Comunicato stampa di Comunità Lucana

questa nota stampa non è stato inviata al sito istituzionale di basilicatanet, visto quanto già da noi espresso circa l’opera di confusione che puntualmente viene messa in atto o per imperizia (e ci può stare visti i criteri) o per cosciente manipolazione bulgara (cosa molto più probabile) delle affermazioni dei comunicati, il cui senso non andrebbe distorto, ma semmai solo adeguato alle esigenze di spazio concessogli in ciò che dovrebbe essere una sorta di rassegna dei comunicati inviati

 

 

Uscire dalla marginalità attraverso la marginalità

La crisi economica ci ha mostrato in tutta la sua drammaticità quelle enormi crepe strutturali di sistema che l’ideologia di una gestione dei processi economici lasciati a supposte auto-regolamentazioni di un mercato comunque preda di posizioni dominanti e “bolle” speculative – tale quindi da prefigurarsi come jungla dei furbi – ha generato con effetti disastrosi anche nella realtà lucana, e che pure dovrebbero far riflettere in rapporto all’intreccio drammatico tra marginalità economica e mercato globale.

Fra tutte che un’economia territoriale marginale, lungi dal poter trattare in quelle condizioni di parità di posizione che si individuano principalmente nel meccanismo della formazione di un prezzo equo, una condizione resa impossibile da sperequazioni evidenti tra gli attori del mercato, o si accoda ai ritmi ed ai modi produttivi di un mercato esterno ed incontrollabile localmente, avendo possibilità di trovare dei margini economici nella sola contrazione dei diritti ed in una minore attenzione alla tutela ambientale, o deve individuare presto le sue vocazioni, quindi le priorità di intervento su cui concentrare le risorse e ristrutturare un ruolo pubblico nell’economia locale in grado di individuare i bisogni dello specifico del territorio, nelle attitudini della popolazione e nella realtà delle sue risorse materiali e immateriali.

In altri termini, una economia fragile e marginale come la nostra, dopo avere lungamente sbagliato la sua programmazione e le sue scelte strategiche in “industrialismi” di scarto ormai prossimi al termine, o subisce la crisi, attendendo eventi incontrollabili, o trova linee di sviluppo in grado di tradursi subito in occupazione, l’unica via d’uscita dalla crisi, nella magnificazione di ciò che possiede – un territorio abbastanza integro – nell’individuazione d’interventi in grado di esaltare proprio quell’integrità come volano di sviluppo per agricoltura e turismo ed i loro indotti micro-industriali, in primis la trasformazione del prodotto agri-zootecnico in ambiente produttivo diffuso e supportato da marchi territoriali garantiti dall’ente regione ed assistiti in marketing ed accesso ai mercati.

E quando si intende subito, ovviamente si fa riferimento a quella velocità di processo dell’investimento in agricoltura e micro-industria di trasformazione, eventi attivabili nel breve periodo, previa costruzione di una rete logistica e di condivisione dei saperi imperniata su una programmazione accorta ed una armonizzazione delle evidenti complessità in una rete consortile pubblico-privata.

Che l’investimento in agricoltura guidi poi anche l’investimento in turismo, ben oltre gli attrattori civici e paesaggistici forse poco in grado di competere nel loro insieme con altre realtà territoriali di maggiore sedimentazione storica e maggior attrezzatura infrastrutturale, è evidente dalla possibilità di “vendere” il prodotto Basilicata fatto di un territorio ancora poco noto, quindi nuovo nella relazione sensoriale che il turista-viaggiatore intrattiene con il “luogo”, nella inusuale dimensione di una cultura-tempo-spazio ed enogastronomia che rappresenta l’unica chance di avviare dei comparti occupazionali rilevanti nei tempi imposti dalla necessità di trovare risposte rapide al disagio dei lucani.

Ma occorre che si delineino senza fraintendimenti linee di intervento chiare che vadano nella direzione di esaltare al massimo quel “piccolo è bello”, investendo culturalmente proprio sulla marginalità che ci ha tenuti finora lontani certo dal benessere nel senso consumistico che comunemente gli si attribuisce ma anche lontani dal consumo del benessere che è nella liquefazione sociale che il consumismo negli ultimi 20 anni ha generato come costante dell’occidente liberista. Quindi occorre che si cambi marcia e che ci si avvii ad una stagione virtuosa dove le idee abbiano più spazio delle filiere di interessi.

A questo proposito nel nostro articolato programma abbiamo posto a caposaldo una “dichiarazione programmatica e statutaria dell’incontaminatezza del territorio come obiettivo prioritario…e ”agricoltura biologica-tradizionale come vocazione economica prevalente della regione Basilicata” che crediamo possano bene rappresentare una società lucana all’avanguardia nella riscrittura di processi sociali che mirino all’incontro sinergico tra uomo e territorio che altrove forse sono ormai impossibili a realizzarsi.

Uscire dalla marginalità economica attraverso l’uso sapiente della stessa marginalità implica che vi sia un netto salto culturale che a partire da noi stessi ci conduca a riconsiderarla come occasione in grado di fare “novità” in un panorama appiattito nell’omogeneità, più che come maledizione ineluttabile della storia e della geografia politica e sociale da portare come malattia cronica che tutto giustifica, persino le nostre classi dirigenti e gli innegabili errori strategici sin qui commessi.

Che la “differenza” sia quindi il brand su cui puntare in una stagione di riscrittura costituente del futuro di questa terra.

Miko Somma, segretario regionale di Comunità Lucana

 

 

 

  

Comunicato stampa di Comunità Lucana

questa nota stampa non è stato inviata al sito istituzionale di basilicatanet, visto quanto già da noi espresso circa l’opera di confusione che puntualmente viene messa in atto o per imperizia (e ci può stare visti i criteri) o per cosciente manipolazione bulgara (cosa molto più probabile) delle affermazioni dei comunicati, il cui senso non andrebbe distorto, ma semmai solo adeguato alle esigenze di spazio concessogli in ciò che dovrebbe essere una sorta di rassegna dei comunicati inviati

 

Espettorazioni di candidati presidente

A voler commentare i terrificanti dati sull’economia lucana finiremmo per ripetere un mantra senza via d’uscita che recita dell’intreccio della crisi globale nella crisi sistemica locale e di necessità di crescita, lavoro ed infrastrutture che noiosamente prorompono dalle decotte analisi che organismi pur deputati ad osservazioni non banali dell’evoluzione socio-economica letteralmente “vomitano” sui lettori, senza che tuttavia alcuno dica con chiarezza che crescita, lavoro ed infrastrutture sono tre condizioni di fatto impossibili da realizzarsi nella nostra regione se non si individuano e correggono ampie problematiche intrinsecamente legate al sistema politico lucano e preesistenti alla crisi stessa.

Crisi che era ed è di sistema, come pure dal discorso del presidente de filippo nel consiglio regionale in occasione della discussione sulle sue dimissioni si era avvertito con nettezza, una crisi che è quindi di sistema politico, attenendo al modello di “scafo e ciurma” con cui finora la regione ha navigato, ma anche di sistema economico troppo profondamente segnato da quelle indicibili, eppure note, liaison dangereusesfatte di permeazioni ed ibridazioni tra politica e “fatti” imprenditoriali che negli anni non hanno consentito, se non sporadicamente, lo sviluppo di un sano sistema imprenditoriale, e di sistema socio-culturale, perché evidenti sono le fondamenta del consenso nella perversità del “diritto-favore”.

Una crisi, quella lucana, certo accelerata dalla crisi globale che, mettendo in crisi i “fondamentali” di un sistema economico-finanziario che da oltre venti anni viene ormai ciecamente considerato ineludibile, è innegabile abbia fatto sentire i suoi effetti più devastanti proprio sulle “periferie dell’impero”, sui quei sistemi locali cioè che per via di dipendenze e subalternità economico-politiche sono meno in grado di reagire dinamicamente agli effetti della crisi, vedendo ridotto od annullato ogni pure minimo “margine operativo” di risposta alla stessa per via di scelte economiche appunto subalterne ai massimi sistemi.

Economie deboli non “fondate sul territorio” e le sue risorse materiali/immateriali, quanto piuttosto per i meschini calcoli legati all’espressione del consenso locale o magari supinamente subite per ignavia, indolenza, provinciale dipendenza da filiere politiche nazionali, o persino per quella beota ignoranza sugli effetti a medio-lungo termine che quelle scelte di subalternità avrebbero causato ai territori ed ai cittadini che quei territori abitano e vivono, piuttosto “calate sul territorio”.

Ovvio che se la più evidente di queste scelte-non scelte sia stata il petrolio, quella poca avvedutezza nel calcolo di quanto il peso di aziende multinazionali dai bilanci mostruosi in rapporto ai piccoli numeri lucani, avrebbe agito in una regione povera, finendo per condizionarne l’intero sistema socio-politico-economico, altre “scelte coloniali” erano precedute e sono seguite a quello spartiacque dell’accordo del ’98 che a suo modo ha sugellato la colonizzazione dell’economia regionale in dipendenze e mono-culture che escludevano altre e ben più radicate culture produttive presenti nel territorio e fondate sul rapporto diretto e storico tra queste, gli abitanti e le risorse endogene, nel servile plauso generale di una politica locale che ha incoraggiato il distacco dalle tradizione produttive precedenti per meri motivi legati sia al lavoro in fabbrica che alle commesse da indotto come macchina del consenso facile.

Lavoro e commesse che però è proprio nel momento della crisi che costringe al taglio di alcune attività divenute poco produttive e troppo dispendiose per le strategie di sopravvivenza delle aziende, che palesa come ogni taglio parta sempre da ciò che è più lontano dal centro delle proprie attività, quindi le periferie della propria “geografia produttiva”, portando a ripensamenti della produzione che è proprio sui nostri periferici e marginali territori che richiedono “sacrifici umani”. Ed in altre zone della regione le cose non certo sono messe meglio, nello spettro ricorrente della chiusura di impianti produttivi divenuti inutili al diminuire o cessare di aiuti pubblici sui quali pure si era fondata la loro allocazione.

Logica vorrebbe quindi che, dovendosi andare ad elezioni di qui a novembre, le forze politiche fossero impegnate più a ricercare e mettere in campo programmi economici e sociali in grado di contrastare gli effetti più immediati di un declino economico divenuto subito anche sociale, in scenari programmatici innestati su una “visione” della nostra regione come motore di uno sviluppo altro, che espettorare ogni giorno candidature offensive alla ragione storica, all’intelligenza comune e senza alcun radicamento in una società lucana oggi delusa, stanca, ferita e che non merita più questo spettacolo indecoroso.

