice costernato “nel vedere Napoli cadere nelle mani della più grande multinazionale dell’acqua per gestire i propri rifiuti” perché “la stessa sorte toccherà poi all’acqua della città partenopea; questo in aperta contraddizione alle decisioni di Ato2 (Autorità di Ambito Territoriale Ottimale raggruppante 136 comuni, ndr) sull’acqua e alla moratoria sulla privatizzazione dell’acqua votata in Parlamento il 29 novembre”. Zanotelli è un missionario comboniano operante nel rione Sanità di Napoli, nella Comunità di recupero per tossicodipendenti Crescere Insieme. “E’ triste vedere Napoli – aggiunge padre Alex – cadere nelle mani della grande finanza internazionale. Vorrei gridare a questa città che potenti mani finanziarie stanno per impossessarsi del cuore di Napoli. Vigiliamo perché questa città non venga venduta. Chiedo a tutti i cittadini napoletani, come agli intellettuali di questa città, di ribellarsi a questa eventualità”. A suscitare questa ferma presa di posizione del missionario comboniano è la decisione del commissario per i rifiuti e prefetto di Napoli Alessandro Pansa che ha indetto un bando di gara per l’affidamento della gestione del servizio di smaltimento dei rifiuti solidi urbani della provincia di Napoli. Il bando include “i tre impianti Cdr situati nei comuni di Giuliano, Caivano e Tufino”, oltre all’ “impianto di termovalorizzazione dei rifiuti della potenza di 105 mw ubicato nel comune di Acerra”, prevede una durata dell’appalto di “15 anni a decorrere dalla data del contratto che si estenderà automaticamente a 25 anni” e un patrimonio netto, cioè un capitale sociale, dei partecipanti alla gara non inferiore a 500 milioni di euro. In concorso vi sono due grandi aziende: la Asm di Brescia e la francese Veolia. “Si sussurra – dice Zanotelli – che la potente azienda bresciana si ritirerà dal bando. Quasi certamente rimarrà solo Veolia”. Veolia è la più grande multinazionale dell’acqua al mondo con un giro d’affari di circa 50 miliardi di dollari all’anno secondo stime del 1999, “per chi non la conoscesse – fa notare padre Alex – basta andare a Latina e Aprilia, dove l’acqua è gestita da un’azienda chiamata Acqualatina che al 49 % appartiene a Veolia: i prezzi dell’acqua sono saliti del 300%”. Desta preoccupazione anche il dato che un mese fa la Veolia si sia unita alla seconda più potente multinazionale dell’acqua, l’Ondeo (ex Suez), dando origine ad un enorme complesso industriale chiamato Suelia (Suez- Veolia), un colosso dal giro d’affari pari a circa 100 miliardi di dollari. Si tratta di multinazionali che “gestiscono tutto dall’acqua ai rifiuti. Ed eccoci ora con Veolia che bussa alle porte di Napoli per gestire i rifiuti della città e provincia dalla raccolta all’inceneritore di Acerra. Una volta che Veolia avrà messo le mani sui rifiuti, passerà poi all’acqua, suo tema preferito”. E’ forse una coincidenza, si chiede padre Alex, che lo scorso marzo sia stata proposta al Comune di Napoli dall’assessore al Bilancio, Cardillo, la realizzazione di una holding di cui facciano parte le varie municipalizzate: dalla Asìa (rifiuti) all’Arin (Acqua)? “Questo significa privatizzare l’acqua… – è la preoccupazione di Zanotelli – O forse la proposta Cardillo di una holding napoletana era stata fatta in previsione dell’arrivo di Veolia che potrebbe fare da collante per il progetto del potente assessore al Bilancio?”. Dora Quaranta

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manifestazione no alle mafie

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Il Comitato No Oil Lucania parteciparà alla manifestazione contro le mafie indetta da Libera Basilicata a rionero in vulture giovedì 9 ottobre. In un tessuto sociale minato dalla presenza della criminalità organizzata non può non trovare terreno fertile anche lo strapotere degli interessi ecomomici delle grandi multinazionali e  di una politica ad esse subalterna e complice.

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a vicenza va di scena la democrazia

In queste ore a Vicenza si sta svolgendo un grande esercizio di democrazia, i cittadini ed i comitati, dopo che il consiglio di stato ha ritenuto illeggittimo lo svolgimento del referendum riguardante l’allargamento della base militare Dal Molin, stanno svolgendo lo stesso la consultazione popolare in maniera autorganizzata e trasparente. Non si può non guardare con simpatia questo sforzo di partecipazione e di impegno civile al di là se si è d’accordo o no con quanto propongono i comitati No Dal molin. Un esempio di cui tener conto.Di seguito un servizio sull’avvenimento tratto da un sito d’informazione indipendente.nicola

Vicenza, via il bavaglio!

Domenica 5 ottobre 2008 Oggi, dalle 8.00 alle 21.00 si vota.Per difendere la democrazia

Segui tutti gli aggiornamenti sulla consultazione dal sito www.nodalmolin.it

È arrivato il giorno della grande consultazione popolare con la quale Vicenza decide il futuro dell’aeroporto Dal Molin. Oggi si vota per difendere la democrazia.


Esprimi il tuo voto anche online (il voto online non sostituisce quello al seggio!)

È arrivato il giorno della grande consultazione popolare con la quale Vicenza decide il futuro dell’aeroporto Dal Molin. Dopo l’atto di dispotismo del Consiglio di Stato che, esprimendo una sentenza ben poco fondata giuridicamente e molto filogovernativa, ha annullato la consultazione ufficiale organizzata dall’Amministrazione comunale, centinaia di volontari si sono offerti per garantire l’apertura dei 53 seggi; i quali, invece di essere all’interno delle scuole, saranno davanti ai cancelli di queste ultime dove questa mattina all’alba sono stati sistemati gazebo, tavoli e urne.

