pallettoni o palla unica?…

23/09/2014

l’intervento del presidente pittella sul tema idrocarburi merita un comunicato stampa, ma prima di aprire il fuoco vorrei ascoltare anche i consiglieri per sapere se caricare a pallettoni o a palla unica…si scherza, ma il gioco non mi piace affatto!!!

miko somma

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una ragione per essere di sinistra…

22/09/2014

c’è da fare un calcolo bilanciato tra la modernità, o quello che spesso crediamo lo sia, presi come siamo a considerare che una tacca di connessione a qualcosa sia una conquista sociale, e la vita reale della gente…e tristemente nel corso degli ultimi 15 anni il conto del “progresso” di questa modernità lo hanno pagato sempre i più deboli, siano i vecchi e nuovi poveri o i poveri tra i poveri, che tali lo sono proprio perché c’è un mondo che vive sulle spalle di un altro mondo…e c’è ancora una ragione per essere di sinistra, no?

miko somma

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#‎rinsaviscimatteo‬

20/09/2014

questa tendenza a portare titoli di riforme in europa per contrattare allentamenti del rigore porterà molto male al paese…nel frattempo congiuntura economica internazionale o meno, in sette mesi di governo renzi tutti gli indicatori sono peggiorati e qualcosa questo pur significherà, ma lui, il matteo, non se ne cura e tira dritto lungo la sua strada fatta di offese, boria, promesse e minacce, dimenticando (o facendo finta di dimenticare o forse non intuendolo neppure) che a dividere la società ed inasprire conflitti sociali chi ne perde è il paese ‪#‎rinsaviscimatteo‬

miko somma

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critica ragionata del decreto sblocca italia (a libero uso di cittadini e parlamentari)…parte III

siamo arrivati alla parte che a ragion veduta ho definito come “scottante”, al capo VIII, misure urgenti in materia ambientale, e già al primo degli articoli, il 33, bonifica ambientale e rigenerazione urbana delle aree di rilevante interesse nazionale – comprensorio bagnoli/coroglio, che inizia con una serie di considerazioni sulla rilevanza del tema al comma 1, mentre al successivo comma 2 in merito alla rilevanza costituzionale del tema ambientale, segnatamente all’art. 117 comma 2 capoverso m) della costituzione, la materia di cui all’articolo viene “stiracchiata” verso la competenza statale come se la riforma del titolo V fosse già operante, relegando ad una mera collaborazione sussidiaria il ruolo degli enti locali, regioni in primo grado, un passo normativo che a mio avviso “stride” con il dettato costituzionale vigente…

ma oltre questo dubbio, ciò che preoccupa è il ricorso ab origine ad un commissario straordinario per la gestione di fasi cruciali della bonifica o meglio delle bonifiche, dal momento che tutto pare doversi estendere dalla stessa analisi logica e grammaticale del testo ad ogni bonifica nel paese in una logica a senso unico non raccordata ai territori, quindi non più alla sola bonifica del sito di bagnoli, come pure al titolo, sovvertendo anche ogni logica, poiché recita la disciplina attuale dell’art. 11 della legge 23 agosto 1988, n. 400 comma 1 che “1. Al fine di realizzare specifici obiettivi determinati in relazione a programmi o indirizzi deliberati dal Parlamento o dal Consiglio dei Ministri o per particolari e temporanee esigenze di coordinamento operativo tra amministrazioni statali, può procedersi alla nomina di Commissari straordinari del Governo, ferme restando le attribuzioni dei Ministeri, fissate per legge.”, quindi dovendosi, come da logica del testo, interpretare lo straordinario come fuori dall’ordinario…

appare così la figura resa strutturale del commissario straordinario, solo sentita la regione sulla sua nomina, figura che risponde della sua azione al solo consiglio dei ministri e con i soliti poteri di deroga ai tempi e modalità di esercizio delle attività di bonifica, bonifica al comma seguente attribuita ad un soggetto attuatore a nomina del consiglio dei ministri, eliminandosi così ogni responsabilità della regione, che viene a perdere anche competenza sull’assetto urbano ed edilizio in un punto, anche questo, a forte contrasto costituzionale…

altro punto stridente al principio di sussidiarietà è la conferenza di cui al comma 9, convocata dal commissario con tempi strettissimi di conclusione, 30 giorni, trascorsi i quali ogni decisione è avocata dal consiglio dei ministri che decide il programma che a tutti gli effetti diviene operante anche come variante urbanistica, in un approccio semi-dittatoriale che rivela forti umori antiregionali che relega ogni collaborazione delle istituzioni locali ad una mera osservanza ai poteri del commissario e del soggetto attuatore, mentre bagnoli e le sue specificità di recupero ambientale ed urbano è relegata agli ultimi 3 commi, non mancando di attribuire al soggetto attuatore, qui definito come società, ma senza specifiche se di tipo pubblico o privato a rilevanza pubblica, proprietà e diritti della società pubblica in liquidazione bagnoli futura spa

nel successivo Art. 34 Modifiche al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, per la semplificazione delle procedure in materia di bonifica e messa in sicurezza di siti contaminati. Misure urgenti per la realizzazione di opere lineari realizzate nel corso di attivita’ di messa in sicurezze e di bonifica, si interviene sulla normativa ad oggi effettivamente complessa con il solito cambio di periodi e parole della norme precedente, ma al comma 7 forse si chiarisce meglio la ratio stessa della norma quando si parla di opere lineari realizzabili nel contesto della bonifica senza che sia chiara però la natura di tali opere che rimangono di stretta competenza del consiglio dei ministri, mentre nel successivo comma 8, normando sui valori di contaminazione/valori di fondo dei terreni riposizionabili in situ nel corso di bonifiche ambientali, si fa accenno appunto ad un rapporto tra contaminazione (misurabile) e valori di fondo (i punti zero per chiarirci) che solo raramente sono stati registrati nel paese, rendendo di fatto quasi ogni terreno riposizionabile nei luoghi da cui è stato estratto

ma è l’art. 35, (Misure urgenti per l’individuazione e la realizzazione di impianti di recupero di energia, dai rifiuti urbani e speciali, costituenti infrastrutture strategiche di preminente interesse nazionale) che più di tutti allarma poiché il testo è chiaro e recita di termovalorizzatori (ma dovremmo chiamarli inceneritori) che assumono posizione centrale nel trattamento dei rifiuti, poiché diventando infrastrutture strategiche di preminente interesse nazionale, rivelando ciò che già era a conoscenza, cioè che il presidente del consiglio ed il consiglio dei ministri sono non solo a favore dell’incenerimento dei rifiuti, ma considerano tale pratica tanto importante da sottrarla, attraverso quella formula rafforzata di strategicità, praticamente ad ogni forma di controllo locale

