domani commenteremo le ipocrisie lanciate sul sito istituzionale di tanti che nel petrolio ci sguazzano!!!

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Com. stampa Comunità Lucana-Mov. No Oil verso il partito della Comunità Lucana

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Smetteremo di essere educati.

 

 

Se quanto anticipato sul decreto “liberalizzazioni” agli art. 20,21,22 fosse confermato non solo in sede di Consiglio dei Ministri, ma convertito dal parlamento in legge dello Stato, lo scenario della Basilicata non risulterebbe diverso dalla previsione di damigiana petrolifera che spesso abbiamo usato a monito di un futuro che puntualmente sembra giungere.

 

 

Se infatti alla libertà di ricerca di cui all’art. 22 comma 1 ed alla selezione di cui al comma 2 delle zone economiche esclusive, dizione che appare una destinazione finale di porzioni di territorio all’estrazione di greggio e gas, previa valutazione ambientale strategica (comma 3), che non necessariamente deve seguire valutazioni strettamente ambientali essendo la sua natura strategica all’interesse nazionale, e alle sostanziali facilitazioni nell’iter procedurale di cui ai comma 4, 5, 6, 7 ed alla perentorietà di termini di cui al comma 8, capoverso b, scaduti i quali il silenzio della regione diviene assenso, e capoverso d, il quale rinvia a disciplinare del Ministero dello Sviluppo Economico per le modalità di conferimento dei titoli, sommiamo il contenuto del comma 9 che abroga quanto incompatibile con il comma 5 che attribuisce monocraticamente i titoli stessi con una non meglio precisata intesa delle regioni, ciò che desumiamo è che questa liberalizzazione interessa quasi esclusivamente la nostra regione, del resto produttrice per l’85% del petrolio nazionale.

  

E mentre l’art 21 “libera” le ricerche ed estrazioni in mare, interessando ancora la Basilicata con le sue interessanti propaggini di giacimento appena fuori il litorale jonico, la dizione dell’art. 20 apre le inedite prospettive di destinazione delle maggiori entrate, e solo quelle, per sviluppo di progetti infrastrutturali  ed occupazionali che da qualche tempo udiamo pronunciare dal presidente De Filippo in merito a una “soluzione” dell’affaire petrolio lucano – ed aggiungeremmo anche dell’affare.

  

De Filippo ne parla già dalla campagna elettorale del 2010, in tempi dunque in cui la presidenza Monti non appariva all’orizzonte visibile, e dal momento che non riteniamo vaticinante il nostro presidente e neppur tanto potente da aver voce in un capitolo specifico dei poteri trasversali del nostro paese, tutto era dunque già nell’aria oltre nomi, presidenti ed epoche, come volontà degli stessi poteri in merito al petrolio lucano ed alle scelte che su di esso dovevano compiersi anche alla luce della considerazione che Standard & Poor’s, l’agenzia di rating che di declassa, considera come investimenti di crescita del PIL suscettibili di migliorare il quadro economico gli investimenti sulla ricerca di fonti di idrocarburi.

  

Il conto tornerebbe allora alla volontà di Monti di dar più ascolto nel merito della questione petrolio alle sue referenze internazionali e vedute d’insieme che all’influenza di un presidente di una regione che si affanna a scrivere (o a far scrivere) pedestri e rassicuranti lanci d’agenzia istituzionale a sostegno del suo assurdo progetto di chiudere lo sviluppo della regione nel circuito di quelle maggiori estrazioni che a rigor di logica ed ora anche di legge ci saranno sul nostro territorio, rendendolo la damigiana che noi denunciamo diventerà con questi decreti che si cuciono sulla pervicace volontà di “dire sempre si” che è costante prassi comportamentale e burocratica negli uffici di Via Verrastro, nel silenzio di fatto di un Consiglio Regionale che il presidente promette di informare come se invece non fosse obbligo e da questo e solo da questo autorizzabile a firmare accordi e memorandum.

