precisazioni…

17/12/2015

mentre giudico un linguaggio da cafone arricchito e non certo da presidente, quello di pittella in risposta a chi “disturba il conducente”, mi limito sommessamente a far notare che i benefici del gas in val d’agri non sono una conquista recente, ma un preciso punto dell’accordo di programma del 1998 che solo ora, a 17 anni di distanza, viene preso in considerazione

miko somma

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conferenza stampa…

 

comitato carlo levi potenza

Agli organi di informazione

Oggetto: conferenza stampa di Possibile

Si porta a conoscenza degli organi di informazione che domani, venerdì 18 novembre 2013 alle ore 11 presso la sala c del consiglio regionale, si terrà una conferenza stampa di Possibile – Comitato “Carlo Levi” Potenza per illustrare contenuti e modalità di una petizione popolare e delle altre iniziative volte a chiedere le dimissioni di Giunta e Consiglio Comunale di Potenza.

In seguito ai ben noti avvenimenti della cosiddetta anatra zoppa, quadro politico venuto fuori dalle scorse elezioni amministrative, del dissesto di bilancio, del quadro di ingovernabilità sostanziale di questa delicata fase della vita cittadina, di equilibrismi e logiche di sopravvivenza ad ogni costo della Giunta, di una sostanziale inutilità dell’attuale Consiglio Comunale ad essere protagonista in mancanza di margini politici sul bilancio, il sentimento ormai diffuso nella popolazione potentina è quello di una totale sfiducia in una politica ostaggio di filiere di interessi prive di qualsiasi progetto, ma i cui appetiti non mancano di palesarsi persino su quelle ingenti somme messe a disposizione della città per avviarne una trasformazione.

Una città che oggi corre il rischio di essere completamente distrutta dall’incoscienza del non voler ammettere da parte delle sue classi dirigenti che è stata la loro inadeguatezza a delineare progetti minimamente validi e sostenibili a costruire le basi sulle quali sono poi maturati dissesto ed anatra zoppa e dal non voler comprendere che esiste un tempo per ogni cosa e che il tempo per i giochi di palazzo e le “comparizie” allargate è ormai finito.

Chiediamo che Giunta e Consiglio Comunale guardino alla realtà e rassegnino le proprie dimissioni irrevocabili per consentire alla città di andare al voto nella tornata elettorale di primavera, non prolungando inutili accanimenti terapeutici volti alla sopravvivenza di un “inciucio” insostenibile, figlio della peggiore propensione a costruire anche un indistinto “Partito del Comune” pur di conservare scandalosi poteri e relazioni di potere con gli interessi forti della città.

Si ringrazia per la gentile collaborazione.

Potenza, lì 17/12/2015

Possibile, comitato “Carlo Levi” Potenza.

l’intervento…

17/12/2015

premesso che in linea di principio non sarei del tutto contrario, vista la catastrofe in caso di cedimento dello sbarramento, forse occorrerebbe riflettere sul fatto che inviare 450 militari a proteggere i lavori per 2 miliardi vinti dalla trevi alla diga di mosul (30 km dal fronte) significa intervenire in iraq ed accreditare un sistema di asservimento della funzione militare agli interessi delle aziende che operano all’estero…

miko somma

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buone letture…

per il piacere di informare e chiedendo venia agli autori per il copia&inocolla dal link http://temi.repubblica.it/micromega-online/renzi-dimissioni-chi-non-le-chiede-acconsente/ vi fornisco l’opinione di paolo flores d’arcais (micromega) sulla leopolda, su renzi, sul suo governo, dopo la noiosa e stanca kermesse di un potere che sembrerebbe (il condizionale è d’obbligo) giunto all’inizio della sua discesa che, a seguire il detto “chi troppo in alto sale, precipitevolissimevolmente cade”, potrebbe preludere ad una ignominiosa e rovinosa caduta del pupone di pontassieve, alle prese con grane ormai non più richiudibili in uno slogan ottimistico…ovviamente sono opinioni e così, nella certezza dei lettori che il sottoscritto proprio non sia un fan di renzolini, vi lascio alla libera formazione di una opinione in merito…buona lettura 

Renzi dimissioni! Chi non le chiede acconsente

di Paolo Flores d’Arcais

Non era “Scherzi a parte”. Era proprio “la Leopolda”, il marchio di fabbrica, il brand, la maison, insomma il format urbi et orbi con cui Renzi ogni anno magnifica se stesso in una sbrodola corriva di italico conformismo, cortigiani baci della pantofola e Te Deum alla finanza. Poiché però quest’anno il giornalismo unico e prono, che tanto piace al premier, oltre alla tradizionale eccezione di “Il Fatto Quotidiano” ha registrato su più testate spazi prioritari dedicati a quella pinzillacchera dei risparmiatori truffati e rovinati (uno già indotto al suicidio), anziché la staffetta d’ordinanza di osanna e peana, Renzi ha ritenuto improcrastinabile colpirne uno per educarne cento con la gogna del simpatico gioco “i dieci titoli più inappropriati”: per i vincitori non mancheranno ricchi premi e cotillon, future poltrone, stiano pure sereni.

Ora, quando Renzi è in famiglia per la tombolata o in intimità con i/le sodali del suo giglio magico per il mercante in fiera o monopoli, padronissimo di sostituirvi giochi che alla combriccola paiano più sganascianti. Ma nella vita pubblica, l’osceno spettacolo di Firenze si chiama aggressione alla libertà di stampa, sputi e schiaffi contro l’articolo 21 della Costituzione, e un premier che in tali pratiche si ingaglioffisca deve andarsene subito. Sulla libertà di stampa, come sugli altri diritti fondamentali della Costituzione, non è lecito scherzare. Perché per minimizzare la gravità di quanto operato dal premier contro la libertà di stampa si è costretti a istituire paragoni con la Turchia di Erdogan, dove i giornalisti finiscono in galera, e la Russia di Putin, dove finiscono anche ammazzati, e allora effettivamente sì, si può sostenere che in fondo quella di Renzi è una marachella, birichinata, birbanteria, ragazzata.