Sarà, quello di oggi, un referendum vero, con tanto di liste elettorali, presidenti di seggio e scrutatori; seggi aperti dalle 8.00 alle 21.00, poi lo scrutinio. Per votare è necessario il documento d’identità e si può consegnare la scheda soltanto nel proprio seggio di appartenenza. Chi non avesse ricevuto a casa la scheda – o l’avesse perduta – può chiederne un duplicato direttamente al seggio.

In città, ieri, si respirava un clima di effervescenza. Come riporta l’Ansa, furgoncini e auto private giravano i quartieri della città berica con gli altoparlanti per invitare al voto; ai banchetti organizzati nelle piazze si fermavano tanti cittadini intenzionati a esprimere il proprio parere sul futuro della grande area verde alla periferia della città. È il giorno della dignità di Vicenza: un voto che non ha soltanto a che fare con il progetto statunitense, ma che rappresenta soprattutto un momento di difesa della democrazia che a Vicenza è stata calpestata da chi ha fatto dell’imposizione la propria forma di governo.

Dopo la splendida risposta di mercoledì sera – quando 12 mila vicentini sono scesi in piazza per protestare contro le sentenza del Consiglio di Stato emessa poche ore prima – oggi Vicenza dimostra la propria determinazione a difendere la democrazia e la dignità di una città che qualcuno vorrebbe silenziosa e accondiscendente. A nulla sono serviti, in questi giorni, gli insulti piovuti sulla città berica da chi, come il governatore veneto Giancarlo Galan, non riesce ad accettare che i cittadini possano esprimersi democraticamente.

Nel frattempo, messaggi di solidarietà e appoggio alla popolazione vicentina sono giunti da tutta Italia; e, in molte città, quest’oggi saranno aperti dei seggi simbolici dove i cittadini voteranno sulla stessa scheda sulla quale migliaia di vicentini porranno la propria croce. Un modo per dimostrare il proprio sostegno al diritto di Vicenza di potersi esprimere liberamente, ma anche di ricordare che la città del Palladio non è sola nell’opposizione alla militarizzazione del territorio. Ma la vicenda Dal Molin supera anche i confini nazionali, tanto che ieri si è svolta una protesta davanti al consolato italiano di Barcellona e oggi avverrà altrettanto in altre città europee.

Buon voto, dunque: Vicenza, via il bavaglio!

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multinazionali in basilicata: senza confini

ormai le azioni propagandistiche e mistificatorie delle multinazionali in tutti i gangli della vita regionale non si contano più , di seguito un ‘altra ipocrita iniziativa, questa volta della shell, di cui già abbiamo sottolineato i crimini in giro nel mondo:
 
03/10/2008 17.51.22
[Basilicata]
Dal 1985 una sola mission: aiutare giovani attivi, intraprendenti, dinamici ad accettare le sfide che lancia la modernità. E anche per l’edizione 2009 Shell lancia la sfida ai giovani universitari.
Martedì 7 ottobre, a Potenza, alle ore 16.00 presso l’Aula Galileo, Viale dell’Ateneo Lucano 10, Shell da il via alla presentazione della manifestazione proprio dall’Università di Potenza, che, nella persona del Prof. Vinicio Magi, Presidente del C.I.P.(Commissione Istruttoria Permanente) del CdL in Ingegneria Meccanica, ha accolto l’invito per avvicinarsi e far conoscere agli studenti un evento molto impegnativo ma che porta grandi soddisfazioni e che vuole affrontare sempre più concretamente l’importante tema della sostenibilità ambientale.
L’incontro prevede gli interventi del Professor Vinicio Magi, Presidente del C.I.P. del CdL (Corso di Laurea) in Ingegneria Meccanica, del Direttore Comunicazione e Relazioni Esterne Shell Italia Patrizia Sferrazza, di Valerio Conti, team leader del Diamond Style Team, e del Direttore Risorse Umane Shell Italia Alessandro Coppedé.La Shell Eco-marathon, infatti, ha tra gli obiettivi quello di stimolare i giovani progettisti e ingegneri di tutto il mondo a sviluppare nuovi approcci per una mobilità sostenibile, sfidandoli a progettare, costruire e testare un veicolo che utilizzi la minor quantità di carburante per percorrere la maggiore distanza possibile, producendo il minor tasso di emissioni. L’obiettivo che i team sono chiamati a raggiungere non è quello di battere i record di velocità o di essere i primi a tagliare il traguardo, bensì consumare la minore quantità di carburante possibile in una distanza prestabilita.
L’efficienza in termini di consumi di carburanti e la mobilità sostenibile sono sempre stati la “raison d’être” della Shell Eco-marathon, sin dalla prima edizione.
(bas – 04)
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comunicato stampa del comitato no oil potenza ora cellula del comitato no oil lucania

Comitato No Oil Potenza

Tra recenti installazioni di telecamere e annunci di ronde effettuate da fantomatici “Custodi della Città”, sembra che Potenza sia vittima di un clima da far west e che i cittadini rischino la vita al solo mettere piede per strade invase da orde di teppisti e malintenzionati. Le campagne sulla sicurezza messe in piedi a livello nazionale da organi di informazione che poco informano e molto mistificano e da politici da operetta che soffiano sul fuoco delle paure e delle incertezze, di una società afflitta dal malessere sociale ed economico provocato dalla sottomissione dell’ intero pianeta alla logica del profitto per pochi e della miseria per molti, sembra in qualche modo prendere piede anche nella città di Potenza.

A noi sembra che se di pericoli per i cittadini si debba parlare, essi siano rappresentati dai rischi per la salute che vengono dall’uso sconsiderato del territorio e della città che vengono dalla proliferazione incontrollata dell’elettrosmog, da un traffico sempre più incontrollabile, da una cementificazione selvaggia e indiscriminata di ogni angolo di città e dintorni, senza dimenticare gli inceneritori ”fantasmi” e i progetti di discariche, e ovviamente tra questi pericoli vanno annoverati quelli rappresentati dalle estrazioni petrolifere per le quali la città di Potenza è interessata a causa del pozzo di Monte Grosso e dell’attraversamento quotidiano di innumerevoli autobotti. Per concludere i problemi di degrado e di disagio sociale non saranno risolti certo da costose installazioni di telecamere e da goffe e patetiche iniziative di presunti “Custodi”. Politiche di coinvolgimento, di aggregazione sociale, di garanzia e di estensione dei diritti e “ultimo ma non ultimo” una città più vivibile e preservata dall’ aggressione ambientale è quello che le istituzioni devono garantire e che i cittadini devono pretendere.

