Comunicato stampa

a partire da questo comunicato viene ripristinato con riserva (visti i precedenti) l’invio dei comunicati verso il portale basilicatanet

La necessità di un fronte comune

Dopo anni passati ad avvertire dalle pagine dei giornali che cortesemente mi hanno sempre ospitato,  nonostante la lunghezza dei miei interventi, dal mio blog che registra ogni giorno numeri sempre più crescenti di visitatori, o durante innumerevoli interventi pubblici, sui rischi di una “petrolizzazione” della nostra regione legati a più che evidenti manovre dei comparti lobbystici trasversali a tutti i partiti, non può non far piacere che finalmente l’opinione pubblica lucana cominci ad esser avvertita dei rischi che la nostra terra corre di fronte al principale dei “bocconi” che essa può fornire, gli idrocarburi.

Tralasciando le deliranti opinioni interessate di tal Chicco Testa che volta per volta diviene nuclearista o fautore della privatizzazione delle gestioni idriche, a seconda delle sue personale convenienze o dei bisogni che si “inquini” il dibattito pubblico con interventi mirati a creare divisioni nell’opinione pubblica (oggi ritroviamo il soggetto in questione nel board di amministrazione di una vecchia conoscenza della ricerca di idrocarburi nella nostra regione, quella Medoil gas che già fu protagonista del tentativo di riperforare il pozzo di Monte Grosso e qualcuno pur ricorderà il risultato del mio personale impegno contro quell’intrapresa tanto controversa anche in termini autorizzativi), la domanda che si pone è se sia maturata in questi anni la coscienza nei lucani che sugli idrocarburi ci sono troppi punti in sospeso o poco chiari per continuare ad assentire o a far finta che nulla accada o che, peggio, tutto vada bene.

E se per caso tale coscienza sia maturata, per ragionamento o piccolo leghismo brigantista-identitario poco importa, il punto dirimente è oggi come possa fare una piccola regione come la nostra, con i suoi piccoli numeri e la sua conseguente bassa rappresentatività, a impedire quella manovra accerchiante che da tempo si stringe intorno alla terra di Lucania ed ai suoi abitanti sulla risorsa degli idrocarburi.

Non ripeterò ora quanto ripetuto più volte in merito a come tale minaccia si concretizzi tra i progetti di riforma del titolo V della Costituzione (segnatamente all’art 117 ed alle materie di potestà concorrente tra Stato e regioni, tra cui la produzione, il trasporto e la distribuzione nazionale dell’energia), progetti spesso demagogicamente camuffati come necessità di un velocizzazione dei processi decisionali, ma che non nascondono il progetto di riportare in quota statale materie che, a torto o a ragione sono state delegate sin dal 2001, tra cui appunto proprio gli iter autorizzativi di permessi di ricerca e coltivazione di idrocarburi la cui approvazione/diniego, seppur nei limiti della legislazione, è competenza regionale.

Ritornerò ad una mia proposta della scorsa estate, frettolosamente forse giudicata la provocazione di un prossimo candidato, l’indizione di un referendum consultivo che ci dia il polso di ciò che pensano i lucani di una materia che non può esser più delegata alla sola rappresentanza politica.

E quando dico che non può esser più delegata alla rappresentanza politica, non intendo delegittimare le parti che finora in materia, anche trasversalmente rispetto alle maggioranze, hanno fatto esercizio di una potestà di indirizzo non sempre accorta o lungimirante, e neppure i singoli a ciò delegati per ruolo istituzionale, quanto cercare di fare comprendere quanto sia più una volontà popolare, espressa con il sapore netto di un quesito semplice, che i residui spazi di manovra legislativi che il percorso di riforma costituzionale lascia alla regione (o le relazioni ministeriali-politiche che qualcuno crede abbiano poteri taumaturgico-risolutivo o di tampone in attesa di tempi migliori), a costituire quel “fatto politico” di cui si abbisogna per tentare con quel “fatto” o di bloccare l’iter stesso di riforma sulla materia idrocarburi e mettere di fronte lo Stato alla volontà espressa da centinaia di migliaia di lucani, quindi italiani, con un voto popolare, volontà che non può essere prevaricata perché si desidera far cassa sulla risorsa.

Istituito un referendum consultivo la cui fattispecie legislativa è già presente in alcuni statuti regionali, la domanda da porre ai lucani potrebbe essere “fatte salve estrazioni a data attuale contrattualizzate, siete favorevoli ad ulteriori ricerche o coltivazioni di idrocarburi sul territorio regionale?”

Chiaro che simili iniziative postulano un fronte comune che deve andare oltre ogni recinto partitico o di corrente all’interno dei partiti, per ritrovare un’identità comune su un problema – altro che risorsa! – di cui non si può continuare a sorvolare con la leggerezza con cui finora si è ammansita una popolazione preoccupata, ma la cui informazione in merito è flebile e contradditoria e troppo spesso affidata o agli allarmismi di maniera od ai “tuttappostismi” di scuderia in cui finora è annegato ogni dibattito sereno.

Dibattito che posto allora intorno ad un quesito semplice forse chiarirebbe all’opinione pubblica chi è a favore della continuazione di quelle ricerche ed estrazioni che la riforma del titolo V, in combinato con la Strategia Energetica Nazionale, consentirebbero senza altro freno in tutta le regione, nella logica che a una ricerca di idrocarburi con esito positivo segue sempre una richiesta di concessione alla estrazione e coltivazione, e chi invece è contrario perché creda che la regione abbia finora dato troppo e ricevuto poco.

E la questione non è solo di quelle royalties così maledettamente tanto basse ed ancor peggio gestite finora, quanto di quale sia il futuro per questa terra oltre i rottamatori ed i rottamandi.

Miko Somma, Partito Democratico.

Comunicato stampa

questa nota stampa non è stato inviata al sito istituzionale di basilicatanet, al giornale basilicata 24 ed alla redazione di radiolaser per specifica ed espressa volontà di un suo redattore di non ricevere nostri comunicati

 

Sulla ferriera occorre una comunicazione esaustiva

La prima riflessione che offre la “scoperta” dell’inquinamento dello stabilimento SiderPotenza è che se l’ARPA Basilicata ha dovuto ricorrere ad una convezione con l’omologa pugliese per ricavare dati reali sul deposito di inquinanti nelle adiacenze dell’impianto, i dati finora raccolti in analoghi campionamenti in altre zone a rischio (Fenice e centro olii di Viggiano, i primi a sovvenire alla mente) sono inadatti alla rappresentazione di uno stato realistico delle relative situazioni monitorate e così del tutto inadatti alla comprensione della realtà emissiva di questi plessi, come purtroppo si è da sempre contestato.

Materia questa che credo debba rientrare nella più generale revisione non solo della mission dell’ente (che parrebbe chiaro essere la protezione dello stato ambientale attraverso la più completa raccolta di dati utili alla comprensione, ma evidentemente esiste qualche confusione), ma del ruolo che lo stesso monitoraggio deve riassumere, essere cioè sentinella del reale e non “agente di copertura”, in una discussione che spero sin dalle prime sedute il consiglio regionale vorrà porre in essere, con l’avvio di tutte le audizioni del caso atte a migliorare ruolo e prestazioni di una agenzia strategica quale ARPAB.

Ma nello specifico della situazione SiderPotenza, nel mentre invito alla cautela chi frettolosamente, sia pure nella buona fede che dobbiamo supporre, chiede chiusure dell’impianto senza le definitive parole che certifichino tale necessità – vorrei ricordare che in simili periodi andrebbe evitata ogni fibrillazione dicotomica tra ambiente ed occupazione, nella salvaguardia del primo e nella tutela del secondo che riguarda la vita di centinaia di persone e relative famiglie – è doveroso che le istituzioni non rimangano inerti in attesa degli eventi o peggio chiuse alla necessità dei cittadini di conoscere quale sia la reale entità di tale inquinamento (incomprensibile a tal livello la decisione di tenere riunioni a porte chiuse), se vi siano rischi immediati per la salute, quali le conseguenze prevedibili da una esposizione di anni a tali elementi inquinanti, quali le azioni immediate di monitoraggio dello stato della popolazione, quali le possibili conseguenze pregresse di quelle esposizioni.

In sostanza, la domanda che sorge contemporanea alla doverosa ricerca di una soluzione per una ormai intollerabile presenza di un plesso industriale di quelle dimensioni a ridosso dell’area urbana di Potenza, è come deve comportarsi la popolazione esposta, nell’attesa che il sindaco pronunci qualche parola in merito all’attività dell’impianto? Deve sottoporsi a screening che non è immaginabile faccia a proprie spese? Deve mettere in campo specifiche azioni di contenimento dell’esposizione? Deve forse restare chiusa in casa o trasferirsi? Deve rimanere in silenzio, alimentando forconismi?

E nel frattempo quali devono essere le prescrizioni per l’attività dell’impianto, lavorare a ritmo ridotto o sospendere alcune filiere produttive più in predicato di aver causato quell’inquinamento? Chiudere per l’evidenza di un gravissimo e non emendabile pregiudizio a salute pubblica e salubrità dell’ambiente?

Queste credo siano le domande a cui il primo cittadino debba rispondere e preoccuparsi un po’ meno delle soluzioni di una riallocazione dell’impianto ormai del tutto necessaria, ma la cui responsabilità è da ricercarsi, per via dei costi enormi dello spostamento di un impianto siderurgico in altro sito e delle diverse potestà territoriali e di competenza coinvolte, in altri tavoli ed assisi che immaginiamo debbano coinvolgere la Regione Basilicata nell’apertura di un immediato tavolo con il Governo.

