fonti energetiche rinnovabili – sesta parte

7.     idrogeno – veniamo ora ad una delle fonti energetiche più controverse, l’idrogeno…l’idea di propagandare l’idrogeno come combustibile primario fu avviata dall’economista e presidente della foundation of economic trends di washington jeremy rifkin (economia dell’idrogeno, 2002 mondadori), anche se asserzioni in tal senso sono nettamente preesistenti…premettiamo che la possibiltà di utilizzo dell’idrogeno come fonte energetica rinnovabile ha sostenitori e detrattori e la discussione scientifica in merito non ha ancora definitivamente chiuso l’argomento in un senso o nell’altro

l’idrogeno (h2 nella sua forma molecolare) è certo l’elemento più abbondante nell’universo, ma data la sua leggerezza ed estrema volatilità estremamente raro nell’atmosfera terrestre e praticamente assente sulla terra nella sua forma primaria, quella di gas infiammabile, ottenibile però attraverso procedimenti artificiali che lo producono per separazione da alcuni elementi esistenti, a partire pima di tutto da un dispendio primario di energia per la sua stessa produzione…di certo, più che una fonte energetica in senso stretto, al pari dell’elettricità l’idrogeno rappresenta un vettore energetico, cioè un mezzo di accumulo di energia prodotta da altre fonti

allo stato attuale la quasi totalità dell’idrogeno prodotto in processi industriali proviene da fonti fossili come il carbone o il metano attraverso una tecnica conosciuta come reforming, tecnica che consente di immagazzinare l’energia contenuta nelle fonti fossili con una efficienza media del 75% ed una perdita energetica sotto forma di calore del 25%, quindi leggermente più alta dei processi termoelettrici basati sugli idrocarburi…tuttavia per ogni atomo di carbonio presente negli idrocarburi utilizzati nei processi di reforming si produce una molecola di anidride carbonica, il principale, ma non unico gas-serra, un quantitativo del tutto simile a quello prodotto utilizzando direttamente gli idrocarburi in una centrale termoelettrica…altre tecniche consentono di estrarlo sia dall’acqua (elettrolisi) che da batteri e microalghe (con diverse tecniche come la biofotolisi, la fotofermentazione anaerobica, che sfruttano entrambe la luce nel processo di sintesi energetica del bioidrogeno, e la fermentazione al buio), sempre comunque attraverso l’uso massiccio e per il momento ben poco conveniente di un’altra fonte energetica

di fatto la produzione industriale di idrogeno avviene per il 97% da idrocarburi (600 miliardi di m3 nel mondo prevalentemente da carbone attraverso la gassificazione a vapori d’acqua, come nel caso dell’ydrogen park enel di marghera) e per il restante 3% da elettrolisi dell’acqua, mentre tutte le altre tecniche, per quanto promettenti, rimangono tuttora allo stato di sperimentazione e studio…l’uso quasi totale di idrocarburi per la produzione industriale di idrogeno poco o nulla cambia quindi nel bilancio energetico totale che continua a rimanere incentrato sulle fonti fossili (argomento dei detrattori) e tuttavia l’idrogeno presenta il pregio fondamentale di un utilizzo dell’energia immagazzinata che non porta all’emissione di ulteriori inquinanti (argomento dei sostenitori)

considerando che l’idrogeno viene quasi esclusivamente ipotizzato come propellente per l’autotrazione, esistono per il suo utilizzo due differenti opzioni:

  • combustibile per motori a combustione interna, simili ai motori attuali, ma opportunamente modificati, che consentirebbero un quasi annullamento delle emissioni dei gas di scarico…infatti questi sarebbero composti da vapore acqueo e minime presenze di ossidi di azoto
  • celle a combustibile, cioè dispositivi di conversione dell’energia immagazzinata in pile a combustibile in energia elettrica per alimentare automobili a motore elettrico…in questo caso le emissioni sarebbero di solo vapore acqueo e quindi uguali a zero

a proposito di entrambi gli utilizzi va precisato che nel primo dei casi, pur non necessitando di massicce e costose riconversioni dei motori del parco veicoli totale, ma una loro modifica ed ammettendo poi un rendimento di questi simile ai motori a benzina, nel processo di produzione dell’idrogeno vi è una perdita tale di energia che fa si che, a parità di energia prodotta, occorra un consumo maggiore di idrocarburi, di conseguenza maggiori emissioni di gas-serra, migliorando certo sensibilmente la situazione dell’inquinamento nei centri urbani, ma peggiorandolo nella sua globalità, mentre nel secondo caso, oltre alla totale e costosa riconversione ai motori elettrici del parco veicoli, visti i buoni rendimenti delle celle a combustibile ed un loro prevedibile aumento di efficienza, il bilancio energetico si manterrebbe più o meno simile all’attuale, mantenendo però inalterata la problematica dell’inquinamento globale 

esiste una visione che prevede la produzione di idrogeno non da fonti fossili, ma dall’acqua (elettrolisi) attraverso l’energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili quali il fotovoltaico, l’eolico, etc., ma appare poco utile economicamente e funzionalmente un loro utilizzo per la produzione di idrogeno, piuttosto che la logica immissione di quanto prodotto da fonti rinnovabili direttamente nelle reti elettriche

va inoltre scongiurato che, a partire dal processo del reforming dal carbone, si utilizzi questa fonte ancora abbondante, ma terribilmente inquinante nonostante le varie tecnologie di abbattimento dei gas serra o addirittura di immagazzinamento di questi nel sottosuolo…va comunque ricordato che attualmente la produzione di idrogeno è inefficiente dal punto di vista termodinamico, richiedendo un’energia maggiore di quella che consente di risparmiare se usato come combustibile…l’unico modo di usare l’idrogeno come fonte di energia diretta è nella fusione nucleare, ancora sperimentale e dei cui effetti ben poco si conosce nella pratica, tecnica che ovviamente ci allontanerebbe dalla nostra idea di rinnovabilità delle fonti come strumento di un’altra energia…l’uso dell’idrogeno pone inoltre enormi problemi di stoccaggio e di trasporto, poichè ha una bassa densità energetica (rapporto massa-energia prodotta) ed ha caratteristiche di volatilità, infiammabilità, esplosività estremamente accentuate

pur ponendo quindi l’uso dell’idrogeno una serie di problemi tecnologici e politici (processi di accentramento produttivo nelle mani delle stesse multinazionali dell’energia e consumo in guisa di merce dell’energia, piuttosto che processi democratici di produzione ed utilizzo di un bene comune) per il momento irrisolti e necessitando ancora di miglioramenti tecnologici sostanziali, una visione laica della problematica porrebbe di fronte ad alcune scelte in base alle quali anche l’attuale livello tecnologico dell’idrogeno potrebbe risultare accettabile