Solo che Renzi non è un ragazzino in fregola di bullismo, è il capo del governo, e lo standard con cui misurarlo non possono essere Erdogan e Putin. È immaginabile un Obama, una Merkel, un Hollande, un Cameron che si sbellicano a far insolentire dagli elettori un giornale che li critica? E per scendere molto più in basso, cosa sarebbe successo se fosse stato Berlusconi a sollazzarsi con il giochino dei “titoli inappropriati”? O addirittura: come finirebbero le chance della carriera politica di Marine Le Pen, se si permettesse?

E allora, perché si continua a tollerare Renzi al governo, e la Boschi, e Alfano, e compagnia cantando? Davvero hanno passato il segno.
Ecco perché è necessario, ineludibile, improcrastinabile, che chi ha voce pubblica dica: BASTA! Renzi a casa! Renzi si deve dimettere!

Noi, che in fatto di ascolto pubblico contiamo pressoché nulla, lo facciamo immediatamente, e invitiamo tutti i lettori a dire “basta!” insieme a noi. Ma è indispensabile che chi gode di ascolto vero e dunque conta nell’opinione pubblica (devo fare i nomi? Li sanno tutti), le dimissioni di Renzi le chieda con tutta la forza e il peso massimo della sua voce, facendo da catalizzatore a centinaia di migliaia, a milioni di cittadini, altrimenti le sue critiche rimarranno un elegante esercizio con cui salvarsi l’anima.

(14 dicembre 2015)

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un pezzo di italia che non fa onore…

16/12/2015

fa pensare al revisionismo che alcuni giornalisti indichino gelli come ex uomo d’affari, dimenticando (o proprio non sapendo) che l’uomo era durante la guerra agente oss (antesignano della cia), inviato delle logge americane in italia con frank gigliotti, reclutatore di gladio, gran maestro e capo della p2 e delle sue succursali in argentina, paraguay, uruguay, depistatore della strage di bologna, ideatore del piano di rinascita nazionale, fulcro di attività cerniera tra servizi americani, italiani, mafia, eversione di destra, finanza., un uomo che era intangibile alla legge…

insomma un pezzo di italia che non fa onore al paese e se non si può gioire della morte di un uomo, almeno si può chiedere che il suo funerale sia interdetto?…

miko somma

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gli emendamenti di pirro…

bene, proviamo a sviluppare qualche ragionamento su questi emendamenti che il governo presenta e che modificano il dlgs 152/2006 e  l’art. 38 dello sblocca-trivelle del famigerato sblocca italia (e ne vedrete ancora delle belle a causa di questo decreto monstre che destruttura buona parte delle garanzie ambientali e non solo che, nel bene e nel male, fin qui rappresentavano un punto fermo) e di qualche altra legge che a questo si lega…

parlare di marcia indietro del governo, come pure molti giornali e politici fanno, mi pare davvero poco avveduto in considerazione del fatto che il governo aveva espresso idee molto chiare a proposito delle estrazioni di idrocarburi, e se pure la pressione dei consigli regionali (ben 10) che avevano chiesto l’indizione dei referendum è stata forte e sintomatica di uno scollamento istituzionale che rischiava di crearsi con la sottrazione di competenze e funzioni che fin qui costituzione e leggi affidavano a regioni e comuni, ciò da solo non basta a dimostrare un ravvedimento dello stesso governo, a cui se la pressione delle lobbies non deve essere mancata per la redazione di quel decreto così permissivo, è del tutto impensabile che oggi questa stessa pressione venga a mancare…

evidentemente sono altri che il ravvedimento i motivi che hanno spinto il governo ad auto-emendarsi, in primis e con evidenza lampante la minaccia di dover andare ad una vera e propria conta popolare sui referendum, che trattando di temi a sviluppo locale, non avrebbero potuto non influire a giugno sui risultati delle amministrative e questo renzi non può permetterselo in un momento di calo di consensi per il suo partito, passato nel volgere di un anno mezzo dal 40,8% dei consensi alle europee ai sondaggi odierni che lo indicano al 32-33% e che localmente avrebbe potuto avere contraccolpi gravi in occasione del voto per i comuni…

chiaro a tutti appare quindi l’intento tutto politico di evitare effetti traino dai referendum al voto amministrativo e così “cedere” sui punti dolenti indicati dai consigli regionali è pura tattica, ma non solo a mio avviso…

chiariamo subito che nonostante questa lettura molto critica sono contento delle modifiche, ma ci sono molti “ma” di cui occorre tenere conto per una visione libera dai condizionamenti del momento e dal “tifo” che la notizia pare aver scatenato tra i fan di qualcuno (quella sorta di “maggioranza trasversale piddina” che a qualcosa pur deve attaccarsi per giustificare la propria esistenza in vita, e che oggi plaude allo scampato pericolo, che però tale a dicembre dello scorso anno non deve essergli parso, vista la mancata opposizione al decreto ed alla legge di recepimento dello stesso)…

il primo “ma” ovviamente riguarda il passaggio dal dire al fare, la recezione cioè di quegli emendamenti che certo potrebbero essere anche “bocciati” o passare così come sono stati presentati…ma quando si voteranno?…prima di giugno 2016, cioè prima della data di indizione dei referendum che magari le regioni potrebbero già ritirare proprio in virtù della graziosa concessione e magari ben prima dell’approvazione degli stessi emendamenti per l’apertura di uno spazio di mediazione in cui inserirsi o addirittura mai, persi in una calendarizzazione dei lavori parlamentari frutto di alchimie a volte difficili a comprendersi e di fatto dominati dalle conferenze dei capigruppo?…

il secondo “ma” su cui pure molti glissano è che ad ottobre 2016 si vota il referendum confermativo sulla riforma costituzionale che, guarda caso, a dispetto dello specchietto per allodole del nuovo senato, contiene una modifica sostanziale del titolo V della costituzione, particolarmente all’art. 117 secondo comma che spodesta le regioni da ogni competenza in materia energetica e non solo, di fatto aprendo così le porte ad una sostanziale inutilità degli emendamenti che potrebbero essere subito ri-emendati o addirittura cancellati da un nuovo decreto in materia in un senso questa volta perfettamente costituzionale e come tale non opponibile…perché se non hai più competenze a cosa ti opponi?