Dare immediate risposte alle ansie dei cittadini non è certo compito facile, ma questo crediamo debba essere il compito del sindaco Santarsiero, predisporre una comunicazione esaustiva, nel mentre ci si fa interpreti di quelle azioni di screening di massa che serviranno per comprendere l’entità del danno biologico collettivo, una volta accertato, come crediamo, che inquinamento esiste e persiste da anni e qualche responsabilità politica in merito vada subito chiarita, ben prima delle evenienze giuridiche che, in virtù dell’azione penale obbligatoria, supponiamo siano già in itinere di accertamento.

Miko Somma 

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La programmazione energetica da rivedersi e gli impianti della discordia.

Intervengo a proposito del progetto di impianto solare termico da 50 mw di Banzi per sottolineare che all’ennesima prova dialettico-scientista tra i fautori più o meno acritici del no e quelli (a dire la verità pochi ed abbastanza teleguidati dalle solite ragioni occupazionali) del si, il confronto lascia basiti. Ed è da sottolineare che lascia basiti, oltre i nymbismi della sensibilità e quelli dell’opportunismo politico, un certo carattere localistico che la vicenda pare assumere, rispetto ad un argomento, quello energetico, la cui rilevanza ci pare tutta da inserirsi in un discorso di programmazione tutta regionale.

Il fatto se tale impianto faccia o meno parte della programmazione regionale che con il PIEAR e le sue successive modifiche introdotte dalla “burden share”, pare sfuggire ai protagonisti di un confronto che si dipana nelle vie dei social network, in ciò ricalcando probabilmente sia quella dislocazione di luoghi del confronto democratico, sia quella deriva del tutto auto-referenziale che lo stesso assume quando, incontrando le nostre piccole comunità e la loro necessità di comunicare il proprio disagio, spesso questi divengono sversatoio di quest’ultimo più che luogo alternativo di discussione matura.

Il vero problema di quell’impianto non è la tecnologia o il possibile impatto che questa provocherebbe, tra suggestioni wikipedia e comunicati di sedicenti ambientalisti, quanto l’effetto che una simile taglia impiantistica provocherebbe nel dispiegarsi in termini di occupazione del territorio e del paesaggio in aggiunta a quanto il PIEAR non abbia già disastrosamente prodotto con la sua programmazione che non ha tenuto conto dell’apporto che le estrazioni già forniscono al conto energetico del Paese.

E tuttavia quella rimane la programmazione adottata, sia pur da doversi rivedere visti alcuni effetti che non si era voluto vedere già all’epoca della sua adozione, nonostante la tante critiche di ieri che oggi appaiono vaticinio, e che si concretizzano nella forzata “energizzazione” di un territorio “occupato” da una foresta imbarazzante di enormi pale eoliche che spuntano come funghi, da una concentrazione di campi fotovoltaici autorizzati con semplici DIA su terreni agricoli che dopo soli pochi mesi vengono vietati in decretazione nazionale, e da un quantitativo di bio-masse di cui ancora poco si è compresa la natura definitiva.

Programmazione da rivedersi quindi e che nelle more dell’insediamento del nuovo consiglio regionale, unico attore della stessa, consiglierebbe da un verso la sospensione di ogni iter autorizzativo in attesa della piena operatività dell’organo legislativo nella ridefinizione di quote in aumento di circa il 50% rispetto alla originale programmazione, per via della citata Burden Share, e che autorizzavano impianti foto-voltaici per circa 650 mw, non certo il solare termico, che così risulterebbe fuori programmazione.

Che quindi funzionari regionali od amministratori locali si spendano per la realizzabilità o meno di un impianto che è solo il Consiglio Regionale nel caso specifico a poter di fatto autorizzare attraverso sia una ridefinizione in aumento delle quote relative del PIEAR che possano semmai aprire spazi al solare termico (in virtù di prevedibili mancanze di interesse per il fotovoltaico dopo il divieto di sovvenzioni ex decreto liberalizzazioni), sia per quell’assoluta mancanza di piani paesistici il cui rispetto pure sarebbe propedeutico alla sola ammissibilità di presentazione di istanze, appare del tutto fuori luogo e così sarebbe consigliabile che funzionari ed amministratori attendano l’insediamento del nuovo Consiglio Regionale prima di procedere a qualsivoglia atto formale di autorizzazione ed esame.

Anche perché un impianto che occupa oltre 230 ettari di terreno a breve irrigabile nel completamento dello schema irriguo Basento-Bradano che apre spazi di coltivazione che vanno ben oltre l’estensivo colturale praticato finora, impone ragionamenti ed atti organizzativi di scala molto maggiore di quelli praticabili in singole comunità, comunque sempre interessate ed interessabili in via sussidiaria, ma così costrette a discordie sconvenienti per qualsiasi logica di cooperazione di una comunità più vasta.

Miko Somma.   

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Aspiranti valvassini di sua maestà il petrolio?

Accade che nella Basilicata Saudita 4 sindaci si rechino a Roma e si mettano a trattare con il direttore dell’UNMIG Terlizzese di nuove estrazioni di idrocarburi nei propri territori, in parte già interessati da istanze di ricerca (Muro Lucano con l’omonima istanza, Craco con il permesso Monte Negro, Spinoso dalla concessione Val d’Agri), in parte sgombri da dettagli in merito sulle cartine dell’ufficio del MISE (Lagonegro). Di cosa si tratta, quindi?

Escludendo il mendicio extra che in genere viene affidato a trattative tra compagnie e comuni che ospitano pozzi od infrastrutture quando già sono in essere le condizioni amministrative e legislative di operatività di una concessione, al pari di quel dichiarato “ascoltare” che ci pare solo un salto di senso per mascherare intenzioni d’altro genere – la legge definisce tutte le procedure ed i benefit e non si comprende bene perché per discuterne non si sia chiesto incontro alle compagnie, piuttosto che interessare il direttore di un ufficio statale da cui ci si aspetterebbe meno parzialità sull’argomento idrocarburi – si tratta dunque di surrettizie manovre tese a precostituire accordi e pareri positivi in previsione di quei più rapidi iter di approvazione di cui da tempo avvertiamo come “regalo” di alcuni decreti del governo tecnico, o siamo di fronte agli apri-pista di un discorso più ampio sugli idrocarburi e chissà cos’altro che coinvolge quello che fu definito il “partito dei sindaci”?

Propenderemmo per entrambe le ipotesi insieme, la prima contenuta nel “decreto sviluppo” riporta in quota statale la potestà autorizzatoria ad oggi delegata alle regioni in virtù dell’art. 117, comma 2 della Costituzione (titolo V), pur nelle more di un perfezionamento del disposto decretativo solo a riforma costituzionale compiuta, la seconda succedanea di un rapporto decentrato con i territori che bypassa del tutto o quasi le competenze di programmazione regionali e, nel caso specifico, la nostra sfortunata “moratoria” che, ancorchè bocciata dalla Corte Costituzionale su ricorso del Governo (Monti) sulla sola precostituita pregiudiziale negatoria alle intese, rimane però indicazione politica di un ente superiore ed a cui è affidata ope legis la programmazione, indicazione che a quanto pare 4 sindaci decidono di “superare” con una iniziativa a voler essere benevoli disdicevole e poco accorta.

Se non fosse che costoro erano in qualche modo coinvolti proprio in quel partito dei sindaci le cui mire solo in parte si sono realizzate in occasione delle recenti elezioni regionali.

Siamo di fronte dunque ad una “rivolta” organizzata proprio nel delicato momento di passaggio delle consegne della presidenza e della giunta regionale e della cosa vorremmo auspicare si occupino subito sia il presidente uscente, De Filippo, sia l’entrante Pittella, poiché a nostro avviso si sta di fatto realizzando quel sistema di contrattazione decentrata tra l’interesse coincidente di compagnie e Stato che si disvela palesemente all’interno della SEN (Strategia Energetica Nazionale) ed i sindaci, attori deboli e quindi facilmente ricattabili o lusingabili dalla innegabile influenza di quegli stessi interessi?

Ne avevamo trattato più volte in precedenti lanci stampa, avvertendo a mo’ di Cassandre che questa sarebbe stata la strategia, procedere ad ipotesi di accordo extra legem, ma che fanno in un qualche modo precedente in un percorso lungo di abbattimento delle competenze regionali in materia che troverà corpo nei lunghi iter costituzionali, ma che necessita evidentemente già di una perimetrazione.

Ma oltre le nostre speculazioni – e chi potrebbe ancora definirle tali, quando tutto poi si realizza? – rimane il fatto che 4 sindaci mettono in discussione con il loro comportamento una decisione politica presa a monte e tutt’ora politicamente valida, quella di bloccare tutte le attività di prospezione e di ricerca di idrocarburi, assunta da un Consiglio Regionale che valida una iniziativa di Giunta Regionale.

E se siamo quindi di fronte ad una surrettizia modifica degli equilibri decisori di programmazione su eventi che interessano, ben oltre i singoli territori, l’intera regione – e vorremmo ricordare ai 4 sindaci (ed eventualmente anche ad altri che ritenessero tale iniziativa positiva, magari da aver nominato in loro vera e propria opera di delega rappresentativa) che quei comuni sono da loro retti pro-tempore e non ancora diventati feudi, si da non dimenticare che atti ed effetti di una eventuale “apertura” agli idrocarburi comporta tempi molto superiori al termine dei rispettivi mandati e non tempi in accordo a “signorie” – l’intervento censorio del Presidente della Regione diviene a questo punto necessario e stringente tanto nei tempi, tanto nei modi.

Il tema degli idrocarburi è troppo strategico, nel bene e nel male, perché in qualche modo un sindaco possa ritenersi alfiere di cambiamenti che possono semmai trovare esclusiva sintesi solo nell’organo supremo del Consiglio Regionale.