  • pur non risolvendo affatto il problema dell’inquinamento globale e del surriscaldamento, ma semmai concentrandolo ulteriormente nei plessi di produzione energetica, un utilizzo massivo delle celle a combustibile soprattutto per i veicoli pubblici (il cui utilizzo andrebbe fortemente incentivato, contemporaneamente disincentivando il traffico privato), renderebbe l’aria delle nostre città finalmente respirabile, realizzando di fatto un primo passo verso quell’equilibrio tra uomo ed ambiente che ci sembra un punto irrinunciabile di un cammino virtuoso fatto non di utopie da contrabbandare, ma di tappe da raggiungere verso quelle stesse utopie
  • porre nei fatti un superamento tecnico e concettuale del motore a combustione interna, basato sugli idrocarburi e sulle loro logiche di produzione e consumo
  • affermare la logica del trasporto di persone e merci come logica pubblica da sottoporre a precise regolamentazioni e programmazioni energetiche, tecnologiche, ambientali, sociali e politiche

 miko somma (continua)

il parco, il POR-co, i pirla

comunicato stampa del comitato no oil potenza 

a proposito della conferenza di oggi a viggiano…

che il parco nazionale della val d’agri-lagonegrese sia diventato dopo tanti anni una realtà ormai istituita ed istituzionale è cosa che ci rallegra tutti, certo un po’ meno se pensiamo che per perimetrarlo si sia dovuto trattare con le compagnie di idrocarburi…che il governo regionale si dedichi un te deum cantato sulle note di por-por-por è cosa che neppure intristisce più di tanto, tanto è riconoscibile da chiunque ragioni almeno una lenticchia la solita liturgia di autocelebrazione pre-elettorale volta alla conservazione perpetua del baronato vassallo di via anzio…la conferenza di viggiano è una mediocre musica da camera, le cui note ed accidenti musicali per menti pigre neppure varrebbe la pena commentare insieme al solito servile controcanto mediatico che inneggia a quanto benessere questo petrolio ci ha portato…neppure i sindacati (istituzioni anch’essi) si sono sentiti di partecipare a questa parata degli sciocchi, a questo sciabordio calmo da collettore fognario di dati percolati per stanchezza, a questa canestrata andata a male di ideologia buonista della menzogna di uno sviluppo eco-ballista (dopotutto de filippo e soci s.a.s. di eco-balle se ne intendono e le loro sono molto più pericolose di quelle campane), sviluppo che al più genera, come ritorno economico alle popolazioni, qualche buffet ordinato al ristorante e qualche extra per un paio di camerieri in livrea gallonata di rammendi…ma ricapitoliamo…il parco, il POR-co-sì come ci viene raccontato, i pirla, che poi saremmo noi lucani…noi che dovremmo credere ancora alle favolette propinateci all’ora di pranzo dal solerte servizio informazioni rai-pd-3 basilicata…faccia pure presidente, sci-orini pure i suoi dati bulgari senza contradittorio , mostri quanto tiene all’ambiente, alla legalità, alla democrazia, alla partecipazione, lei che regge questa regione come un ragno avvolge nella sua tela la preda catturata nella ragnatela, si faccia interprete di quel nuovo che a giudicare dalle liste sa di minestrina riscaldata, ma è indigesta come un barile di petrolio, porti pure avanti quelle sue idee di un interfaccia diretto tra affari e politica che schiaccia nel frattempo una terra intera ed i suoi abitanti…faccia pure!!!…tanto noi non ci accorgiamo di niente ed al massimo possiamo usare quel poco che le compagnie dei suoi amici non ci hanno ancora trivellato e portato via in autobotte o in oleodotto…il pensiero libero e critico, l’agire passionale e democratico, il sentire forte e chiaro che tra il suo dire ed il nostro fare c’è di mezzo una regione che non merita affatto lei, la sua giunta e tutte le multinazionali che dalle acque minerali di rionero al pozzo di monte grosso credono di poter usare questa terra come “una donna sexi che non si sa vendere”, ma di cui qualcuno ha già stabilito il prezzo…vogliamo provare a chiedere agli abitanti di questa regione quanto sviluppo e quanto benessere hanno finora ricevuto dalle estrazioni di idrocarburi o lo chiediamo solo a chi ne ha ricevuto la sua razione?…presidente de filippo, giunta regionale della basilicata, compagnie multinazionali, noi vi combatteremo, noi vi manderemo a casa!!!

…a proposito di monte grosso,  la fornisce lei e subito qualche spiegazione sul perchè la valutazione sul pozzo non è mai arrivata a roma o dobbiamo attenderla per quando le trivelle avranno già ricominciato a scavare?

miko somma, portavoce del comitato no oil potenza     

Il Regolamento Urbanistico di Potenza

Sta per essere adottato dal Consiglio Comunale di Potenza, sotto le spoglie di un Regolamento, un Piano Urbanistico che segnerà, nel bene e “nel male”,  il destino del capoluogo per i prossini cinquant’anni. E’ urgente che sia fornita ai cittadini un’informazione chiara, trasparente e semplice. In questa città gli interessi della rendita fondiaria sono stati sempre salvaguardati ed estremamente valorizzati ai danni dei cittadini e dei loro diritti a una città e ad una vita migliore. Questo Piano viene presentato, nel silenzio delle associazioni, degli ordini professionali, dei partiti (anche quelli della sinistra…), come la svolta che assicurerà la costruzione di case di edilizia sociale, verde, spazi pubblici e la fine della speculazione da parte dei costruttori: E’ UN INGANNO, ANCORA UNA VOLTA SULLA PELLE DELLA COMUNITA’!

Di seguito il mio articolo pubblicato sul Quotidiano (per fortuna qualche isola di informazione libera ancora resiste) di sabato 3 marzo, in risposta alla relazione presentata dall’Amministrazione Comunale nella seduta del Consiglio Regionale di mercoledì scorso.

Il Regolamento Urbanistico di Potenza: tra perequazione e sperequazione 

La seduta del Consiglio Comunale tenutasi mercoledì 27 marzo presso il Palazzo della Prefettura di Potenza ha rappresentato una preziosa occasione per ascoltare la relazione di Campos Venuti sul Regolamento Urbanistico che ha elaborato per questa città.Riservandomi in un altro momento di commentare la pur brillante illustrazione del Regolamento-Piano fatta da uno dei maestri dell’urbanistica, ritengo invece opportuno argomentare alla puntuale introduzione dell’assessore all’urbanistica, avv. Singetta, in rappresentanza dell’Amministrazione Comunale.