ancor più drammatico è che al comma 1 si prescrive entro 90 giorni decretazione del ministro dell’ambiente, di cui è nota la posizione sull’incenerimento come soluzione al problema dei rifiuti, in cui si proporranno i nuovi siti da realizzarsi non solo come “riequilibrio socio-economico”, cosa che lascia ben intuire che verranno realizzati nelle aree depresse e poco antropizzate (come lo è la nostra regione), ma paradossalmente come attività di concorso alla raccolta differenziata, quindi nei fatti dovendosi intuire che molta frazione differenziata potrebbe finire appunto in quei forni, al comma 2, entro 60 giorni dall’entrata in vigore del decreto (quindi a metà novembre) si dovrà procedere alla concessione di ogni autorizzazione che conduca verso la saturazione termica, quindi il massimo di esercizio degli impianti esistenti – vogliamo fare due conti per fenice? –  ai commi 3 e 4 che ogni impianto a carattere di recupero termico viene revisionato per gli esistenti ed autorizzato per i nuovi nel senso del comma precedente, al comma 5 che non esistono più vincoli di bacino, quindi ad ogni impianto potranno arrivare rifiuti prodotti in qualsiasi parte del territorio nazionale, e via discorrendo in un crescendo di pathos filo-inceneritori che, vorrei ricordare costano tanto, producono poco, interferiscono con il recupero delle materie seconde e, non ultimo, sono analizzati in sede di direttive comunitarie come la penultima azione della gerarchia nel trattamento dei rifiuti (l’ultima è la discarica)…

e veniamo allora a quello che ci riguarda più da vicino, al capo IX, misure urgenti in materia di energia e quindi agli articoli 36 (Misure a favore degli interventi di sviluppo delle regioni per la ricerca di idrocarburi), 37  (Misure urgenti per l’approvvigionamento e il trasporto del gas naturale), 38, Art. 38 (Misure per la valorizzazione delle risorse energetiche nazionali), che sbagliatissimo sarebbe non analizzare nel loro complesso come un via libero alla ricerca più selvaggia di fonti di approvvigionamento sul territorio nazionale di idrocarburi, poiché se appare chiaro dal testo che gli aumenti di spesa autorizzabili avvengono solo sulla base del maggiore estratto rispetto al 2013, di cui al comma 1 dell’art 36, sostanzialmente un ricatto, rimandando alla legge di stabilità ogni aumento eventuale di spesa autorizzabile nei limiti della finanza statale, chiaro è che questo estratto deve realizzarsi ed in tempi brevi che sono indicati già per il 2014, quindi ad incremento immediato di quanto ad oggi già estratto…

primo punto di colore nerissimo quindi per la nostra regione, dove essendo già in atto estrazioni e trattamenti del greggio, logico appare che essendo la previsione di aumento a breve termine, da subito si provvederà, in deroga ad ogni accordo finora siglato poiché la norma al decreto è gerarchicamente superiore ad ogni accordo privato, quale è quello all’accordo di programma eni-regione basilicata del 1998 e quello total regione basilicata del 2006

e nel seguente articolo 37, pur se la materia – trasporto, rigassificazione e stoccaggio di gas –  appare a noi lontana, vorrei ricordare non solo il progetto di stoccaggio di gas  in val basento che ritornerà in auge, ma anche gli attraversamenti del nostro territorio del gasdotto che si collegherà al tap per costituire attraverso la dorsale appennica il raccordo con il terminale di minerbio

e così arriviamo all’art 38, quanto probabilmente molti già conoscono,

  • al comma 1) quella patente di strategicità ed indifferibilità che rende impossibile ogni intervento autorizzativo o al contrario di diniego  locale, e nel dettaglio si specifica
  • al comma 2) variante urbanistica in caso di autorizzazioni, quindi un reale sovvertimento di ogni programmazione del territorio,
  • al comma 3),  l’apertura alla ricerca e coltivazione di idrocarburi in mare, seppure già oggi in competenza statale,
  • al comma 4), il termine esaustivo per le regioni al 31 dicembre 2014 per terminare l’iter delle richieste, trascorso il quale tutto viene inviato al ministero, che inevitabilmente autorizzerà con la nuova nornativa al decreto,
  • al comma 5), la durata trentennale e rinnovabile per 2 decadi  del titolo concessorio unico, una volta terminata la fase di ricerca autorizzata fino a 6 anni + 3+3, quindi con un regime di destinazione dei territori di durata inusitata rispetto ad ogni forma di determinazione locale degli assetti dello stesso,
  • al comma 6), il dettato espropriativo che recita nei suoi capoversi che il titolo è concesso con intesa della regione per la sola terraferma, che il procedimento si conclude in 180 giorni presso la non meglio specificata conferenza di servizi, compresa l’emissione di una valutazione strategica che “libera” la regione da ogni possibilità di valutazione propria, che il titolo è concesso a chiunque abbia capacità tecnica ed economica residente in italia, unione europea o stati a reciprocità di trattamento
  • al comma 7), si recita ancor più chiaramente della velocità che sarà impressa alle questione idrocarburi , fissando appunto in 180 giorni il limite per le modalità di conferimento e di esercizio delle attività,
  • al comma 8), il titolare di una istanza sulla base della normativa precedente può chiedere il passaggio entro 90 giorni al regime concessorio unico, quindi entro la metà di dicembre 2014,
  • al comma 9), il passaggio di modifica normativa che introduce l’uso di nuove tecnologie, tra le quali non fatico ad intuire il processo di estrazione dello shale gas o gas di scisto,
  • al comma 10) le regioni saranno solo sentite in caso di giacimenti marini,
  • al comma 11) infine una più semplice possibilità di reiniettare acque di strato e gas

 e scusate se dopo  questo capo così disastroso per la nostra terra, francamente della revisione degli incentivi per i veicoli a basse emissioni o della raschiatura del barile per gli ammortizzatori in deroga che lo stato non riesce più ad erogare se non comprimendo piani di spesa a volte opportuna (argomento pur gravoso e che vorrei affrontare), del trasporto pubblico in campania e calabria, o quelle disposizioni in materia di finanza delle regioni che paiono diventare oboli del tutto insufficienti, eppure concessi per grazia del presidente del consiglio, del fondo di rotazione per la stabilità finanziaria delle regioni, proprio non ho più voglia di parlare, esattamente come di coloro che firmano questo decreto mostruoso, in larga parte inutile e spesso dannoso, particolarmente appunto per la nostra basilicata che diviene a tutti gli effetti damigiana petrolifera, esattamente come chi lo ha firmato per mandarlo in sede di conversione alle camere che spero per una volta ragioneranno con la testa ed il cuore e non, come al solito in questo periodo con la convenienza spiccia del dover sopravvivere nel proprio ruolo…e sempre ammesso che qualcuno non ponga la fiducia a questo decreto pazzescamente antidemocratico!!!

