1) il dramma democratico…

ricorderete che pochi giorni fa, allo scoppiare dello scandalo, ho postato in un articolo (http://www.comitatonooilpotenza.com/?p=12772 la befana dell’oro nero) 4 domande, in realtà  semplici spunti di riflessione sull’affaire petrolio che noi come lucani dovremmo tutti porci…

intendevo rispondere subito a me stesso, ma altre incombenze mi hanno impedito di dedicarmi  a questo compito…credo vada bene farlo anche adesso…e lo farò domanda per domanda ed in tanti articoli quante sono le domande, a cominciare dalla prima, per vare modo, spazio e tempo di avviare una riflessione comune con i lettori  

1) ma lo scopriamo solo adesso che sull’affare petrolio&dintorni in questa regione si sta consumando un dramma della democrazia, prima ancora che un dramma ambientale, sanitario ed economico che è conseguenza diretta proprio di quel dramma democratico?

no, non lo scopriamo affatto adesso (almeno il sottoscritto lo va dicendo da anni ed anni che il principale dei problemi è quello democratico), anche se forse finora era poco chiaro quanto la pervasità del sistema petrolio avesse infiltrato il sistema politico-istituzionale lucano, fino al punto di renderlo cieco e sordo verso chi, dal basso, avvisava di quanto stava accadendo, e pronto invece all’ascolto verso ogni forma di suadenza, blandizie o anche palese stupidaggine le compagnie ed i loro sodali (molti professori universitari e giornalisti sono a libro paga) raccontava per magnificare il sistema e minimizzare, tranquillizzando con un tono dottorale distante, ma che via via si è fatto sempre più infasitidito, anche quelle “sbavature” (sfiammate al centro olio, incidenti di varia natura, collusioni con fenomeni di criminalità imprenditoriale e via discorrendo) che evidentemente se non potevano proprio essere taciute come contraddizioni al “paradiso” lucano, andavano quanto meno ridotte nei loro effetti sull’opinione pubblica…

il punto è proprio questo, quel silenzio su contraddizioni evidenti a chiunque avesse voluto avere lo sguardo libero per vedere, era ed è lo strumento principale con cui le compagnie hanno “gestito” la faccenda dai suoi primordi (mi riferisco già agli anni 80 dello scorso secolo), un silenzio tombale sul sistema petrolio che andava “coltivato” urlando gioiosamente e giorno per giorno l’esatto contrario, che tutto andava bene, cioè, che il petrolio e le compagnie portavano ricchezza e lavoro, che non inquinavano affatto, ma che al contrario erano i più fedeli servitori dell’ambiente, e via discorrendo tutte le “panzane” che oggi suppongo siano chiare un po’ a tutti i lucani, persino a quelli che stolidamente hanno continuato a difendere le compagnie e le sodalità coloniali che costoro avevano stabilito sul territorio…

sodalità costruite negli anni usando le armi migliori a loro disposizione, i denari delle royalties, ancorché un obbligo sancito da una legge e non un regalo per cui dire grazie, come volano di convinzione dell’equazione bugiarda royalties=sviluppo, a regione e comuni (di fatto pochi comuni sono interessati alle royalties dirette, ovvero al 15% del 7%, mentre il restante 3% veleggia nell’indeterminazione di cosa sia diventato realmente dopo l’affondamento del bonus idrocarburi, ma molti di più dal programma operativo val d’agri foraggiato proprio dalle royalties del petrolio valdagrino) ed in via più prossima ai territori di estrazione, dell’equazione assunzioni=consenso, ovvero da quel sistema amoral-familistico gestito dalle compagnie e dai sindaci e potenti locali, di cui la ex-sindaca di corleto perticara, rosaria vicino (defilippiana di ferro), se confermate le accuse, diventerebbe il paradigma…

chiaro che in un sistema coloniale così accuratamente costruito e tarato sulla antropologia dei luoghi (don michele corleone quando prendeva moglie in sicilia avrebbe, nella traduzione dal siculo-american-english al siculo-siculo, detto al padre della sposa, “secondo le usanze del luogo”) il silenzio sul funzionamento del sistema e delle sue “magagne” diviene tombale perché poggia sull’interesse privato a che proprio quel silenzio copra gli affari di qualcuno, di qualche clan, di qualche corrente, persino di qualche partito (ed in buona parte sappiamo di quale partito stiamo parlando, ma qui non siamo eticisti 5 stellini che debbono tracciare linee nette tra buoni e cattivi) che le compagnie con una certa tranquillità avevano da sempre messo in conto, come ovunque nel mondo, perché connaturale all’industria estrattiva di idrocarburi è “ungere” certe ruote (dopotutto il petrolio è appunto untuoso)…

