allora come accennato in un post precedente in cui definivo allucinante il testo del DECRETO-LEGGE 12 settembre 2014, n. 133, meglio noto come sblocca-italia, è l’analisi più accurata di un testo annunciato dal 29 agosto scorso e giunto alla firma del presidente della repubblica dopo 15 giorni (le bozze precedenti presentavano palesi incongruenze logiche ed anche di tipo costituzionale), a rivelare elementi che, superando persino l’allarme che in noi lucani scatena la parte a noi dedicata (non prendiamoci in giro, poiché appare chiaro a tutti che le ricerche e le nuove estrazioni si estenderanno lì dove ragionevolmente si conosce l’esistenza di un consistente reservoir di idrocarburi, quindi essenzialmente in basilicata ed in misura minore in sicilia), ponendo molti interrogativi non solo sul dettato del decreto stesso, quanto su un‘ideologia di fondo accentratrice, neo-liberista e rigidamente centralista che sembra permearlo in quasi ogni articolo, comma o capoverso in cui si articola, mostrandone aspetti che meglio andrebbero valutati nell’architettura istituzionale ed economica di un paese prima di essere ingenuamente ingurgitati (o fatti ingurgitare) come salvifici…
e nonostante tutte le perplessità costituzionali che il testo presenta ancora, pure il presidente napolitano ha firmato il decreto (ma a lui toccava solo un esame preventivo) che ora approda alle camere per una conversione in legge che, se non posta la fiducia come ormai prassi per questo governo, pure andrebbe valutata dai parlamentari nel complesso delle cose e non nella semplice valutazione sulla tenuta del governo…proviamo allora a porre con umiltà uno sguardo critico a questo testo…
chiariamo subito, per distinguere questa critica da ogni “fumo della mente” di stampo prettamente strumentale, che non si tratta nel caso di questo decreto di “opera del diavolo”, ma di un congegno normativo parziale che non riuscendo o potendo intervenire per vincoli di bilancio ed oggettive difficoltà su quanto annunciato – gli annunci del premier per un periodo sono stati un po’ come il caffè che ti risveglia dal torpore del sonno – ha “inserito” in quegli annunci tutta una serie di passaggi che poco o nulla hanno a che fare con lo sblocco del paese, prefigurandone semmai una certa visione – visione che non condivido affatto – che si fa strumento inopportuno, poiché avanzato senza alcuna discussione condivisa sia in parlamento, sia nel paese, sia con le parti sociali, di cambiamenti che non mancherebbero di avere conseguenze irreversibili visto il difficile periodo, che non ammete sbagli ulteriori, sul paese e sulla sua difficile situazione economica, sociale e politica…
ma andiamo con ordine, articolo per articolo, o meglio capo per capo, nella convinzione che la parte che più interessa i lucani non sia solo ciò che più da vicino ci riguarda, le estrazioni ed il vero e proprio ricatto che vi sta operando, ricatto di cui spero il presidente pittella sia vittima come ciascuno di noi e non assistente carbefice per amor di parte, ma il complesso della norma decretata che interessando gli italiani, interessa per questa caratteristica gli stessi lucani…
nel primo capo del testo del decreto, misure per la riapertura dei cantieri, la parte forse più “reclamizzata” del decreto stesso per deviarne forse l’attenzione dalle sue parti più “critiche” ad una analisi meno da ultima spiaggia, come pure sembra voler suggerire il governo ed i suoi sostenitori trasversali, sull’avvio di opere ferroviarie come l’asse ad alta velocità bari-napoli l’attenzione viene più posta sulla figura commissariale e sui suoi poteri quasi dittatoriali, che su una ragionata analisi di come velocizzare la realizzazione di un’opera importante, sulla quale pure cala l’imprimatur della strategicità ad impedire o tentare di impedire criticità espresse dai territori, e si esalta così la figura commissariale, come in altre parti del decreto a volte del tutto impropriamente, intervenendo più nel complesso di vincoli oggettivi che opere che interessano territori di più regioni pongono alle comunità, quanto nella realizzazione concreta e celere del disposto…