Ancora non siamo all’epoca dei nuovi valvassini di sua maestà il petrolio.

Miko Somma

 

 

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Una discarica inutile, dannosa, inopportuna

Apprendiamo dal sindaco di Melfi, Livio Valvano, che in data 14/11/2013, quindi a ridosso della data di tenuta delle elezioni regionali,un’impresa privataha presentatounprogetto per la realizzazione di una discarica per rifiuti speciali, localizzato nella frazione di Leonessa della città federiciana, progettoche trarrebbe origine, a detta dello scarno lancio pubblicato sul sito Basilicatanet, dal Piano Provinciale dei Rifiuti 2002, approvato dalla Regione nel 2008.

Non avendo ben compreso il tenore della dichiarazione del sindaco Valvano – “…abbiamo avuto modo di valutare la tipologia di impianto e di rifiuti e, soprattutto, abbiamo preso visione della localizzazione proposta e delle distanze dalle abitazioni della frazione. Teniamo in debita considerazione i rischi, anche solo potenziali, che un impianto del genere potrebbe in astratto determinare, anche alla luce del forte carico ambientale che la comunità melfitana già sopporta…” – ci rammarichiamo sia che di fronte ad un progetto di stoccaggio di rifiuti speciali si parli ancora di astratti rischi potenziali, sia che ci si sforzi di volere apparire terzi tra un interesse privato, la realizzazione di un sito di stoccaggio di rifiuti speciali non necessario al territorio, e l’interesse pubblico, la salubrità del proprio ambiente ed il principio di precauzione come principio guida nella programmazione dello stesso territorio.

La dichiarazione ci appare quasi un’iperbole dialettica tra un diniego che non scontenti e lo scongiuro che alcuno possa intendere quelle parole come negazione di una libertà di intrapresa che il legislatore ha malamente inteso quando con il decreto 152/2006 ha di fatto equiparato i rifiuti speciali ad una qualsiasi merce, fatti salvi obblighi sin troppo spesso disattesi, ma si ricava confusione circa i pensieri del sindaco in merito.

Comprensibile la difficoltà di un sindaco nel trattare una materia che altre potestà richiederebbe, una programmazione regionale, ad oggi da rinnovare completamente nella necessità di varare una nuova legge sul ciclo dei rifiuti che sostituisca la precedente del 2001, ed i relativi piani di gestione di ambito che dovranno tener di conto dell’abolizione delle province, quindi dell’ente gestore dei piani già varati, come il caso di specie, ma crediamo che il comunicato lasci dei margini che andrebbero evitati proprio alla luce delle considerazioni fatte. Riteniamo così che il sindaco debba essere più chiaro in merito.

A noi parrebbe che alla luce di questa situazione di passaggio tra vecchia e nuova programmazione il sindaco Valvano possa tranquillamente annunciare il suo no alla realizzazione di una discarica di rifiuti speciali (che appunto non è una semplice concessione edilizia), tenendo appunto conto del fatto che il piano provinciale del 2008 è già nei fatti superato, con ciò tranquillizzando una comunità che, insieme a quella di Lavello, aspetta ancora bonifica e messa in sicurezza di Fenice in attesa del “semaforo”.

Una comunità che potrebbe chiedersi di fronte ad atteggiamenti percepiti come pilateschi o possibilisti, quale sia la ratio di ospitare una discarica in una zona già vocata a livello agricolo, olivicolo, forestale ed enologico, e dove insistono sorgive di acque minerali pregiate e dove pure esisterebbero un parco regionale ed una precipua vocazione turistica.

Così nel mentre chiediamo al nuovo presidente Pittella di interessarsi sin da ora di questo progetto inutile, dannoso ed inopportuno, richiamandone la contraddizione per ogni nuova programmazione sui rifiuti, chiediamo al sindaco Valvano maggiore chiarezza che allontani il solo sospetto, già adombrato da alcuni, di un suo atteggiamento favorevole che sappiamo invece non esistere affatto, ma che forse andrebbe meglio chiarito con la propria personale contrarietà, senza dover attendere convocazioni di assemblee pubbliche.

Sui rifiuti, soprattutto quelli speciali e tossici, è tempo di chiarezza o la gente con comprenderà affatto.

Miko Somma.

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Basta con il sottobosco 

Emergerebbe, da quanto riportato dagli organi di stampa in merito al concorso indetto per la selezione del personale di controllo della struttura P.O Fesr e confermato in parte dalle assai vaghe dichiarazioni rilasciate al TG regionale da parte del responsabile dello stesso concorso, che esistano anonime “gole profonde” che portano all’esterno i questionari relativi allo stesso concorso e la cosa appare ancor più strana se è vero che sono proprio i 3 dirigenti della struttura ad elaborare quelle domande, quindi o c’è un “infedele” tra di loro o ben altri sono i meccanismi che hanno originato l’invio ai giornali di materiale che per sua natura dovrebbe essere rinchiuso strettamente nelle mura della regione. 

Una brutta storia, dunque, soprattutto perché accade in un periodo molto sospetto, quello elettorale, la cui sensibilità avrebbe dovuto in primis far astenere dall’indirlo, ricorrendo a delle proroghe specifiche in merito alla continuità del lavoro svolto dalla struttura, ed in caso ciò fosse stato impossibile, rendere il concorso stesso uno specchio di regolarità, visto la ghiotta occasione di “fare cassa elettorale” al pur mimino inghippo o malfunzionamento dello stesso. Cosa evidentemente non accaduta, reato o meno sia poi accertato dall’autorità giudiziaria. 

Perché se violazioni ci sono state esse hanno un carattere penale per singoli od associati che abbiano commesso violazioni nella gestione di atti e interessi pubblici, ma assumono ipse facto le sembianze politiche basso-imperiali che è il sentire comune dei cittadini ad erigere a sistema Basilicata, così pure non avendo la faccenda carattere politico, inevitabilmente tale viene già considerata. 

La faccenda non è politica e chiunque la giudicasse tale commetterebbe dolosa malafede, grossolano errore di valutazione e di comunicazione, nonché manutengolismo di un fenomeno sociale devastante e purtroppo corrente che tramuta ormai la percezione della politica come malaffare, esacerbando una già evidente fuga di interesse – quando non palese ostilità – dei cittadini e deviando dal vero tema che si pone di fronte a simili accadimenti, se cioè la politica non abbia finito per concedere troppi spazi ad una sottocasta inamovibile, una loggia di dirigenti e funzionari in grado ormai di auto-governarsi anche al di fuori dei recinti legislativi regionali che impongono alla politica funzione legislativa, di indirizzo, ed  alla burocrazia funzioni tecnico-esecutive, o se è ancora la politica a dominare, imponendo scelte fuori da ogni logica che non sia clientelare. 

In altri termini e fuori da ogni vulgata, tirandosi fuori dallo squallore insito nella faccenda specifica e in interpretazioni che si danno e daranno, quanto è forte
l’auto-referenziale partito dei grandi burocrati? Ed è divenuto più forte della nostra politica feudale e di filiera?

Ciò ovviamente non sposta di un millimetro le sodalità di interesse sulle quali si è fondato un patto che la politica ha siglato ormai da tempo con le categorie del fare amministrativo, quelle sodalità iniziali e/o continuative che si sono fondate sull’equivoco di una legge che equiparava gli stipendi di manager e di funzionari pubblici a quelli privati, permutata con la messa a disposizione degli stessi per ogni bisogna della prima, ma che sono oggi approdati ad una sostanziale indipendenza in grado di darsi un assetto politico a se stante, quale quello che è emerso nel cosiddetto governo dei tecnici, sintesi di quel patto di sindacato che i grandi capitali della finanza hanno stabilito con la grande burocrazia, dopo aver dato “disdetta” a molti impegni con un mondo politico non più in grado di essere garantivo degli interessi in campo in quanto travolto dalla crisi nel rapporto con la popolazione. E’ questione dunque di quei nuovi stakeholders (o portatori d’interessi coincidenti) che si affacciano con le larghe intese? 

Questa analisi, calata nel concreto lucano, sta a significare che alcuni grandi interessi che gravitano sulla nostra regione e sulle sue risorse non hanno più bisogno da tempo della politica per la curatela e la “digestione” degli stessi presso l’opinione pubblica, preferendo di fatto affidarsi ai responsabili di un dipartimento o di un ufficio sulla base di leggi estensibili ad elastico per la cura di quegli interessi che sono, ripetiamolo, non solo petrolio, acqua ed il variegato mondo che gravita intorno ai rifiuti e alle loro emergenze, ma la formazione professionale, l’agricoltura, gli aiuti alle imprese, le spese sociali e via discorrendo, quindi i fondi comunitari su cui esse si basano nel rientro della regione nei riaperti forzieri dell’ex obiettivo 1 in cui siamo riprecipitati. Questa è la vera posta in campo, la gestione di quei denari. 

E per gestire partite importanti del bilancio regionale, quali appunto i fondi Fesr, attraverso le attività di istruzione, controllo e rendicontazione degli stessi fondi, prima ancora che la politica servono le “zone grigie”, quelle zone che Falcone individuava come il terreno in cui coincidono interessi sporchi e attori apparentemente puliti, quelle stesse zone che da noi hanno favorito l’assurdità dei controlli ambientali inesistenti, incertificabili o da vera palude, che hanno permesso, nelle more del sapere amministrativo, di sprecare nelle filiere centinaia di milioni di euro in agricoltura, industria, turismo, artigianato, cultura, formazione, sanità e sociale, zone che ormai hanno potenzialità organizzativa di potersi rappresentare politicamente proprio nelle larghe intese figlie dei processi di degenerazione della politica tradizionale. 

