consigli per il voto amministrativo lucano…

le amministrative in lucania?…beh, in queste settimane sono stato molto tirato per la giacchetta perché esprimessi un mio giudizio su molte liste presentate in molti paesi, quasi come se “d’improvviso” il mio giudizio contasse qualcosa o spostasse qualcosa (chissà poi se davvero è così?), ma sostanzialmente a tutti ho risposto che dovevo valutare programmi (quasi sempre al giudizio stesso dei presentatori di liste, degli inutili pezzi di carta che si presentano solo perchè la legge li impone, ma che si sa già non saranno mai e poi mai tenuti in alcuna considerazione, al netto persino delle possibilità legislative di trattare materie di altrui competenza) e candidati (quasi sempre o dei furbi che sottendono di continuo la loro furbizia galleggiatoria e dispensatrice di “favori” o degli utili idioti che debbono solo “gattopardizzare” con le loro facce beote o magari anche “giovani” uno status quo eterno)…

ed in quella mia sospensione di valutazione non c’era solo però la necessaria esigenza di conoscere la situazione “bellica” di ben 27 comuni lucani al voto, quindi la valutazione di tanti programmi e tanti candidati sindaci (ovviamente sui candidati consiglieri neppure avrei avuto il tempo) in un “disfida” che appare sin troppo condizionata da elementi altri rispetto a quelli sui quali ci si dovrebbe esprimere, ma anche da un certo personale disgusto sulla “memoria corta” che in prossimità del voto “soffoca” ogni forma di comportamento e giudizio libero dei cittadini…

elementi altri…appare ovvio che una simile contesa elettorale, ancorché da giocarsi tutta su temi locali, come pure sarebbe naturale trattandosi del governo delle nostre città e paesi (soprattutto paesi, e lo rimarco perché spesso si dimentica che l’italia è fatta soprattutto di piccole comunità), è stata inquinata dalla ribalta nazionale che le scadenza ha assunto nella polarizzazione pro/contro renzi che è intervenuta per specifica volontà di questo e dei suoi avversari più interessati (particolarmente i 5 stelle, da sempre ammalati di elettoralismo)…

ribalta che ovviamente “delocalizza” l’evento locale dell’elezione di un sindaco di un consiglio comunale, facendogli assumere una stramba caratteristica di anticipazione del voto sulla riforma costituzionale di ottobre, già trasformata anch’essa e sempre per specifica volontà del “dittatorello fiorentino” non in una contesa democratica sul tema, la riforma in se stessa giudicata dai cittadini italiani, ma in una sorta di plebiscito sulla sua opera e soprattutto persona (a questo si riduce nelle sue intenzioni, infatti il voto ad ottobre), anticipazione che se nei piccoli comuni magari è anche meno avvertita, nelle città più grandi (e segnatamente roma, napoli, milano, torino e tante altre) è nei fatti un test di tenuta di questa maggioranza che nessuno ha votato, ma che nei numeri assurdi che le elezioni del 2013 ci hanno consegnato è quella voluta da giorgio napolitano proprio per spianare la strada a quelle riforme che trasformano surrettiziamente la forma di governo del paese)…

il personale disgusto…beh, sapete bene come la penso sulle alchimie della politica, quando servono a qualcosa, ovvero al bene comune, pur con un certo “stomaco” le valuto per quanto tali, mediazioni necessarie, quando invece servono a qualcuno, ovvero alla sopravvivenza di ceto politico in quanto tale e relative filiere di interessi e sodalità, le valuto per compromessi, quindi come una grande lavatrice dove panni sporchi e meno sporchi vengono lavati assieme a qualche capo pulito perché si perda ogni forma di memoria su quali fossero più sporchi e quali meno, con il risultato che il bucato steso al sole apparirà da lontano tutto fresco e pulito, e poco importa se alla fine quel bucato invece non sia del tutto pulito, ma solo in apparenza pulito ed invece maleodorante di un lavaggio concepito male…

e per essere ancor più chiari, se ad ogni nuova elezione comunale in una lista di continuità amministrativa ci metti qualche candidato sporco (anche molto sporco, come alcuni sindaci e consiglieri uscenti), qualcuno meno sporco (ovvero meno compromesso ed esposto, ma sempre in continuità) e qualcuno pulito (la classica faccia nuova, magari scelta tra qualche giovane che mai e poi mai avrà voti sufficienti all’elezione, a meno non sia figlio di qualcuno), ai cittadini apparirà si una lista più o meno pulita (nei paesi le cose poi alla fine si conoscono), ma comunque passata al lavaggio, quindi riverginata al confronto con altre liste, quelle di opposizione uscente o quelle di un presunto cambiamento che però andrebbe sempre valutato non solo sui programmi, ma anche sulle facce che propone (ma che caspita di cambiamento potrà mai rappresentare chi nel suo privato è un notorio sporcaccione?)…