ed ecco il dramma democratico, quello da cui poi nascono tutti gli altri perché un dramma ambientale e sanitario, se c’è un sistema democratico sano, o lo si impedisce, mettendo in pratica ogni controllo preventivo o lo si denuncia e lo si contrasta subito e senza compromessi, senza attendere esiti giudiziari (in questo l’attuale presidente si mostra per ciò che è, un pusillanime impernacchiato ed indottrinato al meglio…e non voglio neppure pensare ad altre ipotesi)…

invece da noi quel dramma democratico di cui era intriso il silenzio sulla reale portata delle estrazioni, di cui è stato intriso per più di venti anni a petrolio in produzione l’intero sistema politico-amministrativo regionale, ha consentito il proliferare di un batterio che si nutriva proprio di democrazia, inquinando di fatto il sistema sia attivamente, ovvero con la partecipazione al “banchetto” che le royalties consentivano in un sistema bidirezionale tra territori e regione fondato sul consenso elettorale che da questi, attraverso sindaci gabellotti e campieri vari, giungeva ai “big”, sia passivamente, ovvero quando per “simpatia di partito o corrente” chi sapeva, faceva finta di non vedere, non sentire e parlava sempre d’altro, e naturalmente sia con una fetta di “fessi” che proprio non capivano e si fidavano delle chiacchiere dotte di qualche professore o degli articoletti a comando di qualche giornalista o delle rassicurazioni del collega di partito, “che tanto questi ambientalisti sono sempre per il no a prescindere”, ed ancora, caso forse più grave di quelli, i piccolo-narcisisti della politica lucana, che proprio non capivano un tubo di quello che accadeva ed avevano altri interessi, il proprio tono di voce o la cravatta o la lucentezza della scarpa nuova…

eccolo il dramma, da un lato i corrotti, quelli che partecipavano attivamente o alla “spartonzia” di appalti ed affari e distribuzione di prebende attraverso i fondi comunitari (la cassa regionale è sempre quella e le cose andavano e vanno in compensazione tra i vari comitati di affari) o quelli che prendevano la “stecca” per non vedere, non sentire e non fiatare perché “mai sputare nel piatto in cui mangi”, da un altro lato i collaterali, quelli che sanno e non dicono perché non gli conviene far parola anche se non direttamente collusi, da un altro lato ancora gli ingenui e in ultimo i narcisi, ovvero i perbenisti del se stesso, ed il quadro del sistema lucano in cui è maturato il dramma politico è completo…

chiaro che le compagnie sapevano già da tempo, per prassi di approccio ben rodata in ogni luogo del mondo che ha la “sfortuna” di ospitare petrolio nelle sue viscere, e per conoscenza pregressa della realtà lucana (ricordo che le prime estrazioni risalgono alla metà degli anni ’30 proprio in val d’agri e poi ancora in val basento dagli anni 50 in poi), che antropologicamente la regione era “eventualmente” in vendita alla bisogna di questo o quel personaggio che contava e magari, meglio favorire sodalizi tra costoro in grado di indicare referenti fissi con cui trattare in nome di tutti, proprio per non dover poi trattare con troppi…

e volete che in un sistema coloniale così organizzato (le compagnie non devono fare le vittime, perché sono loro stesse ad aver sostenuto ed a sostenere le richieste, anzi a chiedere insistentemente di chiedere per poter avere) vi sia spazio per un’informazione ai cittadini veritiera e realistica, dai posti di lavoro (leggete il lavoro di davide bubbico a proposito e scoprirete quanto poco lavoro si sia creato, sia direttamente che nell’indotto, che indirettamente come crescita produttiva generale) all’inquinamento ed alla sicurezza dei monitoraggi (attendiamo le indagini per conoscere qualche dato veritiero, visto che finora la triade eni-arpab-agrobios, peraltro quest’ultima “fucilata” pee ben altri motivi proprio da Pittella, per nulla ha detto la verità ai lucani), dagli effetti economici sul sistema regione (non esiste alcuna crescita apprezzabile del sistema produttivo lucano attribuibile al petrolio ed alle royalties, a meno di non voler considerare settori, peraltro ormai defunti, del tutto lontani dal comparto, quali il salotto del materano, semmai è vero un peso negativo sul settore agricolo proprio nella val d’agri, dove erano andati in passato cospicui finanziamenti comunitari proprio all’agricoltura) agli effetti di dopaggio di un bilancio regionale dipendente dalle royalties e che quando il prezzo del barile crolla, deve dimagrire al punto di far intravedere un salasso finanziario pagato con i diritti dei cittadini?…