avrò modo a breve di completare le mie critiche a questa tendenza e di suggerire le mie proposte di opposizione al decreto…prepariamoci alla lotta!!!

miko somma

 

 

  

 

 

 

 

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pubblicherò tra un’oretta (il tempo di cenare) la terza ed ultima parte della mia critica al decreto sblocca italia…un po’ di pazienza per coloro che hanno la pazienza di leggermi

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il confine…

19/09/2014

esistono dei punti di confine che non si possono oltrepassare se non come conseguenza del libero accordo tra le parti come riconosciuta necessità…ora l’art. 18 è uno di quei punti, un simbolo forse, migliorabile forse, come l’intero statuto dei lavoratori e come qualsiasi punto di diritto, ma un simbolo che aiuta a riconoscere sfere differenti di potere contrattuale che non possono essere oltrepassate senza che ne derivi una generale contrazione del diritto del lavoratore ad essere tale e non solo un funzionale congegno biologico per la creazione di utili

miko somma

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la fellonia da scaricare…

18/09/2014

il babbo di renzi si dice non preoccupato dell’accusa di bancarotta fraudolenta…un vizio di famiglia, non preoccuparsi?…e nel frattempo “il giornale” parla di giustizia ad orologeria, chiarendo a che scuderia appartiene renzi…se il pd ha coraggio ed amore per il paese, occorre scaricare questo fellone, costi quel che costi

miko somma

e chiariamo che il problema non è il padre, di cui poco o nulla m’importa, il problema è matteo renzi e le favole pericolose con cui addomestica la disperazione della gente!!!

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critica ragionata del decreto sblocca italia (a libero uso di cittadini e parlamentari)…parte II

Veniamo ora al titolo V, non quello della costituzione, si intende, ma la parte di questo decreto che si occupa di misure per il rilancio dell’edilizia, e sin dall’inizio dell’articolo 17 dedicato alle semplificazioni nel campo dell’edilizia, qualcosa comincia a stridere poiché emerge chiaramente dalla lettura del lunghissimo articolo e dall’intreccio con le leggi modificate dall’articolo stesso, che il vero tema non è una semplificazione di procedure ad oggi abbastanza agevoli, viste le semplificazioni procedurali degli anni passati, ma una serie di misure che, incoraggiando accorpamenti tra unità immobiliari e piccole variazioni di destinazione d’uso e di pertinenze degli edifici, sostanzialmente non stimola, come pure si supporrebbe o si dovrebbe supporre il mercato immobiliare che segue immediatamente la parte edile (a logica se si costruisce poi si deve anche vendere), quanto deregolamenta le comunicazioni d’obbligo di una serie di attività, come appunto l’accorpamento tra unità immobiliari, le variazioni di destinazione d’uso in zone industriali dismesse o le modifiche di pertinenze per unità produttive che, a mio avviso, darebbero più il via ad operazioni prettamente speculative, che in buona parte risulterebbero sia incontrollabili alla conoscenza ed alla direzione del patrimonio edilizio (che è uno dei compiti della pubblica amministrazione) se non posteriormente alla realizzazione dei manufatti stessi, sia a quel corretto recupero del patrimonio edilizio dei centri storici che è il vero punto focale della ripresa del sistema edilizio…

detto in altri termini, sembra che il pericolo che si annida proprio dietro quelle norme più permissive sia, in un paese dove l’abuso per il vizio condiviso di allargare i propri metri quadri è sotto gli occhi di tutti, più una facilitazione che incoraggia appunto gli abusi stessi che un vero stimolo al settore che – ripeto – necessita di norme e che se non raccordato strettamente al mercato che già vive una condizione di crisi, rischia al meglio di produrre un circuito di cui beneficeranno solo per i pochi fortunati che possono permettersi di comprare immobili o di ristrutturarli…di tecnici compiacenti che firmano di tutto comprese documentazioni statiche e strutturali importanti ne è pieno il paese e per ciò che attiene l’edilizia scolastica vale lo stesso discorso, a maggior ragione poichè sottto i tetti delle scuole ci saranno studenti…

al seguente articolo, il 18, liberalizzazione del mercato delle grandi locazioni ad uso non abitativo si dà corpo ad una deroga di legge che consente di modificare i contratti di locazione superiori ai 150.000 euro annui e che probabilmente rendendo più fluido il mercato dei fitti dei locali adibiti ad attività produttive, dovrebbe consentire un maggiore dinamismo rispetto a quelle condizioni iniziali fissate al momento della locazione che la crisi ha profondamente modificato, rendendo più difficile per le aziende sostenere i canoni relativi e che il successivo articolo, il 19, prevedendo il non pagamento delle imposte di bollo sugli accordi di riduzione dei canoni, quindi pochi spiccioli, non aiuta certo, riguardando l’esenzione della sola imposta fissa di registro, così pur presentandosi come due elementi migliorativi, questi due articoli sembrano piuttosto pannicelli caldi…

l’articolo 20 è poi una serie di complesse rideterminazioni di quote fiscali e di esenzioni che agiscono principalmente sulle grandi società immobiliari, compresi quei grandi gruppi che negli anni passati hanno lucrato massivamente sul patrimonio degli enti messo in vendita dallo stato a prezzi definibili più di realizzo ed intercettati proprio da alcuni grandi gruppi immobiliari, ma articolo che sostanzialmente, ponendosi finalmente il problema del mercato immobiliare come “motivo” per il settore edile, però non incide affatto sul mercato stesso come stimolo, poiché non produce quelle decise riduzioni di costo che incoraggerebbero gli acquisti e la ripresa reale del settore in concomitanza con un migliore accesso al credito…

tra le pieghe delle complessità di continue modificazioni di leggi precedenti si intravede nella sostanza solo un sostanziale sconto fiscale per le società immobiliari, individuate probabilmente come attori principali del mercato, i soli così in grado di stimolarlo, dimenticando gli effetti nefasti sul mercato stesso che la detenzione di grandi pacchetti immobiliari ha prodotto e produce nel paese…