E se occorre rimarginare la ferita che in qualche modo la politica lucana ha inflitto ai suoi cittadini non si candidano “trombati”, uomini per ogni stagione o da mezza stagione, grandi boiardi e prestanome, giovani-vecchi ”allevati in batteria” e materiale da bruciare, in un disdicevole toto-candidature che ha del ridicolo tanto è lontano dalle risposte che alla gente lucana si dovrebbero, a cominciare da quale progetto testimonierà colui che giocoforza dovrà sedere alla presidenza. Signori, occorre serietà.

Miko Somma, segretario regionale di Comunità Lucana

 

Comunicato stampa di Comunità Lucana

questa nota stampa non è stato inviata al sito istituzionale di basilicatanet, visto quanto già da noi espresso circa l’opera di confusione che puntualmente viene messa in atto o per imperizia (e ci può stare visti i criteri) o per cosciente manipolazione bulgara (cosa molto più probabile) delle affermazioni dei comunicati, il cui senso non andrebbe distorto, ma semmai solo adeguato alle esigenze di spazio concessogli in ciò che dovrebbe essere una sorta di rassegna dei comunicati inviati

tale attività riprenderà solo a seguito delle scuse ufficiali del sito basilicatanet

(invitiamo comunque il sito di basilicatanet, vista l’importanza delle questione che va ben oltre ogni altra faccenda, a riprendere l’argomento qui trattato…abbiamo perso il suo indirizzo mail)

 

 

Un referendum consultivo sulle estrazioni di idrocarburi, una forzatura a fin di bene.

Non c’era probabilmente da aspettarsi altro, ma la sentenza della Corte Costituzionale sulla cosiddetta “moratoria” se da un lato non modifica il quadro normativo esistente, che lascia alla regione, almeno fino a modifiche già in itinere dell’art. 117 della Costituzione, quell’ampia potestà tante volte invocata e inascoltata, di pronunciarsi con pareri negativi alle richieste delle compagnie petrolifere dall’altro apre però un discorso ampio sugli idrocarburi che non vorremmo veder “friggere” nell’aria elettorale in cui è già precipitata la regione come retorico cavallo di battaglia.

Occorre per essere chiari – lo dicemmo lo stesso giorno dell’approvazione di quell’articoletto di legge direttamente al presidente ed all’allora assessore all’ambiente – una scelta molto più coraggiosa e più incisiva di quanto invece non sia stato approvato quel giorno in cui scoprimmo di essere diventati una regione “quasi no oil”, una scelta di tipo programmatico che al di là di ogni gerarchia di fonti legislative, ponga in essere una condizione politica di fondo, rifiutare ogni ulteriore attività estrattiva, come base di un ragionamento sul futuro della regione stessa.

Ciò vale a dire che, riforme del titolo V o meno, sentenza della Corte o meno, deve essere ribadito che la Basilicata non vuole altre estrazioni o ricerche e che l’argomento è appunto politico, riguardando un preciso atteggiamento della popolazione lucana che trasversalmente deve permeare ogni decisione di una politica che non può più ritenersi avulsa o distante da ciò che la volontà popolare esprime.

E così tocchiamo un punto importante che provo a riassumere in una domanda – ma il popolo lucano, reso edotto con imparzialità sull’argomento, cosa mai avvenuta finora, non dovrebbe avere possibilità di esprimersi su una materia tanto pregiudicante la programmazione del proprio territorio per stabilire un “fatto politico” dello stesso segno che ebbe il “fatto politico” di Scanzano, quando pure fu la volontà popolare a dire no al deposito unico di scorie, quindi ben oltre le leggi?

A voler riassumere ulteriormente credo che i tempi siano ormai maturi per una consultazione popolare che appunto “ascolti” il popolo in materia di idrocarburi e territorio e dia così la sostanza politicamente attiva che serve per trasformare le opposizioni che pure un presidente dimissionario promette e che in virtù proprio di quelle dimissioni potrebbero essere di natura solo transitoria, non impegnando affatto il successore e la parte politica con cui sarà eletto.

Più volte, discorrendo con altri soggetti impegnati nell’opposizione agli idrocarburi, abbiamo convenuto sulla probabile dannosità di eventuali strumenti consultivi popolari che, senza un atteggiamento chiaro in materia da parte delle maggioranze/minoranze regionali – e non vorrei si dimenticasse mai ciò che solo fino a poco tempo fa si diceva in quegli ambiti sulla “risorsa” petrolio, vedi il caso memorandum – avrebbero quasi di certo portato a volontà espresse in senso favorevole da parte di una popolazione non informata correttamente e nutrita con razioni abbondanti di quel “becchime di regime” che narrava di lavoro, investimenti e bonus carburanti.

Ma crediamo che i tempi siano cambiati e molta consapevolezza sia stata acquisita da parte dei lucani da allora, stante contraddizioni irrisolte e sempre più visibili, e così se a questa consapevolezza a tratti strisciante, a tratti evidente, si aggiungesse anche una specifica e inequivocabile indicazione negativa da parte di una trasversalità di forze politiche regionali verso il perdurare di atti invasivi dell’industria petrolifera e di uno Stato che a tratti pare identificarvisi, quando non riconosce le ragioni ed i diritti di una comunità che pur della sua cittadinanza fa parte, forse una consultazione popolare riporterebbe il secco no dei cittadini lucani a che il proprio territorio si trasformi in una “damigiana petrolifera”.

Chiaro che un referendum consultivo regionale avrebbe forse uno scarso rilievo legislativo, trattandosi di una fonte secondaria rispetto alla legislazione nazionale e nelle more di modifiche surrettizie di una Carta Costituzionale sentita da parte di alcuna politica come ostacolo e non garanzia, del combinato di leggi conseguenti, della stessa sentenza della Corte, ma un valore politico enorme, se scaturisse dalle urne un risultato oppositivo all’estendersi delle attività legate agli idrocarburi, e tale da non potere non  essere ascoltato.

Così più che fare divenire l’argomento petrolio la materia da campagna elettorale che temiamo stia già per divenire, stando a scomposte dichiarazioni udite, quindi ciarpame retorico di bassa lega ad uso e consumo di pifferai, illusionisti e narratori di filastrocche, che la politica regionale tutta si impegni a fare in modo che siano i lucani ad essere ascoltati in una materia tanto pregiudicante il futuro della propria regione, cosa questa che consentirebbe di svelare ogni ipocrisia finora consumata in merito.

Che si proceda subito alla convocazione del referendum consultivo sulle estrazioni di idrocarburi che, pur non essendo previsto alla Statuto Regionale non novellato della nostra regione, può convocarsi o come forma di consultazione ex lege che nulla toglierebbe al suo valore politico, o con la più rapida approvazione di una Legge Regionale sul modello della L.R. del Molise n. 35/75 che, su questioni di particolare interesse per il territorio o parte di esso, affida la titolarità della richiesta alla maggioranza del Consiglio Regionale, e che pur in presenza dell’eventuale ricorso del Governo contro la legittimità dell’approvazione di una legge a valore statutario, quindi non ordinaria, da parte di un Consiglio ormai costretto agli affari correnti, avrebbe modo di potersi svolgere prima dell’esito a sentenza della Corte e costituirsi così a “fatto politico” prima delle elezioni regionali. Una forzatura, ma certo a fin di bene. 

Miko Somma, segretario regionale di Comunità Lucana    

     

Comunicato stampa di Comunità Lucana

questa nota stampa non è stato inviata al sito istituzionale di basilicatanet, visto quanto già da noi espresso circa l’opera di confusione che puntualmente viene messa in atto o per imperizia (e ci può stare visti i criteri) o per cosciente manipolazione bulgara (cosa molto più probabile) delle affermazioni dei comunicati, il cui senso non andrebbe distorto, ma semmai solo adeguato alle esigenze di spazio concessogli in ciò che dovrebbe essere una sorta di rassegna dei comunicati inviati

tale attività riprenderà solo a seguito delle scuse ufficiali del sito basilicatanet

La nudità di un re che non è più celabile oltremodo

A voler commentare il recente voto amministrativo, ancorché abbia interessato solo 11 comuni lucani, è facile notare che alla sostanziale, e forse inaspettata a tanti, tenuta del PD sia corrisposta la frenata e caduta del voto sia verso la “minaccia” grillina, sia verso la Lega, in un test però molto più indicativo  di un’astensione dal voto divenuta ormai enorme, circa il 50%, e che a conti fatti mentre delinea realtà e tendenze nelle quali con poco più del 25% dei voti esprimibili si governano città (franco ballottaggi) o regioni, dovrebbe far porre domande sostanziali sul ruolo che la politica ha ormai nella percezione dei  troppi cittadini che se ne allontanano, troppi per poter ancora essere ignorati o bollati come fenomeno sociologico di post-modernità comune a molte democrazie occidentali.

Un elettorato che ha evidentemente perso ogni residua fiducia nel sistema politico, arrivando così alla diserzione persino dalle elezioni a maggior prossimità alla propria vita quotidiana, in un dato che letto anche alla stregua della considerazione che neppure Grillo ormai riesce a captare, dopo l’avventura di un rifiuto alla collaborazione ad un governo Bersani immotivabile persino alla categoria del “cambiamo il paese” e le poco dignitose discussioni sulle diarie che hanno consegnati alla categoria politica degli inutili – anzi pare che l’aumento degli astenuti corrisponda proprio al clamoroso collasso dei grillini – di fatto apre un baratro rappresentativo che non pare colmato o colmabile né nell’auto-referenza, né nel continuo richiamo a savonaroliane “grida”.