e così ricordo anche che vige il ricorso alla corte costituzionale di molte regioni contro l’art. 38, corte di cui però si sta bloccando il funzionamento, ritardando l’esame di molte questioni, a causa delle mancata elezione di 3 giudici da parte del parlamento, ritardi che peseranno molto sui tempi e che di fatto impediranno che una opposizione presentata a gennaio 2015 venga di fatto esaminata prima del 2016…insomma la discrasia dei tempi appare chiara, decadendo i ricorsi per la modifica costituzionale intervenuta, nel caso ovviamente la riforma venga confermata dal voto popolare e non magari, per un sussulto di senso democratico degli italiani, bloccata…

ma se qualcuno potrebbe darmi del complottista per avere indicato tale subdola intenzione di un governo che ci ha abituati a cose subdole, intenzione che al sottoscritto invece appare del tutto logica e realistica visti i presupposti, allora andiamo all’aspetto tecnico, senza troppo annoiare con articoli, commi e capoversi…

molto chiaramente (ma a qualcuno magari è sfuggito) negli emendamenti si parla solo e soltanto di ricerche ed estrazioni in mare, punto questo fondamentale, e non certo in terra dove invece tutto prosegue con la celerità impostata dallo sblocca-italia, sia dove già si estrae e si continuerà ad estrarre nonostante il basso prezzo raggiunto dal petrolio (chi ha impianti funzionanti può ben sopportare per periodi non troppo lunghi un prezzo al barile di 35 euro),  sia dove si ricercheranno idrocarburi sulla base del titolo concessorio unico e, ben conoscendo il reservoir lucano che contiene idrocarburi ovunque, si estrarrà non appena le condizioni di mercato lo consentiranno (molti indicatori parlano di un prezzo al barile intorno ai 42-44 dollari che già giustifica i costi estrattivi e di ricerca)…quindi, sia ben chiaro, di estrazioni in terra nulla si dice e la normativa continua ad essere quella dello sblocca-italia che introduce il titolo unico e la strategicità…

così se forse alla fine le estrazioni in mare non saranno più strategiche (ma si continua a parlare di pubblica utilità), quelle in terra lo rimangono eccome ed esattamente pericolose come prima…non fidatevi così di chi vi racconta di vittorie, perché non si tratta di vittorie (se non assolutamente parziali e così molto alla “pirro”) e la lettura del disposto emendativo presentato lo chiarisce senza alcun dubbio…

– quindi riassumendo sono vietate le estrazioni entro le 12 miglia, ma nulla si dice per quelle oltre le 12 miglia ed alla salute del mare poco importa se si tratta di 11 miglia o 13, e fatti salvi i titoli già concessi

– si perde il carattere di strategicità, certo un capestro che incaprettava tutto, e si parla di pubblica utilità, di fatto non perdendosi che in misura minore il carattere coercitivo di simili procedure che si fondano comunque su un esproprio di territorio altrimenti disponibile per altre attività, ma è un punto che apre la porta ad opposizioni e competenze locali prima cassate proprio dal carattere strategico

– si abroga il comma 1 bis che, modificando l’art. 38 e predisponendo un piano delle aree, riapriva in qualche modo una discussione con le regioni attraverso la conferenza unificata, ma nulla attesta che il ritorno sarà effettivamente alla normativa precedente (che già lasciava troppi spazi di intervento allo stato), potendo infatti il governo intervenire, come già spiegato sopra, a riforma costituzionale approvata definitivamente…qui riporto il testo abrogato

1-bis. Il Ministro dello sviluppo economico, con proprio decreto, sentito il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, predispone un piano delle aree in cui sono consentite le attivita’ di cui al comma 1. Il piano, per le attivita’ sulla terraferma, e’ adottato previa intesa con la Conferenza unificata. In caso di mancato raggiungimento dell’intesa, si provvede con le modalita’ di cui all’articolo 1, comma 8-bis, della legge 23 agosto 2004, n. 239. Nelle more dell’adozione del piano i titoli abilitativi di cui al comma 1 sono rilasciati sulla base delle norme vigenti prima della data di entrata in vigore della presente disposizione)).

non si abroga quel titolo concessorio unico che è il grande pericolo piuttosto si chiarisce che la procedura avviene o con la vecchia normativa o con la nuova, lasciando aperta alle compagnie la possibilità o di seguire gli iter procedurali già avviati o di poter ricorrere alla richiesta di un più semplice titolo concessorio unico, lasciando del tutto non normata ogni ipotesi di trasformazione dei titoli attualmente in vigore in nuove richieste di titoli concessori unici…e giusto per ricordare vi riporto il comma 6 dell’art. 38 che in merito proprio al titolo concessorio unico recita:

6. Il titolo concessorio unico di cui al comma 5 e’ accordato:
    a) a seguito di un  procedimento  unico  svolto  nel  termine  di
centottanta giorni tramite apposita conferenza di  servizi,  nel  cui
ambito e’ svolta anche  la  valutazione  ambientale  preliminare  del
programma complessivo dei lavori espressa, entro sessanta giorni, con
parere della Commissione tecnica di verifica dell’impatto  ambientale
VIA/VAS del Ministero dell’ambiente e della tutela del  territorio  e
del mare;
    b) con decreto del  Ministro  dello  sviluppo  economico,  previa
intesa con la regione o la provincia autonoma di Trento o di  Bolzano
territorialmente  interessata,  per  le  attivita’  da  svolgere   in
terraferma, sentite la Commissione per gli idrocarburi e  le  risorse
minerarie e le Sezioni territoriali dell’Ufficio nazionale  minerario
idrocarburi e georisorse;