buona però la deduzione dal reddito imponibile del 20% all’art. 21 per chi acquista una unità immobiliare fino al costo di 300.000 euro per un seguente uso locativo con parametri abbastanza stringenti, anche nella previsione dell’impossibilità di accedervi alle compravendite tra familiari di primo grado (genitori-figli, quindi in sostanza finte vendite per cumulare la deduzione del 20% con il mancato pagamento delle imposte successorie), ma spalmarla su 8 anni forse diviene poco stimolante per l’acquirente, poiché la deduzione annuale effettiva sul reddito imponibile incide per il solo 2,5% annuo, e forse era impossibile ogni altra previsione, visti i maggiori costi di bilancio che la misura comporta, mentre il successivo articolo sul conto termico, il 22, rimane materia di successiva decretazione del ministero dello sviluppo economico, mentre forse avrebbe avuto bisogno di maggiore coraggio che qui non si legge affatto, anche considerando l’impatto positivo che la misura avrebbe sul fabbisogno energetico nazionale…

a mio avviso poco significativo in termini di respiro complessivo del decreto l’art. 23, disciplina dei contratti di godimento in funzione della successiva alienazione di immobili, che si occupa delle vendite con riserva di proprietà, in sostanza degli affitti con possibilità di riscatto dell’unità immobiliare, anche perché immobilizzato da una sua verifica di fattibilità presso le sedi europee per una parte sostanziale della materia normata, ma ottimo in fieri l’art. 24 che dà possibilità ai comuni di regolamentare sconti od esenzioni tributarie specifiche ai cittadini che eseguono lavori di manutenzione od abbellimento di limitate parti del territorio comunale, ma gli esiti applicativi non si possono considerare come separati dalla questione dei minori trasferimenti ai comuni o del patto di stabilità interno, potendo risultare concretamente azzerato il disposto all’articolo nella sostanziale impraticabilità per molti comuni, soprattutto quelli a maggiore sofferenza finanziaria, di rinunciare alla fiscalità locale, sia essa totale o anche solo parziale…

poco produttivo appare anche l’art. 25 che detta provvedimenti urgenti per semplificare od accelerare interventi in materia di patrimonio culturale, perché anche semplificando gli iter, senza specifiche partite finanziarie al rialzo il settore rimane comunque scoperto, a meno che la previsione non riguardi anche e forse riguarda soprattutto gli interventi privati, mentre il successivo art. 26 nel mentre sembra concedere ai comuni ed alle amministrazioni locali di poter acquisire immobili demaniali prevalentemente di proprietà del ministero della difesa, in realtà pone in atto un procedimento di avviso di vendita ai privati a cui dovranno di fatto collaborare gli enti locali redigendo varianti ai piani regolatori che, permettetemi di dubitare, saranno su misura degli interessi degli acquirenti privati che, permettetemi di giudicare, in questo paese troppo spesso si conoscono preventivamente alle stesse gare, anche e soprattutto quando lo stato necessita di far cassa svendendo il patrimonio immobiliare demaniale, escludendo altre e più proficue soluzioni collettive e pubbliche…

sibillino invece l’articolo 27, dedicato al patrimonio inail, dove viene stabilito che entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto stesso, con successivo decreto del ministero del lavoro verranno individuate opere di pubblica utilità su cui investire attraverso le casse dell’ente, con un termine comunque troppo breve rispetto ai tempi politici usuali per produrre effetti condivisi…

al capo seguente, il VI, misure urgenti per migliorare la funzionalità aereoportuale, all’art. 28 nei primi 3 commi curiosamente si dà corpo ad una misura di tipo retributivo con relative coperture che non si comprende come possa migliorare la funzionalità degli aeroporti, mentre evidente appare la sua sussidiarietà al recente accordo di vendita di alitalia che spalma sullo stato costi per 28 milioni di euro per tre anni per garantire condizioni contrattuali stabilite illo tempore sul contratto collettivo e che oggi gli acquirenti arabi non intendono caricarsi, mentre nei successivi commi si descrive il meccanismo di “fuga” dello stato dai costi dell’apparato di pronto soccorso degli aeroporti che non si comprende affatto quando saranno interamente a carico dei gestori privati…

all’art. 29 infine ci si prende 3 mesi per definire il piano strategico nazionale della portualita’ e della logistica a cura del ministro delle infrastrutture e dei trasporti, piano di cui nulla per il momento si conosce…

entriamo quindi nel capo VII, misure urgenti per le imprese, cominciando l’analisi dall’art. 30 dedicato alla Promozione straordinaria del Made in Italy e misure per l’attrazione degli investimenti, campo di intervento importantissimo ed al quale tuttavia, ben individuati una serie di settori di intervento a mio avviso importanti e gravitanti in particolar modo sull’agroalimentare e sul suo rafforzamento in termini di brand e di penetrazione e sua difesa sui mercati esteri, nulla però si dispone concretamente se non una successiva decretazione dei ministeri interessati entro 60 giorni che diventano poi 90 nella redazione di un decreto attuativo per l’istituzione di contributi a fondo perduto in forma di voucher “per l’acquisizione, tra l’altro, di figure professionali specializzate nei processi di internazionalizzazione al fine di realizzare attivita’ di studio, progettazione e gestione di processi e programmi su mercati esteri”, non capendosi assolutamente cosa significhi quel tra l’altro che, nella forma certa che un testo di legge deve assumere, suona davvero imbarazzante in quanto ad indeterminatezza, indeterminatezza che sembra permeare anche il ruolo dell’istituto del commercio estero a cui viene affidato il compito di studiare l’attrazione dell’investimento estero con braccio operativo le figure dell’istituto-agenzia presso le rappresentanza consolari, dei cui compiti operativi e modalità di intervento nulla si dice, e cervello un comitato interministeriale ed interistituzionale istituito ad hoc presso il ministero dello sviluppo economico determinato nella sua composizione, i cui membri, ci si affretta demagogicamente ad affermare, non avranno compensi o gettoni di presenza, ma delle cui funzioni di coordinamento delle strategie nazionali di attrazione degli investimenti esteri nulla si dice, prefigurando strategie che rimangono ancora del tutto vaghe…

