come già detto nel precedente post, metto in chiaro, cosciente dell’estrema lunghezza dello stesso, il testo del ricorso del presidente del consiglio monti contro l’art. 37 della legge regionale n. 16 dell’8 agosto 2012, meglio conosciuta (anche se erroneamente) come moratoria…a dopo per qualche commento…
GU n. 46 del 21-11-2012
Corte Costituzionale atto N. 140 RICORSO PER LEGITTIMITA’ COSTITUZIONALE 11 ottobre 2012
Ricorso del Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, nei cui uffici domicilia in Roma, via dei Portoghesi,12 contro la Regione Basilicata, in persona del Presidente in carica per l'impugnazione della legge regionale della Basilicata n, 16 dell' 8 agosto 2012, pubblicata nel Bollettino ufficiale della Regione Basilicata n. 26 dell' 8 agosto 2012, recante «Assestamento dei bilancio di previsione per l'esercizio finanziario 2012 e del bilancio pluriennale per il triennio 2012/2014», nell' art. 37.
L’art. 37 della legge regionale della Basilicata n. 16 del 2012, nel disciplinare le «proprie competenze in materia di governo del territorio , e’ così formulato:
- La Regione Basilicata nell’esercizio delle proprie competenze in materia di governo del territorio ed al fine di assicurare processi di sviluppo sostenibile, a far data dall’entrata in vigore della presente norma non rilascerà l’intesa, prevista dall’art.1, comma 7, lettera n) della legge 23 agosto 2004, n. 239, di cui all’accordo del 24 aprile 2001, al conferimento di nuovi titoli minerari per la prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi.
- Le disposizioni della presente norma si applicano anche ai procedimenti amministrativi in corso per il rilascio dell’intesa sul conferimento di nuovi titoli minerari per la prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosa.
- Sono fatte salve le intese relative a titoli minerari in essere».
La disposizione prevede dunque che la Regione, a far data entrata in vigore della legge regionale 16/2012, non rilascerà l’intesa prevista dall’articolo 1, comma 7, lettera n) della legge 23 agosto 2004, n. 239 per il conferimento di nuovi titoli minerari per la prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi.
La disposizione regionale e’ illegittima peri seguenti motivi:
1. Violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera m) e terzo comma della Costituzione.
La disposizione censurata è riconducibile alla materia, di legislazione concorrente, di «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia» (art. 117, comma 3 della Costituzione).
In tale ambito, lo Stato, nell’ esercizio della sua potestà legislativa, con la legge 23 agosto 2004, n. 239 recante «Riordino del settore energetico, nonchè delega al Governo per il riassetto delle disposizioni vigenti in materia di energia», ha fissato i principi fondamentali in materia di localizzazione di impianti energetici.
La suddetta legge contiene altresì disposizioni per il settore energetico che contribuiscono a garantire la tutela della concorrenza, la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali (materia questa riconducibile alla potestà legislativa statale ai sensi dell’art. 117, comma 2, lettera m) della Costituzione), la tutela dell’ incolumità e della sicurezza pubblica, la tutela dell’ambiente e dell’ecosistema al fine di assicurare l’unita’ giuridica ed economica dello Stato e il rispetto delle autonomie regionali e locali, dei trattati internazionali e della disciplina comunitaria.
L’ art.1,comma 4, legge 239/2004 prevede quanto segue: «Lo Stato e le regioni, al fine di assicurare su tutto il territorio nazionale i livelli essenziali delle prestazioni concernenti l’energia nelle sue varie forme e in condizioni di omogeneità, sia con riguardo alle modalità di fruizione, sia con riguardo ai criteri di formazione delle tariffe e al conseguente impatto sulla formazione dei prezzi, garantiscono; (…) d) l’adeguatezza delle attività energetiche strategiche di produzione, trasporto e stoccaggio per assicurare adeguati standard di sicurezza e di qualità del servizio nonchè la distribuzione e la disponibilità di energia su tutto il territorio nazionale;» nonchè «f) l’adeguato equilibrio territoriale nella localizzazione delle infrastrutture energetiche, nei limiti consentiti dalle caratteristiche fisiche e geografiche delle singole regioni, prevedendo eventuali misure di compensazione e di riequilibrio ambientale e territoriale qualora esigenze connesse agli indirizzo strategici nazionali richiedano concentrazioni territoriali di attività, impianti e infrastrutture ad elevato impatto territoriale (…)».