Così se i ballottaggi consegneranno un’Italia dei comuni a targa amministrativa pd o centrosinistra, c’è da chiedersi se in realtà i votanti abbiano votato PD o non piuttosto i singoli candidati, le loro storie ed  esperienze, dando un’ovvia prevalenza ad una scelta della persona in un contesto istituzionale sentito forse come meno politico e più di progetto locale, piuttosto che ad un partito nazionale che – fondi a freddo, fondi a freddo – ancora non è arrivato ad un nocciolo distintivo della propria personalità o di un  progetto che faccia la differenza e che in ogni caso ha molto poco da stare allegro anche dopo questo voto che consente di respirare dopo lunga apnea grazie ai singoli candidati, ma non fa riemergere dal fondo dell’assenza di un programma che a partire dal disagio elabori soluzioni sugli assetti istituzionali e politici, così come economici e sociali di un paese in profonda crisi che necessita di speranza, non di ragionieri o pifferai magici

Così a citare S. Agostino “La speranza ha due bei figli: la rabbia e il coraggio. La rabbia nel vedere come vanno le cose e il coraggio di intravedere come potrebbero andare”, se non possiamo vedere in rabbia e urla (almeno in quelle che postulano una lucidità oggettiva sulla realtà stessa e non melodie irose) alcun percorso al cambiamento reale, è dalla categoria del coraggio che dovremmo leggere una capacità progettuale di volere e potere cambiare la nostra società.

Un coraggio che necessita così di pensiero lungo, di una visione, di un percorso fattuale e pratico nel faro di una idea di come, quando e con quali attori sociali posti a motori la società dovrà evolversi per evitare l’isolamento nel quale si consumano i drammi e le sofferenze sociali fatte di quei tanti drammi e sofferenze personali alle quali, prima che alle teorie sulla crescita come panacea, occorre trovare le risposte, e qui è fatale l’errore di auto-referenza che si innesca nel pensiero, invero a tratti assai corto, dei maggiorenti del centrosinistra alle prese con la crisi della politica nella società, pensare che il voto ad un candidato sindaco sia il voto ad un progetto, ed innescandosi così ancora quel rappresentare poco la generalità dei cittadini e troppo la propria parte, in una spirale ventennale che ha spaccato un paese nel totem del pro/contro piuttosto di puntare su coesione, condivisione, partecipazione e senso di un destino collettivo in cui ha ragione il destino personale di ciascuno e del quale proprio coesione, condivisione e partecipazione sono il dna.

Appare allora evidente la “stupidità” dell’auto-incoronamento di Marcello Pittella a prossimo presidente della regione nella subordinata retorica della candidatura di Speranza, come appreso dai giornali, in un ragionamento in cui è ancora il PD e le sue logiche interne di potere, e non un progetto, ad essere posto a dominus del futuro di una regione, non vedendo o fingendo di non vedere che il cambiamento è ormai necessario e che a poco servirebbero prove di forza suggerite dalle tendenze del voto.

Sono proprio le logiche che portano il consigliere assessore ad “incoronarsi senza l’oste” a voler allora bloccare la regione con esarcati e logiche dei clan politici, piuttosto che collaborare onestamente ad un progetto globale di rinascita della nostra terra.

Pittella rappresenta forse il nuovo o forse il progetto? O non piuttosto l’autoreferenza di un baronato di stampo feudale che suppone il mondo terminare fuori dai suoi confini? Questa regione, come dico da tempo, ha bisogno di un progetto e di facce nuove che lo rappresentino che non sono nelle fattezze di Pittella – nulla di personale, sia chiaro! – od in quelle di qualche altro “barone ambizioso che aspira al trono”, in ciò equivalendosi tragicamente le sue esternazioni con quelle di alcuni capetti grillini che non tengono conto della realtà, prospettando assenza di dialogo con alcuno, quindi ancora auto-referenza, in nome di qualche liturgica verità spacciata a nuovo che s’avanza e che tutto farebbe tremare, simile in tutto a verità reali d’altro stampo, il tramandarsi cioè di poteri che hanno condannato una regione alla sintesi coloniale tra poche idee e ben confuse recitate a copione di un dramma storico di fedeltà ad imperatori lontani e servi vicini e la cui trama è il velo tragico e sprecone a cui si è avvolta la nudità di un re che non è più celabile oltremodo.

Il prossimo presidente della regione non può essere espressione del PD e delle logiche di spartizione, ma colui che mette sulle proprie gambe un progetto comune per salvare questa terra dall’oblio.

Miko Somma, segretario regionale di Comunità Lucana

 

Comunicato stampa di Comunità Lucana

questa nota stampa non è stato inviata al sito istituzionale di basilicatanet, visto quanto già da noi espresso circa l’opera di confusione che puntualmente viene messa in atto o per imperizia (e ci può stare visti i criteri) o per cosciente manipolazione bulgara (cosa molto più probabile) delle affermazioni dei comunicati, il cui senso non andrebbe distorto, ma semmai solo adeguato alle esigenze di spazio concessogli in ciò che dovrebbe essere una sorta di rassegna dei comunicati inviati

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L’Eni si fa privata…si vada al voto in autunno

 

E’ della scorsa domenica, da fonte Sole 24ore, la notizia dello stravolgimento in capo alla struttura di comando azionario di ENI operata da una massiccia ed inconsueta partecipazione dei fondi di investimento proprietari di quote consistenti di azioni ad un’assemblea ordinaria e tale da ribaltare quella finora consueta “mano pubblica” sulla multinazionale rappresentata dalla golden share del 30,1% del capitale detenuta dal Tesoro e dalla Cassa Depositi e Prestiti.

Riportando, per maggiore chiarezza, un passo dell’articolo “La partecipazione massiccia dei fondi (in larga maggioranza esteri) all’assemblea dell’Eni ha tolto allo Stato la maggioranza dei voti in assemblea…”, articolo nel quale la consolidata analisi mercantile del giornale economico evince una nuova prassi di controllo e governo privatistico ed internazionale dei mercati sulle Partecipate Pubbliche in un paese dove, a nostro avviso, a cuor sin troppo leggero e con la miopia da classe dirigente di seconda scelta si sono immesse sul mercato quote importanti di aziende strategiche, considerazioni nascono spontanee su quanto ciò rappresenti per la nostra regione, colonia ENI.

Di fatto oggi la golden share a garanzia dell’interesse pubblico preminente che a molti pareva una rassicurazione sulla “presenza benevola”, seppur non dimostrabile che con categorie dogmatiche, dello Stato nella gestione delle delicate attività estrattive di ENI sul nostro territorio, non esiste più, scontando una sua minoranza di fronte ad altri interessi, ma, più volte in passato il sottoscritto ha avvertito sia dell’assurdità palese di considerare la presenza dello Stato in ENI rassicurante, vista l’interfaccia strategico tra temi energetici, che pur sarebbero pubblici, e lobbies, che sono invece private e che agiscono sui livelli decisionali dello stato in materia, sia che il mercato nelle sue dinamiche intrinseche poteva stravolgere quell’assetto in ogni istante, potendo inoltre replicare in altri settori a forte valenza pubblica, acqua in testa.

Ma cosa comporta per noi lucani, vivendo il petrolio sulla pelle, la tendenza al controllo societario (e quindi delle scelte di fondo gestionali) a strutturarsi in maggioranze non più facenti capo al solo “tranquillizzante” attore pubblico ed in nome della cui presenza qualcuno pur si è reso in qualche modo correo del dramma lucano del “tutt’apposto”, ma a quote in mano ad investitori privati esteri, i cui interessi non possono che essere massimizzazione dei profitti e minimizzazione delle spese?

Il taglio di spese considerate “improduttive”, quali monitoraggio e tutela ambientale, e la pervicace volontà di influire, ancor più di quanto ENI non abbia fatto finora, sull’aumento di quote estrattive nella nostra regione, chiudendosi così un cerchio, in qualche modo malamente fatto intendere a riformista, di modifica coatta della legislazione in materia, sentita ostruttiva di iter autorizzativi e di processi produttivi, un cerchio – ed il cerchio serve ad accerchiare – introdotto dal memorandum, disegnato da alcuni decreti dal governo tecnico, illustrato da alcune dichiarazioni estive dell’allora ministro allo sviluppo economico, concretizzato nella Strategia Energetica Nazionale e ribadito da passaggi di recenti “lavori saggi” e che si sintetizzano in aumenti a 450.000 barili/giorno d’estratto, nel più generale quadro di uno “scippo” delle potestà regionali ex art.117 della Costituzione.

Certo si obietterà che regole di monitoraggio e tutela, ancorché fissate da leggi ordinarie, ci sono e regolate anche dall’accordo di programma ENI-Regione del ’98 (ed interessante a tal proposito sarebbe controllare la struttura del capitale ENI di quegli anni per una verifica dinamica di quanto la clausola di “interesse nazionale” posta allora sulle estrazioni viva ancora in proiezione odierna) ma l’esperienza ha dimostrato trattarsi quell’accordo di un elastico estensibile verso la tendenza delle compagnie ad agire nella nostra terra come chi costruì la ferrovia nel west, ed in quanto alle leggi purtroppo il caso ILVA insegna.

Così, in caso di volontà non favorevole a spendere in attività considerate dall’azionariato come “a perdere”, in un clima generale e soprattutto locale dove la crisi spinge ad abbassare la guardia in favore di forme anomale di occupazione e “sviluppo” fondate sugli idrocarburi e sull’energia di cui si è cianciato spesso, nella coincidenza tra questa volontà e i nuovi disposti normativi, non ultimo l’accorpamento tra regioni che supponiamo non tardare troppo ad essere approvati, è grave – ed ogni complottista vi vedrebbe una precisa trama – che la regione si trovi in una situazione di grave stallo istituzionale che, se protratta alla primavera 2014 in nome di assurdi election day e di paure inconfessate, non giova alla “resistenza” che pure con forza andrebbe opposta a progetti che non è più azzardato definire come di distruzione d’una terra in nome di supposti interessi nazionali.

Occorre che questa regione, dopo avere faticosamente riconquistato il coraggio di riconvocare un Consiglio Regionale dopo la tempesta dei rimborsi, si dia modi e tempi certi e rapidi, nelle more di legge, per ritornare alle urne in autunno e darsi un nuovo governo in grado di arginare ciò che già si annuncia come il disastro di una terra sacrificabile perché piccola, marginale, poco coesa e povera, pur se facile è immaginare in una fase tanto convulsa quale il voto anticipato l’apparizione di qualche “nuovista” salvatore della patria, mandatario diretto di qualcuno molto più interessato a ciò che la regione nasconde sotto la propria crosta che a quanto palesa sopra.

Miko Somma, segretario regionale di Comunità Lucana

 

Comunicato stampa di Comunità Lucana

questa nota stampa non è stato inviata al sito istituzionale di basilicatanet, visto quanto già da noi espresso circa l’opera di confusione che puntualmente viene messa in atto o per imperizia (e ci può stare visti i criteri) o per cosciente manipolazione bulgara (cosa molto più probabile) delle affermazioni dei comunicati, il cui senso non andrebbe distorto, ma semmai solo adeguato alle esigenze di spazio concessogli in ciò che dovrebbe essere una sorta di rassegna dei comunicati inviati

tale attività riprenderà solo a seguito delle scuse ufficiali del sito basilicatanet

 

 

Il precipizio.