Larghe intese a cui si suppone si stia avviando il futuro governo della Regione Basilicata, chiunque poi si fregerà del titolo di governatore e di maggioranza in un quadro politico del tutto scomposto ed in cui sarà persino difficile capire quali siano i partiti reali e quali invece quelli di filiera personale o lobbysta,  senza quel respiro politico-programmatico che pure sarebbe necessario in un momento che avrebbe potuto e dovuto essere costituente ed invece registra liste di candidati improponibili, a digiuno di temi, argomenti, motivazioni di rappresentanza della società e forse votati anche al martirio di un consiglio che qualcuno potrebbe volere ridotto a solo strumento di approvazione. Forse tutto voluto e procurato. 

Attenti allora a far ricadere sulla politica stessa gli effetti di uno scandalo ancora presunto sui concorsi per puro calcolo elettorale, perché gli effetti di quello scandalo travolgerebbero tutti, dislocando ancora una volta responsabilità, pure esistenti, non sui politici concretamente colpevoli di eventuali sodalità al sistema, ma sulla politica tutta, cioè sull’unico punto nodale che è (o sarebbe) ancora formalmente in grado di intervenire per impedire derive tecnico-oligarchiche sempre più potenti ed auto-referenziali che farebbero da puntello agli interessi citati. La posta in gioco è molto più alta di qualche zero virgola che gridare allo scandalo porterebbe agli urlatori, consigliandosi così molta prudenza ed attenzione.

Ma allora appare chiaro che un intervento della politica diviene necessario, almeno fin quando detiene ancora potestà legislativa ed amministrativa locale – non si dimentichi che con macroregioni e progetti di riforma istituzionale molto delle stesse potestà andranno diluite in assemblee regionali in cui il peso demografico lucano sarà minimo nella rappresentanza, o perse in una riforma delle procedure che in sostanza avoca in sedi centrali ciò che il titolo V della Costituzione decentrava – intervento che non può non iniziare da una forte opera di pulizia che non deve fermarsi di fronte a nulla e nessuno, nello specifico intervenendo accertati i fatti con la somministrazione delle più severe sanzioni, ivi compresi licenziamenti dei funzionari accertati di abuso di ufficio e/o turbative di funzionamento degli stessi, ma soprattutto smettendola con ingerenze illegittime e meschini calcoli di consenso feudale.

Ed a voler essere ancor più chiari, che la politica intervenga con decisione o questo scandalo deposita  sul carro delle enormi responsabilità accumulate in questi anni un fardello mortale per l’intera regione e non solo per una parte politica, le cui colpe non sono d’essere parte, essendo ormai l’unico partito in una involuzione democratica nazionale e locale che ormai spaventa, ma semmai degli uomini che ne hanno fatto dell’istituzione a volte un postribolo per lubrico interesse, a volte il circolo ricreativo per la mediocrità delle loro corti. Basta con il sottobosco. Dal partito che voterò, nonostante tutto, e da tutti i partiti o movimenti che partecipano mi aspetto forza e dignità di invertire per sempre la rotta imposta. 

Miko Somma 

 

 

 

 

15 domande ai candidati alle elezioni regionali

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ho voluto sintetizzare in queste 15 domande, inviate alla stampa per la pubblicazione, le domande che un qualsiasi cittadino (ripeto cittadino) vorrebbe rivolgere ad un candidato per ascoltarne le risposte e serenamente decidere se lo stesso sia all’altezza di un atto di fiducia tanto grande quale dare il proprio voto…

e vediamo quanti candidati risponderanno… 

15 domande ai candidati alle elezioni regionali 

Gentile candidato/a (purtroppo poche), siamo ormai giunti alla campagna elettorale e crediamo che in quanto elettori sia giusto conoscere le sue idee in merito ai temi concreti della nostra regione, così da aiutarci nella miglior scelta dei candidati di ciascuno schieramento, e ciò perché crediamo che, oltre gli schieramenti, sia importante la qualità umana e politica dei consiglieri, la conoscenza degli argomenti, i programmi, le visioni che muoveranno l’azione dei singoli nel contesto del collettivo del consiglio. 

Voglia così essere cortese nel rispondere in maniera puntuale alle seguenti domande:

1)     Se conosce lo stato di grave anomalia prossima al commissariamento del nostro sistema di gestione dei rifiuti solidi urbani e la gravissima situazione di impantanamento correlata di un sistema di smaltimento imperniato sull’inceneritore Fenice di Melfi che ha inquinato ed inquina, quali crede debbano essere le strategie ed i provvedimenti urgenti in materia?

2)     Se conosce lo stato di rischio ambientale, sanitario e per le vocazioni produttive originarie dei territori connesso alle estrazioni di idrocarburi in Val d’Agri e prossimamente in Val Sauro, nei limiti imposti dalle correnti leggi, nelle prospettive di annunciati aumenti delle estrazioni dettate dalla Strategia Energetica Nazionale e di limitazioni delle potestà regionali (leggasi riforma art. 117 Cost. e macroregioni), ritiene ciò compatibile con uno sviluppo armonico della regione, e in caso riscontrasse incompatibilità, quali dovrebbero essere le azioni da mettere in campo?

3)     Se conosce la situazione gestionale delle acque lucane nelle loro qualità (potabili, minerali, irrigue, industriali, fluenti e da invaso) e delle tante gestioni separate che su esse insistono, come intende operare per razionalizzare tali gestioni e preservare il bene strategico acqua?

4)     Se conosce l’agricoltura lucana ed i suoi problemi produttivi, infrastrutturali, di gestione, di credito, di sviluppo e prospettive, quali crede che debbano essere le azioni concrete da mettere in campo a cominciare dalla gestione dei fondi del prossimo PSR ed attraverso quali strumenti operativi?

5)     Se conosce lo stato dell’industria lucana, quali crede che debbano essere le linee di sviluppo del settore in rapporto alle potenzialità ed alle infrastrutture esistenti?

6)     Se conosce le problematiche del lavoro, quali crede debbano essere i provvedimenti urgenti e di sistema e gli assi di investimento pubblico per favorire una maggiore occupazione?

7)     Se conosce le problematiche del mondo giovanile, quali ritiene siano i provvedimenti urgenti e di sistema per favorire l’inserimento lavorativo dei giovani nel tessuto produttivo lucano?

8)     Se conosce le problematiche di genere, quali crede debbano essere i provvedimenti urgenti e di sistema per favorire il pieno coinvolgimento delle donne nel modo del lavoro, dell’impresa e delle professioni?

9)     Se conosce le problematiche dell’inclusione sociale e della marginalità economica e sociale, quali crede siano gli interventi prioritari da perseguire per impedire un collasso sociale?

10)  Se conosce le dinamiche dei trasporti e delle relative infrastrutture nelle relative potestà di programmazione ed investimento, quale crede debbano essere gli interventi da perseguire sia sui tavoli della contrattazione con lo stato, sia in merito all’organizzazione di un più efficiente e capillare sistema regionale dei trasporti?

11)  Se conosce le problematiche della società della conoscenza, quali crede debbano essere le priorità da seguire localmente attraverso l’intervento regionale?

12)  Se conosce le problematiche energetiche, al netto del petrolio, crede che il PIEAR e le sue successive modificazioni siano armoniche rispetto al territorio e quali crede debbano essere i provvedimenti per mitigare il suo impatto?

13)  Se conosce le problematiche del turismo, come intende sviluppare un settore decantato come strategico per l’economia regionale, secondo quali linee di intervento ed attraverso quali strutture gestionali?

14)  Se conosce lo stato dell’arte nella manutenzione del territorio e nella prevenzione dei rischi di natura idrogeologica, come intende agire per una maggiore salvaguardia dello stesso territorio e della presenza umana?

15)  Se conosce lo stato della governance territoriale e dei suoi strumenti operativi, come intende agire per migliorarne la qualità e l’efficienza?

La ringrazio per l’attenzione che vorrà dedicare in puntuali risposte a queste domande, risposte e considerazioni che suppongo aiuterebbero nella difficile scelta gli elettori lucani.

Miko Somma

Comunicato stampa

questa nota stampa non è stato inviata al sito istituzionale di basilicatanet, al giornale basilicata 24 ed alla redazione di radiolaser per specifica ed espressa volontà di un redattore

 

Un travaglio che merita rispetto 

Ciò che più lascia perplessi a riguardo della confusione che regna tra le liste e gli schieramenti non è il senso di incomprensione degli avvenimenti che qualsiasi cittadino elabora alla vista dei “balletti” che si consumano nelle stanze della politica, quanto la totemizzazione del male in un unico partito, il PD, che alcuni sobillano, quasi le “disgrazie” di quel partito possano diventare le gioie degli altri. Ed in realtà si tratta di un meccanismo sociologico artatamente indotto che tende a far identificare il male in un’unica sede, facendo così dimenticare che quel male è spesso patrimonio degli stessi savonarola che urlano al pubblico ludibrio.

Ma ciò non toglie che gli inconcludenti, e a tratti imbarazzanti, giri di valzer rabbiosi che si consumano tra le spoglie di un centrosinistra obiettivamente diviso (di cui sarebbe folle negare che il problema stia solo nella figura del candidato presidente che ignora le decisioni stabilite in una assemblea del proprio partito per proseguire lungo una strada che, retorica a parte, è conservativa del quadro di accordi con cui ha vinto extra-corpore le primarie) non accendano una luce negativa sull’agire e forse sulle stesse prospettive di continuazione di un assetto politico finora marmoreo.