1) L’eccellenza di questo Regolamento Urbanistico – che mi pare quantomeno improprio chiamare Regolamento – consiste nell’uso della perequazione urbanistica al fine di acquisire aree da destinare ad edilizia sociale e quindi consentire anche alle fasce più deboli di acquistare una casa. Tale meccanismo inoltre ha consentito il raddoppio degli standard urbanistici e nel contempo la riduzione, rispetto alle previsioni del PRG vigente, di circa 1000 vani.

Prima di tutto definiamo cosa si intende per perequazione. E’ uno strumento che consente all’amministrazione comunale di acquisire aree in zone centrali e prestigiose del territorio urbano, trasferendo per compensazione i diritti edificatori di chi concede l’area in altre aree. Deriva dal verbo perequare che significa distribuire equamente diritti sul territorio (non solo edificatori). In tal senso questo Piano ha individuato alcuni lotti dove applicare tale meccanismo, ma concedendo il diritto edificatorio all’interno dei lotti stessi e acquisendone la parte residuale (in certe percentuali) per realizzare edilizia sociale o standard per la città (verde, strade, aree per servizi e parcheggi).Come si può facilmente comprendere, invece di acquisire per intero aree centrali e strategiche, così da realizzare in modo esteso, organico e continuo servizi per i cittadini (aree verdi che non siamo solo aiuole o scarpate, piazze, percorsi pedonali, spazi ludici, sportivi, culturali, etc., connessi e integrati tra di loro), si acquisiscono parti di piccoli lotti, concedendo ai privati diritti edificatori sulle aree residue dei lotti medesimi.A tal proposito, quando il metodo perequativo afferma di voler tutelare e distribuire in modo equo diritti, si riferisce in primo luogo ai diritti dei cittadini e non a quelli dei privati o di una specifica fascia sociale, come invece accade nel modello applicato per la nostra città. L’edilizia sociale è un diritto e non è necessario pagare un prezzo così alto (concedendo elevati diritti edificatori ai privati) per ottenerlo; ci sono tanti altri modi, senza parlare della vera motivazione che in questa città ha reso possibili prezzi del tutto inaccessibili: la costituzione di un cartello tra i costruttori, che hanno mantenuto concordemente alti i prezzi, eliminando dal mercato eventuali imprenditori esterni che avevano tentato di costruire proponendo prezzi onesti (per intenderci 1.600/1.800 Euro a metro quadro a fronte dei 2.600/2.800 Euro/mq imposti dal cartello di cui sopra).Riguardo agli standard, ne va garantita la qualità, la progettazione organica e complessiva e l’articolazione in vari livelli; al contrario sono spalmati e frantumati in modo casuale sul territorio e in piccoli lotti. Ancora una volta prevale la mera logica da ragionieri (far quadrare i conti delle quantità).

2) Le aree aperte (cioè le campagne). C’è la necessità di dare una risposta alla domanda abitativa nelle campagne, in modo da adeguare la situazione di fatto a uno stato di diritto.L’attività agricola è ormai ridotta: consentendo cambi di destinazione d’uso si dà la possibilità di trasformare costruzioni esistenti (come capannoni o stalle) in uso residenziale, commerciale, artigianale, con differenti limiti edificatori per le diverse funzioni.

La legge nazionale vieta di costruire in zona agricola, se non per la conduzione di un fondo da parte di agricoltori, con indice residenziale pari a 0,03 mc/mq. Tale norma assennata intende tutelare il paesaggio agrario, gli habitat e la biodiversità, e impedire che costi elevatissimi, per disseminare linee idriche, fognarie, elettriche, etc. che servano tutte le abitazioni, rappresentino un costo inaccettabile e non equo per la collettività.Le norme contenute in questo piano riguardo alle cosiddette aree aperte costituiscono un vero e proprio condono, un incoraggiamento ad altri abusi, un danno per la comunità; inoltre contribuiranno a stravolgere ulteriormente il paesaggio delle nostre campagne. Anche in questo caso: quali sono i vantaggi per tutti i cittadini?Si potrebbe anche considerare di concedere l’edificazione in campagna per scopi non agricoli, ma solo alla presenza di un piano apposito che definisca nuclei rurali compatti (anche sviluppando quelli già esistenti intorno alla città) e regole certe.

3) Il Regolamento Urbanistico, partendo dalla viabilità prevista dal PRG vigente (1989), attua una nuova proposta (PUM: Piano della Mobilità Urbana) caratterizzata da razionalità ed attuabilità. In tale ottica scarica un terzo dei costi di questa viabilità sui privati che vogliano esercitare un diritto edificatorio.

A proposito della perequazione va riaffermato che essa si pone l’obiettivo di acquisire aree per servizi pubblici, quindi per garantire una qualità del vivere quotidiano a ciascun cittadino. La scelta di scambiare diritti edificatori da concedere ai privati per far risparmiare all’A.C. una parte dei costi della viabilità sarebbe giustificabile all’interno di un’idea complessiva ed organica di città, che questo Piano non mostra in alcun intervento che propone. A tal proposito è emblematico quanto affermato nel punto seguente.

4) Nel R.U. è anche presente l’attenzione ai percorsi verdi. Ciò dimostra che questo piano non intende cementificare, ma valorizzare le aree verdi già presenti mediante la progettazione di percorsi che colleghino i parchi di questa città (ad esempio il Vallone di Santa Lucia).