Le storie di ormai ordinaria inchiesta che si allargano alla gestione economica dei gruppi consiliari non sembrano produrre altro effetto registrabile nell’opinione pubblica che non sia il rinforzarsi di certezza che una certa classe dirigente regionale abbia ormai fatto il suo tempo non tanto nella composizione anagrafica – esistono i giovani vecchi! – quanto nelle modalità espressive in base alle quali una classe dirigente viene a formarsi, dovendosi proprio su queste modalità riscontrarsi le carenze di merito.

E se tangentopoli segna il passaggio tra prima e seconda repubblica – mi si perdonerà l’uso di termini che a mio avviso non rappresentano affatto la complessità delle vicende – senza toccare la struttura di potere lucana, sia stata essa indenne o meno a quelle dinamiche che avevano come centro la procura di Milano e come vulnus il finanziamento ai partiti attraverso un sistema consolidato e compartecipato di tangenti, nella “rimborsopoli” nazionale in cui sono ormai molte le procure impegnate, nell’assenza di una “testa” o di un “motore”, il passaggio dalla seconda alla terza repubblica nell’asfissia dell’abuso di singoli legati a qualcosa di simile ad un patti di consorteria, questa volta è quasi l’intera vita politica e partitica lucana ad essere crocifissa a precise responsabilità i cui contorni saranno certo chiariti nella sede naturale del giudizio, ma i cui effetti sono chiari sin da oggi nella paralisi dell’attività istituzionale, a cominciare dal funzionamento dell’assise consiliare, di fatto non più convocata.

Paralisi istituzionale gravissima, perché l’ente regione, privato del suo organo legislativo e di controllo, privato inoltre di una Giunta Regionale nella pienezza di un esercizio delle sue funzioni che le stesse dimissioni del Presidente sembrano inchiodare alla gestione ordinaria degli affari correnti, senza che, tuttavia, siano indicati quali siano gli affari correnti di cui essa può occuparsi e quali siano invece affari per il cui disbrigo occorra una Giunta frutto di nuove elezioni regionali, consegna all’inconosciuto tutti i mesi che ci separano proprio da queste, quindi ad una pericolosa inanità di fronte a problematiche sociali, economiche, occupazionali, gestionali di cui già in tempi ordinari la nostra regione pativa e che la crisi ha ulteriormente aggravato sino a portarci sull’orlo di un precipizio che è in primo luogo sociale.

Come reagirà la fragile struttura sociale lucana di fronte alla prospettiva di non avere più vie d’uscita di fronte ad una crisi devastante in particolar le “periferie”, se non il ricorso triste all’emigrazione, quindi a ulteriore perdita di potenziale umano/produttivo, o all’arte dell’arrangiarsi che le contiguità con regioni a forte social-criminogenesi potrebbero sfuggire di mano e prospettare situazioni del tutto inedite?

Spesso ho citato la perdita di potestà regionale in rapporto a prospettive di riforma della costituzione e verso le quali occorre il varo di precise strategie condivise – e la materia è del tutto politica – ma non occorrerebbe neppure citare la gestione dei rifiuti che potrebbe ulteriormente sfuggir di mano e andare ad incrociarsi ad alcuni stati di bisogno – e la materia è del tutto socio-criminogena – per illustrare delle tendenze che “devono” essere evitate a partire dalla presenza di formalità istituzionale se non in grado di mettere in campo strategie (esiste una proposta di legge in tal senso che andrebbe al più presto discussa ed approvata), almeno di mostrarsi in esistenza.

Non possiamo permetterci mesi di vacanza istituzionale e, coscienti dei limiti che appaiono oggettivi al Consiglio Regionale, decurtato dalla presenza degli obbligati al divieto di dimora, sul quale pende una riduzione coattiva del numero dei suoi membri attivi che è alla disposizione del Prefetto in simili casi, o ad un commissariamento perdurando lo stallo attuale, e coscienti dei limiti oggettivi all’opera di una Giunta Regionale costretta in abiti di “ordinaria taglia” che mal corrispondono alle urgenze cui occorre quantomeno tentare di dar soluzione, chiediamo quindi che riprendano subito le sedute del Consiglio Regionale ad oggi sospese senza giustificato motivo e le relative attività, chiarendo quali sono materie ordinarie da trattarsi, quali da rimandarsi al prossimo consiglio, ed un calendario preciso dei lavori in rapporto a questi limiti funzionali che a tutt’oggi vanno considerati priorità.

Occorre cioè mettere in chiaro i limiti di un precipizio, per evitare di cascarci, non nasconderli, finendo per precipitarvi portandosi dietro tutta una regione.

Miko Somma, segretario regionale di Comunità Lucana  

Comunicato stampa di Comunità Lucana

questa nota stampa non è stato inviata al sito istituzionale di basilicatanet, visto quanto già da noi espresso circa l’opera di confusione che puntualmente viene messa in atto o per imperizia (e ci può stare visti i criteri) o per cosciente manipolazione bulgara (cosa molto più probabile) delle affermazioni dei comunicati, il cui senso non andrebbe distorto, ma semmai solo adeguato alle esigenze di spazio concessogli in ciò che dovrebbe essere una sorta di rassegna dei comunicati inviati

tale attività riprenderà solo a seguito delle scuse ufficiali del sito basilicatanet

 

 

Ora serve un progetto Lucania

Che una giunta regionale cada non su un nodo politico e/o amministrativo irrisolto, ma sulle miserabili, seppur presunte ed esclusivamente da accertarsi in via giudiziaria, piccole gesta di abuso quotidiano della propria posizione di personaggi ormai genericamente definiti dall’opinione pubblica come “ladri di polli”, se è a suo modo sintomatico di una preoccupante decadenza etica trasversale che attraversa la nostra regione come l’intero paese, rivela d’altronde che il tema di un progetto reale per questa terra, in sostanza ciò che legittimamente ci si attenderebbe dalla politica, passava e passa in secondo piano rispetto alle sorti personali legate all’esercizio della stessa, esercizio in nome del quale persino l’abuso manifestatosi veniva considerato la fisiologia di una rendita di posizione piuttosto che patologia di una malversazione consumata più sulla fiducia popolare accordata che sul reale danno procurato.

Che la giunta non cada quindi sui propri scadenti risultati, frutto di politiche miopi e senza radicamento nella realtà che non sia il clientelismo baronale o l’asservimento ideologico ad alcuni dogmi economici manifestantisi in slogan senza concretezza, ma sulle scadenti qualità morali di alcuni suoi componenti, nonché di buona parte dell’espressione stessa della volontà popolare, il consiglio, è cosa che avrebbe dovuto innescare da subito riflessioni ampie sulla qualità stessa della partecipazione alla vita politica, se essa cioè debba essere frutto di aspettative personali o piuttosto adesione ad un progetto derivante da una visione, e non dietrologie sui motivi che hanno spinto il presidente a prendere atto di una realtà già ben leggibile da tempo e che stupisce semmai venga da questi riassunta nella scoperta di scarsa qualità etica piuttosto che nell’assenza di progettualità del personale politico regionale.

Ma oggi non c’è tempo per analisi socio-antropologiche di nuovi familismi amorali o per “batmanesimi” alla lucana, oggi è tempo di progetti per ridare fiato e speranze a questa regione in visione dell’ormai prossima, anticipata scadenza elettorale, dove proprio in mancanza di questi si rischia, tanto per citare il compianto Gesualdo Bufalino, uno sterile confronto senza vie d’uscita tra “gli imbecilli che vogliono cambiare tutto ed i mascalzoni che non vogliono cambiare nulla…”, e dovremmo ormai aver compreso che se i primi nutrono di mestolate di demagogia del cambiamento, i secondi versano dosi abbondanti di realismi riformisti alquanto gattopardisti, entrambi inadatti alla fuoriuscita dal nodo in cui si strangola la nostra regione, un’economia ed una società asfittiche e senza prospettive poiché senza un progetto che guidi una sua necessaria evoluzione.

Progetto che come Comunità Lucana abbiamo da tempo elaborato e reso pubblico, utilizzando anche lo strumento delle scorse elezioni politiche dove la nostra partecipazione aveva il solo senso di parlare progettualmente di questa regione, e che crediamo fortemente rappresenti la punta più avanzata di un differente “pensare Lucania” che trova le sue motivazioni nell’esaltazione delle peculiarità del territorio da porre a volano di forme endogene di sviluppo che rispondano in primis alle necessità sociali senza il rispetto delle quali crediamo l’economia diventi una crudele aridità tecnica ed in secondo luogo agli obblighi di preservazione del territorio e delle sue risorse per le future generazioni.

Così, quando parliamo di risorse materiali e immateriali del territorio da usare a volano di sviluppo, se provinciale sarebbe considerarle limitate al condensato che da noi se ne fa nelle innumerevoli sagre in cui auto-celebriamo il culto della lucanità ridotto all’enogastronomia ed al turismo-spot, auto-lesionista sarebbe non pensare a ciò che per “altri” esse rappresentano, se “pensate” ad idrocarburi, acqua e vuoto antropico di cui crediamo sia volontà di alcune corsorterie cibarsi presto.

Poiché se è vero come è vero che le preoccupanti forme di azioni decretative che contraddistinsero il precedente governo, tendenti da un verso alla limitazione di alcuni effetti della riforma del titolo V della costituzione, segnatamente alle materie di concorrenza tra stato e regione all’art. 117, tra cui materie energetiche e grandi reti infrastrutturali, da un altro gli accorpamenti in macro-regioni furono impediti dalla precipitazione elettorale, ritroviamo oggi questi progetti integri nel lavoro dei cosiddetti saggi che in un governo a forte tutela presidenziale viene posto a linea guida. Ed incrociando questi dati di fatto, che limitano le potestà regionali, alla Strategia Energetica Nazionale, recentemente e proditoriamente approvata da un governo tecnico che pur doveva limitarsi alla sola ordinaria amministrazione – ed una strategia energetica nazionale è tutt’altro che affare corrente! – che chiaramente indica nell’obiettivo di arrivare presto a sostenere tra il 15 ed il 20% del fabbisogno energetico del paese attraverso sviluppo delle fonti nazionali di idrocarburi che non si fatica molto ad individuare come quelle lucane, il gioco prospettato e progettato per questa regione è presto fatto e riassunto nell’obiettivo di arrivare presto ad estrarre circa 450.000 barili/giorno di petrolio ed una quantità al momento imprecisata di gas dal nostro sottosuolo.

