ci stiamo provando…

Se partiamo da un dato censito da oxfam per il 2015, ultimo dato disponibile, che mostra comeil divario tra ricchi e poveri stia raggiungendo valori estremi, con l’1% più ricco della popolazione mondiale che possiede ormai più ricchezza del resto del mondo, dato questo avvalorato anche da una ricerca del credit suisse e che allo stesso tempo la ricchezza posseduta della metà più povera della popolazione mondiale si è ridotta di 1.000 miliardi di dollari negli ultimi cinque anni, non possiamo non concludere che esistono livelli di disuguaglianza mai visti da oltre un secolo e che appunto oxfam definisce “un’economia per l’1%”, dimostrando come la crisi della disuguaglianza sia ormai del tutto fuori controllo, perdurando questa struttura economica… 

Se infatti è stato calcolato da oxfam che: 

“• nel 2015 appena62 persone possedevano la stessa ricchezza di 3,6 miliardi di persone, ossia la metà più povera della popolazione mondiale e solo nel 2010 queste erano invece 388. 

la ricchezza di queste 62 persone più ricche è aumentata del 44% dal 2010 ad oggi, con un incremento pari a oltre 542 miliardi di dollari, arrivando alla stratosferica cifra di 1.760 miliardi di dollari.

• nello stesso periodo la ricchezza della metà più povera della popolazione mondiale si è ridotta di poco più di 1.000 miliardi di dollari, con una contrazione del 41%.

• dall’inizio del secolo ad oggi la metà più povera della popolazione mondiale ha ricevuto l’1% dell’incremento totale della ricchezza globale, mentre il 50% è andato all’1% più ricco. 

• Il reddito medio annuo del 10% più povero della popolazione mondiale è cresciuto di meno di 3 dollari all’anno nell’arco di quasi un quarto di secolo, ovvero meno di un centesimo al giorno.”,

ciò che possiamo facilmente ed empiricamente ricavarne è che se da un lato l’incremento della ricchezza di questi paperon de paperoni sembra derivare da una “rapina” ai danni della popolazione più povera, e ciò pur considerando il dato che nel corso degli ultimi due decenni il numero di poveri assoluti è diminuito (e con migliore distribuzione dell’incremento di ricchezza questo numero sarebbe diminuito ulteriormente), dall’altro lato, considerando i percentili di popolazione mondiale, la stessa operazione a mano armata sembra essere stata compiuta anche ai danni delle cosiddette classi medie, che dei meccanismi di crescita hanno poco beneficiato, se è vero che dell’incremento del reddito globale tra il 1988 ed il 2011 ben il 46% è andato al 10% più ricco e se è vero che una gran parte del peso della crisi si è scaricato proprio su queste, diminuendone il potere di acquisto e così acuendo la crisi dei consumi…

è quindi innegabile che nel contesto dell’economia globale sono proprio le persone più ricche che hanno beneficiato della crescita economica, tanto da potersi affermare che in questo contesto economico reddito e ricchezza sono risucchiati verso il vertice della piramide ad una velocità impressionante ed in modo ormai quasi automatico, con l’ausilio di un sistema di paradisi fiscali e di gestione patrimoniale che permettono alle risorse di rimanere intrappolate in alto, senza ricadute per le casse pubbliche (si stimano 7.600 miliardi di dollari di ricchezza individuale, più dei PIL di regno unito e germania messi insieme, custoditi offshore al riparo da ogni forma di tassazione)…

ed è evidente che tale condizione non è solo nociva verso i paesi a minor reddito, ma anche verso le persone a minor reddito dei paesi cosiddetti ricchi, poiché sfuggendo alla tassazione questi capitali non sono oggetto di quelle forme perequative che si fondano sulla fiscalità, ovvero sulla compensazione assicurata dai servizi sociali (sanità pubblica, sussidi, investimenti pubblici, riequilibrio delle disparità geografiche, di genere e di classe economica e via discorrendo)…

come sia potuto accadere è la domanda chiave da cui poter elaborare delle vie d’uscita da una situazione che sembra contenere in se ogni contraddizione violenta che questo tempo sembra preparare per il futuro più prossimo e già per l’oggi, se solo consideriamo che le popolazioni più povere vivono nelle aree del mondo maggiormente esposte agli effetti del cambiamento climatico, passibili di essere abbandonate per fenomeni migratori di massa ancora poco comprensibili e che la metà più povera della popolazione mondiale è responsabile di appena il 10% delle emissioni globali, con una media di impronta di carbonio dell’1% più ricco ben 175 volte superiore a quella del 10% più povero… 