il dramma democratico è qui, tra lestofanti corrotti, furbi, criminali politici e cretini che non hanno mai ragionato, ma in un sistema talmente rodato e sostenuto proprio dai lucani con quel loro affidarsi questuante a qualcuno che possa abbriviargli il caso od il bisogno personale, da non essersi mai posto finora la domanda “ma se salta fuori qualche cosa che svela il meccanismo perverso, che succede a questa terra che finora abbiamo trattato come una puttana da offrire al miglior offerente e cosa succede a questi lucani che proprio non hanno capito che la democrazia vive nel diritto, mentre l’abuso vive nel bisogno?”

miko somma

(continua…)   

le altre domande a cui risponderò…

2) ma lo scopriamo solo adesso che in val d’agri i dati dei monitoraggi erano tutti e da tempo immemore “taroccati“, acque reflue, emissioni, dati sulla salute,  forse persino l’interezza del processo estrattivo ed industriale, forse persino le quantità di estratto, e che in val sauro tangenti, interessi privati, corruzione e malversazioni a vario titolo che da anni coinvolgono politici, amministratori, società di appalti e la stessa total, erano il giornale quotidiano di un territorio che si candida a fare la stessa fine della val d’agri?

3) ma lo scopriamo solo adesso che anni ed anni di royalties con cui è stato “dopato” il bilancio regionale, permettendo margini di manovra a fini quasi esclusivamente clientelari o comunque legati al consenso spiccio, sono state la merce di scambio tra quanto accadeva ad ambiente, salute ed economia locale in val d’agri (e di cui, a gran voce dobbiamo chiedere di sapere subito perché almeno i contorni del disastro siano chiari per tentare almeno di mettervi rimedio) ed il silenzio colpevole della politica lucana (perché se sapevano od immaginavano sono dei criminali, ma se non sapevano o non immaginavano sono solo degli inetti e dei cretini)  e di quella parte di società che ad essa era legata da familismi di varia natura e molto più spesso dal bisogno di avere dei “padrini” (o vogliamo credere che le colpe siano tutte dei politici e non anche di chi si “lega” a loro per qualsiasi interesse o richiesta di abbrivio personale)?

4) vogliamo pensare che tutto sia solo una questione giudiziaria, come pure qualcuno già tenta di dire, evidenziando una patologia di sistema a giustificare l’accaduto e non una mera fisiologia di funzionamento dell’industria delle estrazioni, o che non sia ora necessaria, oltre la doverosa operazione di verità e pulizia, una seria riflessione nazionale e locale che tocchi la politica e gli obiettivi che il paese e la regione debbono mettere in cima alla lista?

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la francia dice no agli idrocarburi a mare…

articolo tratto dal manifesto.info (http://ilmanifesto.info/svolta-francese-stop-subito-alle-perforazioni/) che riporto quasi per intero, vista la sua importanza, rimandando al link per una lettura integrale e per correttezza verso la fonte gionalistica, viste alcune altre implicazioni che vi sono contenute…

Svolta francese: stop subito alle trivelle

Francia. La ministra dell’ambiente dell’Ambiente e dell’Energia, Ségolène Royal, annuncia una moratoria immediata sulla ricerca di idrocarburi in mare. Troppo alti i rischi ambientali, Parigi chiederà che il bando alle perforazioni sia esteso a tutto il Mediterraneo. Meglio puntare su «strade solari», eolico off-shore e dimezzamento dei consumi entro il 2050

La ministra dell’Ambiente e dell’Energia, Ségolène Royal, ha comunicato ieri la decisione di mettere immediatamente in atto una moratoria sulle ricerche d’idrocarburi nel Mediterraneo. Il provvedimento è stato reso noto nel corso della seconda Conferenza Nazionale sulla Transizione Ecologica del Mare e dell’Oceano, tenutasi a Parigi. Il comunicato della ministra non lascia spazio ai dubbi. «In considerazione delle drammatiche conseguenze che potrebbero colpire tutto il Mediterraneo in caso d’incidente dovuto alle perforazioni petrolifere – si legge nel testo diffuso dal dicastero dell’ambiente – Ségolène Royal decide di applicare una moratoria immediata sulle ricerche di idrocarburi nel Mediterraneo, sia nelle acque territoriali francesi, sia nella zona economica esclusiva». Inoltre, la ministra Royal «chiederà che questa moratoria sia estesa all’insieme del Mediterraneo, nel quadro della Convenzione di Barcellona sulla Protezione dell’Ambiente Marino e del Litorale Mediterraneo»….