Ora pensare che queste dinamiche non abbiano una loro innesto nelle prossime elezioni regionali è o sarebbe il frutto di una pubblica opinione avvelenata più dal contesto di ruberie in cui sacralizzare uno sdegno ormai cronicizzato verso l’intera classe politica che dalla preoccupazione per la mancanza del progetto politico a contrasto del sacrificio di una terra in nome di un malinteso interesse nazionale, con gli atti oppositivi che sia nelle sedi di competenza che nelle piazze hanno pari dignità, ma soprattutto con la messa in campo di strategie comuni di fuoriuscita locale dalla crisi storica che poste al minimo comun denominatore tra tutte le forze in campo, toglierebbero alito ed adito alle suadenze che ormai sappiamo esser agitate a supporto di progetti indigeribili, i posti di lavoro presunti, la crescita e tutte le “chicche” che dalla val Basento alla val d’Agri e via discorrendo, sono diventate la triste cronaca di promesse vacue in disastri conclamati.

Minimo comune denominatore che lungi dal connaturarsi come le panacee di larghe intese percepite come “inciuci” deve invece dimostrarsi come il terreno condiviso sul quale le forze politiche intendono combattersi lealmente ponendo l’interesse supremo della regione a delimitazione di una loro azione di programma che ora più che mai non può o deve mancare, pena una dissoluzione dell’entità regionale che deve essere contrastata con ogni mezzo.

Comunità Lucana farà ancora la sua parte anche ripensandosi in formule inedite e nel caso facendo il passo indietro che la serietà del tema impone ai singoli, mettendo a disposizione il suo programma, consultabile sul sito www.comitatonooilpotenza.com, come base comune sul quale costruire il dialogo laico, sereno e maturo con coloro che sono interessati al bene comune di una regione e non al bene privato di una parte. Ora serve un progetto Lucania.

Miko Somma, segretario regionale di Comunità Lucana

Comunicato stampa di Comunità Lucana

questa nota stampa non è stato inviata al sito istituzionale di basilicatanet, visto quanto già da noi espresso circa l’opera di confusione che puntualmente viene messa in atto o per imperizia (e ci può stare visti i criteri) o per cosciente manipolazione bulgara (cosa molto più probabile) delle affermazioni dei comunicati, il cui senso non andrebbe distorto, ma semmai solo adeguato alle esigenze di spazio concessogli in ciò che dovrebbe essere una sorta di rassegna dei comunicati inviati

tale attività riprenderà solo a seguito delle scuse ufficiali del sito basilicatanet

 

Il desiderabile ed il possibile.

Ritengo che la maturità politica di una istanza nella volontà di volere raggiungere un obiettivo si debba leggere anche nella sua capacità di “stare nella realtà” quando, non possedendosi quei numeri adatti alla piena soddisfazione dell’istanza stessa, sia una visione dell’obiettivo imperniata sul dialogo con gli altri numeri a guidare verso il traguardo, in una ottica dinamica del possibile rispetto al desiderabile.

E nel caso della mozione presentata ed approvata ieri in Consiglio Regionale sulla questione Fenice, ma nello specifico – occorre ricordare – su quali avrebbero dovuto essere le prese d’atto sull’ottima e dettagliata relazione della Commissione presieduta da Pagliuca proprio in ordine a potestà legislative  esprimibili dal Consiglio Regionale stesso attraverso la Giunta Regionale (tale è infatti il senso tecnico di una mozione, un impegno al fare), al desiderabile, la chiusura cioè di quell’impianto inquinante, ci si è approssimati, a modesto avviso di chi scrive, attraverso il possibile, dotandosi quindi di una volontà prodromica ben chiara rispetto agli strumenti occorrenti per potere arrivare alla chiusura dell’impianto.

Strumenti che se i proponenti di mozione concorrente individuavano in atti monocratici di chiusura che avrebbero originato per certo contenziosi amministrativi nelle more dei quali all’impianto, per la prassi corrente, sarebbe stato comunque possibile continuare a funzionare, ed altri in alquanto strumentali e ingenue richieste di “tribunali politici” su cui far cassa di consensi, in una richiesta di cui però sarebbe folle negare l’esigenza sia in sede di lettura storica che politica, il Consiglio in una buona pagina della propria esperienza amministrativo-legislativa ha preferito impostare una mozione intelligente che non deve però rimanere sulla carta delle intenzioni, ma tramutarsi in brevissimo termine in atti concreti.

Mozione intelligente che pone, ad iniziare da una riforma dell’ARPAB già in itinere legislativo, ma di cui si ribadisce l’urgenza, proseguendo per ciò che in seguito il presidente De Filippo ha definito come un “meccanismo semaforico” teso ad individuare (e vedremo come) soglie di attenzione ai parametri inquinanti inferiori rispetto a quelli previsti dalla legge – e come altre volte abbiamo detto, possibili solo per siti specifici a legislazione corrente – prevedendosi automatismi di procedure per arrivare ad arresti degli impianti in caso di superamenti degli stessi limiti, continuando per la concessione subordinata ad opere di bonifica a cura di Fenice oltre il perimetro del plesso dell’Autorizzazione Integrata Ambientale, e terminando in quell’indicazione chiara del nuovo piano regionale dei rifiuti fondato sul rispetto della gerarchia di trattamento dei rifiuti che già da sola confina Fenice nell’inutilità, una volta raggiunti i limiti di riduzione dei rifiuti, riciclo, raccolta differenziata, recupero di materiali delle Direttive Europee, legge che vogliamo ricordare è già in calendario consiliare nella nostra proposta di legge alla firma di quattro consiglieri regionali e di cui auspichiamo una rapidissima approvazione per cominciare a sottrarre cibo a quell’impianto che si nutre prima ancora che dei rifiuti di approssimazione, ritardi, zone d’ombra che la nostra gestione dei rifiuti ha prodotto finora.

Non dimenticando che saranno però gli atti specifici sul tema dei rifiuti speciali, purtroppo sottratti alla potestà legislativa regionale, a determinare la vita residua di Fenice e del gravissimo inquinamento sin qui prodotto, riteniamo che la mozione approvata ieri sia stato il primo passo concreto ad invertire una tendenza che sarebbe poco intelligente non avvertire come segnale di cambiamento, forse più indotto da paure di “scollarsi” elettoralmente dalla gente che da auto-maturazione delle idee, ma pur di quella inversione di tendenza che abbiamo sempre chiesto si tratta, e stupido sarebbe non considerarla tale in giudizi che francamente si sente ormai esigenza che fossero più aderenti alla realtà di conoscenze legislative che spesso mancano in chi determina la pubblica opinione in “lucan-grillismi à la pagé”. 

Se quindi avremmo tutti desiderato la chiusura sic et simpliciter di Fenice, abbiamo però cominciato a delimitare il recinto stretto nel quale il destino di Fenice è comunque segnato. E controlleremo, ovvio.

Miko Somma, segretario regionale di Comunità Lucana

Comunicato stampa di Comunità Lucana

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Su Fenice si rischia l’incomprensione popolare

 

Sul termo-distruttore Fenice si è detto e scritto di tutto in questi anni e così la relazione del presidente della Commissione, Pagliuca, letta martedì in Consiglio Regionale, avrebbe dovuto porre alcuni punti fermi ed inequivocabili su una vicenda che pare non attendere altro che la parola fine, decretandosi la necessità di un superamento della stessa “necessità” di ospitare ancora in questa regione un plesso di incenerimento dannoso all’evidenza dei fatti ed inutile alla previsione di un ciclo dei rifiuti normale.

 

Eppure ciò che sarebbe dovuto apparire una ovvia conseguenza di una lunga attività di indagine, cioè chiudere Fenice senza se e senza ma, come da anni si chiede insistentemente e come ci si sarebbe aspettati con le ragioni di una impossibilità di soluzione alcuna che non l’immediata calendarizzazione di un provvedimento legislativo regionale specifico, la discussione si è impantanata nella schermaglia di fondo tra una opposizione che ha tentato di strumentalizzare anni di innegabili pantani, vanificando anche l’ottimo ed analitico lavoro della commissione ed una maggioranza che ha preso il suo tempo per smorzare nel rinvio l’effetto di condanna di sistema che sarebbe emerso dalla relazione stessa se approvata così come richiesto dal consigliere Rosa.

 

Comprensibile richiesta quella di Rosa, mettere ai voti non solo la relazione, ma i sistemi di gestione che hanno operato in due decenni in una condanna politica tout court,  ma altrettanto comprensibile il rinvio richiesto dalla maggioranza, stando almeno a quelle logiche di tecnica consiliare aduse certo ai consiglieri regionali ed ai gruppi, ma ben poco comprensibili ad una opinione pubblica per la quale la domanda che con certa semplicità si poneva era – ma Fenice la chiudiamo o no? – e che di certo non si sarebbe aspettata ciò che gli appare come un annacquamento del tema nel trascorrere del tempo.

 

Urge allora una chiarezza che nella seduta consiliare e nel suo terminare burrascoso in una uscita dal consiglio del gruppo PDL che ha fatto mancare il numero legale, a detrimento così di altri argomenti di vitale importanza quali la rimodulazione del finanziamento della COPES per non incidere sugli assegni di cura, proprio non è emersa, trascinata in sterili polemiche di parte che anziché far emergere comuni intendimenti su come superare una faccenda, riportano la stessa in un mare magnum di rivendicazioni contrapposte che non aiuta la risoluzione dei problemi, ma la confina nel limbo ormai incomprensibile alle persone comuni di una politica che litiga sull’eziologia degli stessi, anziché cercarne vie d’uscita.

