buone letture…

per il piacere di informare e chiedendo venia agli autori per il copia&inocolla dal link http://temi.repubblica.it/micromega-online/renzi-dimissioni-chi-non-le-chiede-acconsente/ vi fornisco l’opinione di paolo flores d’arcais (micromega) sulla leopolda, su renzi, sul suo governo, dopo la noiosa e stanca kermesse di un potere che sembrerebbe (il condizionale è d’obbligo) giunto all’inizio della sua discesa che, a seguire il detto “chi troppo in alto sale, precipitevolissimevolmente cade”, potrebbe preludere ad una ignominiosa e rovinosa caduta del pupone di pontassieve, alle prese con grane ormai non più richiudibili in uno slogan ottimistico…ovviamente sono opinioni e così, nella certezza dei lettori che il sottoscritto proprio non sia un fan di renzolini, vi lascio alla libera formazione di una opinione in merito…buona lettura 

Renzi dimissioni! Chi non le chiede acconsente

di Paolo Flores d’Arcais

Non era “Scherzi a parte”. Era proprio “la Leopolda”, il marchio di fabbrica, il brand, la maison, insomma il format urbi et orbi con cui Renzi ogni anno magnifica se stesso in una sbrodola corriva di italico conformismo, cortigiani baci della pantofola e Te Deum alla finanza. Poiché però quest’anno il giornalismo unico e prono, che tanto piace al premier, oltre alla tradizionale eccezione di “Il Fatto Quotidiano” ha registrato su più testate spazi prioritari dedicati a quella pinzillacchera dei risparmiatori truffati e rovinati (uno già indotto al suicidio), anziché la staffetta d’ordinanza di osanna e peana, Renzi ha ritenuto improcrastinabile colpirne uno per educarne cento con la gogna del simpatico gioco “i dieci titoli più inappropriati”: per i vincitori non mancheranno ricchi premi e cotillon, future poltrone, stiano pure sereni.

Ora, quando Renzi è in famiglia per la tombolata o in intimità con i/le sodali del suo giglio magico per il mercante in fiera o monopoli, padronissimo di sostituirvi giochi che alla combriccola paiano più sganascianti. Ma nella vita pubblica, l’osceno spettacolo di Firenze si chiama aggressione alla libertà di stampa, sputi e schiaffi contro l’articolo 21 della Costituzione, e un premier che in tali pratiche si ingaglioffisca deve andarsene subito. Sulla libertà di stampa, come sugli altri diritti fondamentali della Costituzione, non è lecito scherzare. Perché per minimizzare la gravità di quanto operato dal premier contro la libertà di stampa si è costretti a istituire paragoni con la Turchia di Erdogan, dove i giornalisti finiscono in galera, e la Russia di Putin, dove finiscono anche ammazzati, e allora effettivamente sì, si può sostenere che in fondo quella di Renzi è una marachella, birichinata, birbanteria, ragazzata.

Solo che Renzi non è un ragazzino in fregola di bullismo, è il capo del governo, e lo standard con cui misurarlo non possono essere Erdogan e Putin. È immaginabile un Obama, una Merkel, un Hollande, un Cameron che si sbellicano a far insolentire dagli elettori un giornale che li critica? E per scendere molto più in basso, cosa sarebbe successo se fosse stato Berlusconi a sollazzarsi con il giochino dei “titoli inappropriati”? O addirittura: come finirebbero le chance della carriera politica di Marine Le Pen, se si permettesse?

E allora, perché si continua a tollerare Renzi al governo, e la Boschi, e Alfano, e compagnia cantando? Davvero hanno passato il segno.
Ecco perché è necessario, ineludibile, improcrastinabile, che chi ha voce pubblica dica: BASTA! Renzi a casa! Renzi si deve dimettere!

Noi, che in fatto di ascolto pubblico contiamo pressoché nulla, lo facciamo immediatamente, e invitiamo tutti i lettori a dire “basta!” insieme a noi. Ma è indispensabile che chi gode di ascolto vero e dunque conta nell’opinione pubblica (devo fare i nomi? Li sanno tutti), le dimissioni di Renzi le chieda con tutta la forza e il peso massimo della sua voce, facendo da catalizzatore a centinaia di migliaia, a milioni di cittadini, altrimenti le sue critiche rimarranno un elegante esercizio con cui salvarsi l’anima.

(14 dicembre 2015)

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un pezzo di italia che non fa onore…

16/12/2015

fa pensare al revisionismo che alcuni giornalisti indichino gelli come ex uomo d’affari, dimenticando (o proprio non sapendo) che l’uomo era durante la guerra agente oss (antesignano della cia), inviato delle logge americane in italia con frank gigliotti, reclutatore di gladio, gran maestro e capo della p2 e delle sue succursali in argentina, paraguay, uruguay, depistatore della strage di bologna, ideatore del piano di rinascita nazionale, fulcro di attività cerniera tra servizi americani, italiani, mafia, eversione di destra, finanza., un uomo che era intangibile alla legge…

insomma un pezzo di italia che non fa onore al paese e se non si può gioire della morte di un uomo, almeno si può chiedere che il suo funerale sia interdetto?…

miko somma

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