Appare quanto meno singolare che si possa parlare di parchi in questa città, dove non è presente alcun parco urbano, atteso che Montereale, le Ville del Prefetto (chiusa) e di Santa Maria, Sant’Antonio La Macchia, non possono essere considerati parchi ma semplici ville, aree attrezzate o aree verdi a servizio dei quartieri di appartenenza.Riguardo al Vallone di Santa Lucia, una vallata piuttosto acclive attraversata da una strada a scorrimento veloce, nella quale questo Piano Urbanistico consente ulteriori edificazioni e la costruzione di un centro direzionale, potrebbe essere trasformata in un parco urbano solo in seguito ad un progetto e alla rinuncia di altre costruzioni, all’interno di un unico piano organico.Ma la questione più sconcertante riguarda la marginalità riservata allo studio del verde, che è relegato emblematicamente all’ultimo punto di questa introduzione.I principi ispiratori della Legge Urbanistica Regionale n. 23/99 riguardano la tutela e la valorizzazione delle reti ambientali-ecologiche, le quali dovrebbero costituire la trama fondante di ogni livello di pianificazione, come già sperimentato in realtà quali l’Emilia Romagna o nella rete ecologica che connette la città di Roma ai parchi extraurbani. Ad esempio i piani che Campos Venuti ha progettato per città come Piacenza e Reggio Emilia si fondano su tale presupposto…In questo Piano Urbanistico il verde costituisce un elemento marginale e formale, è parcellizzato senza alcuna continuità significativa e vengono avanzate proposte di localizzare parchi urbani in zone, come il Lago Pantano di Pignola, che hanno ormai acquisito altre connotazione, o come Lavangone (Avigliano Lucania), dove un palazzetto dello sport, autentica cattedrale del deserto, rappresenta l’unica struttura di un progetto degli anni ’80, mai realizzato, di una città dello sport e dove, al contempo, si propone l’ampliamento dell’attuale cementificio.Queste brevi considerazioni di certo non esaustive cercano di sollecitare un confronto su un Piano Urbanistico che potrebbe segnare definitivamente il triste destino di Potenza e un’attenzione da parte di tutti i cittadini verso scelte che sono difficilmente comprensibili e interpretabili, nella forma in cui il piano viene presentato, anche da parte degli esperti. In tal senso si pone la necessità di assicurare alla comunità un’informazione semplice, chiara, trasparente, per consentire a tutti di acquisire consapevolezza e consapevolmente di partecipare alla progettazione del proprio destino. 

Paolo Baffari  

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fonti energetiche rinnovabili – quinta parte

6.   energia da biomasse – le fonti di energia da biomasse sono costituite da sostanze non fossili, di origine animale e vegetale (queste ultime anche coltivabili), che possono essere usate come combustibile per la produzione di energia (biocombustibili) o come generanti gas  a sua volta combustibile (biogas)…tratteremo in seguito i biocarburanti…va subito chiarito che in questa trattazione viene categoricamente esclusa dal concetto di biomasse ogni operazione sul ciclo dei rifiuti urbani (termodistruzione), materiali che in nessun caso possono essere considerati come fonte di energia rinnovabile…la precisazione è doverosa, vista la equivocità di talune interpretazioni in merito

distinguiamo subito le principali categorie di biomasse in:

  • biomassa secca e legna ecologica
  • biocombustibili da coltivazione
  • biogas

le biomassa secche e la legna ecologica, utilizzate come combustibili per la produzione di calore da utilizzare in quanto tale in impianti di teleriscaldamento o di calore da applicare alla produzione di energia elettrica, sono ricavate da uno sfruttamento razionale delle superfici boscate esistenti o da piantumazioni artificiali con essenze arboree od arbustive a crescita rapida…le biomasse secche e la legna ecologica utilizzate per produrre calore o energia elettrica possono rivestire una grande importanza come fonti energetiche rinnovabili, ma solo se strettamente legate alle necessità energetiche del luogo d’origine, quindi in centrali di ridotte dimensioni, vista la possibile snaturalizzazione dei processi biologici legati a sfruttamenti e/o coltivazioni organizzate in scala industriale…la biomassa secca e la legna ecologica infatti devono avere come caratteristiche per essere riconosciute tali, la provenienza del materiale ligneo da abbattimento di piante già morte, da scarti di potature, forestali ed agricole, da sfruttamento razionale delle superfici boscate (matricina per piccole strisce di bosco o 1 pianta ogni 4, ad esclusione di alberi secolari, essenze protette, boschi storici, ecosistemi ed habitat protetti), una lavorazione ecologica (sega a mano, sega e cippatrice elettrica, etc.), l’assenza di costi aggiuntivi energetici significativi per il suo trasporto e determinate caratteristiche di retribuzione per ora lavorata…torneremo comunque in seguito sull’argomento sul rischio dei processi industriali

i biocombustibili per la produzione di energia elettrica sono derivati da coltivazioni pilotate di vegetali a rapida crescita da utilizzare come combustibili nel processo calore-energia, come ad esempio il miscanto (miscanthus giganthus), una graminacea ibridata alta fino a quattro metri dall’elevata resa (60 tonnellate di materia secca per ha. equivalenti a circa 60 barili di petrolio in termini di potere calorico, sperimentata anche in italia), semi di leguminacee (soia, senape, etc.) ed essenze cerealicole (mais e frumenti), anche modificate geneticamente (ogm)… come per le biomasse secche e la legna ecologica, anche in questo caso, nonostante l’apparente naturalità del processo di coltivazione, il rischio dei processi industriali è molto alto per l’ambiente e per l’uomo ed è legato sia alla possibile contaminazione di grandi superfici agricole da parte di quelle componenti transgeniche che il processo industriale sembra suggerire come le essenze più appetibili per una grande produzione, sia per la possibile destinazione di enormi superfici agricole ad utilizzi energetici e non più legati alle coltivazioni in senso stretto…anche su questo aspetto torneremo in seguito

il biogas è il prodotto della fermentazione anaerobica (anaereobiosi, cioè fermentazione in assenza di ossigeno), operato da microorganismi batterici su materiale organico, vegetali, rifiuti urbani, scarti agricoli e liquami da deiezioni animali o da fognature ed è attualmente utilizzato come combustibile per la produzione di calore o di energia elettrica, previo passaggio in fermentatori chiusi (digestori) da cui viene captato e filtrato…con il termine biogas si intende una miscela composta da vari gas (anidride carbonica, idrogeno molecolare e prevalentemente metano) che si forma spontaneamente negli accumuli di materiale organico ( es. le discariche di rifiuti urbani ne sono grandi produttrici, così come le vasche di contenimento delle deiezioni animali negli allevamenti)…esistono varie tipologie di impianti di produzione a seconda delle matrici organiche, liquide o solide…è da osservare che nella combustione del metano così ricavato, la quantità di anidride carbonica (co2) emessa è quasi pari a quella fissata direttamente dai vegetali o indirettamente dagli animali, quindi in un ciclo breve che riguarda il presente, al contrario di quella emessa dai combustibili fossili per i quali il processo di fissazione di co2, avvenuto in epoche lontane, porta al suo rilascio nell’atmosfersa con la combustione nell’epoca attuale, aumentandone la concentrazione…un ulteriore vantaggio del recupero e dell’utilizzo del biogas riguarda la captazione di metano, emesso si naturalmente con la decomposizione di vetegali ed animali, ma enormemente aumentato dallo sfuttamento umano sulle attività animali e vegetali…è da ricordare come l’immisione in atmosfera di una tonnellata di metano (ch4) , in 100 anni, equivale all’immissione di 21 tonnellate di anidride carbonica (co2)…l’ossidazione del metano che avviene con la combustione porta alla sua degradazione in anidride carbonica (meno pericolosa) ed acqua 