  

Il quadro sembra così chiudersi al peggio per una regione che pure sperava di riuscire a contenere il petrolio nelle zone già sottoposte ad estrazioni, magnificandone semmai i ritorni, e le prospettive che il comma succitato trasformino la regione in distretto esclusivo petrolifero sono tanto tangibili quanto lo è stata la volontà di questo presidente di procedere lungo questa via, incurante di ogni criticità che pure gli è stata finora posta in termini reali e puntualmente disattesa con il ghigno tutt’appostista diventato la maschera con cui blandisce gli ingenui, soddisfa i sodali, mortifica gli onesti, infurentisce i pochi che in buona fede gli si oppongono nel merito – e lasciamo perdere i vari capipopolo che volta per volta si sceglie come comoda controparte usando questi argomenti smontabili troppo facilmente.

  

Non ritorneremo a prospettare qui critiche e proposte che troppo spesso abbiamo lanciato nel vuoto di intelletto presunto che fa da presupposto oggettivo a certe pratiche, di potere più che di governo, nella loro quotidiana operazione di spegnimento dell’intelletto e nella pasturazione di sistema di consenso locale e generale in cui prospera la consuetudine politica del presidente e della banda che lo sostiene.

 

Così come non ripeteremo che alle compagnie ed al sistema lobbystico che queste sponsorizzano nel Paese, attraverso storiche maggioranze politiche trasversali che ritroviamo ancora nel sostegno delle principali forze politiche nazionali al governo Monti che liberalizza la ricerca petrolifera con un decreto che si vuol far digerire come di salvezza nazionale, non bastava più il decreto costruito “ad regionem” dal governo Prodi nel ’96 ed un “accordo-circonvenzione d’incapace” nel ’98, e non bastava neppure più la leggina del governo Berlusconi che spianava la strada alla velocizzazione degli iter in cambio di un bonus benzina, ma serviva di più del braccio ingurgitato dopo il dito, serviva l’intero corpo.

  

Facile allora per chi ha ancora occhi ed intelletto comprendere che le “stranezze” dei monitoraggi, dati che mancavano e mancano in un quadro che “impedisce” qualsiasi valutazione d’insieme su salute ed ambiente e sui differenti utilizzi del territorio, alcune attività giornalistiche che alternano lunghi silenzi a repentini risvegli teleguidati, il triangolo petrolio-occupazione-sviluppo, persino discese di “collaboratori di banchieri divenuti poi ministri” che suggeriscono cartolarizzazioni-futures dei proventi delle royalties, sono alcune pedine di un gioco di “distrazione di massa” su un affare che è colossale, tanto colossale da rendere la politica lucana un cagnolino al lancio dell’osso con riporto.

   

Al presidente De Filippo che pure pare ergersi a paladino-santo della “tutela” degli interessi dei lucani, non chiediamo nulla, perché nulla potrebbe o vorrebbe fare, essendo anch’egli pedina, consapevole, ma pedina, esattamente come le sue giunte e le sue maggioranze del “tozzo di pane e della briciola”. Che eviti quindi di pontificare preventivamente dalle pagine di Basilicatanet che non ospiterà, come da consuetudine, certo questo comunicato, ma le tabelle di sviluppo ed i commenti dei sodali.

   C’è da dire basta, qui e adesso, all’invasione delle trivelle, interesse nazionale o meno, perché non c’è interesse nazionale che si possa costruire sulla morte annunciata di una regione.

Che vadano a casa giunta e presidente, che si fermi il decreto di liberalizzazione o noi smetteremo di essere educati per la tutela del nostro territorio.

  Miko Somma, coordinatore regionale di Comunità Lucana-Movimento No Oil

la matematica e l’analisi logica

Dl petrolio, De Filippo: passa visione Basilicata come opportunità

19/01/2012 12:48

Previsti investimenti aggiuntivi su infrastrutture e occupazione in regione per 6 miliardi di euro. “Ristoro per attività a bassa occupazione, non si deroghi sulle questioni di ambiente e salute, prioritarie anche rispetto alle politiche di sviluppo”.