– è utile ricordare che proprio sull’intesa pesa sempre quella clausoletta coercitiva di cui all’articolo 1, comma 8-bis, della legge 23 agosto 2004, n. 239 ovvero se gli enti territoriali non si esprimono entro 150 giorni attraverso la conferenza unificata e così non si arriva ad un’intesa, il ministero dello sviluppo economico accorda alla conferenza ulteriori 30 giorni ed in caso di esito negativo, il ministero rimette gli atti alla presidenza del consiglio, che entro 60 giorni successivi assume unilateralmente la decisione…e mi pare che sia del tutto chiaro l’inghippo…si ritorna al via del titolo concessorio, passando per la prigione di una mancata intesa che rimette tutto in mano al presidente del consiglio…

e ben oltre le motivazione politiche che mi pare  chiariscano del tutto che si tratta di emendamenti di pirro, anche quelle tecniche vanno nella stessa direzione, in nulla incidendo sia sulla potenzialità del governo di rifare tutto come precedentemente normato, sia di raggirare con l’accordo delle società estrattive ogni ipotesi di ritorno di competenze alle regioni, semplicemente dando la possibilità alla compagnia di presentare una istanza di titolo concessorio unico…

ne vogliamo parlare o preferiamo tacere?…ed infine lasciatemi dire che anche ammesso le competenze ritornino in capo alle regioni, stante questa maggioranza e questi uomini che la compongono,  “vi fidate ancora di chi da sempre è stato favorevole alle estrazioni?”

miko somma  

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gli emendamenti…

14/12/2015

ma quale vittoria di pirro sarebbero emendamenti che allontanano solo i referendum (quindi ancora una volta la democrazia diretta esercitata dai cittadini) e non vanno alla radice del problema?…

le estrazioni in mare non vanno fatte per le molteplici ragioni che ci siamo detti e ridetti per anni ed anni, punto, e per quelle in terra nulla si dice e nulla si modifica rispetto allo sblocca-italia…

e quegli emendamenti presentati da un governo che non intende rinunciare alla… cassa sugli idrocarburi non la toccano neppure la radice del problema in una prospettiva che a referendum confermativo sulla riforma del titolo V esproprierà le regioni di ogni potestà in materia…

i referendum, se ammessi, si terrebbero a giugno in concomitanza con le amministrative per le quali potrebbero essere traino in negativo per renzi, il referendum costituzionale confermativo ad ottobre…

serve davvero illudersi per 3 mesi di aver vinto il pupazzetto o serve convincersi che alla politica interessano margini di mediazione per piazzarci dentro qualche interesse?…

nel pomeriggio, tempo permettendo, qualche riflessione in merito

miko somma

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ma funziona il jobs act?…no, non funziona…

ed allora diamo più da vicino un’occhiata agli effetti di quel jobs act tanto strombazzato come riforma epocale…

parrebbe da uno studio di tre studiosi dell’istituto di studi politici di parigi e della scuola superiore san’anna fa chiarezza che il principale obiettivo dichiarato del jobs act, creare lavoro a tempo indeterminato, non sia stato affatto centrato, mentre a mio parere l’effetto più subdolo e nascosto del provvedimento abbia invece centrato i suoi scopi, precarizzare ulteriormente la figura del lavoratore…

ma andiamo con ordine, “saccheggiando” lo studio (cosa della quale spero non me ne vorranno gli autori) e cercando di seguire il filo di un ragionamento semplice che parte da una considerazione, il jobs act, nei fatti diminuisce la proporzione di contratti a tempo indeterminato nel mercato del lavoro italiano…

l’abolizione del reintegro del lavoratore anche nel caso di licenziamento ingiustificato (a tanto era infatti già stato ridotto questo articolo) e l’introduzione di quella costosa decontribuzione a carico della fiscalità generale del costo del lavoro, come dichiarato miravano a diminuire il costo di un lavoratore a tempo indeterminato, una delle cause che certa cultura mainstream indicava come principale causa della bassa occupazione italiana, giustificando così un crescente ricorso al lavoro a tempo determinato, tanto che negli anni dal 1998 ad oggi l’incidenza dello stesso è salito dal 20% a circa il 60% nella fascia lavorativa 15 – 24 anni, come si evince dalla tabella istat pubblicata sotto…

jobs act, curve sul ricorso al tempo determinato

rilevandosi inoltre scadenze sempre più brevi del periodo di assunzione fino a determinarsi una maggioranza delle assunzioni per contratti da 1 a 6 mesi, come l’esperienza ci ha insegnato essere una tendenza otticamente sempre più visibile nei suoi eccessi che arrivano anche a forme contrattuali del tutto risibili in termini di periodo lavorativo, cosa questa che nelle nuove rilevazioni dei tassi di occupazione fa risultare come assunto chiunque abbia lavorato anche un solo giorno nel trimestre di valutazione…la tabella eurostat sotto illustra la dinamica evidente di periodi di lavoro temporanei sempre più brevi nel corso degli anni dal 1998 ad oggi…

jobs act , curve diverse per tipologia di tempo determinato

quindi qualcuno al governo (o nella buca del suggeritore) se pensava che solo agendo sui costi di assunzione avrebbe favorito la scelta di assumere a tempo indeterminato da parte dell’imprenditore ha fatto male i suoi calcoli (o forse li ha fatti fin troppo bene, ma per motivazioni di altro genere)…

nessuno ha ovviamente mai riflettuto sul fatto che essendo l’impresa italiana quasi totalmente di piccole dimensioni (quindi già esclusa dalle tutele ex art.18 statuto dei lavoratori), e spessissimo a carattere familiare, la scelta di assumere un dipendente è motivata quasi esclusivamente dal volume di lavoro e quindi di affari, più che dalle decontribuzioni che semmai aiutano, ma non sono determinanti… 