si interviene allora non tanto a rendere più snella la cantierizzazione,suggerendo modalità di partecipazione attiva degli stessi territori interessati nell’ottenimento di risultati concreti e forse, poichè condivisi, più efficaci, continuando ad introdurre sulla scorta della “imperialità auto-attribuitasi” da renzi quelle figure di pro-consoli più o meno onnipotenti in grado di “forzare la mano” a quelle entità territoriali stabilite costituzionalmente che, recalcitranti o semplicemente ritardatarie, poco attente, ma elette democraticamente, non si fatica però a intuire viste ormai come “nemiche” da certo piglio decisionista del “gran capo”…
e si prosegue, nei successivi articoli del capo, con questo tenore anche nel lungo elenco di opere da cantierizzare, dove tra le altre si interviene con un aumento della dotazione per quasi 4 miliardi di euro, non nuovi si intende, ma riassegnati facendo pulizia nei cassetti del bilancio dello stato, e che troppo stranamente rispetto alla primazia necessaria visto il periodo e pur posta dell’occupazione in tempi rapidi che le infrastrutture consentono, però vedono il loro picco di intervento solo nel 2018, con oltre 2 miliardi (e ragionevolmente si può pensare che, essendo quella la data di scadenza naturale della legislatura, il premier, che pensa ad una durata dell’esecutivo coincidente con la legislatura se non costretto alla precipitazione di voti anticipati, intraveda un uso del tutto strumentale alle elezioni stesse di quei denari)…
ma si tratta di opere pubbliche, utili o meno che sia non è dato sapere, in qualche modo già impegnate finanziariamente e per le quali si decide, sulla scorta di un elenco, di andare oltre ogni discussione pur migliorativa degli interventi stessa, passando ad una fase operativa che, se nel primo capo prevede il sostanziale intervento dello stato come soggetto propulsore per “smuovere” incrostazioni burocratiche sugli appalti e passare alla fase pratica in cui si spera di incrociare la realizzazione delle opere alla maggiore occupazione ed alla creazione di ciclo economico, nel secondo capo, dove si parla di misure per il potenziamento delle reti autostradali e di telecomunicazioni, la musica cambia perché qui intervengono soggetti privati, i concessionari a cui viene concesso un potere che fuoriesce dalla stessa concezione di concessionario per divenire altro…
concessionari a cui il testo e così la volontà del governo, nel caso delle autostrade, concede un fin troppo ampio margine di intervento nella riorganizzazione del servizio e della rete (pur costruita con denari pubblici) con la motivazione delle “solite” migliori condizioni per l’utenza, migliori condizioni tutte da vericarsi all’atto pratico e che temo l’accentramento oligopolistico, in atto da tempo e che oggi pare si rafforzi, sul controllo della rete autostradale non migliorerà affatto per le note tendenze al “cartello” che già conosciamo e che temiamo non scompariranno affatto in virtù di quel maggior coinvolgimento, e che, nel caso delle reti telematiche, pone ad ulteriore invito dell’investimento privato (ben sostenuto dalla contribuzione dello stato) una sostanziale deregolamentazione sia degli interventi di sistema (quindi anche delle zone da servire e che nel caso di poca redditività sarebbero probabilmente sacrificate, come nel caso lucano) e sia sul territorio, interventi questi ultimi che vengono sottratti ai regolamenti locali che, giusti o sbagliati che siano, sono però frutto di quelle realtà rappresentative, per essere consegnati a percorsi che se appaiono apparentemente di semplificazione, in realtà sono dei veri e propri lasciapassare acritici alla posa quasi inselvatichita di condotte, cavi, postazioni, antenne e tutto quanto attiene, considerando nel caso soprattutto della telefonia mobile, non il quoziente di radiazione emesso dalle infrastrutture trasmittenti, come pure ci si sarebbe potuti aspettare, ma il solo dato edilizio di altezze e volumi, quasi un’antenna che emette onde sulla cui pericolosità oltre certi limiti di emissione la scienza tarda a volte a emettere parole, sia un normale manufatto edile…