L’art. 1, comma 3, della legge n. 239/2004, inoltre, chiarisce che il conseguimento dei suddetti obiettivi generali di politica energetica è assicurato, sulla base dei principi di sussidiarieta’, differenziazione, adeguatezza e leale collaborazione, dallo Stato, dall’Autorità per energia elettrica e il gas, dalle regioni e dagli enti locali.
In particolare, secondo l’art. l, legge 239/2004, spetta allo Stato, anche avvalendosi dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas, «l’identificazione delle linee fondamentali dell’assetto del territorio nazionale con riferimento all’articolazione territoriale delle reti infrastrutturali energiche dichiarate di interesse nazionale ai sensi delle leggi vigenti» (comma 7, lettera g), nonchè «le determinazioni inerenti la prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi, ivi comprese le funzioni di polizia mineraria, adottate, per la terraferma, di intesa con le regioni interessate» (comma 7, lettera n), e allo Stato «individuazione, di intesa con la Conferenza unificata, della rete nazionale di gasdotti» (co. 8, lett. b), n. 2).
L’art. 29, comma 2, lett. g), d.lgs. n. 112/1998 e l’art. 52 quinquies, DPR n. 327/2001, nella base dei principi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza, attribuiscono allo Stato un potere autorizzatorio nella materia di cui si tratta, riconoscendo all’amministrazione statale «una competenza amministrativa generale e di tipo gestionale» per far fronte a esigenze di carattere unitario.
Il necessario coinvolgimento delle Regioni di volta in volta interessate è assicurato dal DPR n. 327/2001, con la previsione di un’intesa in senso «forte», che garantisce un’adeguata partecipazione di queste ultime allo svolgimento del procedimento incidente sulle molteplici competenze delle amministrazioni regionali e locali.
In caso di mancato raggiungimento dell’intesa con la Regione interessata nel termine prescritto per il rilascio dell’autorizzazione, l’art. 52-quinquies, comma 6, DPR 327/2001 prevede peraltro una procedura alternativa.
In particolare, «nel rispetto dei principi di sussidiarietà e leale collaborazione, si provvede, entro i successivi sei mesi, a mezzo di un collegio tecnico costituito d’intesa tra il Ministro delle attività produttive e la Regione interessata, ad una nuova valutazione dell’opera e dell’eventuale proposta alternativa formulata dalla Regione dissenziente. Ove permanga il dissenso, l’opera e’ autorizzata nei successivi novanta giorni, con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, integrato con il Presidente della Regione interessata, su proposta del Ministro delle attività produttive, di concerto con il Ministro competente, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano».
Tutto ciò premesso e considerato, la disposizione regionale censurata, negando a priori il rilascio dell’intesa per il conferimento di nuovi titoli minerari per la prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi, si pone in contrasto con i principi generali adottati dallo Stato in materia di «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia» e, conseguentemente, viola art. 117, comma 3 della Costituzione.
Con la norma qui censurata la regione paralizza, infatti, aprioristicamente, senza una valutazione delle singole situazioni, le funzioni che lo Stato deve esercitare in maniera unitaria nella materia in esame, precludendo in particolare le attività che lo Stato e’ chiamato a realizzare ai sensi dell’art.1, comma 7, lettera n) e comma 8, lettera b), n. 2, legge n. 230/2004, e violando i principi generali sanciti dal legislatore statale, nell’ambito della sua potestà legislativa, con l’art. 1, comma 4, legge n. 239/2004.
Tale disposizione viola altresì il principio di leale collaborazione, che deve connotare in generale i rapporti tra poteri, ed e’ peraltro richiamato dal citato art. 1, comma 3, legge 239/2004 (unitamente ai principi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza) per il raggiungimento degli obiettivi generali di’ politica energetica.
La soluzione adottata dalla regione Basilicata appare infatti improntata a un’affermazione di chiusura verso ogni soluzione prospettata dallo Stato, a prescindere dalle diverse valutazioni che, anche in futuro, potranno essere effettuate.
Nel compromettere lo strumento dell’intesa «caso per caso», prevista dal legislatore statale, la disposizione in epigrafe viola così i principi generali sanciti dal legislatore statale nella materia della «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia».
L’inammissibilità di un siffatto rifiuto unilaterale della Regione Basilicata di essere parte della politica energetica nazionale, sancita in via unitaria dallo Stato ma con il coinvolgimento delle Regioni, rifiuto che si estende alla possibilità stessa di raggiungere l’intesa, si evince da quanto considerato (e ritenuto «non immaginabile») da codesta Corte costituzionale nella sentenza 17 novembre 2010, n. 331, dove si legge:
«La disciplina di localizzazione degli impianti produttivi e di stoccaggio, nonchè dei depositi di rifiuti radioattivi, si distribuisce pertanto tra Stato e Regioni secondo tali coordinate, ferma restando la necessità di forme di collaborazione all’esercizio delle relative funzioni amministrative che la Costituzione assicura al sistema regionale, e che vanno rinvenute, per il grado più elevato, nell’intesa tra Stato e Regione interessata.