Potenza 3 ottobre 2008 per il Comitato No Oil Potenza

 

Nicola Magnella

acqua e multinazionali

dopo le  multinazionali del petrolio anche la coca-cola instaura un rapporto “coloniale” con il territorio che sfrutta, anche qui le istituzioni e le amministrazioni locali come il comune di Rionero appaiono succubi   
e servili come in val d’agri e val camastra, di seguito, la cronaca dell’ iniziativa tenutasi a rionero nei giorni scorsi dove la multinazionale americana, nota nel mondo per i danni  ambientali causati e per i crimini nei confronti dei lavoratori si autoproclama paladina della difesa della risorsa acqua, paricolarmente odioso che ci si rivolga particolarmente ai “piccoli cittadini” , ricordiamo che la coca-cola tra l’altro è accusata di aver provocato la morte di bambini in india a causa dell’inquinamento delle falde acquifere.

nicola

RIONERO, “ACQUANDO-LA FESTA TRASPARENTE PER NATURA”
30/09/2008 10.27.00
[Basilicata]

(Artè) – “Non è vero che l’acqua è un bene inesauribile” è stato detto nella cerimonia di apertura della manifestazione “Acquando – La Festa trasparente, per natura”, sabato 27 settembre. Nell’Auditorium del Centro Sociale “P. Sacco” sono intervenuti tutte le istituzioni che hanno patrocinato l’evento, la Regione Basilicata, il Comune di Rionero, Apt, Confindustria, Aato e Mineracqua. Insieme ai realizzatori e promotori dell’evento, Coca Cola Hbc Italia e Fonti del Vulture, si è cercato di sensibilizzare la popolazione ad un utilizzo intelligente di questa risorsa così preziosa e indispensabile. Ivo Ferrario della Coca Cola Hbc Italia ha ribadito che l’evento è rivolto maggiormente ai piccoli cittadini, per far sì che in loro cresca la consapevolezza del rispetto dell’ambiente. Evitare lo spreco è stata l’esortazione del sindaco Placido ricordando che l’acqua è fonte di reddito e lavoro per il territorio circostante. L’acqua, bene primario nella vita di un pianeta, che per fortuna ancora copioso sgorga dalle pendici del Vulture, va preservato come parte integrante di questo territorio. L’attento consumo del bene prezioso è stato illustrato ai bambini con la proiezione di un cartone animato e con la presentazione di un libro per ragazzi “Il mistero dell’acqua” scritto da Laura Walter con le illustrazioni di Benedetta Pasetto. Durante le due giornate in tanti sono venuti ad assistere ai giochi dell’acqua dedicati ai bambini a cui sono seguiti spettacoli e mostre, come “Io amo l’acqua” a Palazzo G. Fortunato. La serata del 27 settembre si è conclusa con un grande successo per lo spettacolo del comico Pino Campagna che ha riempito il Centro Sociale “P. Sacco”. La seconda giornata di Acquando ha avuto inizio la mattina del 28 con l’incontro di scolaresche, cittadini volontari e rappresentanti delle associazioni. Hanno piantato numerose varietà di pini su un’area di 15 mila metri quadrati nei pressi dello stabilimento di imbottigliamento di acque minerali. Un momento di vera condivisione nel rispetto dell’ambiente e nello sviluppo sostenibile di una terra genuina ancora lontana da operazioni abusive.

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“con chi abbiamo a che fare ” : la coca-cola

per contribuire ad aprire il “fronte” acqua e per evitare che qualcuno ci possa tacciare di non essere imparziali ecco una sintesi di misfatti targati coca-cola:

oss_cok_def2.pdf

Questo dossier copre tutti gli aspetti dell’azienda con l’obiettivo di fornire un’istantanea di Coca-Cola. Diviso in 5 sezioni, il dossier riguarda le attività, la situazione economica, le connessioni politiche, l’operato sociale e ambientale ed infine alcuni casi giudiziari che hanno riguardato l’azienda.
‘Dietro il marchio’ è un dossier indipendente realizzato da OPPIDUM – Osservatorio Pubblico Popolare su Imprese e Diritti Umani ed è basato su ‘Coca-Cola Company: Inside the Real Thing’ del Polaris Institute di Ottawa.
Il lavoro è corredato da un’ampia serie di note che permettono l’accesso alle principali fonti utilizzate.

 

 

icftu2004-2006.pdf

Coca-Cola attua gravissime pratiche antisindacali, non solo in Colombia, ma anche in Eritrea, Guatemala, Nicaragua, Pakistan, Azerbaijan, Moldavia, Russia, Turchia, Perù, Venezuela e Kenia, come confermano i rapporti 2004-2005-2006 dell’ICFTU (Confederazione internazionale dei Sindacati Liberi) elaborati dall’Ufficio Internazionale FIM-CISL.

 

i due dossier sono di un paio di anni fa ma è difficile che nel frattempo ci siano stati grossi cambiamenti, per maggiori informazioni si può andare sul sito :  www.tmcrew.org/killamulti/cocacola/

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il petrolio in basilicata, il pozzo di monte grosso: gli articoli di oggi sul corriere della sera

IN VAL D’AGRI SI ESTRAE L’80% DELLA PRODUZIONE ITALIANA. NEI 47 POZZI 500 MILIONI DI BARILI

Quel petrolio che non porta ricchezza. La Basilicata e l’«oro nero»: aumenta l’inquinamento, ma non i benefici.

