addio kepler, piccolo-grande cacciatori di pianeti

Rappresentazione artistica del telescopio Kepler della Nasa (fonte: Nasa) © Ansa

Rappresentazione artistica del telescopio Kepler della Nasa (fonte: Nasa) 

Ultimo saluto al più celebre cacciatore di pianeti, il telescopio spaziale Kepler, al quale la Nasa ha inviato l’ultima serie di comandi per disconnetterlo dalla Terra. Si conclude così la carriera straordinaria del telescopio che ha aperto la strada alla ricerca della vita oltre il Sistema Solare, ma i suoi dati faranno lavorare i ricercatori ancora molto a lungo. Lascia infatti un’eredità grandissima, con la scoperta di oltre 2.600 pianeti esterni al Sistema Solare e di altri 2.900 possibili mondi alieni, che potrebbero essere confermati da osservazioni successive.

“Abbiamo individuato piccoli pianeti potenzialmente rocciosi che saranno i bersagli principali dei telescopi attuali e futuri, così possiamo andare avanti e vedere di cosa sono fatti questi pianeti e come sono le loro atmosfere”, ha rilevato Jessie Dotson, del centro di ricerche Ames della Nasa.

Kepler è stata la prima missione a caccia di pianeti della Nasa e ha dimostrato che ci sono più pianeti che stelle nella Via Lattea, che molti somigliano alla Terra e che alcuni di essi sono alla giusta distanza dalla stella per ospitare acqua liquida, una condizionale favorevole alla vita. Lanciato il 6 marzo 2009, il telescopio aveva esaurito il carburante il 30 ottobre scorso. Con i comandi della “buonanotte”, adesso è stata completata la procedura che lo porta al pensionamento. I controllori di terra hanno trasmesso gli ultimi comandi per spegnere i trasmettitori radio e disabilitare il software di recupero automatico. Adesso Kepler si sta spostando verso un’orbita sicura, a 150 milioni di chilometri di distanza dalla Terra

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il contributo del telescopio kepler alla conoscenza della via lattea è stato straordinario, incommensurabile e spero tanto che in un domani ancora da immaginare lo si possa riportare sulla terra per esporlo alle future generazioni come simbolo di un essere umano che deve ancora risolvere tanti problemi sul suo piccolo e preziosissimo pianeta, ma che non smette di cercare altri spazi, altre terre, altri mondi che probabilmente non esploreremo mai, ma che sono importanti per il solo fatto di esistere e di conoscerli, perché l’uomo è fatto anche di febbre di sapere e di una scienza che quella febbre calma solo momentaneamente per far si che rinasca più forte ad ogni tassello in più di conoscenza che acquisiamo ed il apparente grande costo in realtà spinge in avanti la nostra vita quotidiana

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sulla luna e su marte ci andrà anche tanta italia

La Nasa festeggia il modulo europeo che riporterà l’uomo sulla Luna

Sarà il cuore di Orion, pulserà anche grazie alla tecnologia italiana

ansa scienza – Grande festa al Kennedy Space Center della Nasa, in Florida, per l’arrivo del Modulo di servizio europeo (Esm) che spingerà la capsula Orion nell’esplorazione spaziale, per riportare l’uomo sulla Luna e poi su Marte. Costruito in Europa dall’Airbus con tanta tecnologia italiana, il modulo sarà il vero ‘cuore’ pulsante della navetta della Nasa, cui fornirà elettricità, propulsione, controllo termico, aria e acqua.

Rappresentazione artistica della navetta Orion della Nasa, destinata a portare l’uomo su Luna e Marte. Il modulo di servizio è europeo e ha tecnologia italiana (fonte: NASA)

Questa è la prima volta che la Nasa utilizza un sistema costruito in Europa come elemento chiave per alimentare una navetta: questo grazie all’esperienza che l’Agenzia spaziale europea (Esa) ha acquisito nella realizzazione della navetta automatica Atv per i rifornimenti alla Stazione spaziale internazionale (Iss).

La cooperazione tra le due sponde dell’Atlantico dunque si allarga, puntando dritto all’esplorazione dello spazio profondo. “Oggi celebriamo l’arrivo del Modulo di servizio europeo dalla Germania”, ha detto l’amministratore della Nasa, Jim Bridenstine. “Siamo grati ai nostri partner dell’Agenzia spaziale europea e tutti i suoi Paesi membri”.

Anche l’Italia è in prima fila con Thales Alenia Space (Thales-Leonardo), che nel suo stabilimento di Torino ha contribuito allo sviluppo del modulo per quanto riguarda i sistemi termomeccanici, inclusi la struttura, lo scudo contro i micrometeoriti, il sistema di controllo termico e il sistema di accumulo e distribuzione dell’acqua e del gas. Integrato a Brema, in Germania, il modulo era partito lo scorso 5 novembre alla volta degli Stati Uniti. Qui sarà testato e preparato al lancio previsto per il 2020.

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