09/01/2010

non faccio altro che dire la verità, tentando di spiegare questa nostra regione e quando possibile indicare qualche via d’uscita da questo delirio di bugie, mezze verità e verità distorte dalla complicità di chi vede e se ne sta zitto
miko somma

bene, si parte per roma per l’audizione in commissione ambiente alla camera…se son rose fioriranno, se son ceneri…fenice!!!

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Comunicato stampa di Comunità Lucana-Mov.to No Oil verso il partito della Comunità Lucana

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Dimissioni

  

Dalla breve intervista al presidente De Filippo che abbiamo avuto modo, come la grande maggioranza dei lucani, di seguire nell’edizione del TG regionale – lasciando del resto la sfilza a cadenza di minuti uno dei rapporti stenografici copia&incolla Basilicatanet nel cestino della propaganda straccia – di farci finalmente una idea di quella Basilicata “felice” che “dobbiamo” considerare come la Basilicata reale.

 

 

“Dobbiamo” perché pare che da oggi la categoria del verosimile sia stata per Delibera di Giunta o per Bulla Presidenziale equiparata alla categoria del vero, così se ai meno attenti tra i corregionali era fino ad ora sfuggito il disastro in cui versa la nostra terra, da oggi ufficialmente possiamo dichiarare che in Basilicata è “tutt’apposto” e che se il lavoro manca lo si creerà senz’altro, se la regione rischia di finire colonizzata siamo noi che imponiamo alle multinazionali le nostre condizioni, se la raccomandazione è titolo di merito de facto per l’accesso persino all’elemosina dei corsi di formazione siamo una regione a forte carattere di conservazione della famiglia come nucleo primario di convivenza civile.

  

Ma ironie a parte, ciò che non convince affatto è l’assurda pervicacia di difendere un’azione politica ed amministrativa fino ad ora non solo carente rispetto alle aspettative sollevate dai programmi elettorali imbastiti con il filo di una demagogia fondata sull’annuncio miracolistico con cui questo presidente era stato rieletto, ma carente persino rispetto a quei minimi standard di rispetto della realtà che vorrebbero almeno si declamasse come difficoltà politica interna al principale partito regionale un allargamento di giunta che in due mandati sarebbe la quarta giunta (e non siamo a due anni di vita del secondo).

  

E tattiche politicanti a parte, rimane il fatto che ancora una volta la categoria della promessa assurge a fatto amministrativo, nell’inconsistenza anche personale di una giunta ridicolmente appiattita sulle trite e ritrite idee-non idee che poggiano sulle inverificabili iperboli di sviluppo di cui si vaneggia, su quelle residuali tangenti di politiche di investimento pubblico di cui soltanto ora ci si accorge della scarsità rispetto ai bisogni suscitati nelle pratiche di consenso locale e su quelle ormai consuete diagonali che cartesianamente riportato al solo ed unico dato che parla di fallimento sostanziale delle politiche che dalla giunta Di Nardo, passando attraverso Bubbico, terminano la loro corsa a modelli improponibili al territorio nel fallimento delle due giunte De Filippo.

  

Non che sia mai esistita un’alternativa esprimibile nel consiglio, s’intende – un centro-destra mansueto all’idea del partito-proprietario finora e dilaniato oggi dai conflitti interni tra servi fino al naufragio finale e liberti dell’ultimo minuto – ma che non appaia questa come giustificazione all’insipienza governativa di una coalizione fondata sulla poltrona e sulla postazione in grado di mantenere vivo il consenso utile alla propria esistenza, una coalizione creata a misura di una nuova demo-cristianità appena tinta di un progressismo ereditato dai ’90 come apertura succube al modello impresa assunto a soggetto politico di riferimento, ai modellismi finanziari e liberal, all’autoregolazione dei mercati come magna lex, e nel contorno di uno spaccato socio-antropologico mai mutato dalle impietose descrizioni di Bansfield.

  

Che naturalmente il presidente difenda il proseguire incerto del suo mandato è cosa ovvia, ma un po’ meno ovvio e che ci si ostini a recitare il mantra della colpa sempre allocata altrove, i mercati, i governi nazionali, l’Europa – continuando così l’11 settembre ci par chiaro dover assumere prima o poi il suo ruolo – forse  dimenticando che se non lo sviluppo, almeno il buon governo andava assunto a canone di comportamento di una giunta che pure rappresenta la maggioranza dei lucani.

  

E di questo buon governo che non è soltanto prassi amministrativa corretta ed ossequiosa delle leggi, ma che più spesso deve vivere nella percezione reale dei cittadini, non v’è traccia alcuna, nel sempre più radicato convincimento degli stessi – ed il sottoscritto è cittadino! – che siano le filiere baronali del consenso e della feudalità moderna che il presidente ostenta nel codazzo querulo della corte ad avere mano libera nel sistemare sul risiko della nostra terra le armate di uno sviluppo che, se non fossero le blandizie menzognere strumento usato ad arte per camuffare la realtà, dovrebbero chiamarsi col loro vero nome, sfruttamento becero delle potenzialità della regione e della pazienza atavica dei lucani.

  

Blandizie che spacciano buon governo dove non ve ne è traccia, rispetto per l’ambiente dove vi è resa alle sole logiche del profitto privato nel costo pubblico di bonifiche che saremo noi a dover pagare una volta passata la “moda dello sviluppo”, di mancati utilizzi altri e più confacenti alle vocazioni dei territori ed alla stessa logica che vorrebbe questa una regione agricola e turistica e non “damigiana petrolifera, inceneritore e pila elettrica”, quale invece si sta trasformando, di violazioni del buon senso nella stessa distribuzione delle occasioni, di esodo forzato delle migliori energie produttive e di pensiero di questa terra, di mancati coinvolgimenti in quella crescita sociale che prelude a quella economica e che pure è “il compito” di una classe dirigente.

  

Così mentre qui si opera sistematica distorsione della realtà trattando i cittadini come telespettatori, si gongola di ponti e memorandum, si nomina, qualcuno sarà in audizione in commissione Ambiente alla Camera a difendere la dignità della regione da Fenice e dalla svendita a saldi di territorio e salute.

  

Dimissioni verrebbe da chiedere, dimissioni. Ma sappiamo che la colpa è sempre altrove, no?

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Miko Somma, coordinatore regionale di Comunità Lucana-Movimento No Oil