Rimane il punto però di quali siano gli imperscrutabili motivi di gioia degli altri schieramenti e partiti di cui si affolla il parterre dei nemici del cosiddetto partito-regione.

Nei fatti non esiste alcun quadro stabile o stabilizzato in vista della scadenza della presentazione delle liste di alleanze, seppur costruite sull’essere contro qualcosa piuttosto che essere uniti per qualcosa, e neppure alcun candidato presidente comune a chi oggi predica di essere pronto a costruire alternative valide per il governo della regione, così come non esistono certezze di liste di candidati consiglieri e di fatto – figuriamoci – di programmi con cui assumersi l’onere e l’onore del governo stesso.

Non pare infatti che alcuna plausibile ipotesi di accordo sia stata elaborata nelle destre, quelle dei post berlusconiani che, nella fredda logica dei numeri, ritornano alla casa del “signore” per note esigenze di abbassare in coalizione la rata-mutuo di ingresso in consiglio regionale, così come le ipotesi ventilate di contenitori di centro che paiono piuttosto l’estetica alla buona del disporre le merci sugli scaffali per la vendita – e un candidato presidente pur lo conosceremmo se fosse vero il contrario.

E se dopotutto ci pare che fronde minacciose di tenentisti stiano agitando persino i sogni dei fedeli del duo biblico Grillo-Casaleggio recitato alla podolica e carenza di personaggi in cerca di autori (od autori in cerca di personaggi) inficino le pirandelliane gesta di primaveristi pronti però a qualsiasi stagione, le uniche certezze vengono fuori dai conversionisti radicali fulminati sulla via per Arcore che indicano fior di beati tra i belati per rimestolare la solita minestrina riscaldata al fuoco delle firme referendarie e dai lavoratori comunisti che indicano ancora il loro stalino alla guida della rivoluzione che verrà.

Si scherza per sdrammatizzare – non me ne vorranno i protagonisti – ma se è a sostanza che occorre andare, sostanza dice che, oltre il contorcimento reale del PD, nulla esiste, se non

1)     generico-retoriche accuse rimborsopoliste che non tengono conto del fatto che lo scandalo ha interessato anche soggetti che oggi spacciano virtù inesistenti (dovremmo rifare l’elenco di consiglieri regionali ed ex che a vario titolo sono coinvolti e delle forze politiche nelle cui fila costoro sono stati eletti?)

2)     che non esistono personaggi candidabili in grado di incarnare progettualità condivisa (e non i protagonismi armati degli stessi),

3)     che non esistono programmi alternativi (tranne il programma di Comunità Lucana che abbiamo portato in dote al PD per ciò che ci riuscirà di far comprendere),

4)     che non esistono motivi causali sufficienti e validi per impedire che l’alternativa ad un sistema di potere, una volta compresi i propri errori, possa nascere dallo stesso soggetto in grado di far sintesi ed autocritica fattuale, contaminandosi con idee nuove e pratiche differenti.

Una comprensione sofferente e sofferta – sia chiaro – quella del PD, dove lo scontro è aspro e reale e si innesta sui residui vivi di quella mancata fusione a freddo troppo figlia della necessità di far numeri per contrapporsi all’amata di Berlusconi, che di reale dialettica di avvicinamento tra culture differenti, ma è scontro dialettico, politico, essendo di fatto il PD rimasto l’unico vero partito tra le aggregazioni elettoralistiche vuote di contenuti e le ordalie populistiche che si nutrono e nutrono di quel visceralismo che sembra ormai voler consumare nel sangue una catarsi purificante, piuttosto che rimboccarsi le maniche e cercare soluzioni condivise. 

Che il candidato presidente del centrosinistra sia confermato l’attuale o si arrivi a rottura sarà segno e simbolo di un percorso reale di travaglio che in qualche modo, a partire da questa regione, segnerà un punto di ripartenza di una politica ingessata nello scontro e non aperta al confronto. Anche per questi motivi il sottoscritto è entrato in quel partito con tutto il carico di contraddizioni che questo rappresenta sia per me che per il partito che, nel bene e nel male, abbiamo conosciuto.

Chiedo allora rispetto per questa fase travagliata e chiedo di giudicare solo a liste compilate se l’ansia di cambiare presto e bene ha partorito il topolino cieco e non la speranza per il domani di questa terra.

Miko Somma

Comunicato stampa di Comunità Lucana

questa nota stampa non è stato inviata al sito istituzionale di basilicatanet ed al giornale basilicata 24

Il tempo della maturità per amore di questa regione

La nostra analisi delle primarie sinteticamente è riassumibile in un “ci siamo stati per testimoniare che esiste una idea diversa di questa nostra regione e che, volendo, si può cambiare”, a cui si è frapposto in antitesi un “stringiamoci a coorte” che non ha lasciato molto spazio alla normale dialettica che vuole più che candidati a contendersi una primazia, confronto e contaminazione a vicenda di programmi, di cui i candidati stessi sono testimoni e garanti.

Ciò a significare che quelle nostre migliori intenzioni palesate per tempo e rese note agli altri candidati di rendere queste primarie un dialogo continuo ed arricchente tra gli stessi, tutti insieme a confrontarsi in pubblico in pochi e significanti appuntamenti baricentrici alle aree, e gli elettori (e mi piacerebbe dire il popolo) come danti causa di un nuovo approccio dialogante alla costruzione partecipata di un futuro che per forza di cose deve essere diverso da ciò che lo ha preceduto, è stata disattesa da una corsa al serrare i propri ranghi che non ha giovato affatto né alla competizione, né all’area politica che ne ha consentito la nascita come momento di partecipazione popolare.

Se quindi è innegabile che i 55.000 lucani che si sono recati ai seggi sono un numero che potrebbe far entusiasmare sullo stato della democrazia lucana, la prima domanda che si pone è: ma siamo sicuri che ad esprimere quella partecipazione non siano state più che la volontà entusiasta dei cittadini di volere e potere partecipare, quelle stesse filiere di interessi comuni che sono alla base del dissesto e la cui “pressione” connaturerebbe di una sorta di coazione quella stessa partecipazione massiccia?

Ovvio che se è valida la seconda ipotesi costituente la domanda, un ragionamento serio pur andrebbe fatto sulla consistenza delle stesse in rapporto allo scontro delineatosi tra i due principali contendenti e ai ticket che tale consistenza metterebbero sulla bilancia del programma del candidato presidente, un ragionamento che si deve supporre si farà nel merito di una partecipazione a dir poco bizzarra di forze e votanti che per nulla appartengono al recinto seppur ampio del centrosinistra “a porte girevoli” e non nei postumi dello scontro titanico.

Scontro che ha visto l’unico programma compiuto e dettagliato, quello rappresentato dal sottoscritto, ridotto alla pura testimonianza dei pochi voti che si sono sottratti sia al gioco della polarizzazione pro /contro (ho personalmente ricevuto decine di messaggi di elettori che si scusavano per una scelta che sentivano obbligata), sia alla contrarietà di molti nostri simpatizzanti che forse poco hanno compreso che la decisione di partecipare alle primarie è nata e maturata nell’unica sede possibile e democratica, il nostro coordinamento regionale, dopo una analisi stringente e che è stata “motivo” dell’intera nostra campagna elettorale, la necessità di una nuova ed ampia condivisione anche con forze sino ad oggi aspramente criticate per mettere in campo strategie comuni di salvezza per una terra che già da oggi, come avverto da anni ormai, deve fare i conti in primis con l’aumento delle estrazioni di idrocarburi.

Strategie che sarebbe folle considerare imponibili al partito principale della regione dall’esterno con la forza di numeri che non abbiamo e non avremo, stante l’ipocrita killeraggio che sul sottoscritto da anni ormai si esercitano sia i movimenti del “tutto, subito e niente per poter continuare ad esistere”, sia quei nuovi arrivati che costruiscono cattedrali di fango populista distorcendo il lavoro sin qui faticosamente e quasi in solitaria fatto dal sottoscritto per “aprire” temi finora mai aperti per codardia, ignoranza o puro calcolo da alcuno e di cui forse si dovrebbe ringraziare piuttosto che infamare con vigliaccheria.

Considerazioni queste mie di una ormai palese ed evidente distanza siderale dal mondo movimentista e rabbioso-viscerale che mi spingono oggi a voler “ibernare” sino a fatti nuovi il partito della Comunità Lucana, salvo ratifica del direttivo regionale, e aderire al Partito Democratico, in esso riportando “tutti” i contenuti delle nostre battaglie con stile equilibrato e sogni ancora vivi e vegeti.

E ciò non solo a motivo di quella distanza ormai incolmabile e che tocca anche aspetti personali che per loro natura dovrebbero essere alieni alla politica, ma per un sentire lato di vicinanza ad un partito che oggi, nella bufera del paese, è ad un bivio anche nella nostra terra, se essere partito di potere o il soggetto propulsore e plurale, alla luce dei suoi numeri, di un grande movimento di cambiamento e di crescita democratica, sociale ed economica che è ormai nei fatti irrinunciabile ed a cui il sottoscritto, uomo di sinistra non subalterna e non subalterno, crede di poter apportare il proprio contributo fattivo, critico, “nuovo”, già a partire dalla prossima assemblea regionale di domenica, avendo nel frattempo chiesto il rilascio della tessera di iscrizione al segretario cittadino di Potenza.

E’ dunque il tempo della maturità per amore di questa regione, ma che si cambi e subito per lo stesso amore il progetto del Partito Democratico per la nostra terra, a cominciare dal programma e dalle liste.