certo in una fase iniziale e precedente all’entrata in vigore del jobs act (marzo 2015) vi era stato un aumento delle assunzioni a tempo indeterminato, principalmente guidato proprio dalla decontribuzione in vigore dalla precedente legge di stabilità ed in larghissima parte costituito da trasformazioni di contratti a termine in contratti a tempo indeterminato, ma nei mesi seguenti (ed anche negli ultimi dati), i nuovi contratti permanenti sono di fatto diminuiti nel loro numero, mantenendosi invece stabile la perdita di posti di lavoro…la tabella sotto, fonte ministero del lavoro illustra con evidenza plateale la tendenza, proseguita poi nei mesi seguenti e di cui invece sono state “reclamizzate” le assunzioni nel periodo estivo, senza dire però che si trattava di aumenti legati alla stagionalità soprattutto nei settori turistici ed agricoli…

jobs act , assunzioni i primi mesi di applicazione, istogrammi grigi

quindi qualcosa non va affatto nel jobs act se poi tra fine 2014 – inizio 2015 la combinazione tra decontribuzione a carico pubblico ed un inizio di ripresa economica che ha sempre effetto sull’occupazione hanno innescato un principio di aumento dei lavoratori a tempo indeterminato, ma subito dopo l’entrata in vigore del jobs act le tendenze addirittura si invertono, come la tabella sotto, fonte istat, bene indica…

jobs act, curve del ricorso al tempo determinato o indeterminato

il fatto è che una ripresa allo 0,7-0,8% non lascia molto al ricorso al lavoro a tempo indeterminato, soprattutto quando ci sono strumenti, come il voucher per il lavoro temporaneo che hanno avuto invece un boom di utilizzo e non sono stati certo limitati né dal jobs act, né da altri strumenti normativi che ne limitassero i prevedibili effetti di abuso che abbiamo recentemente avuto modo di constatare anche attraverso un bellissimo servizio di report

jobs act , istogrammi sull'aumento del ricorso ai voucher

comodo infatti assumere senza rischi o pesi, soprattutto quando non è obbligatorio assumere il dipendente a tempo determinato che superi la soglia del 20% di assunti legalmente permessi in un’azienda, se basta pagare un’ammenda e mettersi così a posto…

un minore ostacolo all’utilizzo del tempo determinato soprattutto in piccole e medie aziende che non hanno voglia di impegnarsi con un dipendente, soprattutto in un periodo ancora “liquido” e dominato da una fondamentale mancanza di domanda interna (frutto della crisi dei redditi chiaramente diminuiti nel corso degli anni per via di una serie di fattori che ne hanno impedito l’aggancio ad aumenti del costo della vita e la ricontrattazione a livello generale)…domanda che qualcuno cerca di stimolare sul settore delle merci a basso valore aggiunto e qualità e ad alta competitività con merci estere prodotte a costi impensabili in italia (pensate a quelle cinesi), cos’ di fatto introducendo quello che a mio avviso rimane il vero obiettivo del jobs act, creare un lavoro di serie B per il mercato interno, agendo su salari (che di fatto calano dell’1,4% per i contratti con il jobs act rispetto alla contrattualizzazione normale) e sulla sicurezza psicologica del lavoro e della sua continuità, e per la cottimizzazione dello stesso verso produzioni componentistiche per l’export…

serve cioè un esercito di lavoratori poco tutelati, insicuri, che accettino qualsiasi condizione l’azienda ponga, e tanto il jobs act quanto l’aumento vertiginoso dell’uso dei vouchers sembrano andare in questa direzione ideologica che ritengo dannosa per un paese come il nostro che dovrebbe invece caratterizzarsi per una costante ricerca di qualità anche nei settori “bassi”, cosa che certo non è aiutata dalla precarizzazione dei rapporti di lavoro…

qualche altro dato a supporto della tesi?…secondo eurostat in Italia si registra una transizione dalla disoccupazione all’inattività  pari al 35,7% (dato confermato dal ministero del lavoro), cosa questa che conferma non solo la sfiducia, ma all’occorrenza la propensione ad accettare qualsiasi lavoro a qualsiasi condizione…

 

 

 

 

 

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il nostro contributo per verona…

Care compagne e cari compagni,

Domenica non mi sarà possibile essere a verona con voi, come pure auspicavo, ma in qualche modo vorrei provare ad esserci con qualche riflessione che, proprio parlando del programma e del paese che vorremmo, parte da questa piccola regione, la Basilicata, che a tutti gli effetti potrebbe divenire un laboratorio nazionale del cambiamento verso forme di economia più sostenibile, verso una società più inclusiva ed aperta.

A Napoli, durante gli stati generali, nel mio intervento ho provato a lanciarla come suggestione di un cambiamento che o cominciamo a recitare subito in formule concrete, così lanciandolo ad una società a cui troppo spesso si fa digerire l’ineluttabilità di un sistema socio-economico ingiusto ed a cui mancano così alternative progettuali in grado di essere percepite come tali, o altrimenti rimane un vago sentire che spesso per frustrazione trasformiamo in un identitarismo perdente ed in una risacca di sentimenti oppositivi spesso tacciati di residualismo…e noi vorremmo essere invece ben più che una frangia di sognatori o di oppositori tal quale, noi vorremmo essere una maggioranza sociale, prima ancora che politica.

Ma convincere milioni di italiani a credere ad un programma prima ancora che a delle persone sulle cui gambe quel programma e quelle idee camminano, non è un’operazione semplice per le motivazioni che a tutti appariranno quasi ovvie, poca copertura mediatica in primis, subito dopo difficoltà a far percepire nuovi modelli organizzativi della produzione ambientalmente e socialmente entropici come in grado di sostituirsi all’esistente già da oggi, ed ancora passare dallo scandire uno slogan al declinare una concretezza fondandosi sulla sostenibilità del progetto e sul suo proporre positivi cambiamenti sociali e culturali che ne accompagnino le fasi di realizzazione.