Ségolène Royal non è nuova a prese di posizione contro le energie non rinnovabili. Basti ricordare il suo intervento all’Assemblea Nazionale del 12 gennaio scorso, al suo rientro da New York, dove aveva incontrato il segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, per dare corpo alle decisioni prese alla Cop 21 di dicembre. In quell’occasione, la ministra del governo Hollande aveva affermato che nessun ulteriore permesso di ricerca d’idrocarburi sarebbe stato accordato dall’esecutivo…

Le sue parole non erano rivoluzionarie, ma davano semplicemente seguito agli obiettivi previsti dalla legge sulla transizione energetica dell’agosto 2015. Il provvedimento punta a dimezzare entro il 2050 il consumo totale d’energia della Francia, oltre a diminuire sino alla soglia del 30% entro il 2030 la percentuale di energia prodotta da fonti fossili non rinnovabili. Sempre per il 2030, al contrario, dovrà essere del 32% sul totale nazionale l’energia prodotta da fonti rinnovabili. In questa prospettiva, la ministra sta lavorando per una grande campagna di sostegno al fotovoltaico e all’eolico. Per quel che riguarda l’energia solare, meno di tre settimane fa, Ségolène Royal ha lanciato a Marsiglia il progetto delle «strade solari», cui saranno consacrati, per il momento, 5 milioni di euro, con l’ambizione di arrivare in cinque anni ad avere 1000 chilometri di pannelli fotovoltaici, su tutto il territorio nazionale.

Rispetto all’energia eolica, invece, il documento finale della conferenza di ieri, mostra una determinazione nell’implementare parchi eolici off-shore

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sia chiaro, mai fatti sconto al governo hollande ed alla ministra royal, ma mentre in terra (anzi, mare) di francia si vietano ricerche ed estrazioni in mare con un obiettivo molto ambizioso sancito da una legge sulla transizione energetica e nella logica di “fare altro” e così preservare l’unicità di un mare chiuso come il mediterraneo, in cui eventuali incidenti, anche piccoli, avrebbero conseguente catastrofiche, da noi un governo di miserabili arrivisti “apre” le porte, ogni porta, agli interessi delle lobbies del petrolio, mostrandosi per ciò che sono, dei terminali di quelle lobbies, ed addirittura invitando i cittadini italiani a non esprimersi ad un referendum…il 17 aprile tutti a votare, a votare SI, ma anche a votare no, purchè si voti, perché ai cittadini non può essere interdetta la facoltà, prevista dalla costituzione, di esercitare la democrazia diretta con l’unico vero strumento che la nostra carta ci consente…carta costituzionale che ad ottobre saremo chiamati a difendere da questi lestofanti che vorrebbero uno stato napoleonico costruito a misura di un “galletto” fiorentino (anzi, di rignano fiorentino)…

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l’italia condannata per tortura…

ansa – La “macelleria messicana” compiuta dalla Polizia nella scuola Diaz la notte del 21 luglio 2001 “deve essere qualificata come tortura”: l’Italia va dunque condannata doppiamente, per il massacro dei manifestanti e per non avere ancora una legge adeguata a punire quel reato. La Corte europea dei diritti dell’uomo, a 15 anni di distanza, mette per la prima volta nero su bianco in un atto giudiziario quel che decine di testimoni hanno visto e raccontato. La sentenza della Corte di Strasburgo è il risultato del ricorso di Arnaldo Cestaro, oggi 76enne: quella notte era alla Diaz e fu uno degli 87 no global massacrati e feriti – su 93 che furono arrestati – durante quella che la Polizia definì una “perquisizione ad iniziativa autonoma” finalizzata alla ricerca di armi e black bloc dopo le devastazioni avvenute in mezza Genova durante le proteste contro il G8. “Questa sentenza è una cosa molto importante – ha commentato l’uomo – quel che ho visto e subito è una cosa indegna in un sistema democratico”. “Finalmente – ha aggiunto il papà di Carlo Giuliani – sono state determinate le brutture commesse dallo Stato italiano. E’ una cosa bella e chissà se l’attuale governo troverà il tempo di occuparsi di queste cose che riguardano la dignità del paese”. Resta, aggiunge Giuliano Giuliani, “la rabbia perché l’omicidio di Carlo è ancora impunito”.