Miko Somma

(segretario regionale di Comunità Lucana nelle forme che essa assumerà di concerto con le decisioni del direttivo regionale)

 

 

comunicato stampa di comunita’ lucana

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Alle primarie, non alla guerra

Sarà il momento storico che sta travolgendo molte delle convinzioni e delle strutture logiche del ‘900 che sono in qualche modo finora state alla base del pensare la politica come volano dei cambiamenti in rapporto al contesto sociale ed economico ed i suoi equilibri di interessi, o sarà l’ovvietà che non si vive di sola rabbia, quando la rabbia sembra divenire l’unica risposta all’immobilità della politica, ma mai come in questo momento diviene necessario il progetto sociale, la visione, che deve ritornare ben saldamente al centro dell’operare della politica stessa perché questa riacquisti spazi di credibilità.

E se questa considerazione la decliniamo nella nostra regione dopo quanto schiantatosi sull’iceberg di rimborsopoli – la credibilità di un intero sistema di selezione della rappresentanza politica, quindi della politica, che ha travolto tutti o quasi i partiti – e nelle nostre problematiche storiche rese più gravi dalla crisi e dalla nostra marginalità nei processi economici e produttivi – quindi lavoro e reddito, ambiente e risorse, etica della gestione e merito, e così discorrendo – il paradosso sarebbe sprecare l’occasione di un confronto costruttivo tra i candidati delle uniche primarie, quelle del centro-sinistra, per invece farne uno scontro e precipitare in esso la legittima attesa dei cittadini che l’occasione serva a trovare più le soluzioni ai problemi della regione nel contesto di un programma credibile e condiviso che a individuare chi sia il più forte.

La mia stessa partecipazione alle primarie è infatti fortemente innestata sulla convinzione che non ci si possa permettere, per il dovere etico e lo spirito di servizio che la politica deve ritrovare al più presto, alcuna competizione tra candidati che non la gara delle idee e dei progetti nello spirito della più leale ed ampia collaborazione per trovare la migliore sintesi almeno in un campo della politica lucana.

Sintesi che, se è vero che i problemi dei lucani hanno la speciale qualità di essere i problemi di una piccola comunità, si trova solo con un alfabeto e un lessico comune, alfabeto e lessico che richiedono però a ciascuno di noi di spogliarsi delle sue rabbie, delle sue aspettative e delle sue appartenenze al solo fine di calarsi nella volontà di stare con gli altri e concorrere con entusiasmo alla celere rinascita della nostra regione.

A tal fine vorrei suggerire agli altri candidati di disinnescare da subito ogni polemica e dedicarsi alla costruzione di un percorso diverso da una battaglia elettorale sfiancante a cui seguirà senza soluzione di continuità un altro confronto elettorale che, oltre all’asprezza di toni che si preannuncia, finirà come ogni campagna elettorale per marginalizzare i temi, e dedicarsi alla costruzione di una serie di incontri pubblici comuni in località baricentriche nei quali avviare un confronto sereno non solo tra i candidati, ma tra di noi e la platea variegata delle primarie che se forse non farà mancare sia i malumori che le ovvie critiche che pure andranno affrontate e risolte con l’arma dell’ascolto e della democrazia, non lesinerà di certo proposte e suggerimenti utili.

E ciò per raccogliere proposte e suggerimenti, allo scopo di trovare proprio l’alfabeto ed il lessico che possano riconnettere la rappresentanza alla cittadinanza e che meglio rappresenti una voglia reale di cambiare ed innovare che non sia solo cambiare d’abito per un appuntamento, ma una profonda e duratura revisione degli obiettivi finora seguiti, per andare verso una idea consona a fatti e potenzialità che la nostra regione è senz’altro in grado di esprimere, se liberata dai lacci e lacciuoli in cui è stato finora imbrigliato il merito e l’entusiasmo della nostra gente, a cominciare dai nostri giovani la cui partenza per necessità non è umanamente, civilmente, economicamente e demograficamente più tollerabile da una politica che sia degna di questo nome.

Che si vada alle primarie dunque, non alla guerra.

Miko Somma, segretario regionale di Comunità Lucana

Comunicato stampa di Comunità Lucana

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Il consiglio che verrà

E’ del tutto naturale che l’attenzione pubblica sia in qualche modo veicolata a concentrarsi sulla scelta dei candidati presidente che le differenti parti politiche porranno poi al giudizio degli elettori, sia che la scelta avvenga secondo pre-consultazioni (le primarie, al momento patrimonio del solo centrosinistra), sia che avvenga secondo altri metodi più o meno partecipati e/o controllabili dalle rispettive basi dei partiti o movimenti, vigendo per le regioni una legge elettorale genericamente presidenzialista.

Così, sulla scorta di questa attenzione quasi obbligata per via del grande potere che si accentrerebbe  nelle mani del presidente di una regione (salvo passare nelle forche caudine delle maggioranze che ai partiti ed alle loro segreterie, quando non alle singole correnti di questi ed ai loro interessi, comunque fanno riferimento) passino in secondo piano argomenti quali la composizione dei consigli regionali.

Composizione dei consigli regionali che, anche se avallati dalla preferenza degli elettori, pongono una serie di problematiche a monte nella formazione delle liste, di fatto originandosi già in quel momento la natura del consiglio che uscirà fuori dalle urne.

Ciò vale a dire che se i criteri con cui saranno composte le liste sono di fatto il veicolo per la qualità di un consiglio, a criteri non corrispondenti alla necessità di dovere selezionare il meglio per assicurare il buongoverno della cosa pubblica (buongoverno che si forgia quotidianamente sia in una maggioranza che in una minoranza), ma considerazioni di altra natura (sintesi tra interessi o equilibri interni, quando non confronti muscolari tra i candidati), corrisponderà senz’altro un consiglio regionale poco qualificato ed altrettanto poco in grado di rispondere alle necessità ed alle sfide che gli si porranno davanti.

In altre parole, se la composizione di un consiglio regionale denota mediocrità o subalternità a logiche di altra natura che non l’interesse pubblico, le sue risposte saranno viziate ab origine sia dalla visione errata di una realtà oggettiva in cui inquadrare il concetto stesso di bene pubblico, sia dalla incapacità di gestire l’autonomia del proprio ruolo di rappresentante rispetto agli organigrammi di un partito.

Ora se la difficile fase che attraversiamo ed attraverseremo come regione richiede certo un presidente deciso e con un progetto chiaro ed innovativo per realizzare la rinascita di una regione, è altrettanto e forse anche più importante che nel consiglio regionale che uscirà dalle urne a novembre siedano 20 consiglieri intelligenti, preparati, aperti, coesivi, onesti, in qualche modo il meglio che questa terra possa esprimere, a prescindere dalle parti politiche che li eleggeranno, per accompagnare, formare e legittimare un cambiamento di obiettivi e pratiche non più eludibile.

Così se sono i criteri di formazione delle liste ad essere centrali nel cambiamento, i partiti e movimenti dovrebbero spronarsi alla migliore composizione di quelle liste secondo i criteri che devono condurre al risultato di far uscire fuori dal disastro etico e politico di rimborsopoli, il migliore dei consigli regionali.

Criteri che non possono limitarsi al solo dato etico, pure insopprimibile nella varietà di locuzioni con cui tale necessità si formula nel concreto, ma debbono tenere conto anche dell’esigenza di selezione del meglio tra e di se stessi per potere concorrere insieme a tutti gli altri al meglio che questa regione ora più mai merita, inserendo così in quelle liste chi più di altri testimonia volontà e possibilità di costruire il futuro che si affida anche all’opera dei propri rappresentanti politici, certo tenendo conto dell’aritmetica inevitabile del consenso elettorale, ma con lo sguardo tutto rivolto al merito ed al risultato che occorre  ottenere, possibilmente utilizzando il listino così come venne concepito inizialmente, dar spazio a voci della società che non lo troverebbero nella conta crudele del suffragio, e cominciando sin da ora.

Chiedo così a tutte le forze che saranno in campo, la migliore selezione delle proprie liste elettorali.

Miko Somma, segretario regionale di Comunità Lucana.

Comunicato stampa di Comunità Lucana

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Le primarie annunciate vanno tenute

E’ con un certo disappunto che, dopo gli annunci di una tenuta delle primarie di coalizione del centro-sinistra di cui solo qualche giorno fa si discutevano le modalità, pare ora di percepire una certa volontà contraria da parte del principale partito di quella coalizione.

A prima vista si tratterebbe di una discussione tutta interna al partito-regione sull’opportunità di tenuta di un confronto che rischia di far deflagrare equilibri interni già fragili, o forse quel timore di insuccesso legato ad una partecipazione popolare che, necessaria, potrebbe venire meno in un simile momento – non sappiamo e lasciamo volentieri ad altri il compito di interrogarsi in merito – ma non si rischia forse con questa decisione di dare un negativo messaggio di stampo autocratico ai lucani che avendo finora sostenuto, e a torto o ragione volendo forse sostenere ancora questa parte politica, chiedono che una sostanziale inversione di tendenza dopo rimborsopoli ci sia comunque nei nomi come nei programmi?

Che quindi si tratti o meno di rumours estivi, ciò che inquieta è una tendenza alla chiusura di un partito che invece ora più che mai avrebbe necessità di apertura al dialogo ed al confronto in qualche modo intrinseco alle stesse primarie, per sottolineare una marcata soluzione di continuità verso un passato recente e meno recente in cui, oltre a molta polvere finita sotto il tappeto, ciò che è parso deludente sono stati proprio i mancati risultati rispetto al consenso ricevuto dagli elettori nell’aggravante di quella esplosione di una crisi morale che è anche e soprattutto una crisi di valori politici.