 

AGR “L’articolo 20 del decreto legge che il Governo si appresta a varare domani avvia a definitivo compimento il lavoro avviato col memorandum nell’ottica di prevedere per i lucani un ristoro economico per l’impegno dato in campo energetico al Paese. Tale ristoro va inteso in relazione alla presenza di attività industriali, quelle legate agli idrocarburi, che non generano direttamente occupazione e sviluppo nei territori, ma assolutamente non è e non può essere interpretato come il prezzo pagato per una deregulation ambientale che non c’è e non sarebbe accettata“. Il presidente della Regione Basilicata, Vito De Filippo, commenta così la norma messa a punto dal Governo che recepisce tutto il lavoro già avviato col precedente esecutivo nazionale nel prevedere investimenti in sviluppo e attività produttive per il territorio della Basilicata, ma sgombra il campo da ogni equivoco rispetto alle norme successive (gli articoli 21 e 22) dello stesso Dl che dettano nuove norme in materia di ricerche di idrocarburi.
Le previsioni del Governo, contenute nella relazione di accompagnamento all’articolato, prevedono investimenti pubblici aggiuntivi in Basilicata per un valore di 6 miliardi di euro che sarebbe facile ottenere da un aumento di produzione di idrocarburi che, secondo le stime, porterebbe all’erario, tra tasse e royalties, qualcosa come 17 miliardi di euro. L’intervento in favore della Basilicata sarebbe aggiuntivo rispetto alle royalties attuali (circa 160 milioni anno che si stima potrebbero arrivare a 350 milioni per effetto dell’aumento del prezzo del greggio). A fronte di queste risorse, in Basilicata le estrazioni potrebbero aumentare da 80mila a 104mila barili di greggio al giorno, ma senza realizzare un numero maggiore di pozzi rispetto a quelli già previsti dai precedenti accordi. “Garantendo – si legge nella relazione del Governo – ai residenti nei territori di insediamento degli impianti e delle aree limitrofe, oltre alle ingenti entrate già assicurate dalle royalties, investimenti infrastrutturali ed occupazionali attraverso una quota delle maggiori entrate derivati dalle nuove produzioni di idrocarburi, si assicurano maggiori entrate primarie fiscali e si assicurano crescita e nuova occupazione”.
Questa visione – commenta De Filippo – concretizza l’invito che abbiamo da sempre fatto al Governo di guardare alla Basilicata non come a un problema ma come ad un’opportunità che riesca a contemperare le esigenze locali di sviluppo con quelle nazionali in campo energetico e fiscale. E la norma in via di approvazione va esattamente in questa direzione“.
Il presidente lucano tuttavia ribadisce come anche le questioni di sviluppo rappresentino una subordinata rispetto alla tutela di ambiente e salute. “La riduzione del peso burocratico è un conto – dice – l’eventuale abbassamento dei livelli di tutela un altro. Ed è chiaro che il nostro giudizio per le due opzioni è diametralmente opposto. Il primo non possiamo che guardarlo con favore, il secondo, semplicemente, non lo accetteremmo”.
“Per approfondire tutti gli aspetti di questa complessa vicenda – conclude De Filippo – auspico si possa dar subito vita ad un approfondito confronto in seno al Consiglio Regionale al quale sono pronto a riferire per quanto di mia competenza”.

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siamo ormai giunti all’epilogo di questa farsa che il presidente regge da qualche anno…a dire di costui, quindi un aumento della produzione da 80 a 104.000 barili sarebbe il quid estrattivo?…o non rappresenta soltanto la quota del piano industriale che eni intendeva raggiungere in val d’agri e che sta già raggiungendo con l’allestimento produttivo della 5 linea realizzato questa estate?…e tempa rossa ed i suoi 54.000 barili giorni di prossima estrazione dove la conteggiamo?…ed il memorandum da costui firmato senza ottenere ancora nulla e che porta l’estraibile fino a 180.000 barili giorno dove lo mettiamo?…o crede che quell’art 20 sia la risposta alla sua firma?…

neppure la matematica dopo l’analisi logica, dunque va in aiuto del presidente?…

presidente ma che fa, legge fischi per fiaschi, pensando che su quella quota lo stato attiverebbe quegli investimenti o proprio vuol negare la realtà delle cose?…

risponderò in un comunicato a breve…

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A PROPOSITO DI LIBERALIZZAZIONI….