I colpevoli di quella violenza – che la Cassazione ha definito “sadica e cinica” – sostiene la Corte di Strasburgo avrebbero dovuto essere puniti adeguatamente ma ciò non fu possibile “a causa dell’inadeguatezza delle leggi italiane”. Chi “ha torturato” l’uomo, “non è mai stato identificato, anche perché entrando alla Diaz aveva il viso coperto, e non indossava un numero di identificazione, come invece richiede la Corte”. Ed inoltre anche chi è stato processato e condannato “non ha scontato alcuna pena” poiché i reati sono caduti in prescrizione”. E questa è una colpa da imputare “alla mancanza in Italia del reato di tortura o di reati altrettanto gravi”. “Quando parlammo di tortura ci presero per pazzi” dice oggi il pm che ha sostenuto l’accusa, Enrico Zucca, sottolineando che la decisione della Corte era “scontata” in quanto “ciò che è accaduto in quella scuola è un concentrato di violazioni dei diritti dell’uomo”.

Violazioni che la Cassazione – con la sentenza con cui ha confermato le condanne ai vertici della Ps che erano a Genova, Gratteri, Luperi e Caldarozzi, per i falsi verbali – aveva già pienamente indicato, pur non potendo parlare di tortura: ci fu un “uso spropositato della violenza” da parte della Polizia, che ha “gettato discredito sulla nazione agli occhi del mondo intero”. I poliziotti, hanno scritto i giudici, “si scagliarono sui presenti, sia che dormissero, sia che stessero immobili con le mani alzate, colpendo tutti con i manganelli e con calci e pugni, sordi alle invocazioni di ‘non violenza’ provenienti dalle vittime, alcune con i documenti in mano, pure insultate al grido di ‘bastardi’”.

Ora tocca all’Italia far vedere che le cose sono cambiate, approvando immediatamente la proposta di legge che introduce il reato, con pene che vanno dai 4 ai 10 anni, approdata alla Camera lo scorso 23 marzo. Un vuoto, sostiene il presidente della Camera Laura Boldrini, “intollerabile”. Giovedì il Parlamento inizierà la votazione e “il via libera definitivo – spiega il presidente della Commissione Giustizia Donatella Ferranti – potrebbe arrivare entro l’estate”. Sel e Prc tornano intanto a criticare il tempo perso e a chiedere i numeri identificativi sulle divise degli uomini delle forze di polizia. “Questa è una macchia indelebile sul volto del nostro paese e delle classi dirigenti che consentirono un uso arbitrario delle forze dell’ordine” afferma Nichi Vendola. Gli risponde Gianfranco Fini, che all’epoca era vice premier ed era a Genova. “Che ci siano stati eccessi è stato accertato e quindi è giusto che i colpevoli vadano puniti. Ma su di me ci furono speculazioni”. Dal canto suo il M5s annuncia battaglia per modificare l’attuale testo: “è una vergogna che oggi non vi sia il reato di tortura – dicono i membri della commissione giustizia – ma sarebbe ancora più vergognoso concludere con una legge inefficace”. E il leader radicale Marco Pannella annuncia invece uno sciopero della sete contro “questa infamia”: c’è una situazione in Italia, per quanto riguarda “i diritti e il funzionamento della giustizia, di fronte alla quale i fascisti si metterebbero a sghignazzare”. In attesa che il Parlamento colmi il vuoto, resta una certezza: l’incursione alla Diaz, hanno detto i processi, avrebbe dovuto “riscattare l’immagine della Polizia” dopo le devastazioni, ma la verità è che l’ha compromessa. Anche perché, ancora oggi, nessuno degli autori materiali di quel massacro sta scontando una pena: per i 10 funzionari condannati in appello per lesioni – il comandante del Reparto Mobile di Roma Vincenzo Canterini, il suo vice e i capisquadra – la Cassazione non ha potuto far altro che dichiarare prescritto il reato. E tutti gli altri, decine e decine di poliziotti, che entrarono nella scuola, non sono mai stati identificati.

e per chi voglia vedere quanto accaduto e documentato ed abbia lo stomaco forte sia per le immagini di violenza che per il massacro della democrazia, eccovi il link al documentario della rai su quanto accadde alla diaz

http://www.rai.tv/dl/RaiTV/programmi/media/ContentItem-609cfb15-256f-4263-ad6e-5de83175224c.html

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cari corregionalì…

10/04/2016

“rivoluzione democratica”…ma dico, cari corregionali, avete dimenticato le stupidaggini ad alzo zero di questo presidente da commedia dell’arte che oggi racconta pure, ergendosi a paladino di una regione che anche la sua famiglia politica ha devastato, che lui è lì da soli due anni e mezzo, ovvero metà mandato?…

miko somma

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