ed il disgusto è appunto in chi presenta tali liste, come si direbbe dalle nostre parti “senza faccia, né cuzzett”, sia di governo che di opposizione che di cambiamento (francia o spagna purchè se magna), ma anche a volte nei cittadini che o sono complici di quelle filiere di interessi (quindi sodali a tutti gli effetti) o si lasciano “infinocchiare” da promesse di futuri radiosi (che sono spesso roba da neuro) o ancora e più facilmente si lasciano convincere sia da relazioni familiari ed amicali, persino tanto tenui da apparire esistenti solo in campagna elettorale (familismo amorale), sia da veri e propri mercimoni (promesse ed a volte dazioni in denaro, quindi rispettivamente, idiozia conclamata o pura prostituzione del voto)…

ma andiamo al punto, perché le cose non le scopriamo certo oggi…darò il mio contributo a questo voto con alcuni semplici consigli…

1) non votate liste di partito, e particolamente quelle del pd…ovvero sottraete ai numeri con i quali tanti risultati locali saranno aggregati per il discorso a cui accennavo di dislocazione sul piano nazionale del voto locale, i numeri espressi nelle “vostre” elezioni (si sono le vostre e non di matteo renzi) e particolarmente non votate proprio quelle dirette del pd o più smaccatamente ad esso riconducibili come liste civiche perché ciascuno di quei voti sarebbe utilizzato dal premier per la sua campagna di legittimazione imperiale e dal nostro presidente della giunta regionale per la sua campagna continua di affiliazione alla truppa renziota e per la sua sopravvivenza politica in regione…stesso discorso vale però un po’ per tutti i partiti e movimenti nazionali…

2) non votate candidati sporchi…ovvero per una volta evitate di votare liste dove siano presenti sindaci o candidati consiglieri che hanno male amministrato o hanno amministrato nel nome di interessi che non sono stati quelli della collettività, persino quando in una lista vi sia anche solo un candidato che non vi convince…

3) non votate finte alternative…ovvero sappiate riconoscere quando una lista sia una reale alternativa programmatica o non piuttosto una finta opposizione creata a tavolino per convincervi che esiste teoricamente la possibilità di cambiare…gli accordi in tal senso sono molto più numerosi di quanto si posa credere…

4) non votate alternative costruite sulla rabbia, ma povere di contenuti programmatici ed umani…ovvero evitate di votare per pura rabbia per liste costruite in fretta e furia per “apparire altro”, perché tali alternative o sono velleitarie ed inutili nei fatti amministrativi, o sono spesso vestiti di carnevale per l’interesse di qualcuno che semplicemente, come concittadini, potete valutare sulla congruità tra quanto esposto in campagna elettorale e la sua personale carica etica, ovvero uno sporcaccione nella sua vita privata non diviene un santo in quella pubblica…

5) non votate qualcuno perché qualcun altro vi dice di votare…ovvero siate cittadini senzienti e non sudditi o servi o stupidi…

soddisfatte queste esigenze di minima dignità del voto, andate a votare e non rimanete a casa, andateci anche se nessuno vi soddisfa, andateci lo stesso e magari annullate la scheda che è quello che, come cittadino, farei personalmente io nella maggior parte dei comuni lucani al voto…ma non in tutti, perché il bene comune a volte si traveste per non essere subito riconosciuto e così ucciso dai soliti bracconieri della speranza che qualcosa in questa regione posa cambiare…

così se una lista più o meno già vi convince ed individuate in essa una reale brava persona, votatela e fatela votare e così aiutatela ad essere se stesso in una lista ed a rappresentarvi in un consiglio comunale e non una faccia a forma di foglia di fico in una lista che tutti presto dimenticheranno… 

buon voto a tutti, in attesa dei veri cambiamenti, non delle pagliacciate…

miko somma

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un manipolo di deficienti…

idiozie da personaggio dei cartoni animati…io ribalterei la cosa con un “tutto o quasi va male ed è evidente nei numeri e nell’esperienza delle cose, ma se come italiani la smettessimo di dire che ‘non tutto va bene, ma…’, tanto per prenderci per i fondelli, forse avremmo coscienza di dove sia il male e come poterlo risolvere…

a cominciare dal mandare a casa questo manipolo di deficienti…

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un saluto rispettoso a muhammad alì…