veniamo ora ad una serie di considerazioni finora solo accennate a riguardo dell’utilizzo delle biomasse animali e vegetali come fonte di energia rinnovabile…per le biomasse secche e per le biomasse da coltivazione i rischi insiti nei processi industriali a cui le logiche dei grandi impianti di produzione energetica inevitabilmente conducono, portano a grandi rischi di snaturalizzazione dei processi biologici primari, in termini sia di uno sfruttamento massiccio ed irreversibile del patrimonio forestale, ben oltre quindi la propria capacità auto-rigenerante e ben oltre il naturale processo di decomposizione degli scarti vegetali, sia di impianti di enormi foreste antropizzate o coltivazioni transgeniche poco naturali, su terreni agricoli, a pascolo od a riposo, e quindi destinazioni forzate delle originarie vocazioni di vaste porzioni di territorio…è da rimarcare come, non riuscendo o potendo trovare suoli bastanti alle necessità energetiche attuali dei paesi del primo mondo, i rischi di una possibile esportazione industriale di queste colture in paesi del terzo mondo, paesi dalle economie fragile ed assetate di entrate finanziarie (già realtà in molti casi, vedi centro e sud america con le coltivazioni per il biodiesel statunitense) e le conseguenti monocolture che ne deriverebbero,  impatterebbero direttamente sulla destinazione dei suoli destinati alla sussistenza alimentare delle popolazioni locali…infine il conto energetico globale verrebbe ad essere squilibrato dalle necessità energetiche di trasporto e di lavorazione industriale delle biomasse

la combustione di biomasse genera comunque grandi quantitativi di anidride carbonica, seppur già fissata dagli organismi, ed il loro utilizzo come fonti energetiche non può non tener conto di una necessità, conclamata nei fatti e normata dagli stati aderenti al protocollo di kyoto, di diminuire i gas-serra immessi in atmosfera, intervendo quindi con una costante diminuizione dei processi di carbonificazione…per i motivi sopra esposti è auspicabile quindi che tali impiantistiche a biomasse ed a biogas rimangano sussidiarie alle necessità strettamente locali di produzione energetica in una logica di piccoli impianti integrati volti alla auto-produzione ed all’autosufficienza di piccole comunità. 

riunione del comitato no oil potenza

domani, martedì 4 marzo alle ore 18.00 riunione del comitato no oil potenza presso la sede wwf di potenza in scalinata IV novembre…ci prepariamo a dargli una botta terribile, quindi non mancate!!!

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ancora altre nuove dal sito basilicatanet

copincollo dal sito istituzionale della regione basilicata:

VILLA D’AGRI, MERCOLEDI’ CONVEGNO SU PETROLIO E AMBIENTE
“Petrolio. Una risorsa e un problema per l’ambiente” è il tema del convegno organizzato dall’Assessorato alla Pubblica Istruzione della Provincia di Potenza, che avrà luogo mercoledì mattina, alle ore 9.30, presso l’Istituto Tecnico Agrario di Villa d’Agri. Un seminario di incontro, studio e condivisione, scaturito a conclusione di una Borsa di Studio sul tema “Inquinamento da petrolio: esistenza del problema nel territorio regionale e degradazione fotoassistita dei costituenti del petrolio”, per il dottorato di ricerca in Scienze delle Chimiche-XXI Ciclo della durata di 3 anni, attivato e finanziato nel 2005 dallo stesso Assessorato all’Istruzione di concerto con l’Università della Basilicata, Dipartimento di Chimica della Facoltà di Agraria.
Diversi gli interventi in programma di vari rappresentanti di organismi istituzionali e non, mondo accademico e ricerca. Si inizia con un breve saluto da parte del dirigente dell’Ita, il professor Rocco Guerriero a proseguire con l’assessore provinciale all’Istruzione, Domenico Vita che si soffermerà sull’obiettivo del seminario “affrontare il tema scottante dell’inquinamento ambientale alla luce dei risultati delle indagine scientifiche condotte dai ricercatori”.
Ad entrare nei dettagli tecnici con la relazione sull’”Inquinamento da idrocarburi: diffusione nel territorio”, Maurizio D’Auria, docente dell’Unibas, mentre dal campo scientifico, CNR del Polo di Marsico Nuovo, interverrà il ricercatore Vincenzo Lapenna con l’argomento “Tecnologie elettromagnetiche per lo studio dell’inquinamento dei suoli da idrocarburi”. Un focus sulla “Svolta nei rapporti tra ricerca petrolifera e ambiente” sarà affrontato dai responsabili dell’Eni del Distretto Produzione Val d’Agri dell’Eni, l’ingegnere Angelo Ligrone e della Salute, Sicurezza e Ambiente, Enrico Tavolini. Il contributo dal mondo accademico proseguirà con le riflessioni sulla “Fotogradazione del petrolio” da parte della vincitrice della Borsa di Studio, la prof.Vincenzina Velluzzi e di Laura Serano con “Analisi FTICR della degradazione del petrolio”. A chiudere l’incontro sarà il presidente della provincia Sabino Altobello.

apro il sondaggio…secondo voi quale sarà il giudizio che si darà del petrolio in val d’agri?…io non ce la faccio più dal ridere…ridiamo, cittadini lucani, ridiamo che “gente allegra dio l’aiuta!”…miko

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nuove dal sito basilicatanet

copincolliamo dal sito istituzionale della regione basilicata:

INCONTRO IN REGIONE PER IL RILANCIO DELLA GRANCIA
(AGR) – Convocato dal Presidente della Regione, Vito De Filippo, si è svolto a Potenza (Sala Verrastro) un incontro sul Parco Storico Rurale e Ambientale della Basilicata “Grancia” e sulle possibilità di creare un sistema turistico integrato.
All’incontro hanno partecipato gli assessori regionali Vincenzo Folino e Roberto Falotico; l’assessore provinciale Vito Summa; il presidente della Comunità Montana “Alto Basento”, Gerardo Ferretti; il commissario dell’Apt Gianpiero Perri e i sindaci dei Comuni di Potenza, Avigliano, Brindisi, Castelmezzano, Pignola, Pietragalla e Campomaggiore.
Nel corso dell’incontro è stato discusso il tema del rilancio di Grancia e della creazione di un distretto turistico, che, muovendo le mosse dagli attrattori dell’Alto Basento, realizzi un modello di sviluppo comprensoriale, in grado di riproporsi in altri ambiti territoriali della Basilicata.
Il programma comunitario 2007-2013 dovrà essere lo strumento principale di sostegno dell’idea progettuale.
Per attuare tale modello si è deciso di attivare un tavolo di coordinamento tra i Dipartimenti regionali e il sistema delle Autonomie Locali interessati. Obiettivo principale sarà quello di individuare gli strumenti tecnico-gestionali più adeguati con i quali realizzare l’iniziativa e mettere a sistema gli attrattori turistici più significativi dell’area (Grancia, Volo dell’Angelo, Castello di Lagopesole, Palmenti di Pietragalla, Campomaggiore vecchio…).

noi ci chiediamo come tutte queste belle prospettive di rilancio possano mai convivere con pozzi di petrolio, centi olii ed oleodotti, come dai progetti illustrati in una conferenza stampa della società che intende perforare a monte grosso…il tutto con la presenza, proprio nelle aree interessate da questa ennesima presa in giro, di ben due istanze di ricerca denominate li foj e frusci, oltre al permesso di ricerca serra s. bernardo…le due le ipotesi che facciamo sono: o tutto procede speditamente verso la perforazione e queste belle parole sono la solita “compensazione ambientale” che precede la solita truffa o siamo di fronte al solito atto ignorante, arrogante ed ipocrita di una classe dirigente regionale che ha perso ogni residuo contatto con la realtà…tutta rona “solita”, ma ora basta!!!…cari de filippo & co. s.a.s. noi pensiamo che per rilanciare la grancia ( e la basilicata tutta) bisogna prima di tutto toglierla dalle grinfie dei petrolieri e degli affaristi a tutti i costi, quindi toglierla anche dalle vostre mani…definitivamente…miko

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il convegno di ferrandina

dopo il convegno credo sia il momento di fare il punto della situazione di ciò che emerso dalla ricchezza di contenuti espressi a ferrandina…qualcuno comincia a parlare criticamente di energia, di piano energetico regionale, di energie rinnovabili…e lo fa criticamente e laicamente, senza preconcetti o liturgie, cercando di trovare in un percorso del “proporre e fare” la via di espressione pratica di quanto andiamo dicendo tutti da anni…questo modello energetico non funziona più…e non parliamo solo degli idrocarburi nel loro impatto devastante con l’ambiente, ma di tutta una filiera energetica da rinnovare nei suoi presupposti di base, quelli delle logiche imperiali delle multinazionali, che toccano prima di tutto le logiche democratiche…abbiamo bisogno di altre energie – certo che ne abbiamo bisogno! – e nelle more della critica severa al sistema del fossile individuiamo percorsi di rinnovabilità delle fonti e di virtù sostenibile nel loro utilizzo seriamente praticabili e non solo enunciabili come lavacro per le coscienze, ma abbiamo bisogno di un accesso altro al nucleo del “pensare energia”, prima di tutto destrutturando concettualmente le basi dell’ineluttabilità di un certo modello di sviluppo che individua nella “maledizione della crescita continua” il perno intorno a cui far ruotare l’intero sistema energia…vale a dire che lo sviluppo e l’impianto di nuove tecnologie energetico-produttive a nulla servirebbe se non accompagnato dalla democratizzazione e dall’auto-gestione dei canoni di produzione e consumo, a partire proprio da quella trasformazione dell’equivalenza energia=merce in energia=bene comune…questo credo, in sintesi estrema, possa essere quanto le relazioni della mattina hanno individuato nel loro evolversi, sempre strettamente intrecciato tra globale e locale…ed è quanto nel comitato ci diciamo dal primo giorno, opponendo un secco no alle logiche degli idrocarburi, ma affermando un risoluto si alle energie rinnovabili, all’auto-gestione, all’auto-sufficienza, alla democrazia partecipata delle scelte collettive, ad una gestione programmata del territorio e ad uno sviluppo entropico alle logiche dell’ambiente…nel pomeriggio abbiamo sviluppato in un tempo che è e sarà sempre troppo breve, una serie di riflessioni partecipate all’interno dei gruppi di lavoro, riflessioni che in una rapida stesura collettiva di documenti, crediamo possano divenire un primo strumento di rivendicazione alla partecipazione ed alla decisione sulle scelte energetiche di quella parte di popolo lucano che non si riconosce in chi, per stanchezza, poca conoscenza, comparizie o addirittura complicità, contribuisce all’accettazione acritica di un modello imposto di basilicata centrale energetica al soldo di interessi altrui…miko  

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fonti energetiche rinnovabili – quarta parte

5.   energia eolica – arriviamo ora ad una delle fonti energetiche rinnovabili più controverse, l’energia eolica…è dato comune che l’energia prodotta dai generatori eolici sia poco costosa (forse meno di ogni altra forma di energia), ma a causa di una normativa quadro poco chiara, se non addirittura assente, in questi anni abbiamo assisitito al proliferare di grandi impianti, assai invasivi dal punto di vista paesaggistico, che hanno scatenato molte polemiche nelle comunità…normalmente l’energia eolica dovrebbe essere pensata in forma di piccoli impianti installati per soddisfare le esigenze energetiche di singole comunità, quindi con un numero di pale o generatori strettamente tarato sulle esigenze energetiche delle stesse comunità…di fatto osserviamo spesso l’installazione di grandi impianti in luoghi alti e ventilati, spesso senza alcuna verifica delle loro capacità impattanti…ma andiamo con ordine, partendo da un dato storico che vede nell’energia eolica una delle prime forme di energia sfruttata  dall’uomo per la sua grande potenzialità meccanica…la capacità di opporre all’energia di spinta del vento un ostacolo fisso generante trazione diretta (la vela delle navi) o mobile grazie a meccanismi di trasferimento del moto (mulini a vento) è stata per secoli l’unica fonte di energia, eccetto quella animale, in grado di offrire un supporto energetico alle attività umane…con il diffondersi delle macchine a vapore, in grado di ofrrire rendimenti costanti l’energia eolica è praticamente sparita come fonte energetica, ritornando in auge solo negli anni settanta del secolo scorso come possibile alternativa energetica all’aumento del costo del petrolio.