 

Vie d’uscita che, come pur emerso in qualche intervento, sono affidate alla redazione di un piano rifiuti regionale che superi quell’impianto nella realizzazione di una raccolta differenziata e di quel circuito di riverginazione della materia che tante esperienze nazionali ed internazionali dimostrano ormai come unica alternativa all’incenerimento o alla bufala mediatica della termo-valorizzazione all’italiana, piano e legge che di fatto esistono già alla discussione, la proposta di legge sul ciclo dei rifiuti elaborata dal sottoscritto e da Comunità Lucana e presentata dai consiglieri Mollica, Romaniello, Falotico e Navazio che ne hanno assunto l’onere di firma, ma impantanato nelle secche delle commissioni e nel vincolo di studio e realizzazione affidata da un documento della giunta agli stessi uffici che già si sono dimostrati poco capaci di operare perché il problema rifiuti in regione non si demandi più ai fuochi di Fenice.

 

Ecco, sarebbe occorso che martedì sera in Consiglio, proprio al termine della relazione del presidente della Commissione, Pagliuca, qualcuno avesse preso parola per il richiamo immediato della proposta di legge in aula come primo strumento per superare Fenice nella dettagliata e chiara dizione dell’art. 1 della stessa che recita un testuale divieto di incenerimento in qualsiasi forma di materiale proveniente dai rifiuti, siano essi tal quale o selezionati, e ciò per rendere subito chiaro che ai problemi occorre che si risponda prima con le soluzioni, poi con la ricerca di colpevoli.

 

Questo probabilmente sarebbe stato linguaggio fattivo comprensibile all’opinione pubblica ed a quella  sua sensibilità che, non compresa od elusa, è sin troppo facile immaginare cada preda di facilonerie e demagogismi che sarebbe facile evitare solo mettendo nel calendario della politica fattualità e volontà di ben operare e presto e non più tecnicismi e tatticismi che rinviano alle calende prossime venture ciò che da anni attende risposte non più rinviabili. Chiudere Fenice è ciò che vi chiede la gente.

 

Miko Somma, segretario regionale di Comunità Lucana

Comunicato stampa di Comunità Lucana

questa nota stampa non è stato inviata al sito istituzionale di basilicatanet, visto quanto già da noi espresso circa l’opera di confusione che puntualmente viene messa in atto o per imperizia (e ci può stare visti i criteri) o per cosciente manipolazione bulgara (cosa molto più probabile) delle affermazioni dei comunicati, il cui senso non andrebbe distorto, ma semmai solo adeguato alle esigenze di spazio concessogli in ciò che dovrebbe essere una sorta di rassegna dei comunicati inviati

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Idee nuove e gambe su cui farle camminare

 

Il dibattito sull’assetto della nuova Giunta Regionale pare ormai latitare più nell’alveo della ricerca dei nuovi equilibri che permetterebbero di continuare la stanca navigazione finora intrapresa, che di quella ormai ineludibile soluzione di continuità che è prodromo ad un cambiamento sostanziale del progetto, se è mai esistito davvero, in nome del quale finora si è amministrata questa terra.

 

Inutile negare che l’attuale crisi economica è solo il catalizzatore evidente di un malessere che nasce da molto lontano e che finora non si è mai voluto affrontare, essendosi nel corso di decenni mai sciolta la prima delle domande, quale sia cioè il ruolo strategico della regione in un contesto economico certo nazionale – e crediamo evidente a tutti ormai che tale ruolo non può quello di estrarre idrocarburi – ma anche e forse soprattutto locale, nella considerazione che il nostro sistema economico non regge da solo per l’evidenza di essere stata poco assentita ogni richiesta di quell’autonomia di partecipazione al contesto produttivo che altresì può leggersi come chiusura al merito, nel privilegiarsi dell’accesso alle opportunità alle cordate amicali, le comparizie potremmo definirle, nel panorama difficilmente negabile di una regione dove “solo se hai il santo in paradiso” fai impresa con qualche prospettiva di successo.

 

Un simile contesto di relazioni ha prodotto finora da un lato fenomeni di asservimento, quando non già presenti atteggiamenti partecipativi alle filiere che portano ad appalti, commesse, provvidenze, degli imprenditori che, vivendo in un sistema di affidamento, poco sono stati inclini all’auto-stimolazione di ciò che è l’essenza stessa dell’impresa, l’inventiva e la capacità di lavoro, preferendo i percorsi meno faticosi della collateralità al sistema, ma dall’altro lato ha prodotto quella vera e propria fuga di cervelli e forze produttive che non si può pensare come solo legata all’umana ricerca di migliori condizioni per emergere, quanto alla sostanziale impossibilità di trovare spazi senza appartenenze imposte.

 

E se tutti sappiamo come l’essere stati sostenuti debba poi ricambiarsi nel solito sistema del ritorno di consensi, ad essere premiata non sarà più la capacità di stare sul mercato con le proprie forze, qualità e capacità di impresa , ma la natura e qualità dei legami che a loro volta dovranno intrecciarsi sia con i propri dipendenti, sia con gli altri attori imprenditoriali ed amministrativi che concorrono alla vita di una azienda, in pregiudicanti circoli viziosi.

 

Così quando collassa il sistema dei pagamenti alle imprese per le note cause legate a patti di stabilità, senz’altro da rivedersi in sede nazionale e comunitaria, questa non è che la causa scatenante di una sintomatologia, il cortocircuito della liquidità e l’impossibilità a fare fronte a pagamenti di stipendi e di forniture, mentre la malattia è purtroppo altrove che non nella congiuntura, ma nell’universo di legami finora basati sul “paga pantalone” come “motivo” sulla quale la stessa relazione perversa è cresciuta.

 

Allora forse a ben poco servono quei minimi aliti di ossigeno che si tenta di estorcere a caro prezzo al sistema del credito se non si interviene sulla struttura morale che è alla base del concetto di impresa e così per ricaduta diretta sull’occupazione, ridando spazi finora di fatto negati a cominciare dalle poche provvidenze comunitarie rimaste che si auspicherebbe siano concesse alle idee e non alle comparizie, nella costituzione di fondi immateriali specifici a supporto di nascenti aziende che non siano le vacuità degli incubatori di imprese, ma facilitazioni sulle forniture energetiche per i comparti innovativi e sulla semplificazione burocratica “appoggiata” a strutture regionali, l’esatta corrispondenza della formazione professionale a obiettivi concreti di professionalità e l’inaugurazione di una stagione programmatica tarata su potenzialità del territorio che continuiamo a vedere nell’agricoltura generalistica – non solo di nicchia – tipicizzata all’indirizzo di incontaminatezza della regione, nell’agri-industria diffusa supportata dal pubblico nella logistica di base e nel marketing, nel turismo dell’inconsueto della nostra relazione spazio-tempo, e via discorrendo, ma soprattutto nel liberare il mondo della formazione dell’impresa da ogni vincolo di un sistema che ora necessita di idee nuove e gambe su cui farle camminare.

 

Idee che, fondandosi sul rispetto del territorio, necessitano di atti conseguenti a cominciare da dinieghi a prospezioni per idrocarburi che cominciano ormai ad insistere anche sui luoghi dell’Aglianico, gambe che è fuori dai recinti canonici di sistema e dalle sue patenti di inadeguatezza che andranno cercate.

 

Miko Somma, segretario regionale di Comunità Lucana

Comunicato stampa di Comunità Lucana

questa nota stampa non è stato inviata al sito istituzionale di basilicatanet, visto quanto già da noi espresso circa l’opera di confusione che puntualmente viene messa in atto o per imperizia (e ci può stare visti i criteri) o per cosciente manipolazione bulgara (cosa molto più probabile) delle affermazioni dei comunicati, il cui senso non andrebbe distorto, ma semmai solo adeguato alle esigenze di spazio concessogli in ciò che dovrebbe essere una sorta di rassegna dei comunicati inviati

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I nodi da sciogliere qui…o altrimenti il diluvio. 

Pensare che il gran ribaltamento degli assetti politici nazionali non possa avere conseguenze nella nostra regione sarebbe l’errore più grave in cui incorrerebbe il presidente De Filippo nel momento in cui, dovendo necessariamente varare una nuova Giunta Regionale come conseguenza di alcuni mutati equilibri nella precedente, dovesse misurare con qualche bilancino conservativo di consensi la domanda sostanziale sulla natura stessa di una nuova giunta regionale.

Nuova giunta che, ovviamente non potrà non tenere conto che dietro l’avanzata apparentemente travolgente di un nuovo soggetto politico, più che il progetto di questo, è stata la rabbia popolare il vero movente finale che ha spinto necessità ineludibili di cambiamento, che andavano registrate prima, verso di chi proponeva la rottura come soluzione ai mali di un sistema giudicato incapace di emendarsi, piuttosto che chi in qualche modo di presentava come alfiere di un tutt’apposto che non trova più ragione di esistere, e da tempo, come puntualmente ricordiamo noi di Comunità Lucana.

La caduta dei consensi del centrosinistra in Basilicata nasce da domande a cui mai nessuno finora si è dato pena di rispondere, a partire dal lavoro e da tenute del nostro sistema economico troppo vincolate alla presenza di soggetti esterni poco legati al territorio ed alle sue potenzialità, si da non potersi intravedere che passività istituzionale rispetto alle scelte aziendali e ben poca attitudine alle forme micro-aziendali di auto-impiego, per finire alla coesione sociale messa a dura prova proprio dalla crisi e del cui disagio non è più pensabile farsi carico attraverso deviazioni dell’assistenza  in partite economiche che dovrebbero essere invece di investimento (forestazione, formazione, aiuti al mondo agricolo, Vie Blu e via scorrendo la lunga lista degli interventi utilizzati più per drenare il consenso delle categorie più svantaggiate che per offrire loro opportunità di rilancio professionale), dal blocco bancario che strangola le imprese locali nell’accesso al credito in un’incapacità pubblica di “pensare sistema” piuttosto che continuare a postare dispendiosi “inviti” agli istituti di credito, alle tante, troppe domande ambientali a cui finora non si è voluto dar in alcun modo risposta se non nel trincerarsi in una melma acquitrinosa e maleodorante, e potremmo continuare molto a lungo.

E’ mancata quindi più la visione globale di cosa avrebbe potuto essere la nostra terra – e glisso su tante indicazioni energetico-olgettine che pur ci si è sperticati per anni a decantare come modello –  nell’aggravante sostanziale di non essere mai riusciti a tenere a freno gli interessi dei clan politici e di aver così sprecato risorse nell’appagamento di appetiti baronali e di corte, ma a voler riprendere il complesso delle nostre comunicazioni stampa diverremmo inutilmente ripetitivi nell’indicare mali che ci sono chiari da sempre, ma sui quali mai alcuna discussione si è aperta serenamente come pur da anni invochiamo inascoltati, pur se in qualche modo ascoltati.