Un bel Copia-incolla dal sito del Fatto Quotidiano per evidenziare quanto segue:

Nel decreto liberalizzazioni spunta la norma “libera-Trivelle”

Tre articoli dell’atteso provvedimento sullo sviluppo dedicati all’attività estrattiva: più investimenti, meno vincoli e autorizzazione per la trivellazione a 5 miglia dalla costa (contro le 12 attuali). I Verdi: “Si istituisce il diritto di assassinare il territorio”

Capita sempre in questo tipo di provvedimenti, ma la sorpresa che il governo Monti ha introdotto nel decreto liberalizzazioni è di quelle davvero indigeste: un sostanziale via libera alla trivellazione del territorio italiano, incluso il mare e fin sottocosta, per cercare ed estrarre petrolio e gas. Non proprio, per così dire, la promozione della green economy. Nell’ultima bozza di decreto, infatti, di cui Il Fatto quotidiano è venuto in possesso, gli articoli 20, 21 e 22 hanno esattamente questa funzione: nel primo si prevede di aumentare gli investimenti in infrastrutture estrattive, nel secondo si abbassano drasticamente i limiti per la trivellazione in mare e nel terzo si liberalizza la ricerca di nuovi giacimenti. Angelo Bonelli, a cui abbiamo chiesto un commento, è nettissimo: “Se questo fosse il testo definitivo – spiega il leader dei Verdi – vorrebbe dire che il duo Clini-Passera ha deciso di svendere l’Italia alla lobby dei petrolieri. Il rischio ambientale aumenterebbe incredibilmente”. Torniamo al testo. Il fine dell’articolo 20, spiega la relazione allegata, è “consentire nell’immediato di realizzare investimenti di sviluppo pari, nella sola Regione Basilicata, a 6 miliardi di euro, garantendo una produzione aggiuntiva di idrocarburi nei prossimi 20 anni per un valore economico di almeno 30 miliardi di euro ed entrate aggiuntive per lo Stato (tra royalties e entrate fiscali) pari ad almeno 17 miliardi”. La produzione nazionale passerebbe, per questa via, da 80mila a 104mila barili al giorno.

La vera botta, però, è il successivo articolo 21: al comma 2 si decide, infatti, che il limite spaziale per le perforazioni off shore – vale a dire in mare – passa da 12 a 5 miglia marine, praticamente sottocosta. Non bastasse si prescrive anche che la linea di riferimento per le misurazioni non è più quella “di base”, ma quella “di costa”: un modo furbetto di recuperare qualche altro metro. Roba che – se è consentita un po’ di dietrologia – pare fatta apposta per il famigerato progetto di trivellazione alle isole Tremiti, in Molise. Sarà il caso di ricordare, peraltro, che la sicurezza per l’ambiente delle perforazioni off shore è stata al centro di mille polemiche neanche due anni fa, quando un incidente su una piattaforma della British petroleum nel Golfo del Messico devastò l’intera costa della Louisiana. Nella relazione allegata – liquidata la questione ecosistema affermando che “resta, in ogni caso, protetto dalle stringenti normative nazionali” – curiosamente si sottolinea come le agenzie di rating siano sensibili a questo genere di provvedimenti: “Si rileva che tra le ragioni che hanno indotto, lo scorso 9 settembre, Standard & Poor’s ad alzare il rating di Israele ad ‘A+’ da ‘A’, c’è stata proprio la decisione del governo israeliano di sviluppare le attività di ricerca e prospezione degli idrocarburi nelle proprie acque territoriali”.

L’ultimo articolo, infine, è la vera e propria liberalizzazione, tanto è vero che il governo ci ha scritto che “l’attività di prospezione (ricerca, ndr) di idrocarburi è libera nel territorio nazionale e nelle zone del mare territoriale”, fatti salvi ovviamente i vincoli ambientali. In sostanza si passa ad un regime concessorio unico, “che prevede una fase di ricerca al termine della quale, in caso di esito negativo, il titolo cessa – dice la relazione – mentre in caso di ritrovamento minerario prosegue l’attività attraverso le fasi di sviluppo, produzione, ripristino finale”. Insomma un regime autorizzativo assai snello, in cui in sostanza, per passare da una fase all’altro, basterà ottenere una Valutazione d’impatto ambientale positiva. “Questa – è ancora Angelo Bonelli a parlare – non è una liberalizzazione, ma la libertà di assassinare il territorio italiano, di ucciderne il futuro. E’ chiaro che se questo è il testo grida vendetta”.

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Non credo ci sia bisogno di commentare nulla… se non il solito mantra “Sviluppo…. sviluppo….. sviluppo”.

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