prima di entrare nei dettagli, ricordiamo però il carattere di imprevedibilità del vento…per quanto esistano zone esposte a venti più o meno costanti, la quantità di energia prodotta dipenderà sempre dall’intensità degli stessi venti…la trasformazione del vento in energia elettrica avviene attraverso due gruppi distinti di macchine eoliche in funzione del modulo base adoperato e definito generatore eolico:

  • generatori eolici ad asse verticale
  • generatori eolici ad asse orizzontale

generatori eolici ad asse verticale (vawt – vertical axis wind turbines): è una macchina eolica la cui struttura è caratterizzata da una bassa quantità di parti mobili, cosa che le conferisce alta resistenza alla forza del vento e soprattutto la possibilità di sfruttare la direzione di questo senza ri-orientarsi di continuo…si tratta di macchine molto versatili, ma il cui impiego è minimo data la bassa efficienza di conversione energetica (meno del 30%)…l’unica installazione industriale di generatori eolici ad asse verticale era situata in california ad altamont pass, ma risulta attualmente smantellata…la bassa resa di questi generatori ne hanno nei fatti confinato l’uso alla sola ricerca…da più parti si asserisce comunque che le ore di utilizzo totali di questi generatori sarebbero maggiori di altre tipologie di macchine eoliche, rendendoli di fatto più competitivi…in italia è stato sviluppato un nuovo progetto di generatore ad asse orizzontale denominato kitegen (kite wind generator)…si tratta di un progetto che eliminerebbe molti dei problemi legati alla statica dei generatori, che per aumentare le rese devono di fatto aumentare le dimensioni totali dell’impianto…grazie a profili alari di potenza (power kites) solidali al perimetro della turbina, profili che di fatto ne divenengono le pale, si permette alla turbina di ruotare intorno ad una asse verticale, risolvendo molti dei problemi legati alla statica complessiva degli impianti…problemi essenzialmente dovuti alle enormi fondazioni che ogni macchina eolica sufficientemente potente come capacità generante impone perchè l’intera struttura possa resistere alla forza di spinta del vento…ricordiamo infatti che è solo in rapporto alla quantità di energia da produrre che dipende la quantità di spinta del vento da catturare e quindi sia la superficie mobile esposta a questo, sia la superficie totale dell’impianto, cioè l’altezza ed il diametro delle torri di sostegno.

generatori eolici ad asse orizzontale (hawt – horizontal axis wind turbines) – gli aereogeneratori attualmente in uso, quelli che normalmente osserviamo sulle creste delle montagne e dalla caratteristica forma di mulino a vento (che di fatto è una macchina eolica ad asse orizzontale) hanno l’asse di rotazione orizzontale e sono formati essenzialmente da una torre di sostegno in acciaio con altezze solitamente variabili dai 40 ai 100 metri, da un involucro cavo (gondola) al cui interno è alloggiata la turbina (generatore elettrico), azionata da un rotore costituito da pale, solitamente tre, della lunghezza di 20 o più metri ciascuna…una singola macchina simile, a seconda ovviamente delle sue stesse dimensioni e della presenza e quantità di vento totale, è in grado di generare elettricità da 600 kw a 3-4 mw…la velocità minima del vento che consente il funzionamento della macchina e la conseguente produzione di energia è di circa 3-5 m/sec, raggiungendo la potenza di esercizio dichiarata alla velocità di 12-14 m/sec…a velocità del vento superiori ai 20-25 m/sec la macchina viene bloccata da un sistema frenante che o blocca o inertizza il movimento delle pale per motivi di sicurezza…a simili o superiori velocità del vento infatti, le sollecitazioni statiche sulla struttura derivanti sia dalla forza totale della spinta del vento, sia quelle derivanti da un moto di rotazione esasperato delle pale che oltre a scaricarsi sulla struttura stessa, coinvolgerebbero le giunzioni tra gondola e pale con pericoli di distacco, sarebbero troppo forti per la tenuta dell’intero impianto…è utile a questo punto ricordare come, pur essendo relativamente facile e veloce il posizionamento di una macchina eolica, le fondazioni di sostegno per la torre e per gli ancoraggi di questa sono direttamente proporzionali ad una serie di parametri statici e dinamici quali l’altezza della torre e la spinta massima a cui questa potrebbe essere soggetta, parametri che sconsigliano le installazioni di torri eoliche di dimensioni maggiori delle attuali (ricordiamo che le più grandi installate on-shore, cioè in terra, hanno diametri di rotore di 70 metri, altezza delle torri di 130 metri, con un raggio della base di 20 metri, mentre per le installazioni off-shore, cioè in mare aperto, tali limiti strutturali non consentono dimensioni superiori ai 100 metri di diametro-rotore, 180-200 metri di altezza della torre, più ovviamente la parte sottomarina e le fondazioni, ma dell’oeolico off-shore parleremo tra breve più diffusamente)

le ragioni della spinta verso l’alto delle torri eoliche risiedono principalmente nella progressiva maggiore velocità e costanza del vento all’allontanarsi dal suolo e nella possibilità di predisporre con altezze maggiori delle torri rotori di maggiori dimensioni e quindi poter generare maggiori quantità di energia elettrica…è da notare comunque come nel nostro paese manchi una legge quadro o un testo unico che regoli le energie eoliche, tanto che alla borsa elettrica l’energia derivante da eolico, benchè meno costosa, quindi più conveniente, sia tuttora relativamente poco richiesta

in paesi come la danimarca la percentuale di energia elettrica prodotta con l’olico ha raggiunto il 23% del fabbisogno nazionale, mentre si attesta al 9% in spagna ed al 7% in germania…l’italia si situa al settimo posto tra le nazioni con le maggiori capacità installate

l’eolico off-shore merita di essere trattato separatamente…con il termine eolico off-shore si intendono impianti installati in mare aperto, in situazioni meteo-logistiche maggiormente influenzate dalle circolazioni dei venti, dipendenti per buona parte proprio dai gradienti di accumulazione termica delle acque profonde…la spagna ha avviato un accurato monitoraggio sull’intero territorio nazionale per stabilire quali fossero le aree maggiormente ventilate e con maggiore continuità della stessa allo scopo di individuare i siti maggiormente idonei all’installazione di centrali medio-grandi, estendendo tali monitoraggi mediante centraline fisse e mobili lungo le coste ed in mare aperto, scegliendo alla fine di individuare nell’off-shore la possibilità di impiantare centrali eoliche di potenza prossima o superiore al gw, ma solo dopo aver provveduto ad un decentramento energetico ed alla diffusione di microimpianti in singole abitazioni, condomini e piccole comunità…in norvegia invece sorgerà il più grande impianto eolico del mondo della potenza di 1,5 gw installato off-shore a havsui, mentre il governo del regno unito a deciso di impiantare off-shore 20 gw eolici, che aggiungendosi agli 8 gw già programmati, soddisferebbero l’intero fabbisogno nazionale delle utenze domestiche del paese