Pochi i lucani assunti nel comparto

VAL D’AGRI (Potenza) — Texas o Lucania Saudita, ormai i luoghi comuni si sprecano, per la Basilicata che galleggia sul più grande giacimento di petrolio dell’Europa continentale e sul gas. Qui, nel parco nazionale della Val d’Agri, dove non c’è la sabbia del deserto ma il verde degli orti e dei boschi, tutto è di primissima qualità: olio, vino, carne, fagioli, miele, nocciole. E anche il petrolio, che si estrae da quindici anni, è di ottima qualità. I 47 pozzi del giacimento della Val d’Agri custodiscono, dicono le stime ufficiali, circa 465 milioni di barili (finora ne sono stati estratti quasi 11 milioni), che al valore corrente di
90-100 dollari al barile formano un tesoro da quasi 50 miliardi di dollari. Ma la Basilicata, che produce l’ottanta per cento del petrolio estratto in Italia, non si fermerà a quello della Val d’Agri, estratto dall’Eni. Dal 2011 comincerà a sfruttare —con Total, Esso e Shell — i giacimenti di Tempa Rossa, poco più a nord: altri 480 milioni di barili, altri 50 miliardi di dollari. Ed è
pronta a far trivellare anche Monte Grosso, proprio a due passi da Potenza, dove c’è altro petrolio per 100 milioni di barili.
E poi farà scavare nel Mare Jonio, nelle acque di Metaponto e di Scanzano, dove dai templi greci si vedranno spuntare
piattaforme petrolifere come nel Mare del Nord. Nessuno, ancora fino a qualche anno fa, e nonostante i giacimenti della Val d’Agri, avrebbe scommesso che nel sottosuolo lucano e nei fondali jonici fosse nascosta tutta questa ricchezza. Dopo l’intuizione di Enrico Mattei, che tra gli anni 50 e 60 venne qui a cercare petrolio e trovò «soltanto» gas, l’idea che la Basilicata potesse davvero essere un enorme serbatoio di petrolio era per lo più giudicata un volo della fantasia. Invece i sondaggi e le trivelle si sono spinti fino nelle viscere della terra, a tre-quattromila metri di profondità, e hanno trovato il
mare nero che cercavano. Come non essere contenti? Sembrava l’annuncio dell’inizio di una nuova era, per la Basilicata e
per il Mezzogiorno d’Italia, per la questione meridionale e per il federalismo fiscale, per il lavoro ai giovani e per la fine dell’emigrazione. E infatti, all’inizio, tutti erano contenti. Dicevano: «Pagheremo meno la benzina, come in Valle d’Aosta, dove costa la metà senza che si produca una goccia di petrolio. E pagheremo meno anche le bollette della luce e del gas». Dicevano: «Con le royalties del petrolio avremo strade e ferrovie, che qui sono ancora quelle di un secolo fa». Dicevano: «Finalmente non saremo più costretti a emigrare, avremo il lavoro a casa nostra». Dicevano: «Si metterà in moto un meccanismo virtuoso, da cui tutti trarremo vantaggi. Il petrolio è la nostra grande occasione». Dicevano tutte queste cose, i lucani. Che oggi non dicono più. La delusione ha frantumato i sogni, lo scetticismo ha svuotato la speranza. E il petrolio, da
grande risorsa per la grande occasione, sta diventando sempre di più una maledizione. E infatti. Il lavoro manca come prima. Le opere infrastrutturali nessuno le ha ancora viste. Mancano i fondi per i prestiti agevolati agli imprenditori, anche stranieri, che volessero investire in Basilicata. Il costo della benzina non ha subìto sconti. Il risparmio sulla bolletta del gas è solo apparente. La gente, soprattutto i più giovani, continua a emigrare: negli ultimi quindici anni a Grumento Nova, 2.500 abitanti, la popolazione è diminuita di un quarto, mentre da tutta la regione — che ha poco più di 570 mila abitanti — si
continua a emigrare al ritmo di quattromila persone all’anno. E l’aria, l’acqua e persino il rinomato miele della Val d’Agri
sono sempre più a rischio perché sempre più «ricchi» di idrocarburi. Il petrolio puzza, e in tutta l’area del Centro olii di Viggiano l’odore è forte e si sente: è normale, sono gli idrocarburi policiclici aromatici e l’idrogeno solforato dovuti alla produzione e al trasporto del petrolio (che però adesso avviene attraverso un oleodotto di oltre cento chilometri che porta il greggio alle raffinerie di Taranto). Ciò che non è normale è che in Italia i limiti di emissione di idrogeno solforato siano diecimila volte superiori a quelli degli Stati Uniti e che il monitoraggio di queste sostanze in Val d’Agri avvenga solo due o tre volte l’anno. Ciò che non è normale è il valore altissimo delle «fragranze pericolose per l’uomo» (benzeni e alcoli) trovate nel miele prodotto dalle api della Val d’Agri, come sostiene una ricerca dell’università della Basilicata pubblicata dall’International Journal of Food Science and Technology. Ciò che non è normale è che all’Arpab, l’Agenzia regionale di protezione ambientale, non crede più nessuno, tanto che c’è chi ha deciso di fare da solo. Come il Comune di Corleto
Perticara, che l’anno scorso ha ceduto a Total per 99 anni, e per 1,4 milioni di euro, il diritto di superficie su un’area di 555 mila metri quadrati in cui realizzare il Centro olii, ma che si è dotato (finora unico comune fra i 30 interessati all’estrazione di petrolio) di un proprio sistema di monitoraggio ambientale.