uno dei fattori principali che ha favorito la concentrazione di ricchezza e reddito è il crescente divario tra la remunerazione del capitale (finanza) e i redditi da lavoro (produzione) che le ricette liberal-globaliste hanno realizzato con la complicità dolosa, ma spesso anche semplicemente dettata da una profonda ignoranza, delle classi politiche mondiali, con il risultato che in quasi tutti i paesi ricchi, e nella maggior parte di quelli in via di sviluppo, si è sempre più ridotta la quota di reddito nazionale attribuita ai lavoratori, ovvero agli attori della produzione reale, mentre i cosiddetti possessori del capitale hanno beneficiato di un sempre maggiore aumento dei propri guadagni (interessi e dividendi spesso realizzati grazie a tagli del lavoro, delocalizzazioni produttive verso paesi a minor retribuzione del lavoro o a minore tassazione) ad un tasso di crescita che risulta da anni molto più veloce di quello dell’economia reale, che nel frattempo ha anche pagato il vero prezzo della crisi mondiale, crescita aiutata anche dal ricorso a pratiche di elusione ed evasione fiscale e dalla riduzione delle imposte rendite da capitale che le classi politiche realizzavano come “soluzione” a ciò indotte o da pressioni lobbystiche o da “suggerimenti” di “influenti” professori e studiosi dell’economia globale…

ed anche nel mondo del lavoro il divario tra lavoratore medio e dirigenti è rapidamente aumentato con la retribuzione dei lavoratori in sostanziale stagnazione e quella dei manager aumentata vertiginosamente e fino a livelli oltre la logica delle responsabilità…

insomma, fatte queste premesse che non voglio ulteriormente allungare, rimandandovi per maggiori dettagli ai tanti report che ormai fotografano questa assurda situazione, è tempo di saltare ad una conclusione che mi pare univoca, ossia che la causa principale di questo “latifondo finanziario” che ci consegna un panorama tecno-feudale pieno di contrasti e prodromico di quei cruenti conflitti generati dalla disperazione della povertà, è nella ideologia ultra-liberista impostasi con la globalizzazione che ha forgiato, dopo la coppia genitoriale ronald reagan e margaret thatcher, nella primogenitura di tony blair, una generazione trasversale di politici-camerieri del tutto sconnessi dalla realtà dei propri governati e completamente referenti alla curatela degli interessi di una ingorda élite finanziaria…

una élite finanziaria tanto ingorda, quanto miope e stupida, da non comprendere che, messa alla strette, la gran massa dei diseredati a vario livello che sono ormai i soggetti passivi della globalizzazione e della finanziarizzazione, prima tenterà di fuoriuscire dal “sistema” nell’unico modo non violento possibile, le elezioni, poi, constatando magari il fallimento di queste soluzioni, farà altro

come infatti credete sia possibile leggere politicamente e socialmente due fenomeni a prima vista inspiegabili (non volendo certo ricorrere alla psichiatria di massa come spiegazione), ovvero prima la brexit, poi la vittoria di trump alle elezioni americane, se non come un voto “contro” l’establishment che oggi appare garantire uno status quo, ed in sostanza un voto contro la globalizzazione?…

nel primo caso, la brexit, l’evidenza del danno autoinflittosi dal popolo britannico con l’uscita dalla u.e., nel secondo caso l’elezione di un guitto che racconta barzellette che non fanno affatto ridere, entrambe le soluzioni appaiono più che convinte espressioni di volontà politica, quindi in qualche modo di alternativa, soluzioni disperate, ignoranti, cafonal, ma sostanzialmente di destra, ovvero di quella destra delle radici sociali che non necessariamente è progetto, più spesso essendo solo risposta psicotica ad una minaccia che non si comprende appieno, ma che appare evidente e concreta nell’oggetto politico che la rappresenta, in un caso cameron, nell’altro la clinton, due esponenti di punta di quella fenomenologia politica di centro-destra-sinistra che affonda la sua postura nel pensiero unico, ossia nella credenza che non esista altra alternativa a questo modello sociale che qualcuno ancora si ostina a chiamare “di mercato”, mentre è sempre più marcata la sua matrice feudal-pluto-oligocratica (uso il suffisso pluto con un certo timore, visto chi lo usava in passato, e vogliate perdonarmi se qualcuno si sente offeso)…

ma allora vuoi vedere che se queste sono soluzioni di destra, ossia viscerali, per sortire (o tentare di farlo) da questo sacro impero della finanza con tanto di vassalli, valvassini, valvassori, abati, chierici e servi della gleba, ciò accade perché mancano soluzioni di sinistra, ossia razionali o almeno sperabilmente tali?…o perché manca proprio la sinistra, intesa come attore politico di un cambiamento di prospettive?…