renzi ed il suo governo decidono allora con piglio facilistico che per “sbloccare” l’italia le onde elettromagnetiche non fanno male (come anche il petrolio), se lo ficchino bene in testa i comitati di cittadini che si oppongono…
ma le “ciliegine ideologiche” cominciano adesso, dal capo III, misure urgenti in materia ambientale e per la mitigazione del rischio idrogeologico (titolo che pur sembra così benigno), e segnatamente dal lunghissimo articolo 7, che parla di acqua e di gestione del servizio idrico, articolo che sostanzialmente “privatizza” la gestione delle acque, obbligando i soggetti proprietari (le regioni) a scegliere soggetti gestori che non si fatica molto a percepire che se non saranno direttamente dei privati, saranno allora le utilities di cui ho avuto modo di parlare altre volte…
società, le utilities, apparentemente pubbliche, ma il cui tratto manageriale è talmente esasperato da confinare il controllo pubblico alla mera formalità di controllo sulla correttezza dei bilanci, potendosi demandare così attraverso manager onnipotenti pezzi importanti della gestione, quando non l’intierezza del servizio idrico, soprattutto con l’uso dei sub-affidamenti a cui si fa esplicito richiamo, realizzando così gestioni privatistiche o semi-privatistiche a cui non sarà possibile opporre alcunché…
si tratta di un surrettizio aggiramento dell’esito referendario sulle acque che pure aveva ribadito la volontà degli italiani di mantenere strettamente in mano pubblica la gestione dei servizi idrici, cancellando persino l’idea stessa di una remunerazione che oggi pare qualcuno voglia far rientrare dalla finestra, dopo che era stata cacciata dalla porta di casa italia…e dopotutto renzi (e non solo) non aveva mai fatto mistero di non considerare affatto un tabù la privatizzazione, palese o celata che sia, del servizio idrico e c’è da scommettere che la musica continuerà anche in altri settori…
ed in questo articolo si interviene anche in modo pesante sulla organicità del testo del decreto 152/2006, conosciuta impropriamente anche come “legge ambientale”, che se pur tante criticità manifestava, aveva comunque il merito di essere quasi un testo unico, sovvertendone l’originaria filosofia con “attività sartoriali” indirizzate da un lato verso questa modificazione del concetto di servizio pubblico che ora trasla verso il servizio in sé, nella sua evidenza causale e strumentale, e non più verso chi lo gestisce e nella sua figura che riflette il carattere stesso del servizio, nell’evidenza che se c’è un soggetto terzo al pubblico questo andrà remunerato per l’espletamento del servizio stesso (blair continua ad essere grande mentore per matteo), dall’altro verso una sempre più spinta caratterizzazione commissariale della gestione del rischio idrogeologico, dove il commissario è emanazione diretta di una volontà governativa in una logica ideologica del tutto centralistica e punitiva per le realtà locali, il cui ruolo certo non risulta incoraggiato all’autoriforma del comportamento…impostazione questa di renzi quasi un approccio napoleonico alla cosa pubblica…
il successivo art. 8 poi scardina la tipologia dei rifiuti, consegnando all’innocuità materiali da scavo tratti anche da siti inquinati che non rivestendo più la qualifica di rifiuti speciali potranno essere tranquillamente riposizionati in loco negli stessi siti, a meno non siano del tutto contaminati (ma vedremo in seguito qualche “bella novità proprio sui rifiuti e sul loro trattamento)…articolo questo che, letto alla luce delle bonifiche, significa che i terreni “scoticati” potranno essere riutilizzati e non, come adesso, trattati da rifiuti da allocare in apposite discariche, sovvenendo o facendo sovvenire spontaneamente la domanda “ma se possono essere riposizionati, a meno non siano del tutto avvelenati, allora che li togliamo a fare?”…sarà probabilmente l’idea di bonifica ambientale di matteo…