Chiaro che le primarie se intese come puro confronto su nomi ed apicalità di organigramma, portano a deflagrazioni interne originate sia da confronti tutt’altro che programmatici tra i vari personalismi di cui ormai è corrosa l’intera politica italiana, che dalle innumerevoli empatie o dis-empatie correntizie che ai nomi stessi si legano, ma se alle rese dei conti interne si sostituissero seri confronti su programmi e contenuti di un arco politico più ampio del PD, quindi meno auto-referente, nei tempi purtroppo brevi che l’inanità di mesi altrimenti meglio spendibili ha posto tra il dire ed il poter fare, di quel confronto ne gioverebbe l’intero quadro politico regionale, innalzando la qualità di ciò che andrà in cantiere per dare chances a questa regione rispetto alle sue sempre più evidenti decadenza e marginalità.

Dunque, così se non fa piacere che sia il partito maggiore di una coalizione potenziale a porre paletti e confini di una alleanza a cui crediamo ciascuno sia libero di concorrere, ancor meno fa piacere che sia lo stesso partito che si “rimangi” il confronto tra anime certo differenti, ma pure supposte cooperanti e senza sudditanze, nella scelta del nome di un candidato presidente a cui legare indissolubilmente un programma da condividere.

Il senso della nostra partecipazione è proprio la sintesi di quel nome e di quel programma, portando in un libero confronto il carico di innovazione che crediamo ci distingua da sempre, carico che in questo momento potrebbe aggiungere argomenti ad un cambiamento necessario, non rimandabile a calende di là da venire o evitabile con sintesi tutte interne che suggerirebbero intese conservative indicibili.

Confronto che, per ciò che ci riguarda, è la necessità dei tempi stretti e la logica stessa a non voler più come fratricida battaglia elettorale, ma come ricerca dell’alfabeto utile alla comprensione di cosa sia il bene comune che si vuol perseguire per questa regione, come tale più raggiungibile con pochi incontri pubblici comuni dei candidati, in uno spirito di collaborazione che tutti si impegnano ad osservare.

Che si vada quindi, come annunciato alle primarie, senza paure di partecipazioni “scomode” o di nodi, di contraddizioni o verità che possano scuotere perbenismi, ipocrisie e discendenze, senza regole che ingabbino la partecipazione e il contributo, perché compito delle forze politiche è salvare questa terra, non preservare ciecamente rendite di posizione ed equilibri costruiti finora su baronati e sudditanze.

Miko Somma, segretario regionale di Comunità Lucana

Comunicato stampa di Comunità Lucana

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La ciambotta, l’arte di “cuv’rnà” ed il cambiamento.

Da più parti si odono richiami alla costruzione di coacervi elettorali fondati sull’essere contro il sistema Basilicata, il sistema cioè fondato sul baronato PD, qui più che altrove figlio di un’unione carnale tra la vecchia DC ed il vecchio PCI, nelle rispettive metamorfosi popolari/margherita e pds, ds, consumatosi sul talamo del potere e della sua conservazione, nell’acquiescenza sostanziale di un PDL più pronto al baratto delle postazioni che ad una vera opposizione.

E se comprensibile è l’appello al superare divisioni che sarebbero ragioni d’appartenenza pregressa e personalismi mascherati in favore del riconoscimento di una istanza superiore, ciò che non ci convince è la ciambotta, questo nobile e gustoso alimento che però presuppone che in padella ci siano insieme ortaggi e tuberi, non anche frutta mista o magari gli avanzi del giorno prima.

Ora che alcuni credano che mettere ai fornelli simile pietanza possa scatenare i reali cambiamenti che tutti o quasi ci aspettiamo per il futuro di questa terra è legittimo, pur chiedendosi quale possa essere il fondo di cottura in cui amalgamare i troppi e differenti sapori, ma a pietanza cucinata siamo certi che quel piatto, fatte le debite considerazioni sull’antropologia del voto in regione, per sua natura stabile e conservativo poiché legato ad una attitudine moderato-continuista dei suoi abitanti, oltre che ai legami vari del “voto affidato alla clientela ed al bisogno”, basti ad essere riconosciuto come progetto e quindi offrirsi come alternativa reale?

Sarebbe poco avveduto non considerare che proprio quella cultura tanto difficile a superarsi tenderà, in mancanza di un reale mostrarsi di alternativa credibile e praticabile, a premiare ancora l’assetto di maggioranza che ha retto finora  la regione.

Ma se la ciambotta e l’eterogeneità di ingredienti non è appetibile, ciò non significa che tristemente ci si debba accontentare di quanto “offre il convento”, quindi dell’offerta di un centrosinistra che se non è costretto a cambiare, riproporrà tutte le sue logiche gattopardescamente, o di un centrodestra che non vuole e può riconoscersi altro che “intruppato” nell’esercito stolto di un condannato e del suo regime.

Piuttosto cercare di veicolare una volontà di cambiamento significa dialogare con le forze ed i rapporti politici e numerici reali per mettere in campo la costruzione di un movimento di cambiamento reale che vada oltre i volti, noti e meno noti, pur non potendo prescinderne, visto il sistema di voto regionale, ed arrivi alla sintesi di un percorso programmatico in grado di riconoscere le istanze, i bisogni, le visioni di un futuro possibile, i pericoli da cui allontanarsi, in una logica che svincoli definitivamente il governo di questa terra da ogni analogia con il dar da mangiare agli animali dell’aia secondo la definizione per cui lanciare becchime è inteso come “cuv’rnà” (trad. governare).

Per questo è stata lanciata la nostra candidatura ed è per questo che responsabilmente la rilanceremo nel contenitore che razionalmente e realisticamente dovrebbe selezionare il cambiamento auspicabile, le primarie del centrosinistra, nella possibilità che sia la candidatura di un indipendente e del percorso di programma che questi persegue, ad essere intravista dai cittadini come il punto nodale attraverso cui far passare la volontà di cambiare ed il progetto che ad essa deve necessariamente essere legato,  per dare corpo e voce a quell’altra Basilicata che si costruisce “per” e non “contro”.

Ciò annunciato, è tempo quindi che si proceda sia ad una rapidissima convocazione di un incontro di coalizione per la definizione delle regole di partecipazione, incontro che riteniamo indispensabile ed il segnale che non ci sono autoreferenze da parte del principale attore, il PD, nel fissarsi di regole che di fatto possano limitare la partecipazione più ampia (riteniamo quasi assurdo che servano 1500 firme di sostegno alla candidatura, quando ne occorrono poche di più per presentare una lista, senza indicare quali siano i cittadini abilitati a firmare, i moduli su cui raccogliere, le sedi dove si debbano raccogliere, se le sottoscrizioni debbano essere autenticate dai soggetti preposti dalla legge, e via discorrendo).

In quella sede indicheremo tutte le nostre idee a riguardo per fare in modo che quel momento diventi il momento democratico di una regione che sceglie il suo futuro, decisa e convinta a non ripetere i troppi errori del suo passato, e non soltanto il conclave più o meno ampio di una parte dei lucani chiamati ad una ratifica di scelte fatte altrove.

Miko Somma, segretario regionale di Comunità Lucana

 

 

Comunicato stampa di COMUNITA’ LUCANA

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La nuova stagione

La realtà della crisi ha fatto emergere in questi anni praticamente in ogni parte del mondo interessata i nodi di quale sia l’organizzazione socio-economica, la sua struttura per intenderci, meglio rispondente  ad una domanda di reddito individuale dei cittadini corrispondente all’accesso stesso alla vita sociale, e di quale sia la forma politica meglio rispondente a guidare dei processi economici e sociali che non è più pensabile vedano i cittadini come oggetti di consumo, ma piuttosto come soggetti attivi del cambio di paradigma produttivo e distributivo del reddito prodotto.

In parole più povere, pensare che il PIL prodotto in un paese possa poi determinare le conseguenze immediate sul reddito disponibile che alcuni ventilano quando parlano di crescita, è concetto deprivato di realtà se a questa crescita non si accompagna la redistribuzione dello stesso reddito associata ad un’imposizione fiscale più progressiva e ad azioni volte a “liberare” una partecipazione economica del più ampio numero possibile di cittadini, sia a livello di intrapresa che di occupazione diretta e indiretta.

Appare chiaro, o dovrebbe apparire tale, che o si interviene sulla struttura economica attraverso scelte coraggiose di politica economica di un segno nettamente inverso a quelle liberali finora perseguite sia dai governi di centro-destra, che di centrosinistra in tutta Europa, incentrando la guida delle economie e le scelte da operare sui bisogni sociali e non più sulla ragioneria bilancista a corredo di un’intrapresa finanziaria a profitti privati e perdite pubbliche che si gioca sui debiti pubblici, e così si necessita di una politica forte nei suoi contenuti, o si continua lungo vie di risanamento che nel mentre postulano status quo sostanziali del sistema finanziario a motivo delle emergenze di bilancio in assenza di crescita e di dogmi neo-liberal, possono contenere i dissensi tendendo a restringere la partecipazione dei cittadini alle elezioni, viste come incapaci di dare soluzioni di continuità, attraverso l’astensione, nel permanere di una politica debole e mantenuta tale dalle “larghe intese” che nel frattempo operano ristrutturazioni del paese che accentrano le scelte e diminuiscono la rappresentatività.

Sono ovviamente queste considerazioni di carattere nazionale, ma le cui ricadute interesseranno per certo la nostra regione, rappresentando le nostre elezioni il comodo banco di prova di rapporti di forza esistenti nel Paese rischiando di condizionare i risultati con una polarizzazione che devia l’attenzione dalle problematiche locali per riportarle in un confronto di appartenenze giocato su scala nazionale. Il rischio è evidente, ma la speranza è che i cittadini lucani sappiano tenere ben distinti i due piani.