più interessante ed in fieri produttivo di valori innovativi è il successivo art. 31 che recepisce la figura dell’albergo diffuso come elemento volano di una riqualificazione dell’offerta turistica del paese, ma che ovviamente demandandosi a successiva decretazione la fase legislativa concreta contiene solo il titolo di una strategia che si spera venga poi realmente perseguita ed adeguatamente sostenuta, sia per il valore turistico ed occupazionale connesso, sia per le azioni collegate al recupero dei centri storici minori, forse dovendosi declinare in questa parte del decreto quella facilitazione all’accorpamento di unità immobiliari contenute invece in altre misure, mentre appare ben poco leggibile il disposto all’art 32 che, volendo implementare il sistema telematico centrale della nautica da diporto, divaga parificando a strutture recettive all’aria aperta i mezzi nautici che consentono pernottamento in rada (sostanzialmente la crocieristica) nel breve periodo corrente tra la conversione del decreto ed il 31 dicembre 2014, sviluppando nell’apparente semplicità del dettato testuale del primo comma un onere di 2 milioni per il bilancio dello stato sempre e solo nel 2014, come si evince dal comma 2…e sarebbe interessante comprendere la ratio ultima di un simile provvedimento…

analizzerò nella prossima pubblicazione di questa critica ragionata la parte più scottante del decreto, quella che ci riguarda più da vicino come lucani ed altri argomenti molto “caldi”…ed uso non a caso il termine scottante…

…(continua)

miko somma

 

 

 

 

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la mozione paradiso sul petrolio…

che finalmente qualcosa cominci a muoversi nel pd di basilicata sulla questione petrolio?…io penso proprio di si…pubblico con grande piacere questa nota dei delegati all’assemblea regionale della mozione paradiso…ed una punta di soddisfazione posso ascrivermela per quanto il mio piccolo, ma operoso lavoro di divulgazione sui rischi che se ieri si paventavano ed oggi si palesano drammaticamente comincia ha produrre…ma non è tempo di soddisfazioni, quanto di lotta, lotta dura per difendere questa terra dal saccheggio di chi ci vuole petrolizzati…

Documento sul Petrolio e su Sblocca Italia – Delegati Mozione Paradiso –

La discussione sul petrolio prende una piega confacente all’unico pensiero che ci assale da tempo: la titolarità sul futuro di noi lucani, la difesa degli interessi di questa terra, la democrazia e la partecipazione nelle decisioni che ci riguardano.

Non abbiamo mai pensato che la Basilicata potesse rifugiarsi in un recinto di autocrazia, ignorando la solidarietà e non riconoscendo la legittimità degli interessi del Paese. Ma il Presidente Renzi ha voluto raccontare all’Italia un’altra storia, quella di una regione chiusa in sé stessa e disinteressata al futuro dell’Italia. Rivendichiamo quanto la Basilicata ha dato e dà all’Italia in termini di bilancia energetica.

Da mesi chiediamo un confronto che coinvolga tutti (istituzioni, territori, cittadini, amministratori) e che riporti il PD dalla parte dei lucani. Abbiamo chiesto la convocazione dell’assemblea regionale, abbiamo sottolineato la necessità di una discussione congressuale vera. Il Congresso è stata un’occasione persa. Il PD deve rappresentare e tutelare i lucani, provando a sciogliere le legittime cautele che in essi si sono consolidate.

Il contesto in cui nasce lo Sblocca Italia, con una recalcitrante opinione pubblica nei confronti di istituzioni e politica, evidenzia la volontà di fare presto e di corrispondere con celerità alle sfide che l’Europa ci chiede. Ma queste materie vanno trattate a seconda dei livelli di coinvolgimento e sensibilità, con relazione primaria alla salvaguardia della salute, dell’ambiente e di un equilibrato tessuto di contatto tra i livelli istituzionali, tra Stato e Regione, tra essi e le autonomie locali. 

La riforma del Titolo V va sottoposta ad un vaglio di affidabilità democratica per ciò che concerne i poteri dello Stato e delle regioni su materie come l’ambiente ed il governo del territorio. Come detto dal Presidente Lacorazza nella seduta del Consiglio del 2 aprile scorso, e non ci sfuggono i ripetuti messaggi di preoccupazione sin dall’avvio della discussione sul Titolo V né qualche incertezza in sede parlamentare, “le Regioni non possono essere trasformate in enti di gestione amministrativa, devono mantenere un ruolo legislativo, di programmazione e di tutela del territorio, e quindi di iniziativa concorrente con lo Stato, almeno in materie fondamentali quali ambiente, urbanistica ed uso del suolo”. Non c’è alcun prezzo che valga a consegnare una Regione allo Stato centrale. Come ribadito ieri da Roberto Cifarelli e Antonio Luongo, all’art. 38 del Decreto “viene formalizzata una centralizzazione delle competenze e delle prerogative, oggi in capo alle Regioni per i procedimenti di valutazione ambientale”. Questi punti hanno un aspetto inquietante e bene hanno fatto gli stessi a non escludere la possibilità dell’impugnativa di questo atto gravissimo e compromettente per il nostro futuro; così come in questo contesto nulla si può dare per scontato, compresa la definizione del Memorandum: per capirci 26.000 barili oltre i 154.000 già autorizzati. 

Ogni discussione che prescinde dai fatti, dall’attuale estrazione autorizzata tra Val d’Agri e Tempa Rossa, da una fissazione inderogabile di un limite all’attività estrattiva e di consumo del suolo (oltre Viggiano e Corleto non si può), oltre che all’assoluta impercorribilità per attività in mare, non ci vedrà disponibili. 

I tanti segnali di disattenzione, le devastanti conseguenze di contenuti e battute del Presidente del Consiglio Renzi sui quattro “comitatini”, minano il terreno e suscitano smarrimento tra la nostra gente. Sommando gli annunci, le voci sulla Corte d’Appello di Potenza e l’allontanamento delle funzioni dirigenziali dell’Ufficio Scolastico Regionale, ci sembra piuttosto palesarsi un disegno di cancellazione della Basilicata.

Non ci sfuggono i ritardi delle istituzioni regionali di questi anni, le incertezze su Memorandum e moratoria, la responsabilità delle compagnie petrolifere e del Governo rispetto a quanto stabilito nel ’98 e nel 2004 in termini di tutela ambientale e monitoraggio, di sostegno allo sviluppo, alla infrastrutturazione ed alla fuoriuscita di questa regione dal suo storico isolamento; non può sfuggire la scarsa credibilità delle istituzioni regionali sul versante della piena e più netta attività di monitoraggio, a protezione dell’ambiente e della salute dei cittadini, sottolineando i ritardi altresì accumulati sulla inderogabile esigenza di riforma dell’Arpab. Allo stesso tempo non può più essere rinviata la rilevazione del punto zero prima che l’insediamento di Tempa Rossa avvii la produzione. 