L’accordo tra Eni e Basilicata prevede ben 11 progetti «compensativi», del valore di 180 milioni di euro, per la sostenibilità ambientale, la formazione e lo sviluppo culturale. E il vicedirettore generale dell’Eni, Claudio De Scalzi, vanta i seguenti risultati: «Royalties per 500 milioni di euro già versati, con un potenziale di 2 miliardi per i prossimi anni se si riuscirà ad arrivare a uno sviluppo completo dei campi della Vald’Agri. Centotrenta tecnici lucani assunti e altre 30 assunzioni in corso.
Trecento ditte lucane dell’indotto in rapporto con l’Eni, di queste 60 lavorano in modo continuativo con la società». Ma a guardare bene i numeri si fa presto a capire che si tratta di «piccoli numeri». A cominciare dalle royalties, il 7% (il 4% se il petrolio è estratto in mare), tra le più basse del mondo. Quando già nel 1958 Enrico Mattei considerava «un insulto» il 15% che le Sette Sorelle versavano ai Paesi produttori e parlava di «reminiscenze imperialistiche e colonialistiche della politica energetica». Tanto è vero che oggi — in Venezuela, Bolivia, Ecuador — i contratti vengono rinegoziati per portare le royalties oltre il 50%. Più «vantaggioso», almeno in apparenza, l’accordo stipulato nel 2006 dalla Regione Basilicata con Total, Esso e Shell per i giacimenti di Tempa Rossa, che, tra le altre cose, dovrebbe consentire alla Regione di dotarsi di un sistema di monitoraggio ambientale da 33 milioni di euro (a riprova che finora su questo fronte non s’è fatto nulla) e di fornire gratuitamente tutto il gas naturale estratto (con un minimo garantito di 750 milioni di metri cubi) alla Società
energetica lucana, interamente a capitale regionale. L’effetto immediato sarà una bolletta del gas meno cara, almeno di un buon 10%. Ma non per tutti lucani. Ne beneficeranno solo i pochi allacciati alla rete del metano. Già, perché il gas c’è, ma dove va se non ci sono le condotte?

Carlo Vulpio
22 settembre 2008

INTERROGATIVI SUL GIACIMENTO DI MONTE ROSSO
Il numero dei barili? Un mistero. Sulla questione indaga anche il pm Woodcock. Gli interessi di coop rosse e finanziarie straniere

POTENZA — Il «giallo dell’oro nero» non è un gioco di parole. In Basilicata è, al tempo stesso, una serie di domande scomode ancora senza risposta e un’inchiesta giudiziaria complessa, a cui sta lavorando il pm di Potenza, Henry John Woodcock. Prima domanda: quanto petrolio è stato estratto in Basilicata dal 1995 a oggi? Nessuno lo sa con precisione. Nemmeno il presidente della giunta regionale, Vito De Filippo, che infatti lo ha chiesto all’Unmig (l’Ufficio nazionale minerario per gli idrocarburi e la geotermia, presso il ministero dello Sviluppo economico) il 20 settembre 2007. Ma nella risposta dell’Unmig, fra tabelle e spiegazioni varie, non c’è il dato richiesto. Come mai? Semplice: quel dato non è mai stato verificato dall’Unmig. Nessuna omissione, perché l’Unmig «ha facoltà», non il dovere, di verificare le quantità prodotte. Ma un enorme conflitto d’interessi, quello sì. Infatti, a comunicare all’Unmig le quantità di petrolio estratto è «il responsabile unico di ogni concessione». In altri termini, il controllore è lo stesso soggetto che dovrebbe essere controllato: l’unico a misurare il petrolio estratto è proprio colui che paga le royalties. Infatti i 30 comuni lucani a cui va il 15% di quel 7% che costituisce la royalty sul valore del greggio ricevono direttamente dall’Eni l’estratto conto, in cui si dice: questa è la quantità
che abbiamo prodotto e questo è quanto spetta a voi. Punto. Ma se un comune o la Regione volessero controllare? L’unica
cosa che possono fare è rivolgersi all’Unmig, che però «ha facoltà» di controllare e in ogni caso difficilmente potrebbe farlo per il passato. Seconda domanda: quanto petrolio estratto in Lucania è finito in Turchia? E perché vendere petrolio alla Turchia proprio mentre il prezzo del greggio saliva alle stelle? Terza domanda: è vero o no che in questi anni centinaia di migliaia di tonnellate di stream gas (metano, etano, propano, butano), cioè quel gas che viene fuori assieme al petrolio, e definito «cedibile» dalla stessa Eni, è stato lasciato bruciare in torcia e quindi si è volatilizzato? Anche a queste domande, sembra che nessuno sappia rispondere. Nemmeno il governo e il Parlamento, a cui si sono rivolti con due interrogazioni i parlamentari Felice Belisario (Idv) e Cosimo Latronico (Pdl), che hanno sottolineato come in tutte queste vicende «è mancata l’adeguata trasparenza a garanzia dei cittadini».

Eppure le compagnie petrolifere, per il 2008, attraverso la cosiddetta Legge-obiettivo, hanno ottenuto come incentivo 850 milioni di euro di fondi pubblici. Ma c’è anche una quarta domanda: che cosa c’entrano le Coop rosse, le Isole Vergini, le Bermuda e l’Australia con i permessi di estrazione del petrolio in Basilicata? Secondo una ricostruzione del settimanale lucano Il Resto, suffragata da una ricca documentazione, tutto comincia nel 2005, quando la società Gas della Concordia Spa (poi Coopgas), di Concordia sul Secchia (Modena), cede per 11,2 milioni di euro alla sua controllata Intergas Più permessi di estrazione e di ricerca. Passano otto giorni e la Mediterranean Oil and Gas Company, società con sede a Perth, in Australia, acquista, per diecimila euro, cioè per un prezzo diecimila volte inferiore a quello della compravendita Gas
Concordia-Intergas, l’Intergas Più. Strano. Ma non è l’unica stranezza. Il pagamento avviene con la sottoscrizione di
azioni e obbligazioni convertibili da parte di tre società: la Mizuho International, con sede a Londra, la Shepherd Investments International, con sede nelle Isole Vergini Britanniche, e la Stark Investment, con sede nelle Bermuda.
L’obiettivo di Med Oil è il giacimento di Monte Grosso (100 milioni di barili stimati) e viene centrato il 5 novembre 2007, quando la giunta regionale delibera di concedere i permessi di ricerca. Nella stessa giornata, Med Oil e Gas Concordia Spa scambiano diecimila azioni. Ma già tre settimane prima, il 19 ottobre, erano state scambiate ben 2.373.000 azioni, per un valore di 369 milioni di sterline, pari a 500 milioni di euro. Segno che a Monte Grosso c’era ben poco da «ricercare». Ma solo da scavare. Là sotto, il petrolio stava aspettando chi sapeva che c’era.