La disciplina normativa di queste forme collaborative e dell’intesa stessa, spetta, di conseguenza, al legislatore che sia titolare della competenza legislativa in materia: si tratta, vale a dire, del legislatore statale, sia laddove questi sia chiamato a dettare una disciplina esaustiva con riferimento alla tutela dell’ambiente, sia laddove la legge nazionale si debba limitare ai principi fondamentali, con riferimento all’energia.
Anche in quest’ultimo caso, infatti, determinare le forme ed i modi della collaborazione, nonchè le vie per superare l’eventuale stallo ingenerato dal perdurante dissenso tra le parti, caratterizza, quale principio fondamentale,l’assetto normativo vigente e le stesse opportunità di efficace conseguimento degli obiettivi prioritari, affidati dalla Costituzione alle cure del legislatore statale.
[…] Del resto, non e’ immaginabile che ciascuna Regione, a fronte di determinazioni di carattere evidentemente ultraregionale, assunte per un efficace sviluppo della produzione di energia elettrica nucleare, possa sottrarsi in modo unilaterale al sacrificio che da esse possa derivare, in evidente violazione dei doveri inderogabili di solidarietà economica e sociale».
La legge della Regione Basilicata, negando unilateralmente e preventivamente ogni possibilità d’intesa su una eventuale, futura, autorizzazione, pare violare i principi sanciti da codesta Corte costituzionale nella sentenza testè citata.
L’art. 37 della legge regionale n.16/2012 si pone altresì in contrasto con l’art. 117, comma 2, lettera m) della Costituzione («determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale») in quanto, ostacolando lo sviluppo della rete dei gasdotti di interesse nazionale e con essa l’efficiente erogazione di gas, determina l’impossibilità di provvedere alle esigenze fondamentali dei cittadini.
La legislazione statale sopra richiamata, e in particolare la legge n. 239/2004, si prefiggono come obiettivo proprio la determinazione di adeguati livelli essenziali.
La disposizione regionale, impedendo allo Stato di esercitare tale competenza, viola dunque anche articolo 117, comma 2, lettera m) della Costituzione.
2. Violazione dell’art. 97 della Costituzione.
La disposizione in esame si pone inoltre in contrasto con l’art. 97 della Costituzione in quanto, rendendo obbligatorio il ricorso alla procedura alternativa prevista dal comma 6 del più volte citato art. 52-quinquies, appesantisce il procedimento di autorizzazione disciplinato dal DPR n. 327/2001, in violazione del principio di buon andamento dell’azione amministrativa sancito dall’art. 97 della Costituzione.
La previsione ex lege del diniego dell’intesa, che trova applicazione in modo aprioristico, generalizzato ed indiscriminato, si riflette in un appesantimento del provvedimento autorizzatorio, dovendo necessariamente farsi ricorso al procedimento di cui all’art. 52-quinquies, comma 6, DPR n. 327/2001.
Peraltro, il diniego dell’intesa così come formulato dal legislatore regionale non contiene la formalizzazione di un provvedimento motivato in modo chiaro e dettagliato, che sia frutto di una istruttoria e di una valutazione di specifici elementi di fatto, e che possa essere a sua volta valutato dallo Stato per l’instaurazione del predetto procedimento.
Nel caso di specie, la motivazione del diniego aprioristico dell’intesa è infatti individuata dal legislatore regionale nel perseguimento del «fine di assicurare processi di sviluppo sostenibile»: si tratta tuttavia di una motivazione assolutamente generica rispetto alle pluralità di situazioni eterogenee che potranno essere oggetto di esame da parte dello Stato e delle Regioni.
3. Violazione dell’art.117, primo comma della Costituzione.
La disposizione censurata viola, altresì, l’art. 117, primo comma della Costituzione, nella misura in cui esclude il rilascio dell’intesa regionale per il conferimento di titoli minerari relativi ad idrocarburi anche gassosi.
Tale integrale preclusione appare indubbiamente incompatibile con il perseguimento dell’obiettivo della sicurezza degli approvvigionamenti di gas naturale, delineato nel preambolo della Direttiva 2009/73/CE concernente il mercato interno del medesimo gas.