Oggi ogni serenità del confronto, pur finora negato, è messa a dura prova dall’evolversi dei fatti e dei loro protagonisti, e crediamo che ancora una volta, per l’ennesima volta, sia necessaria invitare chi legittimamente governa la regione ad un’operazione verità sui mali di questa terra per impedire più che rabbiose derive, la perdita della speranza che qualcosa possa mai più cambiare in regione, che è, a nostro avviso, il principale dei motivi per cui il Presidente De Filippo, il suo partito, la sua eterea ormai maggioranza e le opposizioni perdono consensi da un barile finora a tenuta stagna.

La verità, Presidente, è sempre fatta di nodi da sciogliere e dita abili e forti per dipanarli in quello che è l’unico modo consentito di scioglierli in democrazia, la sincerità nell’ammettere che si è sbagliato molto a lungo e la volontà di non perseguire ancora nell’errore, così che nella composizione di una nuova Giunta Regionale, è solo l’afflato di verità ormai non più celabili che deve guidarla negli inevitabili forse equilibri necessari alla politica, ma nella necessità di scegliere di conseguenza esperienze personali spendili per testimoniare quelle stesse verità nel governo della regione, per ciò che resta del mandato, anche tenacemente fuori da quegli stessi equilibri. C’è un programma, quello di Comunità Lucana, lo faccia suo per ciò che riterrà praticabile alla sua sensibilità istituzionale per il bene reale di questa che è la nostra terra, poiché crediamo contenga alcune risposte concrete, o altrimenti il diluvio.  

Miko Somma, segretario regionale di Comunità Lucana

 

Comunicato stampa di Comunità Lucana

questa nota stampa non è stato inviata al sito istituzionale di basilicatanet, visto quanto già da noi espresso circa l’opera di confusione che puntualmente viene messa in atto o per imperizia (e ci può stare visti i criteri) o per cosciente manipolazione bulgara (cosa molto più probabile) delle affermazioni dei comunicati, il cui senso non andrebbe distorto, ma semmai solo adeguato alle esigenze di spazio concessogli in ciò che dovrebbe essere una sorta di rassegna dei comunicati inviati

tale attività riprenderà solo a seguito delle scuse ufficiali del sito basilicatanet

Un nodo democratico che qualsiasi accordo od inciucio non renderà meno pericoloso.

 

Il terremoto politico che ha sconvolto il paese rischia di diventare un terremoto istituzionale dalle gravi ed imprevedibili conseguenze, nell’ovvietà che perseguire per tardivi risvegli di coscienza sullo stato di prostrazione e rabbia degli italiani, un tentativo di accordo del centrosinistra con chi di accordi proprio non ne vuol fare, Grillo e Casaleggio, rischia di diventare oltre che patetico, controproducente verso la ragione stessa di una governabilità del paese.

 

Che Grillo intenda far implodere il sistema attraverso la paralisi delle principali funzioni istituzionali è il solo punto fermo che si possa stabilire circa le intenzioni di un movimento politico del tutto privo di una struttura democratica verso l’agire di chi lo rappresenta – e che non ci vengano a raccontar balle sulla rete, sempre passibile di eterodirezione, come coltre di democrazia e così sull’astrattezza di concetti e presupposti di un uno che vale uno, tranne che per alcuni, cosa che in sintesi declina la concretezza di un potere assoluto e senza controlli – ed è quindi risibile che chi, avendo vinto senza tuttavia poter governare, sia oggi impegnato in una corsa questuante verso un uomo dalle intenzioni ben chiare.

 

Senza scomodare paragoni con altri periodi storici ed altri paesi e senza scomodare parole d’ordine di un’aggregazione basata sulla sola rabbia che non conosce progetto, ma genericità tanto banali da far si che ognuno possa riconoscere il suo disagio in quella stessa rabbia urlata a liturgia mistico-pagana, con Grillo è impossibile trattare sulla scorta di parole quali governabilità e responsabilità, poiché il suo termine di paragone dialettico non è la politica, quindi il dialogo fondato sul rispetto delle visioni altrui, ma l’odio viscerale, quindi, in un delirio di onnipotenza autoreferente, e sbaglia così Bersani a pensare di poter avviare un dialogo, sia pur per comprensibili motivi.

 

L’intento di Grillo e dei suoi chiari rifiuti è chiaramente spingere ad un governo di larghe intese tra PD, PDL e Monti che riproponga sostanzialmente l’assetto del precedente e che consumi, in nome di una governabilità, l’obbrobrio di Berlusconi al Colle e la sua salvezza dai processi a suggello di un accordo “sporco” su cui proprio Grillo avrebbe ulteriore spazio di critica, calcando la mano sulle contraddizioni e gli inciuci di un sistema da rovesciare senza mezzi termini.

 

E sbaglia ulteriormente Bersani quando, credendo vi sia indipendenza di azione degli eletti, si appella ad un supposto senso delle istituzioni di costoro, dimenticando che uno dei cavalli di battaglia di quel movimento è appunto la pervicace volontà di cancellare l’assenza di vincolo di mandato, quindi quella indipendenza di giudizio dell’eletto che è pre-condizione di una scelta libera da condizionamenti, tant’è vero che gli stessi si definiscono portavoce di un movimento che per non avere capi, ne ha solo due.

 

Non molte sono le strade che quindi egli può condurre, addivenire ad un mortificante accordo col PDL, con il Cavaliere al colle a base d’asta, che sarebbe la morte politica del PD, si consumi esso per una forma di desistenza o per accordo di governo vero e proprio, od ottenere un mandato dal Presidente della Repubblica e presentarsi alle camere con un programma su cui cercar voti necessari alla fiducia.

 

Fiducia impossibile ad ottenersi ai fatti, ma che metterebbe il paese nella certezza di poter identificare nettamente chi non vuole un governo in una situazione che rischia di diventare terribile già nel blocco istituzionale che si aprirebbe allo scadere del mandato presidenziale e alla difficile ricomposizione di maggioranze qualificate per la sua elezione, ricordando che è competenza assoluta del Presidente sia l’affidamento dell’incarico di Primo Ministro, sia lo scioglimento delle camere per indire nuove elezioni nel caso non emergessero maggioranze nel quadro attuale. E parliamo del 15 aprile.

 

Crediamo che giunti a questo punto l’unica dignitosa uscita dall’impasse è presentarsi alle camere con un programma e verificare i numeri, senza vergognose campagne acquisti, senza accordi immorali e senza speranze di suscitar buoni sentimenti, mettendo il Parlamento di fronte alla sua responsabilità, se cedere cioè ad un ricatto weimeriano o liquefarsi in un delirio istituzionale pericoloso, stante la non scomparsa di centri di potere più o meno occulti che in questa fragile democrazia tramano da decenni per forme autoritarie di governi presidenziali. A nulla vale ormai cercare colpe di un nodo democratico che qualsiasi accordo od inciucio non renderà meno pericoloso.

 

Miko Somma, segretario regionale di Comunità Lucana

Comunicato stampa di Comunità Lucana

questa nota stampa non è stato inviata al sito istituzionale di basilicatanet, visto quanto già da noi espresso circa l’opera di confusione che puntualmente viene messa in atto o per imperizia (e ci può stare visti i criteri) o per cosciente manipolazione bulgara (cosa molto più probabile) delle affermazioni dei comunicati, il cui senso non andrebbe distorto, ma semmai solo adeguato alle esigenze di spazio concessogli in ciò che dovrebbe essere una sorta di rassegna dei comunicati inviati

tale attività riprenderà solo a seguito delle scuse ufficiali del sito basilicatanet

 

 

Come un vaso di argilla…tra “grida ed editti”

 

Avevamo iniziato questa avventura elettorale come un vaso di argilla tra i vasi di ferro dei grandi  contenitori nazionali, ben coscienti che questa nostra intrinseca debolezza poteva recuperarsi solo sottolineando il carattere programmatico di una scelta tutta lucana che oltrepassasse ogni barriera di appartenenza partitica, nella chiara constatazione di una rappresentanza che finora aveva più rappresentato se stessa e gli interessi delle filiere interne ai contenitori partitici che le aspettative di un territorio marginale, eppure appetito a molti, e la nostra proposta era un programma regionale che desse l’alito ad un comportamento conseguente in Parlamento.

 

Ma nel gran rivolgimento degli assetti che la lista del 5 stelle ha portato nel paese in una innegabile ed inaspettabile vittoria elettorale, i primi a pagarne le conseguenze in questa regione siamo stati proprio noi di Comunità Lucana, in un cannibalismo di interesse popolare ovviamente rivolto verso il “fenomeno” più facilmente visibile di chi localmente aveva da molto tempo prima sollevato temi e proposto soluzioni, ma non possedeva tale visibilità anche in guisa di scarso interesse dei media locali verso una proposta atipica come la nostra, regionalizzare un’offerta politica di lungo periodo in una prospettiva di indicazione del locale come referente di una scelta verso una delle Camere che a nostro avviso dovrebbe ritornare alla sua funzione primigenia di una Camera delle regioni.

 

Ed a ciò ovviamente si è aggiunta la grande necessità per gli altri partiti di fare falange dei propri sostenitori per impedire perdite di consenso che solo tardivamente si è cominciati ad intuire e che sono state usate come arma di “messa in stato di necessità” del corpo elettorale contro il “nemico” – e il peso che questa condizione antropologica ha giocato nell’animo di molti elettori crediamo sia stato grande, pur senza impedire che evidenti perdite di consenso ci siano comunque state – si da relegarci nei numeri conseguiti persino dopo liste del tutto avulse da qualsiasi relazione pregressa al territorio lucano.

 

C’era da aspettarselo d’altronde e le nostre aspettative di conseguenza erano limitate alla raccolta di un numero di consensi bastevole ad indicare una via verso le future elezioni regionali tali da consentire aggregazioni di altri soggetti ad un progetto per questa regione, ma i numeri di consensi ricevuti, meno di 900, e di cui ringraziamo con affetto chi ce ne ha voluti onorare credendo in un progetto ampio e liberatorio per questa terra quale è il nostro articolato programma, ci sembrano, con la doverosa lucidità del giudizio postumo, non una sconfessione del percorso fino qui seguito, quanto una necessità di doverlo praticare diversamente per arrivare a maggior partecipazione, se è vero che pur “pesando” la qualità dei nostri voti, sostanzialmente è la loro conta che dà agibilità politica ai progetti per i quali ci si spende.