Un comitato scientifico serve anche a questo, ad elaborare quegli schemi di cambiamento validi e dimostrabili, ed è per questo che come circolo sentiamo come inutile legare un comitato scientifico ad una mozione per la segreteria, quando quel comitato scientifico se ratificato dall’assemblea degli iscritti è invece uno strumento valido per tutti, per qualsiasi segretario, così come per qualsiasi iscritto.

A questo proposito, nel mentre suggerivo a Napoli una collaborazione del comitato scientifico e di ogni intelligenza in grado di aiutarci a meglio elaborare un progetto per la nostra piccola e poco antropizzata regione, pure però preda di molti appetiti a cominciare dagli idrocarburi che il nostro sottosuolo immagazzina in quantità enormi (alcune stime parlano di 3 miliardi di barili a fronte di riserve ad oggi impegnate per un miliardo e mezzo, cosa che stimola una sorta di occupazione del territorio che lo sblocca-italia favorisce, impegnando tutto il territorio), e proseguendo per l’acqua di cui la nostra regione detiene il 30% delle riserve e della potenzialità dell’intero mezzogiorno (e guarda caso minacciate dall’invadenza del settore estrattivo), e proprio per quel vuoto che fa gola a chi vorrebbe riempirlo di intraprese altrove difficili a realizzarsi (pensate ad un inceneritore che, stante l’abolizione dell’ambito regionale per gli rsu ex sblocca-italia, consentirebbe lo smaltimento da noi di rifiuti campani e pugliesi) o di modelli turistici da divertimentificio o di una agricoltura no food al servizio di trasformazioni pseudo-green allocate altrove o anche del proliferare incontrollato di impianto da generazione rinnovabile che invadono il territorio indiscriminatamente.

Ed invece la Basilicata (ma consentitemi però di chiamarla con il suo vero nome, Lucania) è una terra dove devastazioni pur imponenti (due SIN più le estrazioni di idrocarburi in atto) non hanno ancora intaccato il nostro patrimonio naturale che in una minima parte, ma dove il rischio, ad oggi enorme, è di veder passare il contributo che la regione dà al paese sul fabbisogno energetico globale dall’attuale 6% (circa 100.000 barili/giorno in val d’agri) al 9% con l’ingresso in produzione di tempa rossa (50.000 barili/giorno aggiuntivi) ed in fieri fino al 15-20% (300/450.000 barili/giorno) secondo le previsioni del documento di strategia energetica nazionale del marzo 2013 (governo monti), di veder passare ai privati un patrimonio acqua di inestimabile valore (e ribadiamo che non dovrebbe averlo neppure un valore vista la qualità di diritto primario) attraverso utility pubbliche che ne potranno affidare la gestione a multinazionali del settore.

Ma dove vi sono grandi rischi è evidente che vi sono anche grandi potenzialità, che sta a noi usare nel modo più giusto e consapevole, ed è per questo che come circolo Carlo Levi di Potenza stiamo lavorando ad un programma regionale che sia l’alternativa a questi rischi, programma che stiamo estendendo alla redazione a tutti gli altri comitati lucani, programma che se pur parte dal precedente programma che come COMUNITA’ LUCANA nel corso di alcuni anni abbiamo elaborato a partire da tre caposaldi, 1) ottima conoscenza della macchina amministrativa e dei processi legislativi, 2) una altrettanto, forse maggiore, conoscenza del territorio, delle sue criticità e potenzialità, 3) una volontà di costruire una alternativa alla colonia che rischia di diventare questa regione se non irrobustita in un suo percorso autonomo, inclusivo, equo ed antropico di progresso che qui si potrebbe realizzare meglio che in altre e più antropizzate regioni d’italia, troppo avanti nei processi per poterli invertire nel breve tempo che ambiente e società ci consentono prima di uno scoppio di contraddizioni insanabili e devastanti, programma che però oggi più che mai necessita di divenire uno strumento collettivo che come circoli lucani di Possibile vorremmo realizzare come un vero strumento di cambiamento socio-economico in un laboratorio nazionale ed europeo che necessita però di un ausilio ad ogni livello perché divenga concretezza programmatica da mettere in campo già alle prossime scadenze amministrative regionali per un cambio di rotta radicale.

Forse è anche per questa necessità che oltre a chiedere l’aiuto di tutti voi, compagne e compagne, chiediamo ed abbiamo chiesto di non escludere la costituzione di coordinamenti regionali ad oggi esclusi dallo statuto, anche per più che ragionevoli e condivisibili motivi, perché riteniamo che simili strutture siano necessarie a meglio coordinare le azioni costruttive dei singoli comitati in visione di scadenze organizzative che necessitano sin da ora di strumenti condivisi di coordinamento e di sintesi programmatica.

E forse è anche nella convinzione che abbiamo che per sconfiggere il globale opprimente che nei territori più deboli si legge colonia e sfruttamento delle risorse e dei lavoratori serva un g-locale intelligente e consapevole di dover fare ed essere rete con tanti altri g-locali per non essere debole o scadere in perdenti modelli autarchici, un g-locale che riteniamo in questa regione sia a portata di mano e già parte di una cultura diffusa d’amore per la propria terra ed il proprio modo d’essere, un g-locale culturale che può divenire un’agricoltura pulita e sana in reti cortissime di distribuzione per raccordare minori costi per i consumatori e maggiori introiti per i piccoli produttori (e così maggiore occupazione), un ambiente la cui cura e salvaguardia è posta a vincolo costituente nella legislazione regionale, un turismo dell’inconsueto, del paesaggio e della luce, che vive in una rara condizione spazio-tempo che in questa regione rende a volte un giorno lungo una settimana e una settimana un mese, una cura delle foreste non solo come cattedrale ambientale, ma come risorsa rinnovabile per il territorio, di una amministrazione tra i cittadini, una industria non inquinante che segua i processi produttivi peculiarità del territorio e della sua cultura, e così discorrendo tutto ciò che potrete leggere in un programma con cui già tentammo di dare una svolta questa terra e da cui oggi ripartiamo in una sua rilettura collettiva ed aperta e che troverete sulle pagine dello storico blog www.comitatonooilpotenza.com