In particolare al punto 22 del Preambolo della Direttiva 2009/73/CE si legge: «(22) La sicurezza degli approvigionamenti energetici è un fattore essenziale per la sicurezza pubblica ed è pertanto strettamente connessa all’efficiente funzionamento del mercato interno del, gas e all’integrazione dei mercati isolati dei gas degli Stati membri. Il gas può essere fornito ai cittadini dell’Unione esclusivamente attraverso la rete. Mercati aperti del gas funzionanti e, in particolare, le reti e collegati alla fornitura del gas sono fondamentali per la sicurezza pubblica, la competitività dell’economia e il benessere dei cittadini dell’Unione. Persone di paesi terzi, dovrebbero pertanto essere autorizzate a controllare un sistema di trasporto o un gestore del sistema di trasporto soltanto se soddisfano i requisiti di separazione effettiva che si applicano all’interno della Comunità. Fermi restando i suoi obblighi internazionali, la Comunità ritiene che il sistema di trasporto del gas sia un settore di grande importanza per la Comunità e che pertanto siano necessarie misure di salvaguardia supplementari a tutela della sicurezza dell’approvvigionamento energetico della Comunità in modo da evitare minacce per l’ordine pubblico e la sicurezza pubblica nella Comunità e il benessere dei cittadini dell’Unione. La sicurezza dell’approvvigionamento energetico della Comunità richiede, in particolare, una valutazione dell’indipendenza della gestione della rete, del grado di dipendenza della Comunità e dei singoli Stati membri dai paesi terzi per l’approvvigionamento energetico e del trattamento accordato, in un determinato paese terzo, agli scambi interni e con l’estero e agli investimenti in materia di energia. La sicurezza dell’approvvigionamento dovrebbe pertanto essere valutata alla luce delle circostanze di fatto di ciascun caso, nonchè dei diritti e degli obblighi che discendono dal diritto internazionale, in particolare dagli accordi internazionali tra la Comunità e il paese terzo in questione. Se del caso, si incoraggia la Commissione a presentare raccomandazioni per negoziare pertinenti accordi con paesi terzi in materia di sicurezza dell’approvvigionamento energetico della Comunità o a includere le questioni necessarie in altri negoziati con detti paesi terzi».
L’intervento normativo regionale, conducendo in sostanza a una situazione per cui potranno essere svolte in Basilicata le sole attività estrattive in corso e quelle relative ai programmi di lavoro già approvati, mentre rimarranno escluse le nuove attività di sviluppo ancora non previste nei programmi delle concessioni, vanifica gli indirizzi di sicurezza degli approvvigionamenti energetici imposti dalla predetta direttiva dell’Unione, che non possono prescindere dallo sviluppo delle ingenti potenzialità’ produttive del territorio lucano.
Deve quindi essere dichiarata la incostituzionalità della disposizione regionale per violazione dell’ art. 117, primo comma della Costituzione, per porsi in diretto contrasto con la citata direttiva dell’ Unione.
4. Violazione degli articoli 3, primo comma e 41 della Costituzione.
La norma censurata, infine, contrasta con il combinato disposto degli articoli 3, comma 1 e 41 della Costituzione, in quanto le limitazioni – di carattere normativo all’iniziativa economica privata debbono perseguire finalità di utilità sociale, sicchè non possono che essere informate ai principi di ragionevolezza e proporzionalità.
Il menzionato rifiuto aprioristico e totale del rilascio dell’intesa, contenuto nell’ art. 37 della legge regionale n. 16/2012, ancorchè in astratto volto ad un fine di utilità sociale quale la riduzione del consumo del suolo nel contesto del governo del territorio, non può ritenersi conforme a ragionevolezza e proporzionalità, giacchè esso impedisce in limine la ponderazione delle singole istanze, necessaria all’assunzione di misure proporzionate alle concrete fattispecie ad esse sottese.
Il contestato diniego assoluto intesa di cui all’art. 37 della legge regionale 16/2012 risulta pertanto arbitrario ed incongruo rispetto ad istanze e progetti, verosimilmente provvisti dei requisiti più eterogenei, che non possono a priori essere valutati in funzione delle corrispondenti peculiarità, con la conseguente compressione della libertà d’iniziativa sancita dall’art. 41 della Costituzione.
P.Q.M.
Si confida che codesta Ecc.ma Corte vorrà dichiarare l'illegittimità dell'art. 37 della legge regionale della Basilicata n. 16 dell'8 agosto 2012.
Roma, 8 ottobre 2012
L'Avvocato dello Stato: D'Ascia