Questioni, queste, più volte segnalate dai sindaci dell’area che con diverse modalità, alcuni anche con le dimissioni, hanno sollecitato le istituzioni ad un maggiore ascolto ed un maggior protagonismo. Senza tralasciare garanzie in termini di sviluppo ed occupazione giovanile, tra le più basse d’Italia.

La lettera di autosospensione dell’Onorevole Folino testimonia la gravità di un quadro frammentato,  giunge in un momento di straordinaria attenzione, di un dibattito che intreccia la pubblica opinione, la vita dei nostri cittadini, i nostri iscritti. È un atto coraggioso e chiarificatore, comunicativamente dirompente nell’amplificare la sostanza di questioni che alcuni di noi, da anni e da mesi sottolineano, con la consapevolezza che ognuno è parte delle diverse responsabilità. 

Occorre provare a costruire da subito un percorso di risalita, che renda evidenti le preoccupanti deformazioni del Decreto Sblocca Italia, che aiuti a ritrovare le ragioni di una comunità regionale a partire da un più trasparente dialogo all’interno della nostra comunità politica.

Chiediamo che tutti prendano atto di quanto accade, che il Presidente della Regione, i parlamentari, i consiglieri regionali, si rendano protagonisti di una discussione ampia sui territori, di un’interlocuzione senza sconti al Governo del Paese, di una riconsiderazione delle questioni a partire da una collocazione della Basilicata in una strategia generale, mettendo al primissimo posto la tutela ambientale e della salute. Non ci appassiona una trattativa monetaria, ad oggi buona a contemperare a fatica le istanze primarie di un piccolo Comune del nostro territorio.

Vogliamo riappropriarci della nostra regione e vogliamo che il PD si assuma questa responsabilità.

I delegati all’assemblea regionale PD della mozione Paradiso

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le istituzioni…

18/09/2014

il parlamento paralizzato tra due impresentabili alla corte costituzionale…servono due tecnici di area o semplicemente un’area tecnica in cui far funzionare le istituzioni…e se il problema fosse proprio renzuskoni?…

miko somma

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spesso si cade…

17/09/2014

non vi è alcuna salvezza nell’eccesso di semplicità con cui spesso si tenta di analizzare situazioni complesse od elaborare soluzioni di salvezza da questa complessità che spaventa…spesso si cade nel semplicismo riduttivo del dividere il mondo in buoni e cattivi, ancora più spesso nella banalità di non avere nulla da dire come risultato del non avere nulla da pensare…

miko somma

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critica ragionata del decreto sblocca italia (a libero uso di cittadini e parlamentari)…parte I

allora come accennato in un post precedente in cui definivo allucinante il testo del DECRETO-LEGGE 12 settembre 2014, n. 133, meglio noto come sblocca-italia, è l’analisi più accurata di un testo annunciato dal 29 agosto scorso e giunto alla firma del presidente della repubblica dopo 15 giorni (le bozze precedenti presentavano palesi incongruenze logiche ed anche di tipo costituzionale), a rivelare elementi che, superando persino l’allarme che in noi lucani scatena la parte a noi dedicata (non prendiamoci in giro, poiché appare chiaro a tutti che le ricerche e le nuove estrazioni si estenderanno lì dove ragionevolmente si conosce l’esistenza di un consistente reservoir di idrocarburi, quindi essenzialmente in basilicata ed in misura minore in sicilia), ponendo molti interrogativi non solo sul dettato del decreto stesso, quanto su un‘ideologia di fondo accentratrice, neo-liberista e rigidamente centralista che sembra permearlo in quasi ogni articolo, comma o capoverso in cui si articola, mostrandone aspetti che meglio andrebbero valutati nell’architettura istituzionale ed economica di un paese prima di essere ingenuamente ingurgitati (o fatti ingurgitare) come salvifici…

e nonostante tutte le perplessità costituzionali che il testo presenta ancora, pure il presidente napolitano ha firmato il decreto (ma a lui toccava solo un esame preventivo) che ora approda alle camere per una conversione in legge che, se non posta la fiducia come ormai prassi per questo governo, pure andrebbe valutata dai parlamentari nel complesso delle cose e non nella semplice valutazione sulla tenuta del governo…proviamo allora a porre con umiltà uno sguardo critico a questo testo…

chiariamo subito, per distinguere questa critica da ogni “fumo della mente” di stampo prettamente strumentale, che non si tratta nel caso di questo decreto di “opera del diavolo”, ma di un congegno normativo parziale che non riuscendo o potendo intervenire per vincoli di bilancio ed oggettive difficoltà su quanto annunciato – gli annunci del premier per un periodo sono stati un po’ come il caffè che ti risveglia dal torpore del sonno – ha “inserito” in quegli annunci tutta una serie di passaggi che poco o nulla hanno a che fare con lo sblocco del paese, prefigurandone semmai una certa visione – visione che non condivido affatto – che si fa strumento inopportuno, poiché avanzato senza alcuna discussione condivisa sia in parlamento, sia nel paese, sia con le parti sociali, di cambiamenti che non mancherebbero di avere conseguenze irreversibili visto il difficile periodo, che non ammete sbagli ulteriori, sul paese e sulla sua difficile situazione economica, sociale e politica

ma andiamo con ordine, articolo per articolo, o meglio capo per capo, nella convinzione che la parte che più interessa i lucani non sia solo ciò che più da vicino ci riguarda, le estrazioni ed il vero e proprio ricatto che vi sta operando, ricatto di cui spero il presidente pittella sia vittima come ciascuno di noi e non assistente carbefice per amor di parte, ma il complesso della norma decretata che interessando gli italiani, interessa per questa caratteristica gli stessi lucani

nel primo capo del testo del decreto, misure per la riapertura dei cantieri, la parte forse più  “reclamizzata” del decreto stesso per deviarne forse l’attenzione dalle sue parti più “critiche” ad una analisi meno da ultima spiaggia, come pure sembra voler suggerire il governo ed i suoi sostenitori trasversali, sull’avvio di opere ferroviarie come l’asse ad alta velocità bari-napoli l’attenzione viene più posta sulla figura commissariale e sui suoi poteri quasi dittatoriali, che su una ragionata analisi di come velocizzare la realizzazione di un’opera importante, sulla quale pure cala l’imprimatur della strategicità ad impedire o tentare di impedire criticità espresse dai territori, e si esalta così la figura commissariale, come in altre parti del decreto a volte del tutto impropriamente, intervenendo più nel complesso di vincoli oggettivi che opere che interessano territori di più regioni pongono alle comunità, quanto nella realizzazione concreta e celere del disposto…