C. Vul. 22 settembre 2008

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“con chi abbiamo a che fare”: la total

in un servizio odierno del tg regionale, a proposito delle migliaia di domande inviate dai disoccupati lucani alla total per soli settanta posti , viene riportata una frase delle a stessa total che avrebbe definito “provincia petrolifera” la basilicata… che dire… almeno la multinazionale d’oltralpe sembra parlare chiaro nel considerare la nostra regione quasi come se facesse parte dell’ impero coloniale francese, un pò come il ciad o la polinesia nel ‘800, stessa chiarezza non hanno i nostri politici e gli organi d’informazione quando fanno servizi giornalistici in cui osannano le multinazionali… comunque sempre per la serie “con chi abbiamo a che fare ” ricordiamo che la total è sotto accusa per crimini contro l’umanità e di seguito riportiamo un articolo a riguardo del Corriere della Sera del 3 ottobre 2007

  

Total, inchiesta per

crimini contro umanità

L’accusa: «Manodopera forzata in un gasdotto birmano». Il ruolo di Kouchner

DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
PARIGI — Complicità in crimini contro l’umanità: l’accusa di cui dovrebbe rispondere la Total per i servizi resi alla giunta militare birmana compromette l’immagine del gruppo petrolifero e mette nell’imbarazzo la Francia, chiamata a dar prova di coerenza dopo aver affermato a gran voce, per bocca del presidente Sarkozy, la necessità di sanzioni economiche e l’obbligo morale di tagliare presenze e congelare investimenti (non solo francesi) in Birmania.

L’imbarazzo coinvolge il ministro degli Esteri, Bernard Kouchner, che ieri, durante il dibattito all’Assemblea nazionale, ha dovuto assicurare che la Total «non sarà esonerata» da eventuali sanzioni contro il regime. Il gruppo petrolifero è stato messo sotto inchiesta dalla magistratura del Belgio, Paese che dispone di una legislazione pertinente (si pensi all’istruttoria per il genocidio in Ruanda) in relazione a crimini di questo genere, anche nel caso in cui le vittime non siano cittadini belgi. La causa è stata promossa da quattro rifugiati birmani e si riferisce ai lavori di costruzione, negli anni Novanta, del gigantesco gasdotto di Yadana, nel sud del Paese, che oggi alimenta le centrali elettriche della Thailandia con una produzione di 17 milioni di metri cubi al giorno. La costruzione del gasdotto birmano è stata spesso al centro di indagini internazionali che denunciavano il ricorso a lavori forzati sotto il controllo dell’esercito. Da parte sua, la Total ha sempre negato di aver favorito queste pratiche, per ammettendo, nel 2001, di aver indennizzato operai birmani, circa 400, nel periodo di apertura dei cantieri.

Per sgomberare il campo dai sospetti, nel 2003 la Total affidò una missione al socialista Bernard Kouchner, allora libero da incarichi di governo. Chi meglio del «french doctor» noto per il suo impegno umanitario e per la difesa dei diritti dell’uomo poteva accertare la verità? Kouchner venne contattato da Jean Veil, figlio di Simone Veil e avvocato della Total. L’attuale ministro degli Esteri si recò in Birmania con la moglie, Christine Ockrent, nota giornalista, che realizzò per Elle un’intervista con la leader dell’opposizione Aung San Suu Kyi, la quale dichiarava: «E’ necessario rifiutare ogni forma di aiuto che possa avvantaggiare la giunta militare». Al termine della missione, retribuita 25 mila euro, il sito della Total pubblicò il rapporto di Kouchner che tracciava un’immagine positiva del gruppo petrolifero, escludendo che la Total potesse essersi prestata «ad attività contrarie ai diritti dell’uomo». «Non è più l’epoca di embarghi e sanzioni, la cui efficacia è limitata e provoca sofferenze fra i più poveri», scriveva nel rapporto il french doctor, il quale ha sempre respinto l’accusa di benevolenza retribuita nei confronti della Total, ricordando al contrario i benefici apportati alla popolazione locale sul piano sanitario.

Le polemiche sulla missione di Kouchner vennero archiviate, come la situazione politica e civile della Birmania. Intanto continuarono gli affari e i commerci. Non solo della Total, ma delle innumerevoli società americane, europee, cinesi e asiatiche. La questione si è riproposta in questi giorni, quando la strategia delle sanzioni economiche (non solo per la Birmania, ma anche nei confronti dell’Iran) è stata riproposta con forza proprio dalla Francia. «Facciamo appello alle società private, per esempio alla Total, a dar prova di grande prudenza per quanto riguarda gli investimenti in Birmania e chiedo che non ce ne siano di nuovi», ha detto Nicolas Sarkozy dopo aver ricevuto il leader dell’opposizione in esilio a Parigi, Sein Win.
Da parte sua, la Total non ha commentato l’iniziativa della magistratura belga. Il gruppo, ai tempi della tangentopoli francese o dei traffici sul petrolio di Saddam, ha dovuto affrontare accuse non meno gravi della schiavitù nei villaggi della Birmania. Sarkozy promette un cambio di atteggiamenti e mentalità anche in politica estera. Vedremo.