al successivo capo IV, misure per la semplificazione burocratica (cosa questa che non si comprende perché debba essere svincolata da una idea di riforma della pubblica amministrazione in cui troverebbe maggiore causalità e forse efficacia), ciò che colpisce non è tanto l’art 9 la cui reale utilità applicativa è invero scarsa e declamatoria, quanto l’art. 10 dedicato alla cassa depositi e prestiti, la cassaforte del paese come alcuni la definiscono, che nello stile di un decreto poco leggibile nel continuo modificare parole e periodi di altre norme, si trasforma da fornitore di disponibilità finanziarie per il settore pubblico con codificate convenzioni a cui possono accedere gli enti locali per realizzare progetti e servizi, a soggetto finanziario improprio coinvolto e/o coinvolgibile in attività di finanziamento di attività private che rivestano quello stesso concetto di pubblica utilità demandato ai privati che sembra essere l’assillo del premier e che, dopo un accenno ai successivi articoli del capo, ritornerà impellente in tema di sanità …
così se l’art. 11 prevede una serie di disposizione di defiscalizzazione degli investimenti infrastrutturali in finanza di progetto, quindi in quella finanza che si avvale dell’ausilio di fondi privati, facendo un regalino che pur sembra un invito ad investire abbastanza opportuno visti i tempi è pur sempre un regalo di cui andrebbe tarato meglio l’impatto sulle casse dello stato, soprattutto perché trattasi di opere non strategiche, l’art. 12 contiene una curiosa attribuzione diretta al premier di intervento sui fondi non spesi dagli enti locali e riattribuzione degli stessi ad altri, non meglio specificati, progetti di cui non è dato sapere i criteri di riassegnazione (e facilmente si comprende come questo potere che pur apparirebbe giustificato a fronte dei consueti ritardi delle amministrazioni nella progettazione e realizzazione degli interventi finanziati, potrebbe risultare un potere non proprio di un presidente del consiglio su fondi che non sono di competenza diretta dello stato, poiché fondi europei assegnati alle regioni, e così impugnabile in sede europea come atto indebito)…
l’art.13, una modulazione legislativa dei project bond che a mio avviso rimarrà sulla carta esattamente come i bond stessi (nel caso ritornerò sull’argomento), nell’art 14 una breve norma sull’overdesign a tutela dei gestori di infrastrutture in casi di richiesta di maggiori aderenza ai requisiti di sicurezza (e qualcosa occorrerebbe dirla, ma ora porterebbe troppo lontano), e nell’art. 15 il fondo per la patrimonializzazione delle imprese affidato a privati che potranno remunerare, ma senza speculare (quel sia poi il limite tra remunerazione e speculazione poi non è chiaro ad alcuno), ma è nell’art 16 che chiude il capo che troviamo, quasi nascosta, la pillolina che introduce ciò che il premier a breve -ci si può scommettere, se ne troverà tempo e modo in un contesto in cui comicia ad accusare alcune difficoltà – tenterà di portare a maggior compimento nel sistema sanitario nazionale, l’intervento dei privati direttamente nella sanità pubblica nell’espletare una funzione pubblica che deve rimanere competenza del pubblico, e che se qui riveste quasi carattere di esperimento limitato alla sardegna (come esplicitamente dichiarato) e segnatamente al nuovo ospedale di olbia, in cui non meglio specificabili capitali stranieri interverranno finanziariamente per sostenere la costruzione, tra non molto tempo potrebbe divenire norma generale ed accettata e non solo nella sanità (pensiamo alle carceri)…
ed è così che si stabilisce un precedente molto pericoloso per lo stesso concetto di sanità universalistica che conosciamo e di cui credo il paese debba andare fiero, pur tra sprechi, scandali, ruberie, malasanità che non si devono (o dovrebbero) mai confondere con il principio che la salute deve essere assicurata perchè cittadini italiani, precedente che sembra essereulteriormente incoraggiato anche dalla possibilità data alla regione sardegna di derogare alla norma che stabilisce la percentuale di posti letto per mille abitanti e di innalzare il tetto di spesa fino al 6% per acquisti di servizi dalla sanità privata, un bell’affare…ci vogliamo prendere in giro o questo è l’ingresso del privato nella gestione diretta della sanità pubblica?…
…(continua)
miko somma
p.s. ovviamente mi scuserete la lunghezza dell’articolo e soprattutto il carattere di serialità che minaccia maggiore lunghezza, ma ad argomenti complessi non sempre è possibile fornire spiegazione facili