Così per tornare all’ambito regionale che ci riguarda da vicino, ai problemi della nostra terra, che sono problemi di natura economica-programmatoria che recitano di una passività che tutto o quasi finora ha lasciato passare in nome di subalternità indicibili e complicità dolose ai danni dell’interesse pubblico, ma anche problemi di capacità di progetto e formazione delle classi dirigenti che sono sotto gli occhi di tutti in forma di un sistema mantenuto chiuso, non permeabile se non a clientele ed appartenenze alle filiere di potere, dove il progetto, se pure è esistito, affoga nella sopravvivenza delle stesse, qualcuno potrebbe essere tentato di rispondere ad una sin troppo prevedibile minore partecipazione al voto con i numeri stabili afferenti proprio a queste filiere, mantenendo inalterati quei rapporti di potere ed in un certo modo “sacrificando” un momento epocale di auspicabile e possibile cambiamento di obiettivi e di classi dirigenti sull’altare delle dinamiche nazionali.

Tutto ciò non va bene poiché si fuggirebbero problemi e soluzioni in nome della sopravvivenza spiccia di chi non riesce ad immaginarsi fuori dall’aula del consiglio o della giunta regionale, in compagnia del circo variegato di sottogoverno, nell’aggravante di problematiche peculiari comodamente assorbite da argomenti non attinenti al nostro contesto e così eluse ad una soluzione condivisa e condivisibile.

Problematiche che se da un lato sono quelle che da sempre denunciamo come un tentativo da parte di Stato centrale e lobbies di fare cassa sugli idrocarburi lucani attraverso i chiari aumenti estrattivi che è la Strategia Energetica Nazionale ad indicare chiaramente, proprio mentre si opera sull’art. 117 della Costituzione e sui progetti di accorpamento in macroregioni per spostare il baricentro decisionale alla competenza esclusiva  statale e le residue potestà amministrative verso contesti territoriali (Campania o macro-regione Appula), dove il peso percentuale di 570.000 lucani sarebbe risibile, dall’altro sono le domande sul nostro marginale contesto economico locale che crea ipso facto la dipendenza coloniale, domande a cui occorre trovare subito risposte in soluzioni di buon senso non necessariamente legate a dogmi sviluppisti, neo-liberal e/o globalizzanti, ma aperte allo sviluppo di potenzialità “contenute” già nel nostro territorio nell’unico obbligo di creare valide occasioni economiche per tutti i lucani.

E se per un solo istante ammettiamo che alcune delle soluzioni puntuali e di sistema siano contenute nel nostro programma, che in sintesi potremmo definire “il grande progetto di una rete di micro-progetti a basso costo e alta partecipazione dei cittadini”, la cui consultazione attenta consigliamo da tempo, è chiaro il senso della candidatura del sottoscritto per impedire snaturazioni del programma stesso in un contesto elettivo dove conta la persona, i suoi trascorsi civili, la sua “faccia” e l’immagine di una terra e di cosa potrebbe diventare che questa faccia racconta a cittadini a cui sarebbe immorale continuare a raccontar balle di “uno sviluppo che verrà” nella continuità delle stesse classi dirigenti che finora lo hanno “chiuso” nella loro auto-referenza clientelare, o dello sviluppo magicamente conseguente agli arrivi epici di Visitors dallo spazio esterno od al salvifico giudizio allo scoccare di un Armageddon.

Il candidato presidente Miko Somma e Comunità Lucana vogliono invece narrare della nuova stagione che serve a questa terra, quella di una regione fatta da e per i suoi cittadini, senza “santi in paradiso” o amici degli amici ad impedire che il merito ed il bisogno siano costretti nell’obbedienza al barone, di una terra dove vivere non significhi sopravvivere od arrangiarsi, da cui non sia più necessario fuggire per trovare spazi per la propria gioventù e voglia di fare, in una nuova stagione che vogliamo costruire senza escludere nessuno, e vogliono farlo fuori dai giochetti delle alleanze tra partiti, fuori dal dileggio reciproco, fuori dal teatrino stanco delle ineludibilità presunte, dialogando prima di tutto con i cittadini, a cui questa volta chiederemo di guardarsi intorno ed interrogarsi dentro con sincerità.

Miko Somma, segretario regionale di COMUNITA’ LUCANA

 

Comunicato stampa di Comunità Lucana

questa nota stampa non è stato inviata al sito istituzionale di basilicatanet, visto quanto già da noi espresso circa l’opera di confusione che puntualmente viene messa in atto o per imperizia (e ci può stare visti i criteri) o per cosciente manipolazione bulgara (cosa molto più probabile) delle affermazioni dei comunicati, il cui senso non andrebbe distorto, ma semmai solo adeguato alle esigenze di spazio concessogli in ciò che dovrebbe essere una sorta di rassegna dei comunicati inviati

 

 

Non meritiamo più boiardi, baroni, maghi e pifferai

Logica vorrebbe che in questo momento storico lucano si ponesse al centro delle riflessioni sull’ormai prossima scadenza elettorale regionale la considerazione che non è più il tempo dei candidati di parte, della parte dominante o dell’equilibrio tra le sue componenti, ma di un forte candidato presidente che sia l’espressione di un programma condiviso tra il più ampio ventaglio delle forze politiche, e ciò certo non in nome di governi di unità o di salvezza che suonano al meglio come inciuci, ma della semplice e forse anche banale constatazione che, visti i piccoli numeri della nostra regione, e quindi le realtà ed i bisogni che da essi derivano, e visti gli appetiti vigenti sul nostro territorio ed i grandi numeri economici di quegli appetiti, è il senso di una profonda coesione tra i lucani intorno ad un progetto l’unica strada percorribile per dare un futuro a questa terra.

Progetto che ovviamente non può non tener conto che i ritardi storici sui processi di sviluppo, lungi dal poter essere ragionevolmente colmati con infrastrutture che nessuno realizzerà e con investimenti che nessuno metterà a disposizione, se da un verso possono essere considerati un fallimento di strategie finora messe in campo pensando all’industria agevolata ed inutilmente ri-agevolata, dall’altro ci aprono prospettive di un nuovo sviluppo fondato proprio sul quel “vuoto” dell’esistente, quindi sulla possibilità di percorrere linee evolutive della nostra economia impossibili altrove, ma praticabili da noi – pensare ad un’economia strettamente legata alla conservazione dell’unicum ambientale-culturale ha la valenza dei numeri innescabili proprio sulla conoscenza di quell’unicum come motivo di consumo delle derrate alimentari qui prodotte, come un turismo della lentezza e dell’inconsueto qui praticabile, come settore della bio-edilizia e della tecnologie-green sostenibili qui allocabile e via discorrendo ogni voce di quel lungo ed articolato, certo complesso, programma che è consultabile sul nostro sito.

Linee evolutive fondate su ragionevoli analisi e su altrettanto ragionevoli prospettive che esistono solo nel programma che Comunità Lucana propone sin dal 2010, aggiornate e ripresentate questo inverno in occasione delle politiche a cui abbiamo partecipato esclusivamente per parlare di un progetto per la nostra terra, e che sin qui risulta l’unico programma esistente, fatta salva qualche pedestre imitazione del tutto fuori contesto, seppur soddisfacente in termini di condivisione di minimi comuni denominatori programmatici che da tempo stimoliamo attraverso il dialogo con le forze politiche allo scopo di potere innalzare il livello medio della proposta politica per questa terra.

Questa unicità è ancor più rimarcabile nell’evidenza del vuoto spinto della proposta altrui e ci spinge a continuare così la nostra azione di condivisione fatta di dialogo concreto, ma tutto ciò evidentemente non basta per costruire approdi pragmatici sintetizzabili in un assetto per queste prossime elezioni che riteniamo non possano più giocarsi né sui numeri di una forza rispetto alle altre, né sulla costruzione di quelle maggioranze senza programmi che finora hanno contraddistinto la nostra politica regionale.

Inutile negarsi che la regione è in un momento particolare della propria storia sociale ed economica, un momento che non è più affrontabile con forze politiche ormai distaccate con le proprie basi che non comprendono più comportamenti e prassi ormai avulse da ogni pur ragionevole contatto con la realtà, ma certo non affrontabile con movimenti eterogenei che fondano le proprie identità sull’essere “contro” e su un senso di profondo odio che diviene più o meno labile identità eretta a motivo, occorre serietà e maturità da parte di tutti per comprendere che questa regione necessita di un progetto che funzioni e che dia risposte concrete ai bisogni concreti della gente – al mettere insieme il pranzo con la cena, per esser chiari – e dare prospettive a generazioni ormai prostrate dal vedere consumati i propri anni nelle attese inutili delle promesse o nello scoramento che porta alla fuga, un progetto che necessita della partecipazione il più possibile disinteressata del più ampio ventaglio di forze politiche e dei loro numeri al solo ed esclusivo servizio della regione e dei suoi abitanti.

Occorre quindi il nuovo per costruire il nuovo e praticarlo con la visione, la determinazione e l’onestà.

A questo scopo lancio la mia personale candidatura alla presidenza della regione, allo scopo di legare il nostro programma, la mia persona e la nostra sigla ad un patto sincero tra forze politiche più attente alla necessità di cambiare non solo nomi e prassi, ma obiettivi, e movimenti o parti di questi che siano in grado di distaccarsi dalle etero-direzioni e guardare oggettivamente alla loro terra, perché è questa terra e tutti noi che non meritiamo più boiardi, baroni, maghi e pifferai.

Espliciteremo il senso di questa candidatura in una conferenza stampa ed un incontro pubblico.

Miko Somma, segretario regionale di Comunità Lucana