Una rilettura che vorremmo vi coinvolgesse tutti, non solo come auspicabile supporto materiale a noi lucani, ma come esempio di buone pratiche che ciascuno di voi, nel suo specifico e nelle sue peculiarità territoriali e produttive, potrebbe rielaborare come modello per 20 sistemi economici e produttivi, quelli delle regioni d’Italia, sistemi strettamente interconnessi tra loro per realizzare altri paradigmi produttivi e sociali, e così insieme rivendicare che l’Italia è fatta di differenze tra simili e che quelle differenze sono la grande ricchezza di un paese dove “piccolo, sarà difficile, ma è bello e sano e possibile”, sconfiggendo le logiche sempre più autoritarie di chi invece ritiene tutto modellizzabile, globalizzabile, incasellabile in un target di mercato o in una tipologia di consumo.

O l’economia è al servizio dell’uomo lì dove esso vive, costituendo progresso, o l’economia genera schiavi e razzia delle risorse, costituendo apparente crescita nella sperequazione distributiva.

Vi abbraccio tutte e tutti, con affetto e con la consapevolezza di essere lì con voi a costruire un pezzo del futuro prossimo venturo di questo paese.

Miko Somma

portavoce del comitato “Carlo Levi” di Potenza 

 

 

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dimettetevi!!!…

una sola parola dovrebbe animare i cittadini di potenza stanchi di queste indecenti manfrine da sottobosco politico…la città annega in un pantano, ma qualcuno gioca ancora alle tre carte…DIMETTETEVI!!!

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la posizione del circolo carlo levi sullo statuto…

LIVELLI REGIONALI – LA POSIZIONE DI POTENZA

Oggi il Comitato “Carlo Levi” di Potenza, non essendo stato contattato da altri Comitati in merito a proposte di emendamento allo statuto di Possibile sui livelli regionali di coordinamento, o sull’indipendenza delle liste per il Comitato scientifico dalle mozioni per la Segreteria, ha deciso di palesare la sua posizione, già sottoscritta dalla proposta di statuto emendato che abbiamo inviato alla discussione prima degli Stati Generali di Napoli.

La necessità di coordinamenti regionali ci sembra innegabile. La politica si fa e si costruisce sui territori. Non è una questione di avere o meno “poltroncine” e “caricucce”: a noi interessa coordinare le azioni dei Comitati per avere una voce unica e permanente sui grandi problemi che affliggono le nostre terre.

Anche in vista delle amministrative di maggio, ci sembra utile e importante trovare il modo di far “parlare” tra di loro i vari Comitati locali.

In tal modo daremo spazio e voce a problemi, idee e militanti che siano legati al territorio e alle esigenze della propria terra.

Per questo invitiamo i Comitati che stanno lavorando sugli emendamenti in tal senso a contattarci, nel caso non fossero già riusciti a soddisfare il quorum richiesto dallo Statuto.

Casomai ci fossero riusciti, però, fateci sapere: perché in quel caso ci interesserebbe aderire ad emendamenti che rendano indipendenti le elezioni del Comitato scientifico da quelle della Segreteria. Perché su quali basi si sceglie un esperto in rapporto a quale candidato appoggia?

Fateci sapere, saremo lieti di ascoltare le vostre proposte in merito.

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la rottamazione è finita…

12/12/2015

le responsabilità penali sono individuali e regolate dalla legge, quelle politiche da considerazioni etiche, così in caso emergessero spintarelle a boschi padre nel passare dal cda di una banca alla vicepresidenza della stessa in considerazione del ruolo assunto dalla figlia nel governo, che potrebbe fare questa se non ricordare lupi e rassegnare le proprie dimissioni per non dar adito ad accuse di doppiopesismo da cerchio magico?…

poi a voler scavare a fondo qualche aiutino emergerebbe pure nella modifica legislativa alle popolari dello scorso autunno…

forse la rottamazione è finita e sono iniziati i saldi?

miko somma

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L’ITALIA POSSIBILE…

L’ITALIA POSSIBILE.
Mentre il segretario del Pd Renzi fa distribuire alla Leopolda copie gratis de “Il Foglio”, storico giornale del berlusconismo adesso vicino ai renziani, e il sindaco renziano di Firenze Nardella, dopo Marx e Gramsci, Togliatti e Craxi, stila in un’intervista al Corriere della Sera il certificato di morte della socialdemocrazia e della sinistra in generale, affermando che “Lo schema della contrapposizione tra destra e sinistra non è più sufficiente a leggere il nostro tempo. La socialdemocrazia è alla canna del gas in tutta Europa”, domani a Verona c’è l’Italia Possibile di Pippo Civati. “L’Italia Possibile è quella che vorremmo per i prossimi vent’anni, è un progetto di governo che parte e si costruisce dal basso, mobilitando le competenze diffuse, ed è il titolo dell’evento in cui discuteremo di tutto questo domani, con tanti ospiti e compagni di viaggio, alla Fonderia Aperta di Verona dalle 10 del mattino”. A differenza della Leopolda, la convention civatiana ha un programma già ben definito. Interverranno: Vincenzo Visco (già ministro delle Finanze), Mario Seminerio (economista), Gianfranco Pasquino (politologo), Vito Gulli (imprenditore), France sca Coin (sociologa), Camilla Seibezzi (attivista per i diritti civili), Veronica Caciagli (presidente di Italian Climate Network), Maurizio de Giovanni (scrittore), Peppe Allegri (autore de Il quinto stato), Gianfranco Viesti (docente di Economia), Maurizio Franzini (docente di Economia), Michele Raitano (ricercatore di Politica economica), i Diavoli (Il progetto collettivo di cronaca finanziaria fondato da Guido Maria Brera) e tutti i comitati che il 21 di novembre hanno messo la prima pietra del nuovo soggetto politico Possibile, votando lo statuto del movimento.