certo, quando intendo sinistra non intendo né i camerieri o servi sciocchi che oggi alloggiano i  partiti a matrice liberal-social-democristiana (tale è ormai il pd) e neppure coloro che, ingenuamente o meno tentano di cambiarli dall’interno, ma neppure quelle manifestazioni di succedaneità parassitaria che scambiano la sopravvivenza in carriera di qualche “giovane/vecchio trombone” e con lui di qualche “impiegato” della sinistra, ovvero di quel sottogoverno saccente e dai toni dimessi, con quel diritto di tribuna che infiamma le folle (beh, si fa per dire folle), ma riporta sempre il consenso ricevuto lì dove alberga la mangiatoia, in nome di qualche miracoloso evento che verrà (e mi riferisco all’universo-mondo atomizzato dei partiti a sinistra del pd), come una volta c’era sempre “un compagno che sarebbe venuto da roma”…

e neppure intendo quella sinistra sempre più identitaria, minoritaria, e tutto sommato archeologica, che innesta su un dissenso sociale che ormai neppure più rappresenta o comprende, un patetico tentativo di costruire sulle contraddizioni, magari camuffandosi in nuovi movimenti viscerali e demagogici…

no, non ne usciremmo mai né con un pd che ritorna leggermente a sinistra, ovvero diventa un po’ meno cameriere nella versione che auspica di superare renzi, né con qualche neo-bertinotti che si assume l’incarico “gravoso” di rappresentare in parlamento una galassia di sinistra diffusa che sempre più si identifica con gli individui che sentono di appartenere ancora a questo mondo ormai identitario, e neppure con qualche rivoluzionario di risulta, figurarsi con chi neppure è di sinistra (penso al 5 stelle che non declina alcuna identità, non possedendola neppure)…

no, qui parliamo di un’altra idea di sinistra che possa elaborare e supportare un sistema valoriale e programmatico che possa quindi fare da base ad una proposta politica di fuoriuscita a sinistra dalla globalizzazione e dalle sue sperequazioni inemendabili, una sinistra dei territori, vicina alla gente ed alle sue esigenze (lavoro, garanzie, ambiente e cibo sano, salute, senso del sociale e del comunitario), una sinistra che, in quanto vicina a queste esigenze, neppure ha necessità di declinarsi come sinistra, ma la “pratica nelle pratiche”, programmando modelli autonomi e locali di sviluppo dei territori, filiere corte e modelli produttivi a basso/nullo impatto ambientale, reti di solidarietà socio-sanitaria e finanziaria, economie circolari che ridiano senso al prodotto come espressione di un territorio e non di un generico mercato, un pensiero lungo che individua nel luogo e nel cittadino le sue matrici esistenziali in antitesi netta al non luogo ed al consumatore che sono i mattoni su cui si fonda il modello produttivo e di consumo che accompagna la globalizzazione…

una sinistra che esiste già idealmente in ciascuno di noi, ma che è tutta ancora da costruire, una sinistra dei territori federata in una idea g-locale di paese e mondo che è oggi l’unica alternativa valida al globale, una sinistra g-locale che è sommatoria di identità distinte che necessitano di dialogo costante e di orizzontalità nella formazione delle idee contro la logica del globale che impone canoni politici-esistenziali fondati sulla comunicazione verticale, che non necessitano neppure più della democrazia, ma solo della sua formalità apparente, magari chiamandola riformismo…

ovvero combattere la globalizzazione con la g-localizzazione, impegnandosi a meno chiacchiere su cosa sia la sinistra e più idee concrete a farla la sinistra in un patto con la gente, a meno spocchia nel comunicare voli della mente e più umiltà dell’ascolto delle necessità, alla ricerca dei mille piccoli progetti dal basso e per il basso, tutti interlacciati tra loro a comporre il grande progetto, una rete g-localista, ecco come la immagino la sinistra che guida le nostre società fuori dalla globalizzazione e dalla dittatura della finanza…

una sinistra che riparta dalle lotte locali per proporre modelli fattuali di nuovo e lungo respiro in grado di connettere intorno a se una collettività che, a torto o a ragione, neppure sa più che cosa è o dovrebbe essere la sinistra dopo 30 anni in cui gli è stato ripetuto come una messa cantata che “non ci sono più destra e sinistra” e che oggi si affida all’urlatore di turno che il più delle volte o è un masaniello o peggio ancora, una sinistra attrattiva perché vera, sincera e vicina a ciò che la gente sente sia bisogno vero…

una sinistra in grado di comprendere e rappresentare non più una classe sociale (e magari fosse riuscita almeno in questo negli ultimi 30 anni), ma un intero territorio nella complessità delle relazioni ambientali, sociali e comunitarie che si intrecciano ed intessono in un unicum da assumere a paradigma anti-globalizzante, ovvero la comunità ed il suo interesse diffuso e collettivo contro il globale ed il suo interesse particolare, il luogo e la comunità contro il non luogo e l’individuo consumatore…

ne riparlerò ancora e più concretamente in seguito, ma ci ho provato e ci sto ancora provando, qui in basilicata ed ora, con COMUNITA’ LUCANA…

sperando di essere d’esempio e desiderando ricevere esempi da seguire…

miko somma

p.s. e francamente neppure mi interessa molto che sia vista come sinistra, mi importa ci sia…   

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