esattamente come per l’off-shore, trattiamo a parte il micro o mini eolico, cioè la metodologia che prevede piccoli impianti da installarsi presso utenze delocalizzate e volte al soddisfacimento di bisogni off-grid, cioè fuori rete…in una ipotesi di una rete di auto-sufficienza energetica di piccole comunità, la possibilità di utilizzo del microeolico in simbiosi ad altri impianti di generazione energetica da fonti rinnovabili diviene strategica, ravvisandosi facilmente il basso impatto ambientale e paesaggistico che deriverebbe dall’installazione di torri eoliche dalle altezze estremamanete contenute

altro argomento estremamente importante quando si tratta di tipologia di energie rinnovabili è la loro efficienza energetica…per ciò che attiene all’eolico, si può dire che l’efficienza massima di un impianto eolico si calcola con la legge di betz, la quale dimostra che l’energia massima di un generatore sia il 59% di quella cinetica posseduta dal vento che gli passa attraverso…occorre dire comunque che tale percentuale è difficile da raggiungere e rappresenta un picco potenziale, mentre efficienze energetiche tra il 40 ed il 50% sono considerate ottimali

gli impianti eolici consentono ovviamente, come altre impiantistiche, notevoli economie di scala che abbattono i costi per kw prodotto, ma l’aumento della lunghezze delle pale, quindi il diametro del rotore, e conseguentemente l’altezza delle torri pone oggettivi problemi costruttivi, come già accennato e problematiche di impatto ambientale che andrebbero meglio considerate…erroneamente infatti si tende a credere che l’impatto di un impianto eolico riguardi solo il paesaggio, ma non si tende quasi mai a sottolineare l’impatto ambientale sia della costruzione in senso stretto, costruzione che prima dell’innalzamento della torre necessità di profonde fondazioni sia per questa che per i suoi ancoraggi al suolo, sia dell’infrastrutturazione stradale che il trasporto di parti meccaniche di grandi dimensioni comporta (si tratta di trasporti eccezionali e solo raramente assemblabili in loco), oltre alle reti di elettrodotti che impianti di generazione elettrica comportano per loro intrinseca natura…tutto questo ovviamente in ambienti montani dagli equilibri idro-morfo-geologici e zoo-biologici quasi sempre molto precari…si sono spesso notate modificazioni del comportamento animale nelle zone interessate, sia a causa del magnetismo legato alla produzione di energia, sia alla quantità di rumore prodotta dal movimento delle pale, così come una naturale tendenza dell’avifauna selvatica e delle mandrie bovine ed ovi-caprine a tenersi lontane dai campi eolici

più in generale osserviamo che la mancanza di leggi di regolamentazione riunite in un testo unico favoriscono il sistema della contrattazione parcellizzata, cioè di una forma di trattativa diretta tra aziende energetiche e comuni (quasi sempre piccoli comuni di montagna in via di spopolamento e di invecchiamento demografico) sui quali la rilevanza economica che le royalties generate dalle concessioni eoliche avrebbero sui rispettivi bilanci e sistemi economici pesa troppo spesso in favore di generali, frettolose ed incondizionate approvazioni di concessioni, concessioni che al contrario dovrebbero trovare in una sede di programmazione territoriale più ampia e partecipata dalle stesse popolazioni una naturale regolamentazione valida per tutto il territorio.

miko somma (continua)

 

Sul convegno di Ferrandina

Molto utile il convegno di Ferrandina per la lotta del Comitato, credo che miko ci darà altre informazioni a breve al riguardo. Comunque l’autorevolezza degli intevenuti e la ricchezza dei contenuti consentono un apporto più profondo ai nostri argomenti. Inoltre dopo il gemellagggio con Ortona e il collegamento con il Patto di Mutuo Soccorso abbiamo avuto modo di allargare la messa in rete del nostro comitato con altri punti di riferimento ricchi anche di competenze. Una bella risposta anche all’ arroganza  e allo spirito “coloniale” con cui i petrolieri sono “sbarcati” a Potenza nella conferenza stampa di mercoledi scorso, promettendo “devastazione e saccheggio” del territorio, dell’ ambiente e di noi tutti.

A proposito il centro oli dove lo facciammo? Forse al posto delle ferriera dopo che finalmente si riuscirà a spostarla ? Questi sono gli scenari da incubo che ci apettano? E’ vergognoso l’assordante silenzio delle istituzioni e in particolare del Palazzo Regionale di via Anzio riguardo alle intenzioni dei petrolieri, tanto più che si continua a non dare spiegazioni sul “giallo” della Valutazione d’ Impatto Ambientale “fantasma” che tutti abbiamo avuto modo di vedere ma che proprio non ne vuol sapere di incamminarsi per Roma e più precisamente per il Ministero dello Sviluppo Economico.

Non possiamo che giustamente continuare a ripetere: dimissioni….. !…….. dimissioni! 

nicola

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s.remo

mah, mi chiedo se sia mai possibile che a s. remo vinca sempre claudio villa…la canzone di nilla pizzi era a dir poco commovente nel suo riconoscere nei fiori un mandante galante…viva s. remo…io s. remo lo seguo dal 1789 quando vinse il trio s.just-danton-robespierre con il motivo “ho perso la testa”, una hit che miscelava romanticismo e durezza della vita…che tempi!!!…e come dimenticare il festival del 1860 quando vinse il duo vittorio-camillo con “qualcuno ha fatto l’unità, ora facciamo gli italiani”…o quello del 1922 quando l’irriverente folletto benito canta “me ne frego”…clamorosa poi la vittoria del 1953 di alcide con “difendila!” con quel secondo posto di palmiro con “magnamose tutto, pure li pupi”….ma il top è stata l’edizione del 2001, canta e vince silvietto con “mi consenta”…eh si, s.remo è l’anima degli italiani, s.remo è la mamma che ci canta la ninna-nanna, s.remo è la storia…viva s. remo…viva remolo e romolo!!!…

beh, stasera sono stanco e se sparo due castronerie me le perdonerete, spero…l’importante è non perdonare quelli che le castronerie le sparano sempre…buona notte y duermas con los angelitos…miko

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