Massimo Nava
03 ottobre 2007

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c.s. – una lotta per la sopravvivenza della Lucania

                – Comunicato stampa del comitato no oil Lucania- 

Il sistema del controllo politico-sociale lucano non nasce ieri, derivando piuttosto da un passato non recente, i sessanta anni a cavallo tra la repubblica partenopea di Mario Pagano, i moti carbonari del 1821 e la spedizione garibaldina. E’ in quegli anni che nuovi protagonismi sociali si affacciano sulla scena meridionale, il protagonismo di quelle classi liberali che in virtù di una propria maggiore rilevanza economica e sociale, assunta nel corso di decenni in cui il mondo era in rapida trasformazione, mancavano di adeguata rappresentanza politica nella società borbonica, una società cristallizzata nel mantenere un ordine sociale ferreamente basato sugli elementi della nobiltà.proprietà terriera, del clero-controllo delle coscienze, del sovrano-garante dell’ordine costituito di cui la restaurazione del congresso di Vienna dopo il bonapartismo era stato il manifesto ideale di una immutabilità storica della società.Ma avvocati, notai, medici, farmacisti, scrittori, imprenditori, classi su cui reggeva il peso economico di un sistema sclerotico di privilegi anti-storici, ed alla cui rilevanza sociale non corrispondeva un “peso” che assicurasse un’identità che da sociale necessitava di trasformarsi in politica, guardavano ormai da anni al processo savoiardo di unità d’Italia come garante di un cambiamento negato dalla società dei re napoletani, cambiamento al contrario sentito come promesso da un processo unitario che una volta compiutosi, lungi dal poter escludere proprio quelle classi sociali intorno alle quali si era organizzato il retroterra ideale del consenso al progetto unitario non poteva e non voleva in alcun modo prescindere dalla partecipazione diretta di quelle classi alla gestione del territorio e dei rapporti socio-economici.Ovvio che se nei decenni precedenti le resistenze ideologiche e reali dei ceti dominanti, veicolate dalle repressioni esemplari di moti e tentativi insurrezionali e da assidue pratiche di repressione quotidiana di ogni eventuale dissenso, repressioni condotte con la carota ed il bastone di fede, lavoro e galera, avevano spinto alla segretezza carbonara tutti coloro che sentivano con differenti spiriti e sensibilità la necessità di cambiamenti radicali, fu proprio su quella segretezza carbonara che ebbe un facile gioco l’innesto delle logge massoniche, ideale terreno di incontro tra quei settori della società borbonica più accorti alla propria sopravvivenza sociale dopo la prevedibile, inevitabile sconfitta del vecchio regime e quella nuova società “piemontese” che, avendo bisogno sia di territori vergini che di risorse materiali ed umane per un progetto di avvicinamento all’Europa di cui Cavour e la sua politica era il garante nei salotti buoni del continente, necessitava ora di un controllo ferreo dello status quo. Quando si parla di “notabilato liberale” si descrive un “fatto politico” accaduto allora in tutto il sud come nella nostra regione, un sovvertimento di un ordine sociale preesistente che, spinto e guidato da una differente visione del mondo e dell’economia, stabilì nuovi rapporti di forza nella società.Tale sistema di controllo, perfettamente ramificato anche nelle realtà territoriali più marginali attraverso le immancabili figure della “gente perbene”, viene con il tempo a costruirsi come più ampio coacervo di poteri capace di eleggere i suoi rappresentanti politici diretti, di veicolare quindi un ampio consenso nella società in cambio del mantenimento dei rapporti di forza ed influenza esistenti e di clientele di cui i finanziamenti sulle opere pubbliche erano spesso il pagamento per i servigi resi. Parliamo di un sistema politico in cui il voto, stabilito sul censo, quindi sulla capacità economica, era di fatto organizzato sull’esclusione dall’esercizio della democrazia delle masse contadine ed urbane, un sistema di rappresentanza diretta che non prevedeva alcuna o quasi partecipazione popolare, ma che negli anni seguenti riesce a costruire un consenso che, accompagnato dall’influenza socio-economica e culturale, e spesso dal potere di ricatto di quella stessa influenza, i notabili potevano contare in una società di analfabeti, trasla indenne sia attraverso la progressiva estensione del diritto politico fino al suffragio universale (disinnescato in buona parte dall’incoraggiamento all’emigrazione), sia nel periodo fascista, sia nel fobico dopoguerra democristiano, arrivando nella sua composizione quasi indenne ai giorni nostri, mutando certo abitudini e costumanze, ma non certo il vizio di fare sempre “cosa nostra”, chiudere cioè ogni decisione in un recinto salottiero esclusivo, ma a cui potere sedere dimostrando di essere parte di un rapporto di forza, qualunque esso sia.L’analisi storica accennata non è un accademismo di diporto, ma serve a comprendere come in questi anni la potenza economica di alcune multinazionali sia penetrata nella nostra regione, impadronendosi delle risorse, ed a volte di ampie porzioni di territorio, mostrando una forte capacità sovradeterminante  di influire sulle scelte generali nella più perfetta delle logiche coloniali, logiche che, come l’esperienza diversa eppure così uguale delle colonizzazioni britanniche insegna, non prevede la sconfitta totale di ogni avversario, ma più spesso ricerca l’alleanza con i poteri locali precostituiti, a cui viene assicurato sia il mantenimento dei propri privilegi, sia una quota parte dell’affare (in questo caso la gestione delle risorse petrolifere), in cambio di un clima di consenso fatto di blandizie, promesse, silenzi e deviazioni.In altre parole l’affare petrolio in Lucania (ma il sistema funziona allo stesso modo sia per l’energia in generale, che per acqua, rifiuti, turismo e gestione di territorio e finanziamenti statali e comunitari) si ammanta sin da subito di un fosco sudario di distorsione sistematica della realtà, distorsione fatta di cifre che non corrispondono mai, di sodalità del sistema dell’informazione, di rassicurazioni generiche da parte di inutili organi di controllo, di mancanza di volontà politica di avviare indagini ed ispezioni per dare risposte a dubbi e domande, una distorsione utile a deviare l’interesse dell’opinione pubblica dal cuore dei problemi che riguardano le estrazioni petrolifere, costi ambientali, per la salute umana, per le vocazioni produttive originarie, e che lascia il posto ad una generale disinformatzjia sul problema.Tale disinformazione sistematica serve ovviamente alle multinazionali, ma serve anche al trasversale principio di conservazione del potere delle classi politiche trasversali ai partiti stessi, imprenditoriali, edili in primo luogo, professionali, dell’informazione, classi il cui interesse sembra risieda nell’affare del petrolio lucano più di quanto non debba risiedere nel proprio lavoro.