04/06/2016

un saluto rispettoso a muhammad alì – cassius clay, un istrionico grande campione che non perse mai l’incontro clou con la dignità di essere un uomo, ma a cui fu sottratto il titolo per non aver voluto fare la guerra…ti ricordo, bambino, in “rumble in the jungle”…ali bumayè…un grande uomo…salam aleikum

miko somma

e voglio ricordare questo grande campione e grande uomo con questo articolo di luigi panella ( http://www.repubblica.it/sport/vari/2016/06/04/news/morto_muhammad_ali_la_leggenda_del_pugilato-141246310/)

E’ stato il più grande, anche oltre il ring. Rifiutò di partire per il Vietnam, si convertì all’Islam. ”I campioni non si fanno nelle palestre ma con qualcosa che hanno nel loro profondo: un desiderio, un sogno, una visione’.  Fu nominato il più grande sportivo del secolo scorso, lo è stato di tutti i tempi

Morto Muhammad Ali, la leggenda del pugilato sempre in prima fila per i diritti civiliAlì contro Foreman a Kinshasa nel 1974 (afp)

PHOENIX – Sarebbe troppo facile affermare che Muhammad Alì ha perso il match più difficile della carriera, quello con il morbo di Parkinson, di cui soffriva da oltre 30 anni e che all’ospedale di Phoenix, dove era stato ricoverato due giorni fa per problemi respiratori, ha posto fine alla sua straordinaria esistenza all’età di 74 anni. Certo, ormai da tanto tempo le sue parole non erano i proiettili lanciati nelle sue grandi battaglie, sul ring e per i diritti civili, ma l’intensità dello sguardo era rimasta sempre la stessa nonostante quel velo calato impietoso. Alì ha battuto anche la malattia, usando le sue idee di libertà e giustizia per danzare come una farfalla e pungere come un’ape.

Quel morbo maledetto irriso già ad Atlanta nel 1996, quando accese la torcia olimpica. Non combatteva da 15 anni, ma forse quella sera fu il round più bello della vita: Parkinson messo alle corde da quel coraggio di  mostrarsi malato, dalla fragilità avvolta in un commovente tremolio per un uomo che aveva avuto il mondo in pugno. Da quella notte in Georgia sono passati tanti anni, tra una finta, un jab e una provocazione. Quel Parkinson che non gli impedì l’ultimo saluto al più acerrimo rivale, Joe Frazier, l’uomo che Alì in una leggendaria trilogia di sfide ha sofferto più di tutti. Si stavano tanto antipatici. Frazier lo spedì al tappeto al Madison Square Garden di New York nel 1971: un gancio sinistro perfetto, bello e intenso come un raggio di luce nella notte. Alì si prese la rivincita due anni dopo. Poi ci fu Manila 1975, il match più brutale di sempre. Alì si  divertiva a prendere a pugni un pupazzetto che raffigurava un gorilla per sbeffeggiare smokin’ Joe, sul ring i due quasi si uccisero, lasciarono lì una parte del fisico e dell’anima. Alì vinse, ma riconobbe che se l’avversario non avesse abbandonato alla fine del quattordicesimo round, forse lui stesso non si sarebbe ripresentato sul ring. E poi ancora, in flash che si sovrappongono non tenendo conto del tempo, Alì alle Olimpiadi di Londra: gli occhi nascosti dietro grandi occhiali neri, non più di un cenno di saluto. Eppure è stato l’unico in tutti i Giochi a tenere testa come popolarità ad Elisabetta II che dava spettacolo con l’ultimo 007. Alì ha dato ragione al Jack London, che non ha potuto conoscerlo eppure è come se lo avesse conosciuto quando affermò: “Preferirei di gran lunga essere campione del mondo dei pesi massimi – cosa impossibile – che re d’Inghilterra o presidente degli Stati Uniti o kaiser di Germania”.