si interviene allora non tanto a rendere più snella la cantierizzazione,suggerendo modalità di partecipazione attiva degli stessi territori interessati nell’ottenimento di risultati concreti e forse, poichè condivisi, più efficaci, continuando ad introdurre sulla scorta della “imperialità auto-attribuitasi” da renzi quelle figure di pro-consoli più o meno onnipotenti in grado di “forzare la mano” a quelle entità territoriali stabilite costituzionalmente che, recalcitranti o semplicemente ritardatarie, poco attente, ma elette democraticamente, non si fatica però a intuire viste ormai come “nemiche” da certo piglio decisionista del “gran capo”…

e si prosegue, nei successivi articoli del capo, con questo tenore anche nel lungo elenco di opere da cantierizzare, dove tra le altre si interviene con un aumento della dotazione per quasi 4 miliardi di euro, non nuovi si intende, ma riassegnati facendo pulizia nei cassetti del bilancio dello stato, e che troppo stranamente rispetto alla primazia necessaria visto il periodo e pur posta dell’occupazione in tempi rapidi che le infrastrutture consentono, però vedono il loro picco di intervento solo nel 2018, con oltre 2 miliardi (e ragionevolmente si può pensare che, essendo quella la data di scadenza naturale della legislatura, il premier, che pensa ad una durata dell’esecutivo coincidente con la legislatura se non costretto alla precipitazione di voti anticipati, intraveda un uso del tutto strumentale alle elezioni stesse di quei denari)…

ma si tratta di opere pubbliche, utili o meno che sia non è dato sapere, in qualche modo già impegnate finanziariamente e per le quali si decide, sulla scorta di un elenco, di andare oltre ogni discussione pur migliorativa degli interventi stessa, passando ad una fase operativa che, se nel primo capo prevede il sostanziale intervento dello stato come soggetto propulsore per “smuovere” incrostazioni burocratiche sugli appalti e passare alla fase pratica in cui si spera di incrociare la realizzazione delle opere alla maggiore occupazione ed alla creazione di ciclo economico, nel secondo capo, dove si parla di misure per il potenziamento delle reti autostradali e di telecomunicazioni, la musica cambia perché qui intervengono soggetti privati, i concessionari a cui viene concesso un potere che fuoriesce dalla stessa concezione di concessionario per divenire altro

concessionari a cui il testo e così la volontà del governo, nel caso delle autostrade, concede un fin troppo ampio margine di intervento nella riorganizzazione del servizio e della rete (pur costruita con denari pubblici) con la motivazione delle “solite” migliori condizioni per l’utenza, migliori condizioni tutte da vericarsi all’atto pratico e che temo l’accentramento oligopolistico, in atto da tempo e che oggi pare si  rafforzi, sul controllo della rete autostradale non migliorerà affatto per le note tendenze al “cartello” che già conosciamo e che temiamo non scompariranno affatto in virtù di quel maggior coinvolgimento, e che, nel caso delle reti telematiche, pone ad ulteriore invito dell’investimento privato (ben sostenuto dalla contribuzione dello stato) una sostanziale deregolamentazione sia degli interventi di sistema (quindi anche delle zone da servire e che nel caso di poca redditività sarebbero probabilmente sacrificate, come nel caso lucano) e sia sul territorio, interventi questi ultimi che vengono sottratti ai regolamenti locali che, giusti o sbagliati che siano, sono però frutto di quelle realtà rappresentative, per essere consegnati a percorsi che se appaiono apparentemente di semplificazione, in realtà sono dei veri e propri lasciapassare acritici alla posa quasi inselvatichita di condotte, cavi, postazioni, antenne e tutto quanto attiene, considerando nel caso soprattutto della telefonia mobile, non il quoziente di radiazione emesso dalle infrastrutture trasmittenti, come pure ci si sarebbe potuti aspettare, ma il solo dato edilizio di altezze e volumi, quasi un’antenna che emette onde sulla cui pericolosità oltre certi limiti di emissione la scienza tarda a volte a emettere parole, sia un normale manufatto edile

renzi ed il suo governo decidono allora con piglio facilistico che per “sbloccare” l’italia le onde elettromagnetiche non fanno male (come anche il petrolio), se lo ficchino bene in testa i comitati di cittadini che si oppongono…

ma le “ciliegine ideologiche” cominciano adesso, dal capo III, misure urgenti in materia ambientale e per la mitigazione del rischio idrogeologico (titolo che pur sembra così benigno), e segnatamente dal lunghissimo articolo 7, che parla di acqua e di gestione del servizio idrico, articolo che sostanzialmente “privatizza” la gestione delle acque, obbligando i soggetti proprietari (le regioni) a scegliere soggetti gestori che non si fatica molto a percepire che se non saranno direttamente dei privati, saranno allora le utilities di cui ho avuto modo di parlare altre volte…

società, le utilities, apparentemente pubbliche, ma il cui tratto manageriale è talmente esasperato da confinare il controllo pubblico alla mera formalità di controllo sulla correttezza dei bilanci, potendosi demandare così attraverso manager onnipotenti  pezzi importanti della gestione, quando non l’intierezza del servizio idrico, soprattutto con l’uso dei sub-affidamenti a cui si fa esplicito richiamo, realizzando così gestioni privatistiche o semi-privatistiche a cui non sarà possibile opporre alcunché…

si tratta di un surrettizio aggiramento dell’esito referendario sulle acque che pure aveva ribadito la volontà degli italiani di mantenere strettamente in mano pubblica la gestione dei servizi idrici, cancellando persino l’idea stessa di una remunerazione che oggi pare qualcuno voglia far rientrare dalla finestra, dopo che era stata cacciata dalla porta di casa italia…e dopotutto renzi (e non solo) non aveva mai fatto mistero di non considerare affatto un tabù la privatizzazione, palese o celata che sia, del servizio idrico e c’è da scommettere che la musica continuerà anche in altri settori

ed in questo articolo si interviene anche in modo pesante sulla organicità del testo del decreto 152/2006, conosciuta impropriamente anche come “legge ambientale”, che se pur tante criticità manifestava, aveva comunque il merito di essere quasi un testo unico, sovvertendone l’originaria filosofia con “attività sartoriali” indirizzate da un lato verso questa modificazione del concetto di servizio pubblico che ora trasla verso il servizio in sé, nella sua evidenza causale e strumentale, e non più verso chi lo gestisce e nella sua figura che riflette il carattere stesso del servizio, nell’evidenza che se c’è un soggetto terzo al pubblico questo andrà remunerato per l’espletamento del servizio stesso (blair continua ad essere grande mentore per matteo), dall’altro verso una sempre più spinta caratterizzazione commissariale della gestione del rischio idrogeologico, dove il commissario è emanazione diretta di una volontà governativa in una logica ideologica del tutto centralistica e punitiva per le realtà locali, il cui ruolo certo non risulta incoraggiato all’autoriforma del comportamento…impostazione questa di renzi quasi un approccio napoleonico alla cosa pubblica…