 

A questo scopo ho ritenuto doveroso convocare una riunione del nostro coordinamento regionale per sottoporre sia la questione delle mie personali e doverose dimissioni a fronte di una sconfitta di valore numerico innegabile, seppur i numeri aspettati non potevano essere che conseguenza delle considerazioni esposte, sia la questione dello scioglimento del partito in prospettiva del mutamento  che appare ormai necessario per il prosieguo del progetto e che toccherà ai membri indicare con chiarezza, nella certezza che è il programma da attuarsi per questa regione, il progetto, ad essere importante e non la forma od il soggetto che lo attuerà.

 

Chiarito così che non si tratta di smobilitazione, è altrettanto doveroso, nella preoccupazione delle tante urgenze del paese che questo voto e la sua rappresentazione parlamentare non aiuta certo a risolvere, e che per molti versi ha complicato ulteriormente la già precaria situazione di una regione che avrebbe bisogno di maggiori attenzioni, che a nome di Comunità Lucana e personalmente ho il piacere di augurare agli eletti lucani il miglior lavoro possibile per il bene di questa terra, riuscendo ad essere più lucani che uomini e donne di partito, nell’interesse per questa terra e i suoi problemi che, se eletti, noi avremmo ricordato in ogni istante, ben oltre “grida ed editti” dei gran capi.

 

Miko Somma, segretario regionale di Comunità Lucana

 

Comunicato stampa di Comunità Lucana

questa nota stampa non è stato inviata al sito istituzionale di basilicatanet, visto quanto già da noi espresso circa l’opera di confusione che puntualmente viene messa in atto o per imperizia (e ci può stare visti i criteri) o per cosciente manipolazione bulgara (cosa molto più probabile) delle affermazioni dei comunicati, il cui senso non andrebbe distorto, ma semmai solo adeguato alle esigenze di spazio concessogli in ciò che dovrebbe essere una sorta di rassegna dei comunicati inviati

tale attività riprenderà solo a seguito delle scuse ufficiali del sito basilicatanet

Il registro di chi?…di kipli…

Senza alcuna vena polemica, sia chiaro, e ancor più nel massimo rispetto per il lavoro svolto, occorre però precisare che l’enfasi posta nella presentazione del registro tumori ci pare fuori luogo, trattandosi di un atto dovuto ai cittadini e per di più arrivato in un ritardo estremo.

Ciò premesso, allora abbiamo dei dati, i primi, e a premere per averli non è certo stata la concessione di un presidente illuminato che governa dal 2005, quanto l’intenso lavoro dal basso di tanti che hanno fatto letteralmente “fuoco e fiamme” perché questo strumento importante ci fosse, in una regione dove i motivi di allarme erano e restano tanti, esattamente come le zone grigie in cui la tutela di popolazione ed ambiente rimangono dilemmi circa la maggior importanza a questi attribuita rispetto ad esigenze produttive che a più rimangono ignote nei benefici che porterebbero all’economia locale, cosa per cui inviteremmo alla cautela proprio il presidente che si è lanciato in un pontificale invito – quasi minaccia, per la verità –  a non usare i dati per tesi allarmistiche.

Bene, non lo faremo, come d’altronde non abbiamo mai fatto, ma vogliamo ricordare che l’enfasi del paragone usato con altre regioni meridionali, che non si sarebbero ancora dotate di questo strumento, è del tutto fuori luogo, visto che è usualmente proprio nel raffronto con le altre regioni meridionali che viene di continuo ribadita una sostanziale differenza in positivo tra la nostra gestione “virtuosa” della sanità e quella altrui. Ma stiamo a quei dati.

Si afferma molto ideologicamente che negli stessi, sia per numero che per localizzazione geografica per aree individuate dai pois (come se le aree di intervento finanziario avessero nessi con le possibili cause antropiche delle patologie rispetto alla localizzazione di determinate attività), i numeri sembrano dar ragione a chi dice che qui non ci sono più tumori che altrove, anzi meno, ma il dato certo e che se si riscontrano aumenti delle patologie è la velocità con cui questi accadono che pone delle domande a cui nessuno al momento fornisce ancora risposte(curve di incidenza), non il numero complessivo degli stessi che in una regione ancora abbastanza arretrata si suppone essere ancora poco basso in ormai nota equazione tra sviluppo industriale e patologie tumorali.

Si chiedeva che il registro potesse consegnare dati leggibili rispetto alle patologie da inquinamento in tutta la regione (patologie che la letteratura scientifica rende note rispetto al fattore industriale e ai suoi inquinanti principali), particolarmente in aree “delicate” quali val d’agri, zona nord, val basento ed i due capoluoghi ed occorre dire che questi dati sono poco leggibili se ributtati nel calderone di una media regionale (ed è quella che viene diffusa) che comprende anche aree dove di attività proprio non ce ne sono – figuriamoci quelle a rischio!!! – dovendosi prevedere una disaggregazione puntuale, per tipo di patologia, per esito e per localizzazione che non c’è affatto, anche perché in alcune zone la mancanza di strutture idonee alla diagnostica ed alla cura rende di fatto impossibile precisare se in quella zona ci si ammali di più o meno, per il semplice fatto che i ricoveri nelle strutture specializzate avvengono in soli 3 centri, Potenza S. Carlo, Matera Madonna delle Grazie, Rionero Crob.

In parole povere se ci si ammala in Val d’Agri o vicino Fenice o a Ferrandina, il medico e le strutture sanitarie locali riscontrano un disagio che poi saranno altre strutture ad ospitalizzare e curare. Ed ecco forse spiegato in parte il perché della maggiore incidenza nei due capoluoghi e la bassa percentuale, relativamente bassa, di zone in tutta evidenza maggiormente a rischio.

Ma oltre a questi particolari non secondari è il ritardo nell’osservazione, il breve periodo osservato e la mancanza di capacità di processo dei dati rilevati a rendere ancora troppo parziali quei dati, certo per chi afferma che vi siano nessi tra determinate attività ed i tumori, ma al contempo per chi afferma che di nessi non ve ne siano, in un ottimismo che appare ingiustificato almeno quanto l’allarmismo da altri predicato. Occorrerà attendere tre mesi prima di sapere se l’AIRTUM considera validi quei dati e non sappiamo quanto, perché e a che costo sarà la Cattolica a fornirci qualche parametro di riferimento sui dati scorporati, parametri a cui approssimare una lettura che appare sostanzialmente troppo in ritardo rispetto ai processi in corso, oltretutto nella mancanza di serie storiche in grado di farcele leggere.

E quando si parlava di punti zero mai registrati, mica si intendevano solo parametri ambientali, bensì anche parametri sanitari che non si è voluto per cialtroneria o calcolo determinare, nell’assurda realtà che ci viene consegnata di una regione dove teoricamente adesso sappiamo o potremmo sapere cosa accade dal 2006 e non prima, ma occorre che si dica anche che vi sono altri dati finora poco noti al pubblico, quelli della Relazione di Attività IRCCS-CROB, 1997-2006, che vorremmo fossero narrati ed ancora ad oggi alcuno ha fatto.

Registriamo comunque con piacere che qualcosa si sta facendo, preferiremmo però che molto di più si facesse perché questo registro dei tumori diventi il registro della gente e non il registro “di chi?…di Kipli”. La verità non deve far paura, ma stimolo a correggere gli errori, anche in tempo di elezioni.

Miko Somma, segretario regionale di Comunità Lucana

 

 

Comunicato stampa di Comunità Lucana

questa nota stampa non è stato inviata al sito istituzionale di basilicatanet, visto quanto già da noi espresso circa l’opera di confusione che puntualmente viene messa in atto o per imperizia (e ci può stare visti i criteri) o per cosciente manipolazione bulgara (cosa molto più probabile) delle affermazioni dei comunicati, il cui senso non andrebbe distorto, ma semmai solo adeguato alle esigenze di spazio concessogli in ciò che dovrebbe essere una sorta di rassegna dei comunicati inviati

tale attività riprenderà solo a seguito delle scuse ufficiali del sito basilicatanet

 

Il vaticinio del futuro.

Fa davvero piacere che in questa regione ci venga data la notizia di un avvenimento prima ancora che questo accada, con un vaticinio del futuro dunque che apre interessanti prospettive, mentre il mondo intero ancora si chiede se vera sia la profezia dei Maya o meno.

Mi riferisco alla presenza ad un incontro organizzato nella serata del 29 c.m. presso l’aula consiliare di Picerno, uno dei comuni interessati al permesso per idrocarburi Monte Li Foi, non solo dei sindaci che hanno dato lettura del documento comune nel quale si stigmatizza l’atteggiamento della Regione che con semplice Determina Dirigenziale dell’Ufficio Compatibilità Ambientale semplicemente “cassa” ogni pronuncia negativa in merito al permesso degli enti territoriali, ma dell’on. Taddei che, non si sa a che titolo, entra in sala ed occupa anche un posto al tavolo di presidenza (forse invitato).

Ma il problema non è la presenza di Taddei o il posto che occupa, il problema sta nel fatto che mentre fino alle ore 20.30, orario a cui il sottoscritto ha dovuto lasciare la sala (qualche minuto dopo il proprio intervento) per tornare a Potenza, l’onorevole non si era ancora espresso, il sito Basilicatanet portava tra i suoi lanci (esattamente alle ore 18.50) una sinossi dell’intervento di Taddei in una nota inviata a nome della segreteria regionale del PDL.

Quindi o si prevedeva il futuro da parte della segreteria PDL o si era di fronte alla discutibile “velina” di pessimo gusto di un partito che sulle estrazioni in regione gioca al “cerchiobottismo”, velina accettata acriticamente e subito pubblicata dal sito istituzionale con una “patente di veridicità” troppo basata sui  “numeri” elettorali.

Chiediamo perciò spiegazioni all’ente Regione Basilicata circa il comportamento poco attento del sito Basilicatanet (il cui costo è completamente a carico pubblico), lasciando invece agli elettori del PDL il compito di chiedere ai loro rappresentanti istituzionali da che parte stiano, dalla parte cioè del popolo lucano che sempre più spesso comincia a dire no agli idrocarburi, dimostrandosi più saggio dei propri rappresentanti e governanti, o dalla parte di quegli interessi forti che trasversalmente stanno portando la nostra regione a divenire un unico campo petrolifero.

Miko Somma, segretario regionale di Comunità Lucana.