Tante cose che fanno capire come sia riduttivo parlare del Muhammad Alì pugile. Joe Louis o, scendendo dai massimi ai medi, Ray Sugar Robinson forse sono stati complessivamente superiori sul ring, resta comunque questione di opinioni… Ma Ali è stato il più grande sportivo di tutti i tempi. Mai una banalità, ma un continuo bersagliare il perbenismo di una certa America, conservatrice ed incapace di accettare che il campione del mondo dei pesi massimi rifiutasse di ‘onorare’ la patria nella follia del Vietnam. ”Non ho niente contro i Vietcong, loro non mi hanno mai chiamato negro…”. Non una frase ad effetto, ma una coraggiosa scelta di coscienza che gli costò il ritiro della licenza e la perdita del titolo negli seconda parte degli anni sessanta. Già negro. Come diceva lui, con il nome da negro, Cassius Clay, si rivelò al mondo vincendo l’oro a Roma alle Olimpiadi del 1960. La leggenda narra della medaglia gettata in un fiume dopo che un camierere bianco si era rifiutato di servirlo. Poi si convertì all’Islam e per tutti fu Muhammad Alì. Quando nel 1964 conquistò il titolo mondiale contro Sonny Liston finì subito nell’occhio del ciclone. Quel giovane spaccone così linguacciuto che abbatte un picchiatore brutale, anche nella rivincita ed in un solo round. Era la notte del colpo che nessuno vide e che a distanza di oltre 50 anni fa ancora discutere.  

”I campioni non si fanno nelle palestre. I campioni si fanno con qualcosa che hanno nel loro profondo: un desiderio, un sogno, una visione”. Una visione portata fuori dalle sedici corde per riaffermare il principio indissolubile della pace. Alì è stato uno dei pochi personaggi di fronte ai quali è impossibile restare indifferenti. Per chi ama il pugilato è stata la sveglia nel cuore della notte -questioni di fuso orario – per assistere ai suoi capolavori. Ma anche coloro ai quali del pugilato non frega nulla, hanno parlato di lui. Chi lo venerava, chi non vedeva l’ora che qualcuno gli desse una lezione per quel suo modo linguacciuto di indispettire gli avversari.

Perseverante ed ossessivo quando si trattava di raggiungere i propri obbiettivi. ”I want Holmes, I want Holmes”, ripeteva ossessivamente in preparazione al match più impossibile. Sapeva di non potercela fare, ormai trentottenne e debilitato nel fisico, ma voleva il più giovane e forte rivale, quel Larry Holmes che in una straordinaria manifestazione di rispetto e affetto gli risparmiò una punizione pesantissima prima dell’inevitabile conclusione al decimo round. Uomo da show a trecentosessanta gradi. Lo fu anche nel 1974 nello Zaire, allora si chiamava così la Repubblica Democratica del Congo. George Foreman, gigante texano di potenza disumana soggiogato dalla personalità del rivale: campione ridimensionato a sfidante, nero trasformato in amico dei bianchi, indesiderato inquilino dell’Africa Nera.

Foreman arrivò a Kinshasa come un pugile che voleva conservare il proprio titolo, Ali come il liberatore di un intero continente. Foreman scese dall’aereo con Dago, il suo pastore tedesco, e gli africani ripensarono a quei cani utilizzati durante la tirannia di re Leopoldo per terrorizzarli. Alì fu invece riconosciuto come il fratello nero, e tutti lo accolsero da re, la sua macchina solcava le strade polverose, e tra le nuvole i volti dei piccoli neri lanciavano il loro grido di implorazione. ”Ali boma ye”, ”Ali uccidilo”. ”George faceva male, ogni suo colpo qualche danno lo provocava sempre, ti spaccava un muscolo, ti incrinava qualche osso”. Ma lui seppe sopportare stoicamente, per otto round, poi zittì i detrattori, tornando a pungere come un ape e danzare come una farfalla, e per Foreman non ci fu scampo. I più giovani, ma anche chi lo ricorda bene, vadano a vedersi – facilissimo da trovare su internet – il match di Kinshasa. Otto round, non un semplice incontro di pugilato, ma una vera e propria autobiografia di un mito. C’erano proprio George Foreman e Larry Holmes, nell’ultima occasione ufficiale alla quale Alì era intervenuto, o scorso ottobre nella sua città natale, Louisville nel Kentucky, in occasione del tributo di ‘Sports Illustrated’ nei suoi confronti.

La sua morte è avvenuta quando in Italia era quasi l’alba. Tanti anni fa era il momento di andare al lavoro, o a scuola, o rimettersi a letto dopo aver assistito ai suoi match. Alì è morto, immortale Alì.

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