il successivo art. 8 poi scardina la tipologia dei rifiuti, consegnando all’innocuità materiali da scavo tratti anche da siti inquinati che non rivestendo più la qualifica di rifiuti speciali potranno essere tranquillamente riposizionati in loco negli stessi siti, a meno non siano del tutto contaminati (ma vedremo in seguito qualche “bella novità proprio sui rifiuti e sul loro trattamento)…articolo questo che, letto alla luce delle bonifiche, significa che i terreni “scoticati” potranno essere riutilizzati e non, come adesso, trattati da rifiuti da allocare in apposite discariche, sovvenendo o facendo sovvenire spontaneamente la domanda “ma se possono essere riposizionati, a meno non siano del tutto avvelenati, allora che li togliamo a fare?”…sarà probabilmente l’idea di bonifica ambientale di matteo…

al successivo capo IV, misure per la semplificazione burocratica (cosa questa che non si comprende perché debba essere svincolata da una idea di riforma della pubblica amministrazione in cui troverebbe maggiore causalità e forse efficacia), ciò che colpisce non è tanto l’art 9 la cui reale utilità applicativa è invero scarsa e declamatoria, quanto l’art. 10 dedicato alla cassa depositi e prestiti, la cassaforte del paese come alcuni la definiscono, che nello stile di un decreto poco leggibile nel continuo modificare parole e periodi di altre norme, si trasforma da fornitore di disponibilità finanziarie per il settore pubblico con codificate convenzioni a cui possono accedere gli enti locali per realizzare progetti e servizi, a soggetto finanziario improprio coinvolto e/o coinvolgibile in attività di finanziamento di attività private che rivestano quello stesso concetto di pubblica utilità demandato ai privati che sembra essere l’assillo del premier e che, dopo un accenno ai successivi articoli del capo, ritornerà impellente in tema di sanità …

così se l’art. 11 prevede una serie di disposizione di defiscalizzazione degli investimenti infrastrutturali in finanza di progetto, quindi in quella finanza che si avvale dell’ausilio di fondi privati, facendo un regalino che pur sembra un invito ad investire abbastanza opportuno visti i tempi è pur sempre un regalo di cui andrebbe tarato meglio l’impatto sulle casse dello stato, soprattutto perché trattasi di opere non strategiche, l’art. 12 contiene una curiosa attribuzione diretta al premier di intervento sui fondi non spesi dagli enti locali e riattribuzione degli stessi ad altri, non meglio specificati, progetti di cui non è dato sapere i criteri di riassegnazione (e facilmente si comprende come questo potere che pur apparirebbe giustificato a fronte dei consueti ritardi delle amministrazioni nella progettazione e realizzazione degli interventi finanziati, potrebbe risultare un potere non proprio di un presidente del consiglio su fondi che non sono di competenza diretta dello stato, poiché fondi europei assegnati alle regioni, e così impugnabile in sede europea come atto indebito)…

l’art.13, una modulazione legislativa dei project bond che a mio avviso rimarrà sulla carta esattamente come i bond stessi (nel caso ritornerò sull’argomento), nell’art 14 una breve norma  sull’overdesign a tutela dei gestori di infrastrutture in casi di richiesta di maggiori aderenza ai requisiti di sicurezza (e qualcosa occorrerebbe dirla, ma ora porterebbe troppo lontano), e nell’art. 15 il fondo per la patrimonializzazione delle imprese affidato a privati che potranno remunerare, ma senza speculare (quel sia poi il limite tra remunerazione e speculazione poi non è chiaro ad alcuno), ma è nell’art 16 che chiude il capo che troviamo, quasi nascosta, la pillolina che introduce ciò che il premier a breve -ci si può scommettere, se ne troverà tempo e modo in un contesto in cui comicia ad accusare alcune difficoltà – tenterà di portare a maggior compimento nel sistema sanitario nazionale, l’intervento dei privati direttamente nella sanità pubblica nell’espletare una funzione pubblica che deve rimanere competenza del pubblico, e che se qui riveste quasi carattere di esperimento limitato alla sardegna (come esplicitamente dichiarato) e segnatamente al nuovo ospedale di olbia, in cui non meglio specificabili capitali stranieri interverranno finanziariamente per sostenere la costruzione, tra non molto tempo potrebbe divenire norma generale ed accettata e non solo nella sanità (pensiamo alle carceri)…

ed è così che si stabilisce un precedente molto pericoloso per lo stesso concetto di sanità universalistica che conosciamo e di cui credo il paese debba andare fiero, pur tra sprechi, scandali, ruberie, malasanità che non si devono (o dovrebbero) mai confondere con il principio che la salute deve essere assicurata perchè cittadini italiani, precedente che sembra essereulteriormente incoraggiato anche dalla possibilità data alla regione sardegna di derogare alla norma che stabilisce la percentuale di posti letto per mille abitanti e di innalzare il tetto di spesa fino al 6% per acquisti di servizi dalla sanità privata, un bell’affare…ci vogliamo prendere in giro o questo è l’ingresso del privato nella gestione diretta della sanità pubblica?…

…(continua)

miko somma

p.s. ovviamente mi scuserete la lunghezza dell’articolo e soprattutto il carattere di serialità che minaccia maggiore lunghezza, ma ad argomenti complessi non sempre è possibile fornire spiegazione facili

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lo scollamento…

17/09/2014

forse sarebbe il caso che il pd di basilicata dica qualcosa di chiaro sulle trivelle in agguato o il rischio è lo scollamento tra sentimento e ragione dei lucani

miko somma

nel frattempo da registrarsi l’autosospensione di vncenzo folino dal partito, atteggiamento più che condivisibile

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la corte di appello di potenza non si tocca…

(ANSA) – POTENZA, 15 SET – Il consiglio comunale di Potenza ha approvato all’unanimità un ordine del giorno per chiedere al Governo di “stralciare dal piano di riforma della giustizia del Ministro Orlando la soppressione della Corte di appello” del capoluogo. Alla riunione del consiglio ha partecipato anche il Sottosegretario alla Salute, Vito De Filippo. Il presidente della corte di appello, Vincenzo Autera, ha definito “sciagurato” il progetto della sua soppressione.

 

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