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le ministre, i papà, i guru ed i presidenti…

vi sottopongo integralmente questo articolo di andrea scanzi del fatto quotidiano (con cui mi scuso per non averlo avvisato del copia-incolla, ma che credo non abbia da ridire), articolo che credo approfondisca qualcosa che forse dalle parti di palazzo chigi non si vorrebbe fosse approfondito, il ruolo ricoperto dal padre della ministra boschi all’indomani dell’incarico di peso della figlia nel governo renzi

articolo che troverete anche al link www.ilfattoquotidiano.it/2015/12/11/salva-banche-la-boschi-il-papa-e-il-caso-banca-etruria/2295547/

Ieri, presentando il libro di Vespa, il ministro Boschi ha detto che suo padre è una persona perbene e che Banca Etruria non ha ricevuto favoritismi dal (suo) governo. Ne prendo atto e non fatico a crederci. Certo, magari sarebbe stato bello che ieri la Boschi avesse preferito al libro di Vespa la sua città, in questi giorni devastata dal caso Banca Etruria, ma capisco che dopo aver regalato a giugno la città al centrodestra imponendo un candidato smisuratamente debole e dopo che il suo governo (e la “sua” banca) hanno contribuito a gettare nella miseria migliaia di cittadini, Arezzo non sia ora la prima città che le venga in mente. Infatti, ad Arezzo, ieri c’era Salvini. E la Boschi no.

E’ assai probabile che, di fronte al disastro ormai conclamato, il governo Renzi non potesse fare altro che anticipare il bail-in di gennaio 2016 al 22 novembre scorso. I danni erano stati fatti prima, molto prima. Con gli omessi controlli, con i conflitti d’interesse, con i favori ai soliti noti. Con le regole cambiate in corsa, con l’atteggiamento di Bankitalia, con quello della Consob. Con una congrega di (pagatissimi) dirigenti che hanno fatto più danni della grandine. Già: ma la Boschi davvero non sapeva tutto questo?

Delle quattro bad bank “salvate”, la Banca Etruria è sempre sembrata più banca delle altre. L’ho detto anche ieri a Piazzapulita e qui desidero riassumere e integrare.

Dal 2011 fino al commissariamento dell’11 febbraio 2015, il papà Pierluigi faceva parte del Cda Etruria. Non appena la figlia Maria Elena diventa ministro, il papà diventa vicepresidente della Banca. Non solo: il ministro è azionista e il fratello è dipendente. Conflitti di interesse come se piovessero.  La Banca Etruria viene commissariata a febbraio 2015, per un buco di 3 miliardi, sei volte il suo patrimonio netto, ma le obbligazioni subordinate vengono ancora sbolognate agli ignari e incolpevoli risparmiatori (che il governo Renzi vuole far passare per “speculatori”). Bankitalia, constatando le “forti criticità crescenti” e una situazione disastrosa, commina multe per 2.5 milioni di euro al cda della Banca. Viene multato per 144mila euro anche Pierluigi Boschi. Per cosa? “Carenza organizzazione e controlli interni, carenza gestione e controllo del credito, violazioni in materia di trasparenza, omesse inesatte segnalazioni”. Praticamente non ha fatto niente di tutto quello che doveva fare: anzi, ha fatto l’esatto contrario. Senz’altro persona “perbene”, come dice la figlia, ma che verosimilmente ha sbagliato lavoro.

La Banca Etruria, che Travaglio definì a febbraio “salotto di cattolici e massoni”, era una banca morta molto prima del commissariamento. Eppure si continuava a spendere fino a 15 milioni di euro l’anno in “consulenze” esterne. I dirigenti si erano anche inventati una legge ad hoc per cui bastava una firma per prestare soldi agli amici degli amici: prestiti che, ovviamente, mai sarebbero rientrati. Però, quando due anni fa l’allora presidente Fornasari aumentò il capitale di 100 milioni dicendo ai soci di comprare azioni da 60 centesimi l’una, li rassicurò, sostenendo che la banca era coesa e che “l’Etruria è la banca popolare più forte del centro Italia”. Il livello generale era questo.

C’è poi un altro aspetto. Da fine ottobre 2014 a gennaio 2015, strani movimenti riguardano alcune banche popolari. Su tutte l’Etruria. La banca è in crisi, ma molti di colpo si mettono a comprare azioni convinti che da marzo quelle azioni varranno molto di più. Perché? Non è dato sapere, ma è forse dato supporre. Nel pomeriggio del 20 gennaio 2015, in neanche due ore, il governo Renzi – tramite decreto – trasforma le banche popolari con almeno 8 miliardi di attivo in Spa. Chi ci guadagna di più? Guarda un po’: Banca Etruria, che registra in borsa la migliore performance dell’anno (+62.5%).
La Boschi, durante il Consiglio di ministri che vara rapidamente il decreto, non c’è. E’ assente. Ma questo non basta forse per non parlare di conflitto di interessi. Ah: molte di quelle plusvalenze especulazioni “indovine”, che faranno poi supporre casi di “insider trading”, arrivavano da Londra. A Londra, del tutto casualmente, sta anche Davide Serra, noto finanziatore renziano col suo fondo Algebris.

Serra ha sempre detto di non avere mai comprato azioni Banca Etruria in quel periodo, ma di averlo fatto molto prima – a marzo 2014 – salvo poi rivenderle pochi giorni prima del decreto. Perdendoci un sacco di soldi (più di 20 milioni di euro). Sarebbe interessante sapere a chi le ha vendute.

andrea scanzi

e per maggiori approfondimenti che vi consiglio caldamente di leggere per comprendere meglio…

www.ilfattoquotidiano.it/2015/01/25/banche-popolari-listituto-papa-boschi-regalo-decreto-renzi/1369584/

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successi…

11/12/2015

si può guardarla come si pare, ma il fatto rimane che il pd in poco più di un anno dal 40,8% delle europee oggi è intorno al 32-33%…questi sono successi del presidente del consiglio, evidentemente…

miko somma

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