Fa parte di questa disinformazione, oltre ai balletti di cifre contraddittorie, alle rassicurazioni che non rassicurano nessuno, alle solite promesse di sviluppo e lavoro – che se dopo dieci anni non è arrivato, e quando arriverà? –  al dispiegamento di mezzi di blandizie e di false rappresentazioni di un interesse pubblico che pare latitante, agli sprechi a pioggia di risorse finanziarie, l’auto-assolvimento collettivo di una presunta ineluttabilità alle estrazioni, una necessità a cui non potersi sottrarre o un dovere morale al sacrificio in nome della comunità generale fatto passare per la categoria dell’interesse nazionale, anche lì dove di interesse nazionale non esiste nulla (tenendo conto che l’Eni è una s.p.a. a gestione privatistica, e seppur il governo ne possegga la golden share, l’eventuale cessione a fini di riequilibrio di bilancio dello stato è tuttavia possibile, a trivellare la Lucania sono anche multinazionali estere).

E quando parliamo di conservazione della politica, è la politica a tutti i livelli, dai segretari cittadini di partiti ai sindaci, dagli assessori regionali ai consiglieri comunali, nell’interdipendenza tipica tra tutti i livelli territoriali ad essere parte in causa in quanto sistema (fatto salvo il generale principio dell’onestà, sempre da verificare e senza il quale è la democrazia stessa a perire nel sospetto). E quando parliamo di imprenditori, parliamo della lobby degli imprenditori edili e del movimento terra (sarà casuale che un comparto importante dell’economia lucana siano le costruzioni e che i fondi del POR Val d’agri vadano spesi prevalentemente in opere edili?), degli imprenditori dei rifiuti (i fanghi di estrazioni vanno pur smaltiti ed ecco che sorgono o sorgeranno impianti genericamente destinati anche ad altri rifiuti speciali tossici, ma di cui non vi è produzione in questa regione) e di imprenditori della fornitura di macchinari, logistica e materiali vari, delle associazioni di categoria (utile ricordare il peso di categoria degli edili nei direttivi e nei consigli) e quando parliamo di professionisti, parliamo di alcuni ingegneri immancabili ed alcuni umili geometri, di alcuni vanagloriosi architetti ed alcuni tecnici tranquillizzanti e di direttori di enti di controllo e di tutto un bestiario professionale che ruota intorno ai lavori di infrastruttura di cui le estrazioni hanno bisogno e che sono il motivo per cui non esiste un solo imprenditore del settore che non veda il petrolio come una manna piovuta dal cielo.In realtà estrarre petrolio in Basilicata è conveniente per le compagnie che pagano il 7% di royalties (d.l. 625/96) e non hanno alcun obbligo di tutela che non si stabiliscano da soli, per i politici nazionali di centro-destra-sinistra che capitalizzano i ringraziamenti dei petrolieri, destinando infine la regione al ruolo di produttore di energia non rinnovabile, idrocarburi e forse la centrale nucleare nel metapontino, in aggiunta al sito unico di stoccaggio ed al “regalo” colombiano della Trisaia di Rotondella, di energia rinnovabile, seppure campi eolici sterminati o l’incenerizione di biomasse provenienti dai Balcani siano ancora da considerarsi fonti rinnovabili – magari lo sono i rifiuti mascherati da bio-masse che a quegli impianti “ecologici” verrebbero avviati – ma è conveniente anche per i politici locali, che se non sono degli emeriti ingenui incompetenti, allora prendono mazzette per non vedere il disastro di una regione in balia di 41 istanze e permessi di ricerca petrolifera), per imprenditori e professionisti a caccia di una fetta di PIL, per alcuni giornalisti che accettano inviti di una multinazionale a visitare impianti petroliferi in giro per l’Europa, infine è conveniente per alcuni lucani che beotamente continuano a credere alle fiabe dello sviluppo senza aver visitato la Val d’Agri e parlato con uno solo dei suoi abitanti.In questa regione occorre resistere, resistere per sopravvivere, resistere per costruire la democrazia che non abbiamo, resistere per ritrovare la dignità sottrattaci come le risorse, resistere perché insieme alle richieste che portiamo con la nostra petizione popolare, e che mirano a costruire tutele reali per la salute umana, per una economia sana, per una programmazione del territorio rispondente alle proprie vocazioni originarie, per una politica di rispetto della Terra e della nostra terra, vi sia presa d’atto che è questo sistema economico, sociale, politico a trasformarci in consumatori e non in cittadini, è questa globalizzazione dello sfruttamento e della marginalità a trasformarci in ruote dentate di un ingranaggio senza fine, è questo mostro della speculazione eretta a sistema che, lungi dall’essere vera società di mercato, in cui ciascuno è parte attiva, è solo un mercato della società, in cui pochi oligopoli svendono esistenze, speranze, salute, diritti, passato, presente, futuro di intere comunità in cambio di una fetta di profitto che odora sempre più di una dittatura opprimente del denaro come pensiero unico. Il comitato no oil Lucania, nell’affermare la propria appartenenza a questa comunità messa in pericolo, nel ribadire di voler essere un onesto patrimonio di idee da condividere con questa stessa comunità, chiede ai lucani, a tutti i lucani, di riappropriarsi con la gioia della democrazia della propria terra, delle sue risorse, delle sue storie, della sua natura, della sua dignità mortificata dalle condanne alla mitezza che suonano come i fischi del pecoraio, di trovare la forza di tappare le proprie orecchie al canto delle sirene, di reagire con fermezza e provare tutti insieme a costruire, qui ed adesso, nella nostra regione, con noi, un altro mondo possibile, un altro mondo necessario. 

Miko Somma